Amiamo Dio con Gesù e Maria

4° Libro, Capitoli 41 a 50

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view post Posted on 14/8/2010, 15:36
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Domenico-89

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CAPITOLO XLI

FESTA DELLA GLORIOSA TRINITA'

Nella solenne festa dell'adorabile, sempre tranquilla Trinità, Geltrude recitò in suo onore questo versetto: « Gloria ti sia resa, o sovrana, eccellentissima, gloriosissima, nobilissima, dolcissima, benignissima, sempre tranquilla e adorabile Trinità; Deità una e uguale, prima di tutti i secoli, ora e sempre ».

Mentre offriva questa preghiera al Signore, il Figlio di Dio le apparve rivestito della sua Umanità, nella quale è detto minore del Padre. Egli stava davanti alla SS. Trinità, con la grazia e la freschezza della sua gioventù, portando su ciascuno dei suoi membri un fiore di tale bellezza che nulla quaggiù potrebbe darne idea. Questa visione significava che la piccolezza dell'uomo, essendo incapace di raggiungere la SS. Trinità, era supplita da Gesù, Verbo incarnato, che si dice minore del Padre; Egli infatti fa suoi i nostri sforzi, li nobilita per offrirli in degno olocausto alla suprema e indivisibile Trinità.

Al momento d'iniziare il Vespro, Gesù presentò alla SS. Trinità il suo sacratissimo Cuore, tenendolo in mano, quasi fosse una lira melodiosa, sulla quale dolcemente risuonavano davanti a Dio il fervore delle anime e tutte le parole dei canti sacri. Coloro che cantavano senza speciale divozione, per abitudine, o cercando una sodisfazione affatto - umana, producevano un sordo mormorio sulle corde basse; ma quelle che si applicavano a cantare devotamente le lodi della SS. Trinità, facevano risuonare, per mezzo del Cuore di Gesù, un canto soave e melodioso sulle corde più sonore.

Quando s'intonò l'antifona - Osculetur me - una voce si fece sentire; usciva dal trono e diceva: « S'avvicini il Figlio mio diletto, nel Quale ho posto le mie compiacenze, e dia un bacio infinitamente dolce, alla mia essenza, colma di delizie ». Allora Gesù si avvicinò e diede il suo dolce bacio all'incomparabile Divinità, a cui solo la sua Santa Umanità ha meritato di vincolarsi, col legame di una inseparabile unione.

In seguito il Figlio di Dio, volgendosi verso la Vergine sua Madre, in onore della Quale si cantava quell'antifona, le disse: « Avvicinati, mia dolcissima Madre, perché voglio darti un tenero bacio ». Appena ricevuto quel divino amplesso, ciascuno dei membri della Vergine appariva adorno degli stessi fiori, di cui Gesù si era mostrato fregiato, in virtù delle preghiere che Gli erano state offerte.

Egli onorava in tal modo la Madre sua, perchè da lei aveva ricevuto l'umana natura, le cui membra erano abbellite dai fiori delle nostre divozioni, e delle nostre povere preghiere.

Ella comprese che tutte le volte che si nominava in questa festa la persona del Figlio, il Padre lo colmava delle sue ineffabili, infinite tenerezze che glorificavano meravigliosamente l'Umanità di Gesù Cristo; gli eletti ricevevano da tale glorificazione nuova conoscenza dell'incomprensibile Trinità.

Durante le Laudi mentre si cantava l'antifona: Te jure laudant Geltrude lodò con slancio l'adorabile Trinità, bramando di poter cantare quest'antifona nell'ora dell'agonia per consumare le sue ultime forze nella lode di Dio. La risplendente, tranquilla Trinità parve inchinarsi con amore verso il sacratissimo Cuore di Gesù che, sotto il simbolo di una lira meravigliosa, arpeggiava suoni dolcissimi. La Santa appese a quella lira tre corde che armonizzarono subito con l'invincibile Potenza del Padre, con la Sapienza del Figlio, con la Bontà dello Spirito Santo, per supplire a tutti i debiti della sua anima, secondo il gusto della SS. Trinità.

Dopo d'aver cantato Mattutino, con attenzione molto intensa, Ella si chiese se mai avesse disgustato con qualche negligenza involontaria il suo Dio, perchè non aveva ricevuto le solite illustrazioni intellettuali, che la deliziavano durante le preghiera. Ben presto venne istruita con queste parole: « Se dovessi esaminare la cosa secondo la bilancia della giustizia, ti direi che hai certamente demeritato le dolcezze e i lumi spirituali, perchè hai gustato un piacere tutto naturale, ascoltando la melodia del canto, e seguendo le tendenze della tua volontà. Riceverai però un premio nella vita futura, perchè hai preferito le fatiche del mio servizio al tuo riposo».

Nessuna parola umana potrebbe tradurre a parole le grazie e le rivelazioni ricevute da Geltrude nella solenne festa della SS. Trinità, festa che le era particolarmente cara. Così ripetiamo, in ringraziamento di tali benefici, conosciuti solo da Dio, le lodi riconoscenti che l'Ufficio della S. Chiesa pone sulle nostre labbra in questo felicissimo giorno.




CAPITOLO XLII

NELLA FESTA DI S. GIOVANNI BATTISTA

Nella festa di S, Giovanni Battista, mentre Geltrude assisteva devotamente al Mattutino, vide S. Giovanni Battista in piedi, davanti al trono glorioso dei Re celeste. Era. nel fiore della giovinezza, adorno di una beltà meravigliosa e rivestito di un'immensa gloria per la sua qualità speciale di battezzatore di Cristo, precursore, araldo degno di mostrarlo al popolo.

Mentre Geltrude andava mirandolo, si persuase che non rassomigliava affatto al dipinti che aveva visto col suo ritratto, nei quali era rappresentato in età avanzata e con un povero aspetto. S. Giovanni rispose al suo intimo pensiero dicendole che anche quel fatto, gli procurava una gloria tutta speciale. Se la pittura lo rappresentava vecchio, era perchè la sua anima forte e decisa, aveva strenuamente combattuto el male, risoluta di continuare nella lotta fino all'estrema decrepitezza, cercando sempre e in ogni cosa la massima perfezione: ed è appunto perchè aveva coronato la sua esistenza proteso verso questo ideale che aveva ricevuto ricompense così grandi. Geltrude gli chiese in seguito se la giustizia e la santità dei suoi genitori avessero accresciuto i suoi meriti. Egli rispose: « L'avere io avuto parenti giusti che mi hanno insegnato la via della santità, accresce certo la mia gloria, così come un trono è tanto più elevato, se è posto su colonne artistiche; però delle loro doti umane di bellezza, di censo, di nobiltà non ritraggo alcun profitto, se non in quanto le ho disprezzate per pensare alle cose celesti; la gloria che ne ricevo è simile a quella del cavaliere vittorioso, che riconosce di essere sfuggito a molti pericoli ».

Alla S. Messa, mentre le Religiose si comunicavano, S. Giovanni Battista le apparve di nuovo rivestito di magnifici abiti color rosa, adorni di tanti agnelli d'oro, quante erano le persone che in quel giorno avevano ricevuto el Corpo del Signore, per onorare la sua nascita. Geltrude vide altresì che Giovanni pregava per tutti coloro che avevano celebrato la sua festa, ottenendo a essi gli stessi meriti delle fatiche fatte per convertire al Signore i popoli.




CAPITOLO XLIII

NELLA FESTA DEL PAPA S. LEONE

La festa di S. Leone in quell'anno cadeva in domenica e S. Geltrude si applicò all'orazione con ardore più intenso del solito. Ella vide il Papa S. Leone in uno splendore di gloria ammirabile; fra altro la Santa ricordò la circostanza nella quale S. Leone, per vincere una tentazione, si era tagliata una mano, e ringraziò il Signore di quella vittoria così eroica, che aveva procurato al Santo un glorioso posto in cielo. Ella domandò che, per i meriti del grande Papa, una persona che a lei si era raccomandata, trionfasse per la gloria di Dio, di tutte le tentazioni. Geltrude ricevette allora dal Santo questa istruzione. La persona per la quale ella pregava prima di andare in un luogo, a di fare un'opera che avrebbe potuto essere occasione di tentazione, doveva recitare questo versetto: Il mio cuore e il mio corpo siano immacolati (Sal. CXVIII, 80). Terminata poi l'azione doveva ringraziare il Signore di averla preservata da cadute, perchè nessuna creatura pecca così gravemente che non possa farlo di più, se la misericordia del Signore non la preserva. Tuttavia, se commettesse qualche fragilità, ella dovrebbe offrire in riparazione a Dio Padre la innocentissima Passione e morte di Gesù Cristo. Il Santo assicurò che, se quella persona fosse fedele a tale pratica, Dio non permetterebbe giammai che peccasse al punto d'incorrere nella dannazione.

