Amiamo Dio con Gesù e Maria

5° Libro, Capitoli 11 a 20

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view post Posted on 14/8/2010, 15:26
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Domenico-89

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CAPITOLO XI

DELL'ANIMA DEL FRATELLO S. CONVERSO, CHE DOPO LA MORTE FU PREMIATO PER LA SUA RONTA'

Durante l'agonia del fratello Seg, Geltrude, occupata in altro, dimenticò di pregare per lui. Quando gliene annunciarono la morte, ricordò con rimpianto che egli aveva ampiamente meritato le preghiere della Comunità, perchè, nel suo ufficio, si era dimostrato più fedele e premuroso degli altri conversi. Perciò incominciò a supplicare il Signore perchè, secondo la moltitudine delle sue misericordie, degnasse ricompensare quell'anima per i buoni servigi resi al convento.

Le rispose Gesù: « A motivo delle preghiere delle tue consorelle, ho già premiato in tre maniere la fedeltà di questo fratello. La sua bontà naturale gli procurava tanta gioia quando poteva far piacere a qualcuno; adesso tutte quelle gioie si sono riunite nell'anima sua e gode di tutte insieme. Possiede anche tutta la felicità dei cuori ai quali ha prodigato i suoi benefici, cioè la felicità del povero al quale dava l'elemosina, del bimbo a cui faceva un regaluccio, del malato che sollevava e rallegrava con un frutto, o con un dolce. Infatti ha il gaudio immenso di sapere che le sue azioni mi erano care; se ci fosse qualche cosa ancora per rendere completa la sua beatitudine, sarei pronto ad accordargliela tosto ».




CAPITOLO XII

SI PARLA DELL'ANIMA DEL FRATELLO H CHE FU RICOMPENSATA PER LA SUA FEDELTA'

Geltrude pregando un giorno per un certo converso appena morto, chiese al Signore dove si trovava. Rispose: « Eccolo! Per le ferventi suppliche di suffragio per lui rivolte; fu chiamato per prendere parte al nostro banchetto ». E il Salvatore apparve come un padre di famiglia, seduto a una tavola dove erano offerte le preghiere e i sacrifici fatti per quell'anima.

Il fratello defunto, assiso a quel banchetto, aveva però un sembiante malinconico ed abbattuto, perchè non era ancora abbastanza puro per essere ammesso alla contemplazione del divin Volto. In certi momenti pareva rasserenarsi, essendo riconfortato dalla fragranza che sfuggivai dalle oblazioni poste sulla tavola dal Padre di famiglia.

Geltrude comprese la penosa privazione di quell'anima che riceveva sola il profumo delle oblazioni provenienti dalla tavola del banchetto, invece che dalle mani di Dio, il quale le riversa invece sulle anime beate in pienezza di gaudio. Tuttavia Gesù, spinto dalla sua bontà e dalle preghiere di parecchi intercessori, poneva su quella tavola qualche cosa dei suoi propri beni, per allietare il defunto.

La dolcissima Vergine, assisa nella gloria vicino al Figlio suo, vi deponeva anch'essa la sua porzione, e il defunto ne era assai consolato, avendo avuta per la Madonna un divozione speciale. I Santi, ch'egli amava di più portavano pur essi un'offerta proporzionata alle preghiere che quell'anima loro aveva rivolta, e ai sacrifici grandi o piccoli, che aveva compiuto in loro onore.

Per tali oblazioni e soprattutto per il fervore delle preghiere fatte per essa, l'anima del defunto si faceva di ora in ora più serena, essa levava gli occhi in alto, verso la beatifica luce della Divinità; luce che basta mirare una sola volta per dimenticare ogni dolore e immergersi nell'oceano dei beni eterni.

.. Geltrude si rivolse poi al defunto, chiedendo: « Per quale colpa soffrite di più in questo momento? ». Rispose l'anima « Per l'attacco alla mia propria volontà, e alle idee personali. perchè anche facendo il bene, preferivo seguire il mio giudizio, piuttosto che il parere altrui. Per tale colpa l'anima mia soffre ora una pena così grande che tutti i dolori della terra riuniti insieme le sarebbero assai inferiori». Geltrude insistette « Come potremo sollevarvi? ». « Se alcuno, sapendo quanto io soffro per tale colpa, si sforzasse di evitarla, ne proverei grande sollievo ». « Intanto che cosa vi consola di più? ». « La fedeltà, perchè è la virtù che ho meglio praticato in terra, e anche le preghiere che i miei amici rivolgono a Dio: tanto l'una come le altre mi procurano a ogni istante il sollievo che reca all'anima una buona notizia. Ogni nota cantata per me, durante la S. Messa, mi è dolce refezione. In più la divina clemenza volle, per i meriti dei miei intercessori, che tutto ciò che fanno con l'intenzione di glorificare Dio, come lavorare e perfino mangiare e dormire, serva a mio suffragio, perché, quando ero in vita, li ho serviti in tutti i loro bisogni con amore e fedeltà».

