Amiamo Dio con Gesù e Maria

4° Libro, Capitoli 31 a 40

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view post Posted on 14/8/2010, 15:37
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Domenico-89

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CAPITOLO XXXI

QUANDO TORNA UTILE CONFIDARE LE NOSTRE AZIONI A DIO

Nella quinta feria, giovedì dopo Pasqua, mentre si leggeva che S. Maria Maddalena, guardando nel sepolcro vide due Angeli, Geltrude disse: « Ov'è, o mio Gesù, il monumento nel quale devo guardare per essere consolata?». Allora Egli le mostrò la Piaga del Costato; la Santa si chinò per guardarvi dentro, ma invece di vedere due Angeli, sentì due parole; la prima: « Tu non potrai mai essere da me separata ». La seconda: « Tutte le tue azioni mi sono immensamente gradite ». Geltrude fu assai meravigliata di tale affermazione, perchè credeva i suoi atti biasimevoli, deturpati da segreti difetti che talora vi scopriva, quando attentamente si esaminava. Come mai dunque potevano le sue opere piacere a quella luminosissima divina scienza, che scorge mille ombre anche là, dove l'occhio umano ne scopre appena una sola? L'amabile Maestro aggiunse: « Se tu avessi il potere di migliorare gli oggetti che hai e di renderli più belli agli occhi altrui, lo faresti con premura; orbene io tengo fra mano le azioni che tu hai l'abitudine di affidarmi e siccome, nella. mia potenza ed inesauribile sapienza, posso tutto ciò che voglio, così il mio infinito amore si delizia di perfezionare tutte le tue azioni, perchè tornino gradite al mio sguardo e a quello della Corte celeste.




CAPITOLO XXXII

OTTAVA DELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE

COME GELTRUDE RICEVETTE LO SPIRITO SANTO

Nell'ottava della Risurrezione, mentre si leggeva il punto del Vangelo dove narra che il Signore accordò lo Spirito Santo agli Apostoli soffiando su di essi, Geltrude pregò fervorosamente il Signore di comunicarle tale Spirito pieno di dolcezza. Egli rispose: « Se desideri ricevere lo Spirito Santo, devi come i discepoli, toccarmi il fianco e le mani ». A quelle parole ella comprese che chi brama lo Spirito Santo deve toccare il fianco del Signore, cioè considerare con riconoscenza l'amore del Cuore di Dio, quell'amore per, cui Egli ci ha predestinati da tutta l'eternità a essere suoi figli ed eredi, quell'amore per cui ci colma d'infiniti beni, malgrado la nostra indegnità ed ingratitudine.

Bisogna inoltre toccare le mani del Signore, cioè ricordare con riconoscenza quanto Egli ha compiuto con tanto amore, per la nostra redenzione durante i trentatrè anni della sua vita e specialmente con la sua Passione e Morte. Quando l'uomo, a tale ricordo, si sente infiammare «ardore, offra il suo cuore pronto a compiere la volontà di Dio, in unione all'amore con cui il Signore ha detto: « Come il Padre mi ha mandato. così io mando voi » (Giov. XX, 21). Egli dovrà nulla desiderare, nè volere all'infuori del divino beneplacito, pronto a soffrire tutto quello che Dio ordinerà. Colui che avrà queste sante disposizioni riceverà lo Spirito Santo, con gli stessi sentimenti che provarono i discepoli quando fu loro comunicato il soffio del Figlio di Dio.

« Mio Signore - aggiunse la Santa - Tu mi hai benevolmente accordato questo stesso dono parecchie volte; ora che me lo riconfermi, ottengo qualche cosa di più? ». Egli rispose: « Colui che dopo essere stato assunto quale diacono, è ordinato sacerdote, non perde certo la qualità già ricevuta del diaconato, ma acquista l'onore più grande del Sacerdozio. Così quando un dono è reiterare a un'anima, si approfondisce in essa e serve ad aumentare la sua beatitudine ».