Mentre stava per accostarsi alla S. Comunione, comprese che S. Leone era là, ad intercedere per lei, presso il Signore. Egli chiedeva che Geltrudè, ricevendo il Corpo di Gesù, esperimentasse la stessa dolcezza da lui provata, quando celebrò i santi Misteri, dopo d'avere riavuto, per intercessione della Vergine Maria, la mano che si era tagliata. Il Signore, accogliendo tale supplica, comunicò a Geltrude l'abbondanza delle divine tenerezze e le conferì lo stesso merito che S. Leone aveva acquistato in cielo, per la sua splendida vittoria. Il Salvatore, nella sua infinita bontà, volle accordarle questa grazia, perchè Geltrude, ben sapendo che la prova accresce il merito e la gloria in cielo, temeva sempre nella sua umiltà, di non meritare le sublimi ricompense della castità. Infatti Dio non permise mai, per la grande purezza del suo cuore, che sentisse le tentazioni della carne, ma la Santa attribuiva tale grazia solo alla sua fragilità. Pensava che se il Signore la preservava misericordiosamente da tale pericolo, si era perchè, conoscendo la sua debolezza, temeva che soccombesse alla tentazione.

I meriti di S. Leone dovevano appunto supplire all'indigenza di cui soffriva. Il Signore vi aggiunse ancora i meriti che la persona raccomandata alle sue preghiere, avrebbe acquistato, se fedele a' suoi avvisi, avesse superato valorosamente la tentazione.

Geltrude comprese perciò che, se si ringrazia Dio per una vittoria da altri riportata, oppure per un beneficio ricevuto dal prossimo, ed anche se s'istruisce alcuno per renderlo migliore, si acquista in più del merito personale, anche quello degli altri.




CAPITOLO XLIV

FESTA DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Nella festa dei principi degli Apostoli Pietro e Paolo, mentre a Mattutino si cantava il Responsorio: Si diligitis me, Geltrude chiese al Signore quali pecorelle avrebbe potuto pascere per provargli con le opere l'amor suo. Rispose Gesù: « Nutri per me cinque agnelli scelti e teneramente amati. Pasci il tuo cuore con meditazioni divine, la tua bocca con parole salutari, i tuoi occhi con sante letture, i tuoi orecchi con l'audizione di buoni consigli, le tue mani con lavoro perseverante. Ogni volta che ti applicherai a uno di questi esercizi mi darai grande prova di amore».

Nelle meditazioni divine, la Santa comprese doversi includere tutti i progetti concepiti per la gloria di Dio ed il profitto personale del prossimo. Le parole salutari e le sante letture comprendevano tutto quanto si accoglie con merito cioè, le sofferenze, i buoni esempi, lo sguardo al Crocifisso. Riguardo ai santi consigli, ella comprese che le orecchie sono nutrite anche quando si riceve con pazienza un rimprovero. Il lavoro costante delle mani, non potendosi praticare simultaneamente con la lettura, va inteso con una certa larghezza, cioè più come intenzione che come azione, giacchè l'amabile Salvatore accetta come lavoro anche il semplice desiderio di leggere e persino l'atto di tenere fra mano il libro.

Durante la S. Messa, mentre Geltrude lodava S. Pietro dei privilegi da Dio ricevuti e soprattutto delle taumaturghe parole: Tutto ciò che legherai in terra ecc. (Matt. XVIII, 18) l'Apostolo le apparve adorno di abiti pontificali. Egli stese la mano e la benedisse, per consumare in essa l'opera di salvezza che compie nelle anime in virtù delle suddette parole. Mentre si avvicinava alla balaustra per ricevere il Corpo di Cristo, sentiva la sua profonda indegnità. Allora i due Apostoli si posero uno a destra, l'altro alla sua sinistra per condurla con grande onore alla Mensa divina. Al suo arrivo il Figlio di Dio si alzò e, recingendola affettuosamente, le disse: « Sappi, figlia mia, che queste braccia che ti recingono ti hanno realmente guidata verso di me; volli però servirmi del ministero de' miei Apostoli, per aumentare la tua divozione a loro riguardo ». Geltrude si rimproverò amaramente di avere dimenticato di onorare S. Paolo con qualche pratica particolare e pregò Gesù stesso di supplire alla sua negligenza.

Mentre faceva il ringraziamento dopo la S. Comunione, Geltrude si vide assisa ai fianchi del Signore, quale regina che se ne sta vicina al re. I principi degli Apostoli piegavano il ginocchio davanti al trono, come cavalieri che si presentano per ricevere i premi distribuiti dal sovrano e dalla loro dama. La Santa si chiese con stupore se gli Apostoli non avessero acquistato in terra meriti sufficienti, offrendo così spesso il S. Sacrificio. Gesù la illuminò con questo paragone: « Quantunque sia grande onore per una regina essere Sposa del Re, tuttavia ella gusta una gioia speciale nel giorno delle nozze della sua figlia. Così i Santi, felici nel loro gaudio, si rallegrano però grandemente con l'anima che riceve il S. Sacramento ».




CAPITOLOXLV

NELLA FESTA DI S. MARGHERITA VERGINE

Nella festa dell'illustre Vergine, mentre Geltrude assisteva devotamente ai Vesperi, le apparve la Santa, brillante nello splendore della sua immortale beatitudine. Era adorna di un magnifico rivestimento di gloria, e stava davanti al trono della divina Maestà.

Quando s'intonò il Responsorio «Virgo veneranda in magna stans conàiantia verba contempsit judicis. Nil cogitans de rebus lubricis. Coelestis proemii spe gaudens, in tribulatione erat patiens. Nil cogitans - La Vergine degna di lode ferma e costante, disprezzò le parole del giudice. Il suo pensiero s'allontanava di ciò che è impuro. Gioiosa nella speranza della celeste ricompensa, soffriva la prova con pazienza». Una luce splendidissima irradiò dall'illibata Umanità di Gesù e investì l'anima di S. Margherita, accrescendone la verginale bellezza. Il Signore volle così rinnovare e raddoppiare in essa il merito della casta sua verginità, come fa il pittore che, con adatte vernici, fa brillare di nuove sfumature le tinte di un magnifico quadro.

Alle parole: in magna stans constantia, il Figlio di Dio, per aumentare la gloria della sua Sposa, e perfezionare il merito delle sue sofferenze, diresse nuovamente su lei una meravigliosa luce, che derivava dalla gloria incomparabile della sua amarissima Passione, facendola risplendere d'ineffabile bellezza. In seguito poi, mentre nell'inno si cantavano quelle parole « Sponsisque reddens proemio. - Che ricompensa la sua sposa», il Signore, rivolgendosi con tenerezza a S. Margherita, le disse: « O vergine mia Sposa, non ho forse aumentato a sufficienza la ricompensa dovuta ai tuoi meriti, perché mi si domandi ancora per te nuovi favori? ». E accarezzandola con amore, attirò in sè tutti gli atti di devozione che erano stati compiuti nel mondo intero da coloro che avevano degnamente celebrato la festa della Santa. Per tali atti di pietà, Egli aveva aumentato le inestimabili ricompense della fedele sua Sposa.

S. Margherita si volse poi a Geltrude e le disse: « Godi e vivi allegramente, o tu che fosti eletta dal Signore! Ricordati che per un po' di dolori sofferti in questo mondo, per qualche malattia e avversità, avrai ricompense grandi nella gloria del cielo. Per ciascun momento di patire lo Sposo e l'Amico tuo ti darà mille e mille anni di gaudio ineffabile in cielo. Le pene che talora provi nell'intimo del cuore, le fatiche che incontri nei tuoi lavori, sono una disposizione specialissima del suo amore, che vuol santificcarti, minuto per minuto, ora per ora, giorno per giorno, e prepararti così all'eterna beatitudine. Pensa che al momento della mia morte, cioè quando ricevetti questo peso di gloria che mi fa trasalire di giubilo, non ero venerata in tutto il mondo, come lo sono ora; ero anzi disprezzata e ritenuta creatura miserabile. Credi dunque fermamente che, al termine della vita, gusterai, in una gloria senza fine, i dolci amplessi dello Sposo immortale, in seno a quelle delizie che l'occhio non ha veduto, l'orecchio non ha udito, il cuore non ha compreso e che Dio prepara a coloro che l'amano ».




CAPITOLO XLVI

NELLA FESTA DI S. MARIA MADDALENA

Nella festa di S. Maria Maddalena, la grande amante di Cristo apparve a Geltrude durante i primi Vespri adorna di rose d'oro e splendente di tante gemme quanti furono i suoi peccati. Ritta alla destra del Figlio di Dio, diffondeva su tutta la Corte celeste il meraviglioso splendore della sua gloria, e il Salvatore Gesù, prodigandole familiari carezze, le diceva tenerissime parole. Geltrude comprese che i fiori d'oro rappresentavano la divina clemenza che aveva rimessi i peccati di S. Maria Maddalena, le gemme preziose simboleggiavano la penitenza con cui ella, aiutata dalla divina grazia, aveva cancellato tutte le sue colpe.

