| Giobbe - Capitolo 1
I. PROLOGO Satana mette Giobbe alla prova [1]C'era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male. [2]Gli erano nati sette figli e tre figlie; [3]possedeva settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e molto numerosa era la sua servitù. Quest'uomo era il più grande fra tutti i figli d'oriente.
[4]Ora i suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche le loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. [5]Quando avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro. Giobbe infatti pensava: «Forse i miei figli hanno peccato e hanno offeso Dio nel loro cuore». Così faceva Giobbe ogni volta.
[6]Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana andò in mezzo a loro. [7]Il Signore chiese a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra, che ho percorsa». [8]Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». [9]Satana rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? [10]Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. [11]Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». [12]Il Signore disse a satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Satana si allontanò dal Signore.
[13]Ora accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, [14]un messaggero venne da Giobbe e gli disse: «I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi, [15]quando i Sabei sono piombati su di essi e li hanno predati e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[16]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «Un fuoco divino è caduto dal cielo: si è attaccato alle pecore e ai guardiani e li ha divorati. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[17]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I Caldei hanno formato tre bande: si sono gettati sopra i cammelli e li hanno presi e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[18]Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: «I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del loro fratello maggiore, [19]quand'ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato io solo che ti racconto questo».
[20]Allora Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a terra, si prostrò [21]e disse:
«Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!».
[22]In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.
Giobbe - Capitolo 2
[1]Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. [2]Il Signore disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra che ho percorsa». [3]Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo». [4]Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. [5]Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». [6]Il Signore disse a satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita».
[7]Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. [8]Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. [9]Allora sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!». [10]Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?».
In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.
[11]Nel frattempo tre amici di Giobbe erano venuti a sapere di tutte le disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono, ciascuno dalla sua contrada, Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita, e si accordarono per andare a condolersi con lui e a consolarlo. [12]Alzarono gli occhi da lontano ma non lo riconobbero e, dando in grida, si misero a piangere. Ognuno si stracciò le vesti e si cosparse il capo di polvere. [13]Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti, e nessuno gli rivolse una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore.
Giobbe - Capitolo 3
II. DIALOGO 1. PRIMO CICLO DI DISCORSI Giobbe maledice il giorno della sua nascita [1]Dopo, Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno; [2]prese a dire:
[3]Perisca il giorno in cui nacqui e la notte in cui si disse: «E' stato concepito un uomo!». [4]Quel giorno sia tenebra, non lo ricerchi Dio dall'alto, né brilli mai su di esso la luce. [5]Lo rivendichi tenebra e morte, gli si stenda sopra una nube e lo facciano spaventoso gli uragani del giorno! [6]Quel giorno lo possieda il buio non si aggiunga ai giorni dell'anno, non entri nel conto dei mesi. [7]Ecco, quella notte sia lugubre e non entri giubilo in essa. [8]La maledicano quelli che imprecano al giorno, che sono pronti a evocare Leviatan. [9]Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, speri la luce e non venga; non veda schiudersi le palpebre dell'aurora, [10]poiché non mi ha chiuso il varco del grembo materno, e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei! [11]E perché non sono morto fin dal seno di mia madre e non spirai appena uscito dal grembo? [12]Perché due ginocchia mi hanno accolto, e perché due mammelle, per allattarmi? [13]Sì, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei pace [14]con i re e i governanti della terra, che si sono costruiti mausolei, [15]o con i principi, che hanno oro e riempiono le case d'argento. [16]Oppure, come aborto nascosto, più non sarei, o come i bimbi che non hanno visto la luce. [17]Laggiù i malvagi cessano d'agitarsi, laggiù riposano gli sfiniti di forze. [18]I prigionieri hanno pace insieme, non sentono più la voce dell'aguzzino. [19]Laggiù è il piccolo e il grande, e lo schiavo è libero dal suo padrone. [20]Perché dare la luce a un infelice e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore, [21]a quelli che aspettano la morte e non viene, che la cercano più di un tesoro, [22]che godono alla vista di un tumulo, gioiscono se possono trovare una tomba... [23]a un uomo, la cui via è nascosta e che Dio da ogni parte ha sbarrato? [24]Così, al posto del cibo entra il mio gemito, e i miei ruggiti sgorgano come acqua, [25]perché ciò che temo mi accade e quel che mi spaventa mi raggiunge. [26]Non ho tranquillità, non ho requie, non ho riposo e viene il tormento!