La Santa chiese: « Noi abbiamo pregato Dio di donarvi tutto il bene ch'Egli ha operato in noi. - Ne avete avuto vantaggio? - ». E l'anima: « Moltissimo, perché i vostri meriti suppliscono a ciò che mi manca ». Geltrude aggiunse « Voi avete chiesto sollecitamente i suffragi dovuti ai defunti. Ne soffrireste se alcuno, per malattia, ritardasse a compierli fino a quando è guarito? ». Rispose il defunto: « Tutto quello che si differisce per un senso di discrezione mi reca un profumo di tale soavità che mi rallegra dell'attesa, purchè non sia prolungata per negligenza, o per pigrizia ».

Geltrude chiese un'altra delucidazione: « Durante la vostra ultima malattia, noi invece di aiutarvi a prepararvi alla morte, abbiamo pregato e insistito per avere la vostra guarigione: avete dovuto forse subire qualche pena per questa cosa? ». L'anima riprese: « Nulla ho sofferto per tale motivo: anzi l'immensa tenerezza del nostro Dio le cui bontà si estendono a tutte le sue opere, (sal. CXLIV 9) vedendovi usare tanta carità con me, quantunque foste guidate da sentimenti umani, mi ha trattato con maggior misericordia ». E la Santa: « Le lagrime sparse, per semplice affetto, alla vostra morte, vi servono a qualche cosa? ». Il defunto rispose: « Non più di quello che vale la compassione che proverebbe una persona vedendo i suoi amici piangere per lei. Quando però potrò godere la felicità eterna, gusterò per le vostre lagrime, il piacere che prova un giovane quando riceve le recitazioni dei suoi amici. Tali gioie le ho meritate perchè, servendovi con fedeltà, nutrita dalla vostra affezione, avevo l'intento di piacere a Dio solo ».

In seguito, mentre Geltrude pregava ancora per quell'anima, giunta che fu nell'orazione domenicale, a quel punto « Perdonate i nostri debiti, come noi perdoniamo ai nostri debitori » ella lo vide manifestare un'espressione di grande angoscia. Meravigliata ne chiese la cagione, e ne ebbe questa risposta: « Quando ero nel secolo ho molto peccato, non perdonando facilmente a coloro che mi avevano offeso; mostravo loro a lungo un volto severo, così subisco vergogna intollerabile e grande angoscia, quando ascolto quelle parole del Pater ». Avendogli Geltrude chiesto quanto tempo durerebbe quel tormento, ebbe questa risposta: « Fino a quando la mia colpa sarà cancellata dall'ardente carità che vi spinge a pregare per me; allora, sentendo quelle parole, proverò un'immensa gratitudine verso la misericordia dì Dio che mi avrà perdonato».

Mentre un giorno si offriva il S. Sacrificio per quell'anima, essa apparve a Geltrude gioiosa e raggiante. La Santa chiese al Signore: « Ha essa sofferto abbastanza per cancellare tutte le sue colpe?». Egli rispose: « Ha già offerto più di quanto si potrebbe supporre se si vedesse uscire dal fuoco dell'inferno e salire al cielo; ma non è ancora abbastanza pura per godere della mia presenza. La sua consolazione e il sollievo vanno però sempre aumentando, a misura che si prega per lui ». Aggiunse il Salvatore: «Le vostre suppliche non possono raggiungerlo rapidamente, perchè si è mostrato spesso duro e inflessibile, rifiutando di sottomettere la sua volontà a quella del prossimo, quando questa non era conforme alla sua».




CAPITOLO XIII

SI PARLA DELL'ANIMA DEL FRATELLO GIOVANNI RICOMPENSATO PER I SUOI LAVORI ASSIDUI

Benchè sia giusto che le anime, all'uscire dal corpo, abbiano ad espiare le colpe commesse in vita, per ricevere poi la ricompensa delle loro opere buone, pure la misericordia di Dio rivelò, in occasione della morte del fratello Giovanni, a S. Geltrude l'eccesso della sua divina bontà.

Appena spirato quel fratello, che con grandi fatiche, aveva per lunghi anni servito il Monastero, Geltrude vide tutte le sue opere buone simboleggiate in una scala.

L'anima uscita dal corpo; doveva purificarsi ancora di alcune negligenze, salendo gradino per gradino, quella scala. Le sue pene diminuivano man mano che - saliva. Siccome pera è difficile evitare ogni negligenza, quando abbondano le preoccupazioni, ed essendo sempre vero che ogni minima trascuratezza deve essere espiata, così quell'anima, non del tutto limpida, dopo di aver salito qualche gradino, cominciò a tremare come se lo scalino, scosso dal peso, stesse per rompersi.