CAPITOLO XXXIII

DELLE LITANIE MAGGIORI NEL GIORNO DI S. MARCO

Nel giorno di S. Marco Evangelista, mentre la Comunità faceva la processione cantando le litanie, Gesù apparve a Geltrude assiso sul trono della sua Maestà. Era ricoperto di tanti gioielli quanti erano i Santi in cielo. Ogni volta che s'invocava il nome di un Santo, Egli si alzava raggiante di gioia e, piegando le ginocchia davanti al Signore, toccava sul suo abito divino il gioiello che lo rappresentava. Subito si vedeva apparire, sotto la mano del Santo, il nome delle persone che avevano implorato il suo soccorso. Coloro che avevano pregato con attenzione divota vedevano il loro nome scritto a caratteri d'oro; chi aveva pregato per abitudine aveva il nome scritto in nero; quanto poi alle persone che avevano cantato le litanie con noia e distrazione avevano, al posto del nome, un indecifrabile sgorbio.

Geltrude, mirando sull'abito del Signore il nome delle persone che avevano invocato i Santi, ricevette questo lume interiore: i Santi che invochiamo pregano per noi; la loro supplica si riflette in Dio come un perpetuo memoriale della sua misericordia a nostro rìguardo, ed obbliga, per così dire, Nostro Sìgnore ad avere pietà delle nostre miserie. Così se noi invochiamo un Santo con affetto e divozione, subito quel Santo riceve un raggio di luce che si sprigiona dal gioiello che lo rappresenta sull'abito del Salvatore, con l'impronta del nome della persona che lo ha pregato. Tale vista lo provoca a chiedere continuamente per coloro che la pregano la salvezza e la vita eterna.




CAPITOLO XXXIV

S. GIOVANNI DAVANTI ALLA PORTA LATINA

Nella solennità di S. Giovanni davanti alla Porta latina, lo stesso Santo apparve a Geltrude e la consolò con tenerezza, dicendole: «Non affliggerti, o diletta sposa di Cristo, per l'indebolimento delle tue forze corporali, perchè quello che si soffre in questo mondo è poca cosa e di breve durata se si paragona alle delizie eterne che noi godiamo in cielo, nello stato di beatitudine. Fra poco tu le possederai con noi, tu sarai come noi quando, entrata nella camera nuziale dello Sposo tanto amato, tanto sospirato e chiamato con voti sì ardenti, lo possederai alfine, secondo i tuoi desideri. Ricordati che io, l'apostolo che Gesù amava, avevo perduto molto più di te al termine della vita, il vigore e le forze corporali: pure, quando i fedeli m'invocano, mi pensano pieno di grazia e di giovinezza, tanto che quasi tutti hanno per me una divozione affatto speciale. Così avverrà di te: dopo la tua morte, la tua memoria rifiorirà nel cuore di tutti e tu attrarrai a Dio un numero sterminato di anime che troveranno in Lui le loro delizie ».

Geltrude confidò allora a S. Giovanni una sua pena, cioè il timore di soffrire detrimento spirituale, perchè non aveva, al momento del bisogno, il confessore, ed in seguito, finiva per dimenticare le colpe leggere che avrebbe dovuto accusare. Il Santo la consolò con bontà: « Non temere, figlia mia, poichè tu hai la buona volontà di confessare le tue mancanze, se avessi comodità di avere il Sacerdote. Così le fragilità che dimentichi sono perdonate: esse brilleranno sull'anima tua come perle preziose e tu comparirai adorna di grazia davanti agli abitanti della Corte celeste ».

Durante la S. Messa Geltrude meditava con riconoscenza i doni accordati a S. Giovanni, in considerazione della sua particolare intimità con Gesù. Ma quando si cantò la sequenza: Verbum Dei Deo natum, ella interruppe la meditazione per ascoltare le parole cantate in onore del Santo. Il beato Evangelista le apparve assiso alla sua destra. Egli le proibì di lasciare la meditazione e le ottenne il meraviglioso favore di poter continuarla, pur ricevendo nello stesso tempo lumi speciali a ciascuna parola del canto.