Durante il Mattutino Geltrude applicò la sua divozione alle parole ed ai neumi che erano cantati in onore di S. Marria Maddalena, e la pregò d'intercedere per lei e per le persone che le erano state raccomandate. La Santa penitente s'avanzò, si prostrò ai piedi del Signore, li baciò con amore e li offerse, in virtù dei suoi meriti, a tutti coloro che desideravano avvicinarsi ad essi con sincera penitenza. Geltrude venne a baciare teneramente quei sacratissimi piedi, dicendo: « Ecco, o amatissimo Gesù, che ti offro le pene di tutte le persone che mi sono affidate e in loro compagnia, lavo i tuoi santissimi piedi ». Rispose il Signore: « Con ragione mi hai lavato i piedi in nome loro, adesso di' a coloro per i quali tu preghi che me li asciughino coi loro capelli, che li bacino e li profumino con preziosi aromi ». Geltrude comprese che quelle persone dovevano fare tre cose: per asciugare i piedi di Gesù era necessario che si esaminassero accuratamente se nei dolori da loro sofferti, nulla vi fosse di opposto a Dio, o che impedisse la loro unione col Signore; in caso affermativo dovevano proporre di vincere ogni ostacolo, a prezzo di qualsiasi sacrificio. Per baciare i piedi di Gesù dovevano confidare ciecamente nella bontà infinita di Dio, sempre pronto a perdonare le colpe dei cuori sinceramente pentiti. Infine per profumare quei santi piedi dovevano proporre di fuggire, per quanto è possibile, la minima offesa di Dio.

Aggiunse il Signore: « Se vuoi offrirmi il profumo che, secondo il Vangelo, quella grande penitente versò sul mio capo, spezzando il vaso che lo conteneva, così che « la casa fu tutta piena di quella fragranza: et domus impleta est ex odore unguenti (Giov. XII, 3), devi amare la verità. Infatti colui che, per amore della verità e per difenderla si espone ad avere sofferenze, a perdere amici, a compiere gravi rinunce, colui, dico, spezza realmente il vaso d'alabastro e profuma il mio capo, sì che tutta la casa è fragrante di quest'olezzo. Egli dà realmente buon esempio e mentre si sforza di correggere gli altri, migliora se stesso, cercando di evitare le colpe che biasima nel prossimo. Così il buon odore si diffonde per l'esempio edificante e le opportune correzioni al prossimo. Se mai poi, nel suo amore alla verità, cadesse in qualche difetto, sia correggendo con asprezza e zelo eccessivo, sia mostrandosi negligente o troppo rigido, io lo scuserò davanti al Padre celeste e a tutti gli eletti, come seppi difendere Maria Maddalena; di più soddisferò a tutte le sue colpe ».

Geltrude chiese: « Amorosissimo Gesù, si dice che Maria abbia comperato quell'unguento odoroso, come potrei anch'io, (sia pure a prezzo grande), renderti un omaggio così gradito? ». Egli rispose: « Colui che in ogni occasione, mi offre la sua buona volontà, che si sforza di agire per amore, e che accetta i più gravi sacrifici per la mia gloria, compera veramente questo balsamo squisito. Lo acquista purché, preferendo il mio onore al suo vantaggio, si assoggetta a qualsiasi rinuncia; lo acquisterebbe anche se per gravi ostacoli, non potesse tradurre in opera il suo progetto ».




CAPITOLO XLVII

FESTA DI S. GIACOMO APOSTOLO

Nella festa di S. Giacomo, il Maggiore, il glorioso Apostolo apparve a Geltrude, adorno di tutti i meriti dei pellegrini ch'erano andati a venerare le sue reliquie. Geltrude, meravigliata di tanto splendore, chiese a Gesù perchè mai S. Giacomo avesse tanti privilegi, giacchè molti popoli accorrevano alla sua tomba, invece di andare a quella dei grandi Apostoli Pietro e Paolo, o a quella di altri Santi.

Il Salvatore le rispose: « Volli onorare questo mio diletto Apostolo con un privilegio affatto speciale, in vista dello zelo ardentissimo ch'ebbe per la salvezza delle anime: essendo morto in giovane età non ha potuto convertire alla fede molte anime, come fervidamente desiderava. La sua buona volontà forte, valida, decisa, sempre unita alla mia, gli ha meritato quello che non ha potuto compiere quaggiù per la sua morte precoce; cioè la salvezza di molte anime. Infatti i numerosi pellegrini che affluiscono al suo sepolcro, attratti dai miracoli che ivi si compiono, confessano i loro peccati e si ritemprano nella fede ».

Queste parole le fecero desiderare di ricevere ella pure, per i meriti del grande apostolo, l'assoluzione dei suoi peccati e propose di supplire al pellegrinaggio con la SS. Comunione ricevuta in suo onore. Dopo d'avere compiuto questo atto, le parve di essere seduta col Signore, a una mensa regale, ove erano serviti cibi eccellenti e sontuosi. Quando ebbe offerto, in lode eterna al Padre, il Corpo di Gesù per aumentare la gloria di S. Giacomo, l'Apostolo le apparve come augusto principe, si sedette rispettosamente a tavola di fronte al Signore e ringraziò la Santa per l'offerta magnifica del Sacramento vivificante, ricevuto in suo onore. Egli pregò Gesù di produrre nell'anima di Geltrude, che gli aveva fatto dono così stupendo, frutti di grazia, quei frutti preziosi che la sua infinita bontà poteva ritrarre dai meriti del suo Apostolo.




CAPITOLO XLVIII

FESTA DELL'ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE

La festa della solenne Assunzione di Maria si avvicinava e Geltrude, trattenuta a letto da infermità, non poteva, benchè assai lo desiderasse, recitare tante «Ave Maria» quanti erano stati gli anni passati dalla Vergine in terra. Tuttavia si sforzò di raggiungere quel numero, dividendo in tre parti la Salutazione angelica: Ave Maria - Gratia piena - Dominus tecum. Mentre stava offrendo queste ed altre preghiere, che alcune persone le avevano detto di presentare alla S. Vergine, la graziosa Regina del cielo le apparve rivestita con un manto verde, su cui brillavano numerosi fiori d'oro, in forma di trifoglio. Essa le disse: « Porto sul mio abito tanti fiori, quante sono le parole delle preghiere che tu mi hai offerto a nome delle persone che ti hanno raccomandato di presentarmele. Questi fiori brillano più o meno a seconda dell'attenzione posta nel recitare dette preghiere. Ora rivolgo questi divini splendori verso ciascuna di quelle anime, per renderle più gradite al Figlio mio ed a tutta la Corte celeste». La Regina del cielo portava, fra quei trifogli, anche alcune rose di meravigliosa bellezza, che avevano sei foglie: tre erano d'oro tempestate di gemme preziose, le altre tre offrivano una mirabile varietà di sfumature. Nelle tre foglie d'oro Geltrude riconobbe le tre parti della Salutazione angelica ch'ella aveva recitato, nonostante la sua debolezza, con un grande sforzo. Il Signore Gesù volle, nella sua immensa bontà, unire a quelle foglie preziose, le altre tre con colori stupendi: la prima per l'amore con cui Geltrude aveva salutato e lodato la sua dolcissima Madre; la seconda per la discrezione mostrata, recitando solo quelle tre parti, giacchè era nell'impossibilità di fare di più; la terza per la perfetta confidenza che le faceva sperare di vedere il Signore e la dolce sua Madre accettare i suoi deboli sforzi.

All'ora di Prima, dopo la quale si doveva cantare la Messa della vigilia dell'Assunzione, ella pregò Gesù di ottenerle grazia e perdono presso la diletta sua Madre, perchè sentiva di essere stata spesso negligente nell'onorarla.

Il Salvatore s'inchinò allora verso la Madre sua e con un tenerissimo abbraccio dimostrò la divozione filiale che sempre aveva nutrito per lei. Indi le disse: « Ricordati, o mia Signora, e mia amorosissima Madre, che per te ho perdonato ai peccatori; guarda ora la mia eletta con quell'amore che avresti s'ella ti avesse sempre servita con la più grande divozione ». A quelle parole la Vergine parve sciogliersi in tenerezza e, per amore del Figlio suo, diede a Geltrude tutta la sua beatitudine.

Alla Messa Vultum tuum durante la colletta: Deus qui verginalem aulam, il Signore Gesù mostrò tanta affezione alla Madre sua, da rinnovarle tutte le gioie della sua santa Concezione, della sua nascita, e quelle che le procurò la sua santa Umanità.

Mentre Geltrude rifletteva alle parole: « In sua difensione munttos - munito dal sua soccorso» ella vide la Madre di bontà stendere il manto, per coprire con la sua protezione tutti coloro che si rifugiavano sotto il suo patrocinio; i Santi conducevano alla loro Regina le persone che si erano preparate alla sua festa con esercizi e preghiere speciali. Tali persone assomigliavano a bellissime giovinette e si sedevano rispettosamente davanti alla Madonna, come figlie alla loro madre. Vicino alle medesime volteggiavano schiere di angeli che le difendevano dalle insidie del demonio, eccitandole al bene. Geltrude comprese che quella protezione angelica era accordata alla domanda della colletta: ut sua defensione munttos, - perchè gli spiriti celesti stanno sempre vigilanti agli ordini della gloriosa Vergine, per difendere coloro che l'invocano.