Geltrude comprese che il piolo vacillante rappresentava una certa imperfezione negli atti, e si accorse che quello spavento aveva purificata l'anima: Quando un membro della Comunità rivolgeva a Dio una preghiera pere quell'anima, era come se le avesse teso la mano per salire più in alto. La Santa apprese ancora che il Signore, nella sua bontà, aveva conferito al Monastero un privilegio; tutti coloro che avrebbero lavorato al bene della Comunità., sarebbero stati grandemente consolati nel loro trapasso, anche se avessero dovuto soffrire le pene del Purgatorio - Quel privilegio sarebbe durato irrevocabilmente, fino a quando il. convento fosse stato fedelmente osservante della S. Regola.




CAPITOLO XIV

SI PARLA DEL FRATELLO CHE THE' CHE FU TANTO RICONOSCENTE PER I BENEFICI RICEVUTI

Geltrude era obbligata a letto per malattia, quando le venne partecipata la notizia della morte del fratello Thé, fedele servitore del Monastero da parecchi anni. Subito si rivolse al Signore, pregando con fervore per lui.

Vide allora l'anima di quel fratello tutta nera, macchiata e spasimante per cocenti rimorsi. Profondamente commossa da tali sofferenze, volle sollevare il defunto, recitando cinque Pater, in onore delle Piaghe di Gesù; che baciò con amore. Dopo il quinto Pater, ella baciò la Piaga del sacratissimo Costato di Gesù e vide un certo vapore sfuggire dal Sangue e dall'acqua sgorganti dalla benedetta ferita. Comprese che l'anima per la quale pregava, aveva provato un grande sollievo interiore a contatto di quell'emanazione vivificante, ma le fu noto che essa soffriva ancora assai per certe ferite esterne, quantunque le virtù di quel Sangue e di quell'acqua l'avessero trasportata in un giardino, dove le varie piante, rappresentavano le opere che aveva compiuto nel secolo.

Il Signore, per le preghiere di Geltrude e di tutta la Comunità, parve dare alla vegetazione di quel giardino una tale virtù, che tutte le piante servirono come erbe mediciriali per far frizioni e chiudere le ferite di quell'anima, La Santa comprese ch'esse sarebbero, col tempo, guarite del tutto, e che più la Comunità avrebbe pregato con fervore, e più pronta sarebbe stata la guarigione. Comprese pure che, quando si offriva per il defunto un'azione imperfetta, egli invece di essere sollevato, soffriva di più. Dopo i funerali si cantò, secondo l'abitudine, la bella antifona composta dal B. Notker: « Media vita in morte sumus: quem quaerimus, nisi te, Domine? qui pro peccatis nostris fuste trasceris. In te speraverunt patres nostri, speraverunt et liberasti eos, Sancte Deus ! Ad te clamaverunt patres nostri, clamaverunt et non sunt confusi. Sancte fortisl Ne despicias nos in tempore senectutts cum defecerit virtus nostra ne derelinquas nos. Sancte et misericors Salvator, amarae morti ne tradas nos ». « Quantunque in vita, siamo morti per il peccato: a chi ci rivolgeremo noi, per soccorso, se non a Te, così giustamente irritato per le nostre colpe? In te sperarono i nostri padri e non furono confusi. O tu che sei la stessa santità! Non distogliere da noi i tuoi occhi nei nostri ultimi giorni e non abbandonarci nell'estrema battaglia. O Santo e misericordioso Redentore, non perrreettere che moriamo senza speranza! »

Alle parole Sancte Deus, Sancte fortis, Sancte et misericors, la Comunità si prostrò fino a terra; il defunto parve allora levare occhi e mani al cielo con riconoscenza, poi inginocchiarsi, con la Comunità, per cantare le lodi di Dio che l'aveva chiamato a quel Monastero, ove la ricompensa del suo lavoro, aveva ottenuto un sì grande sollievo, per i meriti e le preghiere di coloro che aveva fedelmente servito. Se fosse vissuto in altro ambiente si sarebbe certo guadagnato il pane materiale, ma non il profitto spirituale che ora otteneva dalle ferventi suppliche della Comunità.




CAPITOLO XV

SI PARLA DELL'ANIMA DEL FRATELLO F. CHE EBBE VANTAGGIO GRANDE DA UNA FERVENTE PREGHIERA

Geltrude pregava un giorno per il fratello converso F. morto da poco e vide la sua anima sotto l'aspetto di un rospo ripugnante, bruciato interiormente in modo orribile e tormentato per i suoi peccati da varie pene.