Mentre si cantava « Audiit in gyro sedis - Egli intese intorno al trono » ella disse a S. Giovanni: « Oh, quale gioia hai gustato quando Dio ti ha sollevato a tali altezze! ». Egli rispose: « Dici il vero, ma sappi che gusto una delizia assai più grande, vedendoti meditare queste parole e ringraziare il mio diletto Salvatore per la grande accondiscendenza che ebbe con me ».

Giovanni era seduto familiarmente accanto a Geltrude, sentendo quello ch'ella sentiva. Snchè si cantò questo versetto: « Iste custos Virginis - Questo custode della Vergine ». Allora parve inalzato fino al glorioso trono di Dio, rivestito di splendore mirabile, fatto segno agli omaggi d'affetto di tutti gli abitanti del cielo. Alle parole: « Coeli cui palatium - Il palazzo dei cieli si apre davanti a Lui » egli gustò delizie inesprimibili.




CAPITOLO XXXV

PREPARAZIONE ALLA FESTA DELL'ASCENSIONE

Nella novena della celebre festa dell'Ascensione, Geltrude volle salutare le Piaghe benedette di Gesù, recitando 5466 volte questo versetto: « Gloria ti sia resa, o soavissima, dolcissima, generosissima, o sovrana, eccellente, raggiante e sempre invariabile Trinità, per queste rose del divino amore, per le Piaghe di Gesù, che è l'unico Amico, l'unico eletto del mio cuore». Il Signore Gesù allora apparve raggiante di meravigliosa bellezza, portando su ciascuna Piaga un fiore d'oro. Con volto pieno di bontà volle a sua volta salutare amabilmente Geltrude con questa promessa: « All'ora della tua morte, io mi mostrerò a te pieno di grazia e bellezza, nella stessa gloria e nel medesimo splendore come adesso mi vedi. Io coprirò i tuoi peccati e le tue negligenze con un ornamento simile a quello con cui hai decorato le mie Piaghe, con le tue preghiere. Questo favore sarà pure accordato a tutti coloro che saluteranno ciascuna delle mie Piaghe con la stessa divozione e le medesime preghiere ».

La domenica prima dell'Ascensione, all'ora di Mattutino, Geltrude si levò prontamente per recitare l'Ufficio, per avere poi maggore tempo da consacrare all'orazione; ella desiderava gustare il Signore con maggiore gioia e libertà, offrendogli amorosamente ospitalità nel suo cuore, durante i quattro giorni che precedono l'Ascensione.

Aveva appena terminato la quinta lezione quando vide arrivare un'altra inferma, la quale non aveva nessuno che l'aiutasse a recitare il Mattutino. Il suo caritatevole cuore ne fu commosso: « Tu sai, o mio Gesù, che ho fatto più di quello che potevo, recitando il Mattutino - diss'ella - pure, giacchè desidero ospitarti in questi santi giorni, o Dio di carità, ed essendomi ahimè, ben poco preparata con l'esercizio della virtù, voglio con la stessa carità dei tuo Cuore, ricominciare l'Ufficio con questa sorella malata, per la tua gloria e per supplire alla mia miseria ».

Mentre Geltrude recitava l'Ufficio, il Signore realizzava le parole da Lui dette: « Ero ammalato e mi avete visitato » e quest'altra: « Quello che fate al più piccolo dei miei, l'avete fatto a me stesso » (Mt. XXV, 36-40), dandole segni di tenerezza così grande che la parola è impotente a tradurre e l'intelligenza umana non può comprendere. Per tentare tuttavia di darne almeno l'idea, Geltrude affermò di vedere il Signore nella gloria suprema; Egli era assiso ad una mensa deliziosamente imbandita e distribuiva, non solo le parole, ma anche ciascuna lettera salmodiata da Geltrude con la sorella ammalata. Erano doni inestimabili, erano gioie eterne accordate agli abitanti del cielo, conforti ineffabili per le anime purganti, motivi di salvezza e di santificazione alle anime della Chiesa militante. Ogni parola dei salmi, delle lezioni, dei responsori diffondeva nell'anima di Geltrude la dolce, soave luce della scienza divina, riempiendola di spirituali delizie. Tali favori erano numerosissimi, ma ella potè dirne poca cosa, per la stessa loro sovrabbondanza.