Geltrude vide poi molti animali di diverse specie accorrere verso la Madre di Dio, per rifugiarsi sotto il suo manto. Essi simboleggiavano i peccatori che avevano divozione speciale alla Regina della misericordia. Essa li accoglieva con bontà, li proteggeva sotto il suo manto e li accarezzava con la sua dolce mano, come si usa fare coi cagnolini.

La Vergine rivelava così la sua misericordia verso coloro che a Lei si affidano, dimostrandosi sollecita di ricondurre al Figlio suo tutti quelli che, con un vero pentimento delle loro colpe, hanno sperato malgrado i loro peccati, nella sua misericordiosa mediazione.

All'Elevazione il Signore Gesù sembò consegnare se stesso, sotto le spoglie sacramentali dell'Ostia, con tutta la beatitudine della sua Divinità ed Umanità, a tutti coloro che assistevano con divozione alla S. Messa in onore della sua dolcissima Madre, bramando di corteggiarla divotamente nella festa dell'Assunzione. Essi, dolcemente attratti e ri. confortati dalla virtù vivificante della Divinità, erano confermati nella buona volontà, proprio come un uomo recupera energie, sostentandosi con cibi nutrienti.

Dopo la S. Messa mentre le Monache, secondo le prescrizioni della Regola, si recevano in capitolo, Geltrude vide il Signore Gesù che le precedeva, circondato da una moltitudine di Angeli, attendendo con gioia l'arrivo delle sue Spose.

La Santa, alquanto stupita, chiese: « Come mai, o amatissimo Gesù, tu vieni a questo nostro Capitolo con si grande moltitudine di angeli? Eppure noi celebriamo questa festa in tono assai meno solenne della tua Nascita ed Incarnazione ». Rispose l'amabile Salvatore: « Sono venuto qui come buon padre di famiglia, che si fa premura di ricevere lui stesso gli invitati al suo banchetto. Oggi, per onorare la mia dolcissima Mamma, quando si annuncerà la solennità della sua gloriosa Assunzione, accoglierò con tenerezza speciale tutte le anime che desiderano celebrare divotamente questa festa. Di più per la mia divina autorità, assolverò tutte coloro che umilmente accuseranno le loro infrazioni alla Regola. Nello stesso modo assisto ai vostro Capitolo in ogni festività ed approvo tutto quello che ivi compite, come già ti mostrai nella vigilia della mia Natività ».

Mentre Geltrude assisteva con divozione speciale all'ora di Nona, quando, secondo le nostre costumazioni, inizia la festa dell'Assunzione, conobbe per divina ispirazione che appunto in quell'ora la Vergine venne talmente assorbita in Dio che, spogliata dalla scoria mortale, preludiava la vita celeste, non vivendo più se non per l'azione dello Spirito Santo. Rimase in quello stato fino alla terza ora di notte; allora si lanciò in Dio, adorna delle perfezioni di tutte le virtù, senza il minimo rimpianto di coscienza. Beatamente nelle braccia del Signore, fatta un solo spirito con Lui, entrò nella potenza della Divinità (Sal. LXX).

Ai Vespri, mentre si cantavano i salmi, la Santa vide il Signore attrarre nel suo divin Cuore tutte le lodi che Gli erano rivolte e dirigerle verso la Vergine come un torrente impetuoso, di cui la celeste Sovrana riceveva le onde, secondo il numero dei meriti di cui era arricchita. All'antifona: Tota pulchra es - ella si abbandonò nelle braccia del Signore, cercando di far risuonare le parole dell'antifona sul liuto del divin Cuore, in memoria delle tenerezze che il Figlio dell'Altissimo prodigò con queste ed altre parole, a Lei, sua beatissima Madre. A questa dimostrazione d'amore, i torrenti del divin Cuore inondarono con maggior impeto l'anima della Celeste Sovrana, sprizzando gocce di acqua brillanti come fulgide stelle. Tali stelle la circondarono per rallegrarla ed adornarla d'incomparabili splendori; ma il loro numero era così grande che molte caddero al suolo. I Santi, rapiti d'ammirazione, s'affrettarono a raccoglierle per offrirle gioiosamente al Signore; con tale atto vollero far comprendere che attingono gioia, gloria, beatitudine nella sovrabbondanza dei meriti della Madre di Dio. Tutti gli angeli si associarono con grande allegrezza al fervore della Comunità e fecero risuonare, con la medesima, il responsorio: Quae est ista?. In seguito il Signore cantò con voce sonora il versetto: Ista est speciosa, e lo Spirito Santo parve far vibrare il liuto del Cuore divino per lodare e glorificare la Vergine Maria, benedetta fra tutte le creature.

All'inno: Quem terra pontus ecc. la celeste Regina parve venir meno sotto il peso dell'immenso gaudio, e s'inchinò sul seno del suo amabilissimo Figlio per rìposarsi fino alla strofa: O glortosa Domina. Si alzò allora, quasi spinta dalla divozione dei fedeli, tendendo a tutti la mano della sua dolce protezione e materna consolazione. Alla dossologia Deo Patri, si levò di nuovo e piegò tre volte le ginocchia con grande riverenza per glorificare la Trinità, sempre adorabile. Rimase così prostrata tutto il tempo del Magnificat, pregando per la Chiesa; durante l'antifona Virgo Prudentissima, fece brillare una luce celeste su tutti coloro che la pregavano con divozione.

Un'altra volta, nella stessa festa dell'Assunzione, Geltrude era così sfinita, che si poté a stento trascinare a Mattutino. Mentre stava seduta, affranta per lo sforzo fatto, il Signore, che si leva in alto, la visitò con le viscere della sua misericordia (Luc. I, 78). Infatti quando si lesse il VI Responsorio, ella fu rapita in spirito e le parve di assistere alla gioconda festa, nella quale la Vergine, dopo d'aver pagato il tributo alla natura, se ne entrò giubilante ne' regni celesti.

Dopo il Responsorio Super Salutem fino al Te Deum, durante il quale ella riprese i sensi, tutti i canti le procurarono speciali illustrazioni e gioie ineffabili. Ne citerò solo alcuna più accessibile alla umana intelligenza. Le parve dunque che il Responsorio Super salutem fosse cantato dai cori riuniti degli angeli e degli apostoli, per rallegrarsi con la Sovrana degli onori ricevuti. Durante quel tempo la gloriosa Vergine, attratta da una forza infinitamente dolce, usciva dalla prigione del corpo per lanciarsi nelle braccia amorose del Figlio. Egli, Padre tenerissimo degli orfani, si sostituiva per così dire alla Chiesa, sua diletta Sposa, e volle raccomandare alla Madre sua le intenzioni che più profondamente interessavano il suo Cuore. Così cantò Lui stesso il VII Responsorio: « Sancta Deo diletta - Santa ama ta da Dio ». In seguito, mentre la Vergine, man mano s'inalzava, il Figlio, acceso da affezione sempre più tenera per la Madre sua, raddoppiò le lodi, salutandola con l’VIII responsorio: Salve Maria; l'assemblea dei Santi, riprendendo i canti, aggiunse: « Salve, pia Mater christianorum - Salve, tenera Madre dei Cristiani ». In seguito Gesù, personificando ancora la Chiesa sua Sposa, cantò con voce chiara: « Virgo solamen desolatorum - Vergine consolatrice degli afflitti ».

Durante il cantico: Audite me, divini fructus, la beatissima Vergine parve entrare in cielo trasalendo di giubilo, ma la visione del trionfo meraviglioso non potrà mai essere espressa da umano linguaggio. La Vergine parve entrare in un magnifico prato, smaltato di fiori. Quando si cantò il versetto: Et frondete in gratiam, tutti i fiori vollero celebrare l'arrivo d'una sì grande Regina: dai loro petali irradiò una luce affascinante accompagnata da squisiti olezzi e da melodie così soavi, come se tutti i suoni della terra si fossero riuniti in un concerto armonioso.

La dolcissima Vergine, gustando la sua incomparabile beatitudine, lodava Dio e salmodiava: Gaudens gaudebo in Domino. Dio Padre, placato alla vista di una Vergine così bella, benedisse la Chiesa militante e le disse nell'abbondanza della sua soavità: Non vocaberis ultra derelieta. In seguito a onore della Vergine Maria, tutto il coro degli angeli cantò con slancio questo inno: Sexaginta sunt reginae, per dimostrare che la Madre di Dio è al di sopra di tutte le gerarchie. Il coro dei Santi incalzò et octogirata concubinae, proclamando che Ella ha ricevuto maggiori privilegi di tutti loro presi insieme. Infine il coro riunito degli Angeli e dei Santi, insistette cantando in nome della Chiesa militante: et adolescentularum non est numerus - per esaltare la Madre di Dio al di sopra di loro tutti. Lo Spirito Santo aggiunse una dolcissima modulazione: Una est columba mea, come se avesse detto: « Ho trovato solo in Essa la mia somiglianza, solo in Essa mi compiaccio di riposare ». Il Figlio di Dio proseguì: perfetta mea: cioè tutto ciò che la mia Divinità e la mia Umanità bramavano trovare nella creatura, l'ho scorto solo in Lei.