Sembrava che avesse un gran male sotto il braccio, e, per aggiungere tormento a tormento, un peso enorme l'obbligava a star curvo fino a terra, senza poter rialzarsi. Geltrude comprese che appariva sotto forma di un rospo spaventoso, perchè durante la sua vita religiosa aveva trascurato di inalzare la mente alle cose divine; capì anche che il dolore che lo tormentava sotto il braccio era dovuto al fatto che aveva lavorato oltre il permesso del Superiore, per acquistare beni temporali e per avere talora nascosto il suo guadagno. Il peso. che lo schiacciava doveva espiare la sua disobbedienza.

Geltrude, avendo recitato i salmi prescritti per quell'anima, chiese al Signore se ne avesse avuto vantaggio: « Certo - rispose Gesù - le anime purganti vengono sollevate da tali suffragi, però preghiere anche brevi, ma dette con fervore, sono ancora di maggior profitto per esse ». Un paragone farà comprendere tali parole. Se l'acqua scorre su mani infangate, a lungo andare si puliranno. Però se si soffregano energicamente, anche con poca acqua vengono lavate meglio. Così una preghiera corta, ma fervente, vale di più di una lunga, recitata con tiepidezza.




CAPITOLO XVI

SI PARLA DI UN'ANIMA CHE VENNE SOLLEVATA PER I SUFFRAGI DELLA CHIESA E DALLE PREGHIERE DI GELTRUDE

Geltrude era presente quando venne comunicato a una consorella il trapasso di un parente. La monaca ne provò tale angoscia, che Geltrude ne fu commossa fino al più profondo del cuore. Pregò subito con fervore per l'anima di quel parente, e comprese perchè mai il Signore avesse permesso che tale annuncio fosse dato in sua presenza.

Nella sua grande mestizia disse al Signore: « Caro Gesù, avresti pur potuto ispirarmi di pregare per quell'anima senza darmi una tale emozione» ». Egli rispose: « Mi compiaccio singolarmente quando l'uomo a me rivolge le sue emozioni naturali insieme allo slancio della buona volontà; allora la sua offerta è completa».

Dopo d'aver a lungo pregato per il defunto, la sua anima le apparve sotto forma di un rospo nero come il carbone, che si torceva per lo strazio dei tormenti. Nessuno esteriormente lo faceva patire: ma quell'anima era torturata interiormente in ciascuno dei membri che le erano serviti a commettere i peccati.

Geltrude suffragando quell'anima, non tralasciava però di prodigare al suo Diletto, l'espressione di un'immensa tenerezza. Fra l'altro disse: « O caro Signore, non vorresti per amor mio, sollevare quella povera anima? ». Egli amabilmente rispose: « Per amor tuo avrò pietà, non solo di quest'anima, ma di un milione di altre ancora». E aggiunse: « In qual modo vuoi tu ch'io faccia splendere su di lei la mia misericordia? Vuoi che le rimetta ogni colpa e che la liberi dai suoi tormenti? ». Rispose Geltrude: « Una misericordia così ampia forse non s'addice alle sovrane esigenze della tua giustizia ». « Essa conviene benissimo anche alla mia giustizia - affermò Gesù - purchè tu sappia chiedermelo con grande confidenza, tanto più che, conoscendo l'avvenire come Dio, ho ispirato a quest'anima durante la sua agonia, certe brame ardenti che dovevano prepararla a questo favore ».

Geltrude concluse: « O salvezza dell'anima mia, eseguisci quanto la tua misericordia ha preparato! Per grazia tua attendo con fiducia gli effetti della tua bontà ». Appena dette tali parole, l'anima del defunto si levò e parve riprendere la forma umana: l'orribile nerezza era scomparsa, la pelle era bianca, quantunque ancora un po' macchiata, ed ella ringraziò come se fosse stata sollevata da ogni pena.

Geltrude però capì che quella pelle macchiata doveva diventare candida come la neve, per godere la visione divina: tale purificazione si sarebbe compiuta a colpi di martello, che l'avrebbero sbarazzata dalla ruggine. Ma siccome era stata a lungo nel peccato, le tornava difficile imbiancarsi, come una tela che bisognerebbe esporre per un anno intero ai raggi del sole. Geltrude si meravigliava di vederla gioiosa fra tanti tormenti, soprattutto quando le fu rivelato che un'anima carica di peccati così enormi, non può essere aiutata dai suffragi della S. Chiesa, perchè bisogna che la misericordia di Dio le accordi una prima purificazione, che la renda atta a fruire dei suffragi che scendono continuamente sulle anime purganti, come rugiada salutare, balsamo prezioso, bevanda rinfrescante.