Giobbe - Capitolo 4
Fiducia in Dio [1]Elifaz il Temanita prese la parola e disse:
[2]Se si tenta di parlarti, ti sarà forse gravoso? Ma chi può trattenere il discorso? [3]Ecco, tu hai istruito molti e a mani fiacche hai ridato vigore; [4]le tue parole hanno sorretto chi vacillava e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato. [5]Ma ora questo accade a te e ti abbatti; capita a te e ne sei sconvolto. [6]La tua pietà non era forse la tua fiducia e la tua condotta integra, la tua speranza? [7]Ricordalo: quale innocente è mai perito e quando mai furon distrutti gli uomini retti? [8]Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquità, chi semina affanni, li raccoglie. [9]A un soffio di Dio periscono e dallo sfogo della sua ira sono annientati. [10]Il ruggito del leone e l'urlo del leopardo e i denti dei leoncelli sono frantumati. [11]Il leone è perito per mancanza di preda e i figli della leonessa sono stati dispersi. [12]A me fu recata, furtiva, una parola e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro. [13]Nei fantasmi, tra visioni notturne, quando grava sugli uomini il sonno, [14]terrore mi prese e spavento e tutte le ossa mi fece tremare; [15]un vento mi passò sulla faccia, e il pelo si drizzò sulla mia carne... [16]Stava là ritto uno, di cui non riconobbi l'aspetto, un fantasma stava davanti ai miei occhi... Un sussurro..., e una voce mi si fece sentire: [17]«Può il mortale essere giusto davanti a Dio o innocente l'uomo davanti al suo creatore? [18]Ecco, dei suoi servi egli non si fida e ai suoi angeli imputa difetti; [19]quanto più a chi abita case di fango, che nella polvere hanno il loro fondamento! Come tarlo sono schiacciati, [20]annientati fra il mattino e la sera: senza che nessuno ci badi, periscono per sempre. [21]La funicella della loro tenda
non viene forse strappata? Muoiono senza saggezza!».
Giobbe - Capitolo 5
[1]Chiama, dunque! Ti risponderà forse qualcuno? E a chi fra i santi ti rivolgerai? [2]Poiché allo stolto dà morte lo sdegno e la collera fa morire lo sciocco. [3]Io ho visto lo stolto metter radici, ma imputridire la sua dimora all'istante. [4]I suoi figli sono lungi dal prosperare, sono oppressi alla porta, senza difensore; [5]l'affamato ne divora la messe e gente assetata ne succhia gli averi. [6]Non esce certo dalla polvere la sventura né germoglia dalla terra il dolore, [7]ma è l'uomo che genera pene, come le scintille volano in alto. [8]Io, invece, mi rivolgerei a Dio e a Dio esporrei la mia causa: [9]a lui, che fa cose grandi e incomprensibili, meraviglie senza numero, [10]che dà la pioggia alla terra e manda le acque sulle campagne. [11]Colloca gli umili in alto e gli afflitti solleva a prosperità; [12]rende vani i pensieri degli scaltri e le loro mani non ne compiono i disegni; [13]coglie di sorpresa i saggi nella loro astuzia e manda in rovina il consiglio degli scaltri. [14]Di giorno incappano nel buio e brancolano in pieno sole come di notte, [15]mentre egli salva dalla loro spada l'oppresso, e il meschino dalla mano del prepotente. [16]C'è speranza per il misero e l'ingiustizia chiude la bocca. [17]Felice l'uomo, che è corretto da Dio: perciò tu non sdegnare la correzione dell'Onnipotente, [18]perché egli fa la piaga e la fascia, ferisce e la sua mano risana. [19]Da sei tribolazioni ti libererà e alla settima non ti toccherà il male; [20]nella carestia ti scamperà dalla morte e in guerra dal colpo della spada; [21]sarai al riparo dal flagello della lingua, né temerai quando giunge la rovina. [22]Della rovina e della fame ti riderai né temerai le bestie selvatiche; [23]con le pietre del campo avrai un patto e le bestie selvatiche saranno in pace con te. [24]Conoscerai la prosperità della tua tenda, visiterai la tua proprietà e non sarai deluso. [25]Vedrai, numerosa, la prole, i tuoi rampolli come l'erba dei prati. [26]Te ne andrai alla tomba in piena maturità, come si ammucchia il grano a suo tempo. [27]Ecco, questo abbiamo osservato: è così. Ascoltalo e sappilo per tuo bene.