Dio Padre aggiunse: una est matris suae, eletta genetricis suae come se, nell'eccesso del suo amore, non potesse trattenere l'espressione della sua tenerezza. Maria venne allora posta con grande riverenza, sul trono di gloria alla destra del Figlio suo, mentre tutta la Corte celeste faceva echeggiare il Responsorio: Salve nobilis. Virga Jesse, Salve flos campi, Maria, Unde ortum est lilium convallium. Odor tuus super euncta preziosa unguenta; favus distillans labia tua, mel et lai sub lingua tua. Unde - Io ti saluto, nobile stelo di Jesse: io ti saluto, fiore dei campi, Maria. Da te è uscito il giglio delle valli. Nessuna preziosa fragranza può esserti paragonata. Le tue labbra distillano miele, la tua voce è dolce come miele e latte. I cittadini del cielo, plaudenti intorno a quel trono regale ed animati da crescente ardore, celebrarono la santissima vita di Maria, cantando con gìoia ineffabile il Responsorio: Beata es Virgo Maria - Fu la Trinità stessa che disse il versetto, per rinnovare in quella Vergine benedetta la dolcezza della Salutazione angelica, che fu l'inizio della sua gloria.

Il coro dei Santi riprese: « Ecce esaltata es - Ecco che sei esaltata » e la pregò d'intercedere per la Chiesa militante. Indi Dio Padre che si compiacque di onorare l'oggetto di tutte le sue tenerezze, iniziò il Responsorio « Ave, Sponsa Sunamitis, secundum Cor Summi Regis: Ave Virgo Mater, Spiritu Sancta teste, Tu olimi Mariam sordibus Aegyptiis millies exosam, Tu Theophtlum desperatum apostatam reconciliasti Filio Tuo. In gratia. O Sancta, o celsa, o be: nedicta, mitiga et nobis tram Filii tui. In gratiam. - Io ti saluto, Sposa Sunamite secondo il Cuore dell'altissimo Re. Io ti saluto Vergine Madre, come l'attesta lo Spirito Santo. Tu hai riconciliato in grazia col tuo Figlio, e Maria che si era coperta in Egitto da mille colpe, e Teofilo, l'apostata disperato. O Santa, o sublime, o benedetta, placa in nostro favore la. collera del Figlio Tuo ». Tale Responsorio incominciato dal Padre con le parole Ave Sponsa, venne continuato dal Figlio: Sunamitis secundum cor Summi Regis e ripreso dallo Spirito Santo: « Ave Mater Maria ». Il Figlio aggiunse: Spiritu Sancto teste. E tutti i Santi proseguirono con giubilo: Tu olim Martam sordibus Aegypti millies exosam; e gli angeli proclamarono Tu Theophilum desperatum apostatam reconciliasti Filio tuo in gratiam. Allora con slancio ineffabile tutti i Santi insieme, in nome della Chiesa militante, piegarono il ginocchio davanti alla Vergine Maria, osannando: O Sancta, o celsa etc. dopo di che la Trinità uscì come fuori dal profondo abisso del suo gaudio, intonando con ammirazione il XII Responsorio: Quae est ista? per proclamare i meriti della gran Madre di Dio.

Geltrude notò poi che la S. Vergine, con la milizia celeste, celebrava la propria beatitudine cantando Te Deum laudamus, a gloria dell'adorabile Trinità. La lode del primo verso si rivolgeva a tutta la Trinità; quella del secondo: Te aeternum Patrem, più specialmente al Padre, quella del terzo Tibi omnes Angeli, ai Figlio; quella del quarto: Tibi Cherubin, allo S. Spirito. Così in ogni versetto ciascuna persona della SS. Trinità era lodata; i sette versetti Tu Rex glortae Christe s'indirizzavano più specialmente al Salvatore, felicitandolo perchè, mediante il suo aiuto, la Vergine aveva sempre glorificato il Signore con tutti i suoi affetti, senza mai lasciarsi distogliere d'alcun che di passeggero. Nei versetti seguenti: Aeterna jac, ciascuna delle Tre Persone divine era lodata a sua volta. Geltrude comprendeva sempre meglio come ogni versetto attribuito al Padre rispondeva allo scopo con perfetta convenienza; lo stesso avveniva per le altre due Persone.

Quando, dopo questa gioconda solennità, ella riprese contatto con la vita ordinaria, si accorse che non solo la sua anima che aveva gustato tante delizie, si era rinvigorita, ma persino il suo corpo aveva ripreso forze da poter camminare da sola senza fatica. La straordinaria energia si mantenne fin dopo la Messa solenne, all'ora del pasto.

Tre anni dopo ella era afflitta ancora da malattia. Nella vigilia dell'Assunzione, volle, fin dal mattino, sodisfare alla sua pietà e vide la Vergine Maria in un delizioso giardino fiorito, olezzante di soavi profumi. Nella gioia tranquilla di una celeste contemplazione la Vergine stava per spirare; la dolce serenità del suo volto, il fascino del suo atteggiamento e la Maestà della persona dicevano ch'Ella era veramente: la piena di grazia! In quel giardino si vedevano magnifiche rose senza spine, gigli splendenti di candore, viole fragrantissime e moltissimi fiori di ogni qualità. Non v'era però un filo di erba. Cosa strana! Quel fiori, più erano lontani dalla Vergine, maggiormente brillavano per grazia, profumo e vigore. La celeste Regina ne aspirava gli olezzi, per esalarne poi gli effluvi nel divin Cuore, che l'amatissimo suo Figlio sembrava aprire davanti a Lei.

Una moltitudine innumerevole di Angeli parve occupare lo spazio che si trovava fra la Vergine e i fiori, di cui aspirava il profumo. Essi rendevano i loro omaggi all'eccelsa Regina e nel contempo lodavano il Signore. Geltrude vide anche S. Giovanni evangelista pregare con fervore al capezzale di Maria, la quale sembrava estrarre dal Santo una specie di emanazione meravigliosa. Tale visione le procurava grandi delizie ed ella desiderava di conoscerne il profondo significato. L'amabile Gesù le disse che il giardino simboleggiava il Corpo immacolato di Maria, e i fiori le virtù di cui era adorna. Le rose più lontane, le più belle, coltivate dagli spiriti celesti con maggior cura, rappresentavano le opere di carità verso Dio e verso il prossimo; più si esercita la carità e più l'anima diventa bella. I gigli dal profumo squisito e immacolato candore, significavano la santa sua vita che i fedeli cercano d'imitare. Infine quella misteriosa emanazione che la S. Vergine sembrava assorbire dal cuore di S. Giovanni, rappresentava la gloria attribuita a questo Santo apostolo, per il bene che la Madre di Dio aveva compiuto liberamente in terra, perchè egli provvedeva a tutti i suoi bisogni.

Geltrude chiese poi a Gesù quale vantaggio avesse San Giovanni per la filiale sollecitudine verso la Vergine». Egli le rispose: « Il mio Cuore si è dolcemente avvicinato a lui con altrettanti gradi d'amore a misura delle sue sollecitudini per la santa mia Madre ». Geltrude vide infine che la persona della benedetta Vergine, posta in quel giardino, rappresentava la sua anima così preziosa. Essa, saziata di delizie coi frutti delle sue virtù, raccoglieva tali frutti in se stessa, mediante un meraviglioso soffio che percorreva, per così dire, il giardino del suo corpo riportando tutto a Dio con slancio di riconoscenza. La beatissima Vergine parve riposare in questa grande gioia fino all'ora di Mattutino, bella quale Geltrude, rapita in estasi, la contemplò in un tranquillo riposo sul seno del diletto Figlio suo. Gesù gustava delizie ineffabili a deporre nel Cuore di sua Madre, tutti i frutti di virtù ch'Ella gli aveva offerti per riconoscenza. Passando dal suo divin Cuore essi acquistavano valore infinito e, simili alle rose e ai gigli delle valli, rivestivano la loro Regina di beltà, e freschezza incomparabile.

Dio Padre cantò Lui stesso, con dolcezza infinita il primo Responsorio dicendo: « Vidi speciosam - Ho visto la tutta bella » per far conoscere agli abitanti del cielo, che t'aveva trovata sulla terra, colomba senza macchia per la sua innocenza: « ascendentem desuper rivos aquarum »: elevata al di sopra delle correnti delle acque, per i suoi desideri:. « cujus tnaestimabilis odor erat in vestimento »: i cui vestimenti, (cioè la sua santa vita), diffondevano un ineffabile profumo, « et sicut dies verni circundabant eam Mores rosa rum et lilia convallium: e i fiori dei rosai e i gigli delle valli, (cioè le sue virtù), la circondavano come una fragrante primavera. Allora lo Spirito Santo, intonando il secondo Responsorio in nome della Santa Vergine, fece brillare di eccelso splendore la santità della sua vita con questa dolcissima modulazione: Sicut cedrus... Come cedro... In seguito tutti i Santi, estasiati dal concerto, espressero la loro ammirazione col III Responsorio: « Quae est ista? ». A ciascuna parola Geltrude riceveva grandi illustrazioni, ma per l'estremo sfinimento, non potè nulla ricordare.