La Santa ringraziò il Signore e chiese: « Abbi la bontà di dirmi, amorosissimo Gesù, con quali sacrifici e quali preghiere si può ottenere che un'anima sia liberata, dal peso dei peccati, che pongono ostacolo alle preghiere della Chiesa. Vedo quest'anima così felice d'aver deposto tale fardello, come se fosse passata dal fondo dell'inferno alla gloria del cielo; bramerei ora che usufruisse dei suffragi della Chiesa, per vederla giungere alla beatitudine senza fine». Rispose il Signore: « Nessuna preghiera, nessun atto possono procurare tale soccorso a un'anima: soltanto la forza dell'amore che qualche istante fa infiammava il tuo cuore, ha potuto ottenere questo favore, ma siccome nessuna creatura possiede tale amore se Io stesso non gliene faccio dono, così questo soccorso non può essere accordato ad un'anima dopo la morte, se la medesima non ha cooperato in vita ad ottenere grazia sì speciale. Sappi però che si può, alla lunga, sollevare le anime così provate, con preghiere e assidui suffragi. I fedeli libereranno un'anima più o meno presto a seconda che pregheranno con più, o meno fervore, e anche a seconda dei meriti che ciascuno avrà acquistato durante le vita ».

L'anima di cui parliamo fu alquanto sollevata dalle preghiere di Geltrude: stese allora le mani a Dio, domandandoGli di gradire l'offerta di tale beneficio, in nome dell'amore che l'aveva fatto discendere dal cielo in terra, per subire, la morte, e chiese che ricompensasse con lo stesso amore, tutti coloro che l'avevano suffragato. Il Signore, per mostrare che esaudiva quella preghiera, ricevette la dramma che quell'anima Gli presentava e la mise nei tesori della medesima, perchè potesse darla in ricompensa a coloro che avevano pregato per essa.




CAPITOLO XVII

LIBERAZIONE DI ALCUNI PARENTI DELLA COMUNITA'

Nella domenica in cui si faceva memoria dei parenti defunti della comunità, Geltrude, dopo di avere ricevuto la S. Comunione, offerse al Signore l'Ostia Santa, in suffragio di quelle anime. Ben presto ne vide una moltitudine salire da luoghi bassi e tenebrosi: esse erano numerose come le scintille che sfuggono dal fuoco. Alcune sembravano stelle, altre avevano forma diversa.

Geltrude chiese se, in quella folla, ci fossero soltanto i parenti delle monache. Rispose Gesù: « Io sono il vostro parente più prossimo, sono padre, fratello, sposo: tutti i miei amici sono dunque vostri congiunti; non voglio quindi che li dimentichiate; quando pregate per i vostri consanguinei; appunto per questo, essi si trovano fra loro». Da quel punto ella decise di pregare piuttosto per gli amici del Signore che per i suoi parenti.

Il giorno dopo alla Messa, fatta l'oblazione dell'Ostia, Geltrude intese queste parole di Gesù: « Abbiamo consumato il banchetto con coloro che erano presenti: mandiamo ora delle porzioni agli assenti». Un altro anno, mentre si sonavano le Vigilie, ella vide un agnello candido come la neve, uguale alle immagini dell'Agnello pasquale, che lasciava gocciolare dal suo Cuore, in un calice d'oro, un getto di sangue vermiglio; Egli diceva: « Sarò propizio alle anime per le quali ho preparato questo banchetto ».




CAPITOLO XVIII

DELL'EFFETTO DEL GRANDE SALTERIO

Mentre la Comunità recitava il salterio, che è soccorso potente alle anime purganti, Geltrude che pregava fervorosamente perchè doveva comunicarsi; chiese al Salvatore per quale motivo il salterio era così vantaggioso alle anime dei purgatorio e gradito a Dio. Le sembrava che tutti quei versetti e orazioni annesse, dovessero generare noia più che divozione.

Rispose Gesù: « L'ardente amore che ho per la salvezza delle anime, fa sì che io dia tanta efficacia a questa preghiera. Sono come un re che tiene chiusi in prigione alcuni suoi amici, ai quali darebbe volentieri la libertà, se la giustizia lo permettesse; avendo in cuore tale eccelsa brama, si capisce come accetterebbe volentieri il riscatto offertogli dall'ultimo dei suoi soldati. Così io gradisco assai quanto mi è offerto per la liberazione di anime che ho riscattate col mio sangue, per saldare i loro debiti e condurli alle gioie a loro preparate da tutta l'eternità. Geltrude insistette: « Ti torna dunque gradito l'impegno che s'impongono coloro che recitano il salterio? ». Egli rispose: « Certamente. Ogni volta che un'anima è liberata da tale preghiera, si acquista un merito come se avessero liberato Me dalla prigione. A tempo debito, ricompenserò i miei liberatori, secondo l'abbondanza delle mie ricchezze ». La Santa chiese ancora: « Vorresti dirmi, caro Signore, quante anime accordi a ciascuna persona che recita l'ufficio? » e Gesù: « Tante quante ne merita il loro amore » Poi continuò: «La mia infinita bontà mi porta a liberare un numero grande di anime; per ciascun versetto di questi salmi libererò tre anime ». Allora Geltrude che, per la sua estrema debolezza non aveva potuto recitare il salterio, eccitata dall'effusione della divina bontà, si sentì in dovere di recitarlo col più grande fervore. Quand'ebbe terminato un versetto, domandò, al Signore quante anime la sua infinita misericordia avrebbe liberato. Egli rispose: « Sono così soggiogato dalle preghiere di un'anima amante, che sono pronto a liberare ad ogni movimento della sua lingua, durante il salterio, una moltitudine sterminata di anime ».