Giobbe - Capitolo 6
L'uomo oppresso conosce solo la sua miseria [1]Allora Giobbe rispose:
[2]Se ben si pesasse il mio cruccio e sulla stessa bilancia si ponesse la mia sventura... [3]certo sarebbe più pesante della sabbia del mare! Per questo temerarie sono state le mie parole, [4]perché le saette dell'Onnipotente mi stanno infitte, sì che il mio spirito ne beve il veleno e terrori immani mi si schierano contro! [5]Raglia forse il somaro con l'erba davanti o muggisce il bue sopra il suo foraggio? [6]Si mangia forse un cibo insipido, senza sale? O che gusto c'è nell'acqua di malva? [7]Ciò che io ricusavo di toccare questo è il ributtante mio cibo! [8]Oh, mi accadesse quello che invoco, e Dio mi concedesse quello che spero! [9]Volesse Dio schiacciarmi, stendere la mano e sopprimermi! [10]Ciò sarebbe per me un qualche conforto e gioirei, pur nell'angoscia senza pietà, per non aver rinnegato i decreti del Santo. [11]Qual la mia forza, perché io possa durare, o qual la mia fine, perché prolunghi la vita? [12]La mia forza è forza di macigni? La mia carne è forse di bronzo? [13]Non v'è proprio aiuto per me? Ogni soccorso mi è precluso? [14]A chi è sfinito è dovuta pietà dagli amici, anche se ha abbandonato il timore di Dio. [15]I miei fratelli mi hanno deluso come un torrente, sono dileguati come i torrenti delle valli, [16]i quali sono torbidi per lo sgelo, si gonfiano allo sciogliersi della neve, [17]ma al tempo della siccità svaniscono e all'arsura scompaiono dai loro letti. [18]Deviano dalle loro piste le carovane, avanzano nel deserto e vi si perdono; [19]le carovane di Tema guardano là, i viandanti di Saba sperano in essi: [20]ma rimangono delusi d'avere sperato, giunti fin là, ne restano confusi. [21]Così ora voi siete per me: vedete che faccio orrore e vi prende paura. [22]Vi ho detto forse: «Datemi qualcosa» o «dei vostri beni fatemi un regalo» [23]o «liberatemi dalle mani di un nemico» o «dalle mani dei violenti riscattatemi»? [24]Istruitemi e allora io tacerò, fatemi conoscere in che cosa ho sbagliato. [25]Che hanno di offensivo le giuste parole? Ma che cosa dimostra la prova che viene da voi? [26]Forse voi pensate a confutare parole, e come sparsi al vento stimate i detti di un disperato! [27]Anche sull'orfano gettereste la sorte e a un vostro amico scavereste la fossa. [28]Ma ora degnatevi di volgervi verso di me: davanti a voi non mentirò. [29]Su, ricredetevi: non siate ingiusti! Ricredetevi; la mia giustizia è ancora qui! [30]C'è forse iniquità sulla mia lingua o il mio palato non distingue più le sventure?