Durante il salmo: « Ad Te, Domine, clamabo, al versetto Signore, salvate il vostro popolo e la vostra eredità (sal. XXVII) Geltrude chiese al Signore una grazia di benedizione per tutta la Chiesa. Egli le rispose: « Che vuoi ch'io faccia, o mia diletta? io mi metto con amore a tua disposizione, come sulla Croce mi feci schiavo degli ordini di mio Padre. Non potevo scendere dalla Croce, perchè tale non era la sua Volontà, così ora non posso volere altra cosa di quella che piace al tuo amore. Tu puoi dunque, per la potenza della mia Divinità. distribuire largamente a ciascuno tutto quello che desideri ».

Essendosi poi Geltrude coricata per prendere un po' di ristoro, il Signore le disse con amabile bontà: « Chi si è affaticato, praticando opere di carità, ha ben diritto di riposare sul letto dell'amore ». Dette queste parole l'abbracciò, facendola riposare sul suo Cuore, come delizioso letto nuziale della carità. Geltrude vide allora estollersi dalle ultime profondità del Cuore divino, l'albero della carità: era magnifico, nello sfarzo dei rami e dei frutti, coperto di foglie brillanti come l'oro. Quell'albero, aprendo largamente i rami, coperse ben presto il letto ove la Santa riposava, con l'olezzo dei suoi fiori e col sapore squisito dei deliziosi frutti. Dalla radice scaturiva una sorgente purissima le cui acque zampillavano a grande altezza, per ricadere poi nella stessa sorgente, procurando a Geltrude celeste refrigerio. Geltrude comprese che quel getto d'acqua simboleggiava la dolcezza della Divinità Suprema, la cui pienezza risiede corporalmente nella santa Umanità di Gesù Cristo (Colos. II, 9) e la cui incomprensibile soavità rallegra gli eletti.

Durante la Messa nella quale doveva comunicarsi, Geltrude espose a Gesù la miseria dell'anima sua, come un amico scopre la sua povertà all'amico, che potrà soccorrerlo con grandi beni. Ella Gli chiese, per il giorno della prossima sua Ascensione, il perdono di ogni colpa e negligenza. Gesù le rispose: « Tu sei quell'amabile Ester, la cui bellezza affascina il mio sguardo; domandami quello che vuoi e io ti esaudirò ». Ella pregò allora per le persone che a lei si erano raccomandate e per quelle che le avevano reso qualche servizio. Gesù, inchinandosi verso la Santa con tenerezza, parve ricoprirla tutta col suo mantello, e imprimerle, come di sfuggita, un bacio in fronte. Ma proprio in quel benedetto momento ella si ricordò di una leggera macchia, che aveva contratto il giorno prima, accettando con un sentimento troppo umano, un servigio a lei reso. Compunta disse a Gesù: « Ohimè! perchè mai permetti che si abbiano tanti riguardi per me e che mi si tratti con tanta delicatezza, mentre Tu, che sei il Signore dell'universo, hai voluto vivere fra noi come l'ultimo degli uomini? Non sei forse maggiormente glorificato quando i tuoi eletti sono disprezzati e vilipesi in questo mondo, poichè potranno poi partecipare più largamente al tuo trionfo in cielo? ». Gesù rispose: « Ho detto, per mezzo del Profeta « Jubilate Deo omnis terra: « Date gloriam nomini efus » (Ps. LXV). Alcuni, avendo meglio compreso questa parola, ti mostrano affetto speciale e ti mirano con benevolenza; io, in ricambio, li santifico e li preparo a ricevere la mia grazia, in modo che diventano più graditi ai miei occhi ». Ella rispose: « Signore, che avverrà di me se le macchia che contraggo, sono il mezzo della loro santificazione?». Gesù spiegò amabilmente: « Mi compiaccio a volte di usare colori sbiaditi, oppure brillanti, per porre varietà sui tuoi ornamenti dorati, cioè sulla grazia che ho deposto sull'anima tua». Questo aggettivo sbiadito le fece capire che se l'uomo si ricorda di avere ricevuto i benefici de' suoi simili con sentimenti troppo umani e se ne pente, umiliandosi profondamente, tali sentimenti lo rendono gradito a Dio, tosi come il nero dà felice risalto allo splendore dell'oro. Quando il Signore parlò di colori brillanti, ella capì che, se si prova grande riconoscenza per i benefici ricevuti da Dio e per il bene che gli uomini ci hanno prodigato in nome suo, si Oreciísponde l'anima a ricevere ed a custodire doni sempre maggiori.