Lode eterna ne sia a Te, dolcissimo Gesù!




CAPITOLO XIX

SI NARRA DI UN'ANIMA SOCCORSA PER LA RECITA DEL SALTERIO

Un'altra volta che Geltrude pregava per i defunti, scorse l'anìma di un cavaliere, morto circa quattordici anni prima, sotto la forma di una bestia mostruosa, dal cui corpo si rizzavano tante corna quanti peli hanno ordinariamente gli animali. Quella bestia sembrava sospesa sulla gola dell'inferno, sostenuta solo dalla parte sinistra da un pezzo di legno. L'inferno le vomitava contro vortici di fumo, cioè ogni sorta di sofferenze e di pene che le cagionavano tormenti indicibili; essa non riceveva alcun sollievo dai suffragi della Santa Chiesa.

Geltrude, stupita per la strana forma di quella bestia, comprese alla luce di Dio, che, durante la vita, quell'uomo si era mostrato ambizioso e pieno di orgoglio. Perciò i suoi peccati avevano prodotto delle corna talmente dure che gli impedivano di ricevere alcun refrigerio, Snchè fosse rimasto sotto quella pelle di bestia.

Il piolo che lo sosteneva, impedendogli di cadere nell'inferno, designava qualche raro atto di buona volontà, che aveva avuto durante la vita; era la sola cosa che, con l'aiuto della divina misericordia, gli aveva impedito di piombare nel baratro infernale.

Geltrude, per divina bontà, sentì una grande compassione di quell'anima, e offerse a Dio in suo suffragio, la recita del Salterio. Subito la pelle di bestia scomparve e l'anima apparve sotto la forma di bambinello, ma tutto coperto di macchie. Geltrude insistette nella supplica, e quell'anima venne trasportata in una casa ove molte altre anime erano già riunite. Là ella mostrò tanta gioia come se, sfuggita al fuoco dell'inferno, fosse stata ammessa in paradiso. Allora aveva capito che i suffragi di S. Chiesa potevano beneficarla, privilegio di cui era stata priva dal momento della morte fino quando Geltrude l'aveva liberata da quella pelle di bestia, conducendola in quel luogo.

Le anime che ivi si trovavano la ricevettero con bontà e le fecero posto fra loro.

Geltrude, con uno slancio del cuore, chiese a Gesù di ricompensare l'amabilità di quelle anime verso l'infelice cavaliere. Il Signore, commosso, la esaudì e le trasferì tutte in un luogo di refrigerio e di delizie.

Geltrude interrogò nuovamente lo Sposo divino: « Quale frutto, o amato Gesù, ritrarrà il nostro Monastero dalla recita del Salterio? ». Egli, rispose: - « Il frutto di cui la S. Scrittura dice: « Oratia tua in sinum tuum convertetur - La tua preghiera ritornerà nel tuo seno » (Sal. XXXIV, 13). Di più la mia divina tenerezza, per ricompensare la carità che vi spinge a soccorrere i miei fedeli per farmi piacere, aggiungetà questo vantaggio: in tutti i luoghi del mondo, ove si reciterà d'ora in avanti il Salterio, ciascuna di voi riceverà tante grazie, come se fosse recitato solo per lei ».

Un'altra, volta ella disse al Signore: « O Padre delle misericordie, se alcuno, mosso dal tuo amore, volesse glorificarti, recitando il Salterio in suffragio dei defunti, ma, non potesse poi ottenere il numero voluto di elemosine e di Messe, casa potrebbe offrirti per farti piacere? ». Rispose Gesù: « Per supplire al numero delle Messe dovrà ricevere altrettante volte il Sacramento del mio Corpo, e al posto di ogni elemosina dica un Pater con la Colletta: «Deus, cui proprium est etc., per la conversione dei peccatori, aggiungendo ogni volta un atto di carità». Geltrude aggiunse ancora, in tutta confidenza: « Vorrei pur sapere, o dolce mio Signore, se tu accorderai il sollievo e la liberazione alle anime purganti anche quando invece del Salterio, si recitasse qualche breve preghiera ». Egli rispose: « Gradirò queste preghiere come ii Salterio, però con alcune condizioni. A ciascun versetto del Salterio si dica questa preghiera: « Io ti saluto, Gesù Cristo, splendore del Padre»; domandando prima perdono dei peccati con la preghiera « In unione di quella lode supreme ecc. ». In unione poi all'amore che per la salvezza del mondo mi ha fatto prendere umana carne, si diranno le parole della suddetta, preghiera, che parla della mia vita mortale. In seguito bisogna porsi in ginocchio, unendosi all'amore che mi ha condotto a lasciarmi giudicare e condannare a morte, Io, che sono il Creatore dell'universo, per la salvezza dì tutti, e si reciterà la parte che riguarda la mia Passione; In piedi si diranno le parole che salutano la mia Risurrezione e Ascensione, lodandomi in unione alla confidenza che mi ha fatto vincere la morte, risuscitare a salire al cielo, per porre la natura umana a destra del Padre. Poi, supplicando ancora il perdono, si reciterà l'antifona Salvator mundi, in unione alla gratitudine dei Santi i quali confessano che la mia Incarnazione, Passione, Risurrezione sono le cause della loro beatitudine. Come ti dissi bisognerà comunicarsi tante volte quante sono le Messe che il Salterio esige. Per supplire alle elemosine si dirà un Pater con la preghiera Deus cui proprium est, aggiungendo un'opera di carità. Ti ripeto che tali preghiere valgono, al mio sguardo l'intero Salterio».