Giobbe - Capitolo 7
[1]Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario? [2]Come lo schiavo sospira l'ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, [3]così a me son toccati mesi d'illusione e notti di dolore mi sono state assegnate. [4]Se mi corico dico: «Quando mi alzerò?». Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino all'alba. [5]Ricoperta di vermi e croste è la mia carne, raggrinzita è la mia pelle e si disfà. [6]I miei giorni sono stati più veloci d'una spola, sono finiti senza speranza. [7]Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene. [8]Non mi scorgerà più l'occhio di chi mi vede: i tuoi occhi saranno su di me e io più non sarò. [9]Una nube svanisce e se ne va, così chi scende agl'inferi più non risale; [10]non tornerà più nella sua casa, mai più lo rivedrà la sua dimora. [11]Ma io non terrò chiusa la mia bocca, parlerò nell'angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell'amarezza del mio cuore! [12]Son io forse il mare oppure un mostro marino, perché tu mi metta accanto una guardia? [13]Quando io dico: «Il mio giaciglio mi darà sollievo, il mio letto allevierà la mia sofferenza», [14]tu allora mi spaventi con sogni e con fantasmi tu mi atterrisci. [15]Preferirei essere soffocato, la morte piuttosto che questi miei dolori! [16]Io mi disfaccio, non vivrò più a lungo. Lasciami, perché un soffio sono i miei giorni. [17]Che è quest'uomo che tu nei fai tanto conto e a lui rivolgi la tua attenzione [18]e lo scruti ogni mattina e ad ogni istante lo metti alla prova? [19]Fino a quando da me non toglierai lo sguardo e non mi lascerai inghiottire la saliva? [20]Se ho peccato, che cosa ti ho fatto, o custode dell'uomo? Perché m'hai preso a bersaglio e ti son diventato di peso? [21]Perché non cancelli il mio peccato e non dimentichi la mia iniquità? Ben presto giacerò nella polvere, mi cercherai, ma più non sarò!
Giobbe - Capitolo 8
Il corso inarrestabile della giustizia divina [1]Allora prese a dire Bildad il Suchita:
[2]Fino a quando dirai queste cose e vento impetuoso saranno le parole della tua bocca? [3]Può forse Dio deviare il diritto o l'Onnipotente sovvertire la giustizia? [4]Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui, li ha messi in balìa della loro iniquità. [5]Se tu cercherai Dio e implorerai l'Onnipotente, [6]se puro e integro tu sei, fin d'ora veglierà su di te e ristabilirà la dimora della tua giustizia; [7]piccola cosa sarà la tua condizione di prima, di fronte alla grandezza che avrà la futura. [8]Chiedilo infatti alle generazioni passate, poni mente all'esperienza dei loro padri, [9]perché noi siamo di ieri e nulla sappiamo, come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra. [10]Essi forse non ti istruiranno e ti parleranno traendo le parole dal cuore? [11]Cresce forse il papiro fuori della palude e si sviluppa forse il giunco senz'acqua? [12]E' ancora verde, non buono per tagliarlo, e inaridisce prima d'ogn'altra erba. [13]Tale il destino di chi dimentica Dio, così svanisce la speranza dell'empio; [14]la sua fiducia è come un filo e una tela di ragno è la sua sicurezza: [15]si appoggi alla sua casa, essa non resiste, vi si aggrappi, ma essa non regge. [16]Rigoglioso sia pure in faccia al sole e sopra il giardino si spandano i suoi rami, [17]sul terreno sassoso s'intreccino le sue radici, tra le pietre attinga la vita. [18]Se lo si toglie dal suo luogo, questo lo rinnega: «Non t'ho mai visto!». [19]Ecco la gioia del suo destino e dalla terra altri rispuntano. [20]Dunque, Dio non rigetta l'uomo integro, e non sostiene la mano dei malfattori. [21]Colmerà di nuovo la tua bocca di sorriso e le tue labbra di gioia. [22]I tuoi nemici saran coperti di vergogna e la tenda degli empi più non sarà.