Tutti i Santi, formando una magnifica processione, si riunirono davanti al trono verginale della gloriosa Madre, cantando in armonioso concerto il IV Responsorio: « Gaude Regina praepotens, aeterna lucis proenitens, gaude coelorum Domina, o Virgo pulcherrima. Gaude misericordissima, gaude. perenni gloria. Fac nos laetari, jaciemque tuam speculari, plena virtutis, dulcedinis et ptetatis. Gaude. - Sii felice, o Regina onnipotente, brillante riflesso dell'eterna luce, sii felice, Regina del cielo, o Vergine tutta bella. Sii felice, o misericordiosa Maria, sii felice per la tua inesauribile gloria. Donaci la gioia, mostraci il tuo volto, o piena dì virtù, di dolcezza, d'amore».

I Santi la lodavano per essere la Sovrana potente, che faceva in loro brillare la chiarezza dell'eterna luce; perchè stava per entrare nel suo regno, quale Regina del cielo e della terra; esultavano inebbriati di gioia, perchè più bella di tutte le vergini, splendida in virtù, in grazia, potente in misericordia, e atta a soccorrere tutti gli uomini, di cui sarà la beatitudine poichè, per i suoi meriti, mette il colmo alla gioia di tutti i Santi.

Allora il coro degli angeli, avanzandosi con solennità, cantarono il versetto fac nos laetari quasi per attrarla a quella gloria, che doveva coronare la sua morte di tanti splendori. I Santi aggiunsero il Gloria Patri, per ringraziare la Trinità di tutte le grazie ricevute dalla Vergine nell'anima e nel corpo.

Le antifone ed i salmi che seguirono furono cantati dall'assemblea dei Santi, offrendo uno spettacolo meraviglioso. Al V Responsorio fu la nobile Vergine stessa che ritta cantò, in un trasporto di gioia e di gratitudine: « Beatam me dicent omnes generationes - Tutte le generazioni mi chiameranno beata ».

Infine la Santissima anima, benedetta fra tutte le creature, sciolta dal corpo, appoggiata con tenerezza al braccio del Figlio, e godendo dei baci dello Sposo, s'immerse, con un'incomparabile unione, alla sorgente di quella beatitudine infinita, dalla quale non doveva più uscire.

Tutta la Corte celeste fu illuminata e rallegrata dalla presenza di sì grande Regina. Mirava la Vergine incomparabile nei dolci amplessi che le prodigava l'ineffabile accondiscendenza del Re supremo; la vedeva esaltata al di sopra di tutti gli Angeli e Santi, posta immediatamente dopo la SS. Trinità. Tutti in coro celebrarono le sue lodi, cantando con meraviglioso trasporto di gioia, il VI Responsorio: Super salutem. Così terminò la visione.

Si vede chiaramente dal fin qui detto, con quale bontà Dio vuol provvedere alla salvezza di molti, accordando le sue grazie di privilegio ad una sola anima, poichè volle completare la visione iniziata tre anni prima.

Se la nostra negligenza chiude per noi la corrente spirituale della grazia, cogliamo qualche. fiore di divozione nel meraviglioso giardino che ci viene aperto.




Un'altra volta, nella stessa festa dell'Assunzione, mentre Geltrude assisteva con fervore a Mattutino, volle avere in ciascuno dei tre Notturni, un'intenzione speciale. A ciascuna parola, a ciascuna nota del primo Notturno, ella ricordò alla gloriosa Vergine le ineffabili consolazioni ch'Ella dovette provare, tanto da parte del diletto suo Figlio, quanto da quella di tutti i Santi, mentre aspettava il momento del benedetto suo transito. A ciascuna parola che Geltrude, o altra persona divota pronunciava per richiamarle quelle gioie, la Vergine senza macchia, si vedeva circondata di rose e di gigli.

Al secondo Notturno Geltrude le ricordò le dolci consolazioni provate, passando dalla terra al cielo, appoggiata soavemente al suo Diletto. La divina Madre riceveva tanti gioielli, quante erano le parole che si pronunciavano nell'intero universo per richiamarle quei gaudi immensi.

Al terzo Notturno Geltrude ricordò alla celeste Regina quella gloria che sorpassa ogni intelligenza, di cui venne rivestita alla sua entrata in cielo, quando Dio le assegna il primo posto, al di sopra di tutti. Ogni parola di quel Notturno portò alla beatissima Vergine innumerevoli raggi di luce, e dolcezze più deliziose dei profumi di aromi squisiti.

Alla S. Messa, Geltrude recitò tre volte il Laudate omnes gentes, e domandò a tutti i Santi, com'era solita fare, di offrire col primo, al Signore, per essa, i loro numerosi meriti, onde prepararla a ricevere il divin Sacramento.

Col secondo pregò la SS. Vergine e col terzo Gesù per lo stesso motivo. La Regina celeste a quella preghiera si alzò ed offrì alla risplendente, sempre tranquilla Trinità, i meriti delle ineffabili grandezze che l'avevano, il giorno dell'Assunzione, inalzata al di sopra degli uomini e degli angeli, rendendola gratissima a Dio. Poi, lasciando il trono che occupava fece cenno a Geltrude, dicendo con infinita tenerezza: « Vieni, mia diletta, e mettiti al mio posto, perchè sei rivestita della perfezione e delle virtù che attiravano su me la compiacenza della SS. Trinità, affinchè tu riceva, per quanto possibile, lo stesso favore ». Ma Geltrude, profondamente stupita, rispose con disprezzo di sè medesima: « O Regina di gloria, come mai potrei io ottenere i tuoi stessi favori? Quali meriti ho io al cospetto del Padre?». La Vergine rispose: « Se farai tre cose te ne renderai capace. Domanda, per la innocentissima purità con la quale ho preparato al Figlio di Dio dimora gradita nel mio seno verginale, di essere tu pure purificata da ogni macchia. Per la profonda umiltà che mi ha esaltata al di sopra degli Angeli e dei Santi, chiedi che tutte le tue negligenze siano riparate. Da ultimo supplica, per l'incomparabile amore che mi ha unita in eterno a Dio, d'essere arricchita di meriti abbondanti ». Geltrude, fatte le tre richieste, venne elevata in spirito, alla gloria sublime che le era stata accordata, con tanta bontà, per i meriti della Regina del cielo. Quando apparve allo stesso posto della Vergine Maria, arricchita de' suoi meriti, il Dio di maestà pose in essa le sue compiacenze, mentre gli Angeli e i Santi le offrivano a gara i più rispettosi omaggi.

Quando la Comunità si avanzava per ricevere il SS. Sacramento, la Regina di gloria si pose in piedi, alla destra di ciascuna Monaca, la coperse mentre si comunicava, con una parte del suo stesso manto, quella porzione che la Suora aveva infiorato con le sue preghiere. La Vergine diceva a Gesù: « Per onorare la mia memoria, o dolcissimo Figlio, guarda quest'anima ». A tali parole il Signore, con divina compiacenza, dimostrò a ciascuna Monaca tenerezze incomparabili e diede a tutte l'Ostia di salute. Geltrude, dopo di essersi comunicata, offrì al Signore in lode eterna l'adorabile Sacramento, per aumento della gloria di Maria SS. quasi per ricambiarla del dono che la celeste Madre le aveva fatto de' suoi meriti. Gesù parve presentare un regalo alla Madre sua dicendole: « Ecco, o Madre, che ti restituisco il doppio di ciò che è tuo: eppure nulla tolgo a questa anima che tu hai arricchito per mio amore ».

Nel ritorno della processione, mentre la comunità cantava l'antifona « Ave Domina mundi, Maria » parve a Geltrude che le falangi celesti, con l'estrema dolcezza delle loro armonie, facessero trasalire il cielo in un nuovo trasporto dell'allegrezza. Bentosto la Vergine apparve rìtta sull'altare, alla destra del suo Figliuolo, rivolto verso il Convento, raggiante di luce meravigliosa. Alle parole: Ave Regina coelorum, tutti i santi, piegando il ginocchio davanti a Lei, la veneravano come Madre del Salvatore. Alle parole: Ave, Virgo Virginum, la Sovrana celeste presentava, con le sue mani, un giglio brillante di candore a tutte le persone presenti, quasi per impegnarle a imitare la sua castità, fortificandosi in questa bella virtù. Mentre si cantava: Per te venit redemptio nostra, le sue viscere materne furono così profondamente commosse, che non potendo sostenere l'eccesso della felicità, s'appoggiò teneramente al Cuore del Figlio suo. Alle parole: « Pro nobis rogamus, rogita - Noi te lo domandiamo, prega per noi! » ella circondò con le caste sue braccia il collo del Figlio e, prodigandogli tenere carezze, gli mostrò le Monache presenti, e i bisogni particolari di ciascuna. Quando s'intonò l'antifona Hodie Beata Virgo, sembrò che la Vergine. s'inalzasse verso le celesti regioni, circondata di gloria, portata dal Figlio suo ed accompagnata dai cori angelici, che applaudivano al suo trionfo. Mentre s'elevava al più alto dei cieli, Ella prese la mano destra del Figlia e: benedisse con essa la Comunità.