SPIEGAZIONE DEL GRANDE SALTERIO

E DELLE SETTE MESSE GREGORIANE

Il lettore sentendo nominarsi il Salterio potrebbe domandare, cos'è e come si recita. Ecco il modo di recitarlo secondo le direttive di S. Geltrude.

Iniziando, dopo d'aver chiesto perdono dei peccati, dite: « In unione a quella lode suprema con la quale la gloriosissima Trinità loda se stessa, lode che scorre poi sulla tua benedetta Umanità, dolcissimo Salvatore, e di là sulla tua gloriosissima Madre, sugli Angeli, sui Santi, per ritornare poi nell'oceano della tua Divinità, ti offro questo Salterio per tuo onore e gloria. Ti adoro, ti saluto, ti ringrazio in nome dell'universo intero per l'amore con cui ti sei degnato farti uomo, nascere e soffrire per noi durante trentatrè anni, patendo fame, sete, fatiche, strazi, oltraggi e restare poi infine, per sempre, nel SS. Sacramento. Ti supplico di unire, ai meriti della tua santissima vita la recita di questo ufficio che ti offro per... (nominare le persone vive o morte per le quali intendiamo pregare). Ti domando il supplire coi tuoi divini tesori a quanto esse hanno trascurato nella lode, nel ringraziamento e nell'amore che ti sono dovuti, cosa pure nella preghiera e nella pratica della carità, o di altre virtù, infine alle imperfezioni e alle omissioni delle loro opere».

Secondariamente dopo d'avere rinnovato la contrizione dei peccati, bisogna porsi in ginocchio e dire: « Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Gesù, per quell'amore col quale ti sei degnato di essere preso, legato, trascinato, calpestato, colpito, sputacchiato, flagellato, coronato chi spine, immolato coi supplizio più atroce e trafitto da una lancia. In unione di tale amore ti offro le mie indegne preghiere, scongiurandoti, per i meriti della tua santa Passione e morte, di cancellare completamente le colpe commesse in pensieri, parole e azioni dalle anime per le quali ti prego. Ti domando anche di offrire a Dio Padre tutte le pene e dolori del tuo Corpo affranto, e dell'anima tua abbeverata di amarezza, tutti i meriti che tu hai acquistato sia per l'uno come per l'altra, e tutto presentare al sommo Iddio per la remissione della pena che la tua giustizia deve fare subire a quelle anime».

Terzo, stando in piedi direte direttamente: «Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Signore Gesù Cristo, per l'amore e la confidenza con cui, avendo vinto la morte, hai glorificato il tuo Corpo con la Risurrezione, ponendolo alla destra del Padre. Ti scongiuro di rendere partecipe della tua vittoria e della tua gloria le anime per le quali prego».

Quarto, implora perdono dicendo: « Salvatore del mondo, salvaci tutti, Santa Madre di Dio, Maria sempre Vergine, prega per noi. Noi ti supplichiamo affinchè le preghiere dei santi Apostoli, Martiri, Confessori e delle Sante Vergini ci liberino dal male, e ci accordino di gustare tutti i beni, ora e per sempre. Ti adoro, ti saluto, ti benedico, ti ringrazio, dolcissimo Gesù, per tutti i benefici che hai accordati alla tua gloriosa Madre e a tutti gli eletti, in unione di quella riconoscenza con la quale i Santi si rallegrano di avere raggiunto la beatitudine eterna per mezzo della tua Incarnazione, Passione, Redenzione. Ti scongiuro di supplire a quanto manca a queste anime coi meriti della beata Vergine e dei Santi ».