Giobbe - Capitolo 9
La giustizia divina è al di sopra del diritto [1]Giobbe rispose dicendo:
[2]In verità io so che è così: e come può un uomo aver ragione innanzi a Dio? [3]Se uno volesse disputare con lui, non gli risponderebbe una volta su mille. [4]Saggio di mente, potente per la forza, chi s'è opposto a lui ed è rimasto salvo? [5]Sposta le montagne e non lo sanno, egli nella sua ira le sconvolge. [6]Scuote la terra dal suo posto e le sue colonne tremano. [7]Comanda al sole ed esso non sorge e alle stelle pone il suo sigillo. [8]Egli da solo stende i cieli e cammina sulle onde del mare. [9]Crea l'Orsa e l'Orione, le Pleiadi e i penetrali del cielo australe. [10]Fa cose tanto grandi da non potersi indagare, meraviglie da non potersi contare. [11]Ecco, mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non m'accorgo. [12]Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire? Chi gli può dire: «Che fai?». [13]Dio non ritira la sua collera: sotto di lui sono fiaccati i sostenitori di Raab. [14]Tanto meno io potrei rispondergli, trovare parole da dirgli! [15]Se avessi anche ragione, non risponderei, al mio giudice dovrei domandare pietà. [16]Se io lo invocassi e mi rispondesse, non crederei che voglia ascoltare la mia voce. [17]Egli con una tempesta mi schiaccia, moltiplica le mie piaghe senza ragione, [18]non mi lascia riprendere il fiato, anzi mi sazia di amarezze. [19]Se si tratta di forza, è lui che dà il vigore; se di giustizia, chi potrà citarlo? [20]Se avessi ragione, il mio parlare mi condannerebbe; se fossi innocente, egli proverebbe che io sono reo. [21]Sono innocente? Non lo so neppure io, detesto la mia vita! [22]Per questo io dico: «E' la stessa cosa»: egli fa perire l'innocente e il reo! [23]Se un flagello uccide all'improvviso, della sciagura degli innocenti egli ride. [24]La terra è lasciata in balìa del malfattore: egli vela il volto dei suoi giudici; se non lui, chi dunque sarà? [25]I miei giorni passano più veloci d'un corriere, fuggono senza godere alcun bene, [26]volano come barche di giunchi, come aquila che piomba sulla preda. [27]Se dico: «Voglio dimenticare il mio gemito, cambiare il mio volto ed essere lieto», [28]mi spavento per tutti i miei dolori; so bene che non mi dichiarerai innocente. [29]Se sono colpevole, perché affaticarmi invano? [30]Anche se mi lavassi con la neve e pulissi con la soda le mie mani, [31]allora tu mi tufferesti in un pantano e in orrore mi avrebbero le mie vesti. [32]Poiché non è uomo come me, che io possa rispondergli: «Presentiamoci alla pari in giudizio». [33]Non c'è fra noi due un arbitro che ponga la mano su noi due. [34]Allontani da me la sua verga sì che non mi spaventi il suo terrore: [35]allora io potrò parlare senza temerlo, perché così non sono in me stesso.
Giobbe - Capitolo 10
[1]Stanco io sono della mia vita! Darò libero sfogo al mio lamento, parlerò nell'amarezza del mio cuore. [2]Dirò a Dio: Non condannarmi! Fammi sapere perché mi sei avversario. [3]E' forse bene per te opprimermi, disprezzare l'opera delle tue mani e favorire i progetti dei malvagi? [4]Hai tu forse occhi di carne o anche tu vedi come l'uomo? [5]Sono forse i tuoi giorni come i giorni di un uomo, i tuoi anni come i giorni di un mortale, [6]perché tu debba scrutare la mia colpa e frugare il mio peccato, [7]pur sapendo ch'io non sono colpevole e che nessuno mi può liberare dalla tua mano? [8]Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte; vorresti ora distruggermi? [9]Ricordati che come argilla mi hai plasmato e in polvere mi farai tornare. [10]Non m'hai colato forse come latte e fatto accagliare come cacio? [11]Di pelle e di carne mi hai rivestito, d'ossa e di nervi mi hai intessuto. [12]Vita e benevolenza tu mi hai concesso e la tua premura ha custodito il mio spirito. [13]Eppure, questo nascondevi nel cuore, so che questo avevi nel pensiero! [14]Tu mi sorvegli, se pecco, e non mi lasci impunito per la mia colpa. [15]Se sono colpevole, guai a me! Se giusto, non oso sollevare la testa, sazio d'ignominia, come sono, ed ebbro di miseria. [16]Se la sollevo, tu come un leopardo mi dai la caccia e torni a compiere prodigi contro di me, [17]su di me rinnovi i tuoi attacchi, contro di me aumenti la tua ira e truppe sempre fresche mi assalgono. [18]Perché tu mi hai tratto dal seno materno? Fossi morto e nessun occhio m'avesse mai visto! [19]Sarei come se non fossi mai esistito; dal ventre sarei stato portato alla tomba! [20]E non son poca cosa i giorni della mia vita? Lasciami, sì ch'io possa respirare un poco [21]prima che me ne vada, senza ritornare, verso la terra delle tenebre e dell'ombra di morte, [22]terra di caligine e di disordine, dove la luce è come le tenebre.
Edited by Domenico-89 - 22/6/2016, 08:25
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