Dopo quella benedizione, si vide su ciascuna Monaca come una croce d'oro sospesa con nastro verde. Geltrude comprese che tutti potevano aver parte al frutto di quella benedizione, purchè avessero fede viva e sincera confidenza nella Madre di misericordia.




CAPITOLO XLIX

NELLA FESTA DI S. BERNARDO ABATE

Nella vigilia della festa di S. Bernardo, durante la S. Messa, mentre Geltrude meditava i meriti di quel santissimo Padre, al quale tributava. tanta divozione, soprattutto per la soavità dei suoi insegnamenti, il divoto Abate le apparve in un'aureola di gloria ineffabile, raggiante di luce celeste. Non si poteva contemplarlo senza ammirare nel contempo, il triplice colore dei suoi abiti: l'integrità della sua innocenza verginale splendeva in lui col candore del giglio; la professione religiosa e la sua perfettissima vita erano rappresentate dal color viola; il suo amore fervente, dal rosso fiammeggiante. del rubino. Tali magnifici colori, adornando l'anima dell'augusto Santo, offrivano alla Corte celeste uno spettacolo ricco d'incanto. Il petto, il collo e le mani del gran Padre erano impreziosite da lamine d'oro, con gemme di color rosa che irradiavano vivo splendore.

Tali lamine simboleggiavano l'eloquenza della sua dottrina che, meditata nel suo cuore ardente d'amore, era salita alle labbra, per essere diffusa dalla voce consacrata; dottrina ch'egli scrisse con le sue mani benedette, per la salvezza di coloro che anelavano al cielo..

Le gemme rappresentavano le sue parole d'amore; esse mandavano raggi luminosi fino al centro del Cuore di Gesù, procurando alla Divinità delizie speciali. Nello stesso tempo il Signore attrasse nel suo Cuore la perfezione e la divozione che gli eletti del cielo e della terra, avevano imparato dagli scritti del Santo, e le fece rifluire nel cuore di Bernardo, coi raggi che le gemme, di cui abbiamo parlato, avevano diretti al suo divin Cuore. Allora sfuggi dal cuore di S. Bernardo, come da liuto meraviglioso una melodia dolcissima che cantava le sue virtù, specialmente l'amore e l'innocenza.

Egli inoltre portava in testa una splendida corona raggiante di svariati colori, nella quale si poteva mirare l'avanzamento spirituale che quell'illustre Padre avrebbe desiderato procurare agli uomini, colle sue parole e coi suoi scritti.

Geltrude recitò allora duecentoventicinque volte il Laudate Domum omnes gentes, in onore del Santo, per ringraziare Dio dei doni e delle virtù di cui l'aveva adornato. Le parole da lei pronunciate apparvero come tanti blasoni sugli abiti del Santo: ogni scudo rappresentava una delle virtù che aveva praticate in terra; virtù che si rifletteva, sotto la medesima forma, anche nell'anima di colei che ringraziava il Signore per la grandezza di Bernardo. Nella festa di questo grande Santo, mentre assisteva alla S. Messa celebrata in suo onore, pregò particolarmente per le persone che le sì erano raccomandate, e anche per altre che, pur non essendosi affidate alle sue preghiere, avevano però una grande divozione per S. Bernardo. Vide allora il beato Padre nella gloria celeste: una luce meravigliosa sfuggiva dagli ornamenti che portava sul petto, e si rifletteva su coloro che desideravano per i suoi meriti e per la sua intercessione, un fervente amor di Dio. Tale luce formava sul petto di quelle persone una specie di magnifica collana, ove si vedevano rifulgere gli atti d'amore praticati sulla terra da S. Bemardo, come se fossero stati compiuti da quelle stesse persone.

A quello spettacolo stupendo, Geltrude restò ammirata, e chiese al Santo: « O illustre Padre, queste anime che sono rivestite dei vostri meriti, non hanno però in realtà praticato tali opere: quale frutto potranno esse ottenere? ». Rispose Bernardo: a La giovinetta ornata di gioielli avuti in prestito, sarà forse meno aggraziata di colei che è adorna. dei suoi propri, se tali gioielli sono ugualmente preziosi e finemente lavorati? Così le virtù dei Santi, di cui i fedeli bramano essere rivestiti, sono loro comunicati con tale benevolenza, che potranno goderne e rallegrarsene per tutta l'eternità, come se fossero ricchezze loro proprie ».

Tali collane avevano splendore e sfumature varie, a seconda dei desideri della divozione ed anche della scienza con cui ciascuno si sforzava di ottenere l'amore di Dio. Le collane di coloro che avevano umilmente chiesto le preghiere di Geltrude erano, per questa ragione, scintillanti di bellezza particolare; e quantunque in altre avessero un fulgore più vivo, perchè l'amor di Dia le infiammava maggiormente, tuttavia mancavano dell'incanto speciale delle prime. Ciò dimostra che qualsiasi bene, per piccolo che sembri, ottiene una ricompensa speciale, se è compiuto con retta intenzione, mentre la minima negligenza diminuisce il merito.




CAPITOLO L

GRANDEZZA DEI SANTI AGOSTINO, DOMENICO, FRANCESCO

Memore del grande pontefice Agostino, per il quale Geltrude aveva, fin dalla prima infanzia, nutrito grande divozione, ringraziò fervorosamente Dio per tutti i benefici che aveva a lui accordati. Il glorioso Pontefice le apparve a fianco di S. Bernardo, nello splendore di un'identica gloria, giacchè non gli è inferiore nè per la sublimità della vita, nè per la soavissima abbondanza della dottrina. Agostino stava davanti al trono della divina Maestà, adorno dell'incomparabile bellezza della gloria celeste; e, come S. Bernardo, mandava dal suo cuore fino alla profondità del Cuore divino, dardi infiammati, simbolo dell'ardente eloquenza con la quale aveva eccitati gli uomini al divino amore. Dalla, sua bocca scaturivano raggi brillanti come quelli del sole che si spandevano nella vasta regione del cielo, per simboleggiare l'opulenza della sacra dottrina, che l'eminente Dottore aveva distribuito a tutta la Chiesa. Al di sopra di queî raggi, si curvavano archi di luce meravigliosa, la cui prospettiva avrebbe affascinato qualsiasi sguardo. Mentre Geltrude era in ammirazione davanti a quel luminoso edificio, S. Bernardo le disse che i raggi degli insegnamenti di S. Agostino rifulgevano con speciale incanto, perchè l'incomparabile Dottore aveva sempre cercato, con parole e scritti, di diffondere gli splendori della fede cattolica. Dopo lunghi; traviamenti nelle vie tortuose dell'errore, Dio l'aveva richiamato misericordiosa. mente dalle tenebre dell'ignoranza alla luce delle supreme verità; desiderava pertanto, procurare la gloria del Signore, chiudendo agli uomini le vie dell'errore e dell'ignoranza, per mostrar loro la stella della fede che guida a salvezza eterna.

Geltrude allora chiese a S. Bernardo: « Nei vostri scritti non avevate forse, Padre Santo, la stessa intenzione? ». Egli rispose: « In tutti i miei atti, parole, scritti non ebbi altro fine che l'amor di Dio. Ma questo grande Dottore era spinto a lavorare per la salvezza delle anime, non solo dall'amore divino, ma anche per le disgrazie. della sua personale esperienza ».

Il Signore attrasse poi nel suo divin Cuore tutti i frutti di fede, di consolazione, di scienza, di luce, d'amore che le parole di Agostino avevano prodotto negli abitanti del cielo e della terra, per rimandarli in seguito nel cuore del Santo, dopo d'aver loro conferito pregio ineffabile nel contatto col suo divin Cuore. Quella dolce effusione, avendo colmata la anima del Santo Dottore e penetratala fin nelle più intime fibre di gioie celesti, inondò anche il suo cuore, e lo fece vibrare quasi lira melodiosa. Come il cuore di S. Bernardo aveva prodotto i suoni dolcissimi dell'innocenza e dell'amore, quello di S. Agostino fece echeggiare le gradite modulazioni di una generosa penitenza e di un'ardente carità. Sarebbe stato difficile dire quale delle due armonie offrisse maggior incanto all'anima degli uditori estasiati! S. Bernardo disse poi a Geltrude: « Queste sono le modulazioni di cui è scritto: c Omnis illa Deo sacrata et diletta civitas plena modulamine in laude (Inno alla festa della Dedicazione: non è però citato parola per parola, ma solo nel significato generico). Tutta questa sacra città cara a Dio, è piena di modulazione e di lodi ». Infatti i cori dei Santi cantano armoniosamente le lodi di Dio, secondo la varietà delle loro, virtù.