Quinto, recita divotamente e con ordine i centocinquanta salmi, aggiungendo dopo ciascun versetto del salterio questa preghierina: « Io ti saluto, Gesù Cristo, splendore del Padre, principe della pace, porta del cielo; pane vivente, figlio della Vergine, tabernacolo della Divinità ». Alla fine di ciascun salmo dite in ginocchio Requiem aeternam etc. Poi ascolterete piamente o farete celebrare centocinquanta, o cinquanta, o almeno trenta S. Messe. Se non potete farle celebrare vi comunicherete lo stesso numero di volte. Poi farete centocinquanta elemosine oppure vi supplirete con lo stesso numero di Pater seguiti dalla preghiera: « Deus cui proprium est etc. - Dio di cui è proprio etc. (preghiera che segue le Litanie dei Santi), per la conversione dei peccatori, e compirete centocinquanta atti di carità. Per atti di carità s'intende il bene fatto al prossimo per amore di Dio: elemosine, buoni consigli, delicati servigi, ferventi preghiere. Questo è il grande Salterio la cui efficacia venne esposta più sopra (cap. XVIII e XIX).

Ci pare che non sia fuor di proposito parlare qui delle sette Messe che, secondo un'antica tradizione, vennero rivelate al Papa S. Gregorio. Esse hanno una grande efficacia per liberare le anime purganti, perchè si appoggiano ai meriti di Gesù Cristo, che saldano i loro debiti.

In ogni S. Messa bisogna accendere, se possibile, sette candele in onore della Passione e, durante sette giorni, recitare quindici Pater od Ave Maria, fare sette elemosine e recitare un Notturno dell'Ufficio dei defunti.

La prima Messa è: Domine, ne longe, con la recita della Passione, come nella domenica delle Palme. Bisogna pregare il Signore perché si degni, Lui che si è volontariamente abbandonato nelle mani dei peccatori, liberare l'anima dalla prigionia ch'ella subisce per le sue colpe,

La Seconda Messa è: Nos autem gloriaci con la recita della Passione, come nella terza feria dopo le Palme. Si prega Gesù affinchè, per l'ingiusta condanna a morte, liberi l'anima dalla giusta condanna meritata per le sue colpe.

La terza Messa: In nomine Domini, col canto della Passione, come nella quarta feria dopo le Palme. Bisogna chiedere al Signore, per la sua Crocifissione e dolorosa sospensione allo strumento del suo supplizio, di liberare l'anima dalle pene a cui si è ella stessa condannata.

La quarta Messa è: Non autem gloriaci, con la Passione Egressus Jesus, come al Venerdì Santo. Si domanda al Signore, per la sua amarissima morte e per la trafittura del suo Costato, di guarire l'anima dalle ferite del peccato, e delle pene che ne sono la conseguenza.

La quinta Messa è: Requiem aeternam. Si domanda al Signore che, per la sepoltura che ha voluto subire, Lui, il Creatore del cielo e della terra, ritragga l'anima dall'abisso dove l'hanno fatta cadere i suoi peccati.

La sesta Messa è: Resurrexi, afflnchè il Signore per la gloria della sua gioiosa risurrezione, degni purificare l'anima da ogni macchia di peccato e renderla partecipe della sua gloria.

La settima Messa infine è: Gaudeamos, come nel giorno dell'Assunzione. Si prega il Signore e si domanda alla Madre delle misericordie, per i suoi meriti e le sue preghiere, in nome delle gioie che ricevette nel giorno del suo trionfo, che l'anima, sciolta da ogni legame, voli allo Sposo celeste. Se compirete queste opere per altre persone in occasione della loro morte, la vostra preghiera vi sarà ridonata con doppio merito. Se poi la praticate per voi, mentre siete in vita, sarà molto meglio che attenderle da altri, dopo morte. Il Signore, che è fedele e cerca l'occasione di farci del bene, custodirà Lui stesso quelle preghiere e ve le restituirà a tempo debito « per le viscere della misericordia del nostro Dio, con le quali è venuto a visitarci dall'alto questo sole levante» (Luc. I, 78).



CAPITOLO XX

COME SI ACCRESCE IL MERITO OFFERTO

Geltrude un giorno offerse a Dio, per l'anima di un defunto, tutto il bene che la bontà del Signore aveva compiuto in lei e per lei. Vide allora questo bene presentato davanti al trono della divina Maestà, sotto la forma di un magnifico dono che sembrava rallegrare Dio ed i sudi Santi.

Il Signore ricevette volontieri quel dono e parve felice di distribuirlo a coloro che erano nel bisogno, e che nulla avevano da loro stessi meritato. Geltrude vide poi che il Signore aggiungeva, nella sua infinita liberalità, qualche cosa alle sue opere buone, affine di restituirgliele poi aumentate, per il decoro della sua eterna ricompensa. Comprese allora che, lungi dal perdere qualche cosa, l'uomo guadagna assai a soccorrere gli altri, con senso di generosa carità.

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:39
 
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