Nella festa del glorioso S. Agostino, mentre al Vespro si recitava il Responsorio « Vulneraverat charttas Christi », l'illustre Pontefice apparve in piedi, raggiante di gloria, tenendo in mano il cuore, quel suo santissimo cuore tante volte ferito col dardo della carità divina.

Egli parve aprirlo ed offrirlo a lode di Dio, come magnifica rosa che doveva rallegrarlo coi suo profumo, allietando in pari tempo tutta la Corte celeste. Geltrude salutò con divozione il venerabile Padre, pregando per tutti quelli che le si erano raccomandati, e anche per le anime che nutrivano particolare affetto verso il grande Pontefice. Agostino, a sua volta, supplicò il Signore, perché i cuori che desideravano, per i suoi meriti, d'infiammarsi d'amore di Dio, potessero dilatarsi e diffondere un delizioso profumo davanti alla divina Maestà a lode e. gloria della risplendentissima, adorabile Trinità. Mentr'ella recitava divotamente il Mattutino, desiderò sapere quale ricompensa riceverebbe S. Agostino per la disposizione che manifesta nelle Confessioni quando dice che, durante la vita mortale, non poteva saziarsi di gustare la dolcezza incomparabile che provava, considerardo la magnificenza del piano divino nell'opera della salvezza degli uomini. Il venerabìle Padre le apparve bentosto, in una gloria meravigliosa, secondo la parola d'Isaia: « Laetitia sempiterna super capita eorum - Una gioia sempiterna coronerà il suo capo» (Isaia XXXV, 10). Infatti un globo stupenda roteava velocemente sul suo capo, offrendo a ogni istante, un'alternativa di colori che procurava al beato Padre delizie spirituali ineffabili, le quali ne allietavano i sensi corporei. Gli occhi erano affascinati dallo splendore delle stelle che si staccavano da quel globo nelle rapide evoluzioni, e tale vista lo ricompensava delle considerazioni con le quali, in terra, aveva cercato in Dio ogni suo bene; le orecchie erano rallegrate dall'armonia che si sprigionava dai movimenti del globo, e tale godimento era la degna rimunerazione per avere costantemente orientato verso Dio la sua sublime intelligenza. Per avere poi disprezzate le gioie del mondo e cercato Dio solo, egli aspirava un'aria balsamica, ricca di soavi fragranze; la sua bocca gustava squisitissimo miele, pet avere offerto al Signore gradito soggiorno nel suo cuore. Sappiamo infatti dalla parola del Saggio, che Dio trova la sua delizia nel cuore dell'uomo.

Il globo, al quale abbiamo accennato, stillava sul santo Pontefice dolce rugiada che lo penetrava di soavità celeste, ricompensandolo delle immani fatiche sopportate per la glo. ria di Dio e il bene della Chiesa con la santità della parola, degli scritti, degli esempi.

La Corte celeste gioiva per le delizie dell'incomparabile Pontefice, e il gaudio da essa provato era tale, che sarebbe stato sufficiente per rendere felici tutti gli uomini.

Il Signore disse in seguito a Geltrude: « Guarda come il mio diletto splende in un candore più scintillante della neve, per la dolce umiltà ed ardente carità! ». La Santa rispose meravigliata: « O mio Gesù, come puoi affermare che questo Santo abbia una purezza più splendente della neve? Egli è degno di venerazione per la santa sua vita, ma è pur vero che rimase a lungo nell'eresia e contrasse molta macchie di peccato ». Rispose il dolce Maestro: « Ho permesso che rimanesse a lungo nell'errore, appunto per dare risalto alle vie misteriose della Provvidenza, e alla paziente misericordia con cui l'ho atteso a conversione. Volli così manifestare la mia bontà infinita, e la tenerezza gratuita di cui ha sentito il decisivo influsso ».

Dopo queste ineffabili parole, Geltrude considerò più attentamente la bellezza luminosa del grande Dottore. I suoi abiti erano trasparenti come il cristallo, ed attraverso a vari colori, si vedevano rifulgere purezza, umiltà, amore.

Aggiunse allora Geltrude: « Mio Gesù, il dolcissimo San Bernardo che ti ha amato così teneramente, non ha forse anch'egli posto in te ogni sua gioia, come il fervente S. Agostino? Eppure, quando lo contemplai nella sua gloria, non mi parve così completa ». Rispose Gesù: c Ho ricompensato generosamente Bernardo, mio eletto; ma la debolezza della tua mente non può capire, nella sua realtà, la gloria del più piccolo dei miei Santi, a maggior ragione non puoi cogliere l'ineffabile gaudio di Santi così grandi. Pure per sodisfare ai tuoi pii desideri, ti mostrerò i meriti di alcuno de' miei eletti. Questa vista ti farà crescere nell'amore e capirai meglio che: « Vi sono molte mansioni nella casa di mio Padre - In. Domo Patris met mansiones multae sunt » (Giov. XIV, 2). Ti sarà inoltre svelato perchè si dice a lode di ogni Santo « Non est inventus similis illi qui conservaret legem Excelsi - Non si è trovato chi, come lui, osservasse la legge dell'Altissimo » (Eccl. XLIV, 20) perchè non c'è nessun eletto che sia perfettamente simile ad un altro e non abbia qualche sua caratteristica».

« Se è così - riprese Geltrude - o Dio di verità, degnati rivelarmi, malgrado la mia miseria, qualche cosa che riguarda i meriti delle vergini che ho tanto amato, fino dalla prima età: l'amabile Agnese e la gloriosa Caterina ». (Tale favore le fu accordato come già fu detto al capitolo VIII e si dirà al capitolo LVII di. questo stesso libro. La Santa, sempre smaniosa di cognizioni celesti, amò pure conoscere qualche cosa dei meriti di S. Domenico e S. Francesco, Fondatori illustri dei due Ordini religiosi che fecero rifiorire meravigliosamente la Chiesa di Dio. Quei venerabili Padri le apparvero raggianti di gloria stupenda, simile a quella di S. Benedetto, adorni di rose vaghissime, e portando in mano un brillante scettro d'onore. Essi assomigliavano al Santi Agostino e Bernardo, a motivo del loro zelo per la gloria di Dio, la salvezza delle anime e la pratica delle stesse virtù. Avevano tuttavia qualche differenza: S. Francesco brillava per la grande umiltà, S. Domenico. per i suoi ferventissimi desideri. Durante la S. Messa, mentre Geltrude s'inabissava in Dio, pensando a ciò che doveva cantare, fu rapita in spirito all'inizio della sequenza e trasportata davanti al trono della divina Maestà.

Allora tutti i Santi, per ricordare e celebrare le spirituali delizie che aveva gustate nella notte precedente, contemplando la gloria del grande Agostino e degli altri Santi di cui abbiamo parlato, le cantarono i sei primi versi della sequenza: « Interni lesti guadia nostra sonet harmonta - La nostra armonia fa prorompere le gioie della festa interiore ». (Vedi in appendice questa magnifica sequenza). Geltrude ad ogni accento, raccolse in cuore illustrazioni e delizie speciali. Dopo il sesto verso tutti i Santi tacquero e invitarono la Santa a cantare a sua volta i versi seguenti, per restituire loro la gioia ch'essi le avevano procurata. Seguendo la sua abittr dine, ella, sul divino liuto del Cuore di Gesù, cantò a lode dell'intera Corte celeste « Beata illa patria - Quella felice patria» e i cinque versi che seguono. Ascoltandola i beati comprensori vennero colmati di gioie ineffabili.

In seguito Gesù, Sposo tenerissimo, accarezzandola dolcemente, le cantò questi due versi: « In hac valle miseriae - In questa valle di miserie » e c Quo mundi post exilia - U dopo l'esilio del mondo »: Nello stesso tempo, come un eccellente Maestro, o per meglio dire, come amorosissimo Padre, insegnò alla diletta sua figliola in quale modo avrebbe potuto meritare le gioie eterne, applicandosi frequentemente quaggiù alle cose di Dio. I cori angelici vennero a presentare al grande pontefice Agostino i voti della Chiesa cantando « Harum laudum praecontà - Ciò che proclamano queste lodi, ecc. », e tutti i Santi si associarono, cantando.. i versetti che seguono, per glorificare Dio nel suo servo. In quel frattempo il beato Agostino illuminava e rallegrava la Corte celeste coi raggi della sua gloria. Ai due ultimi versi:. « Cujus sequi vestigia - A seguire le sue tracce », il Signore, volendo esaudire la preghiera del santo Pontefice, alzò la mano tracciando un ampio segno di croce su tutti coloro che l'avevano onorato con devote lodi.

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:44
 
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