Nella seconda feria Geltrude confessò al Signore con somma compunzione, le colpe di tutti i peccatori del mondo. Poi andò a trovare una malata e cercò di servirla fino all'esaurimento delle forze, offrendo questo atto di carità. per la gloria di Dio e la riparazione dei peccati che si commettono nel mondo intero, ribellandosi alla divina Volontà. Le sembrò allora di attrarre, con un aureo legame, simbolo della carità, una moltitudine immensa di uomini e di donne per ricondurle al Signore. Egli, buono e misericordioso, accettava quell'offerta. con gioia indescrivibile, come un re, a cui un suo favorito conducesse i suoi nemici, pronti ad arrendersi ed a meritare la pace con un fedelissimo servizio.

Nella terza feria, durante la S. Messa, Geltrude espose al Signore, nello stesso modo, i difetti e le imperfezioni di tutti i giusti, pregandolo di renderli perfetti in santità, con quei mezzi che credesse più adatti a tale scopo. Il Signore stese la mano e li benedisse tutti insieme, segnandoli col vittorioso sigillo della croce. Sotto l'influenza di tale salutare benedizione, una dolce rugiada parve refrigerare il cuore di tutti i giusti, facendoli rifiorire, come le rose e gli altri fiori, sbocciano al tepido bacio del sole.

Nella quarta feria Geltrude pregò il Signore, durante la Elevazione dell'Ostia, per le anime di tutti i defunti, affinché, nel giorno dell'Ascensione, fossero liberate dalle loro pene. Il Signore parve allora porre, in mezzo al Purgatorio, una verga d'oro, munita di tanti uncini, quante erano le preghiere che riceveva per quelle anime. Ogni uncino ritirava qualche anima da quel luogo di sofferenza, per porle nelle ridenti aiuole dell'eterno riposo. Con quella visione Geltrude comprese che, se parecchie si uniscono per pregare a favore delle anime purganti, ne possono liberare un grande numero di quelle che in vita praticarono maggiormente la carità.

Un'altra volta Geltrude volle teneramente salutare le membra sacratissime di Gesù, ripetendo duecento venticinque volte questo versetto: « Salve, o Gesù, sposo pieno di grazia, ti saluto e ti lodo nella gioia della tua Ascensione! ». Le parve che ogni aspirazione fosse presentata al Signore sotto la forma di un melodioso strumento musicale che lo rallegrava, sonando e cantando, come i menestrelli suonavano e cantavano ai banchetti dei principi. Il Signore accettò tale omaggio con grande bontà. Geltrude conobbe che le aspirazione recitate con fervore producevano un'armonia dolcissima, mentre quelle ripetute a flor di labbra emettevano un suono triste e velato.




CAPITOLO XXXVI

NEL SOLENNE GIORNO DELL'ASCENSIONE DI GESU' AL CIELO

Nel giorno solenne dell'Ascensione, Geltrude, fin dal mattino, cercò quale dolce omaggio di tenerezza avrebbe potuto offrire al Signore nella stessa ora della sua ascesa al cielo, cioè a mezzogiorno. Gesù le disse: «Tu puoi indirizzarmi fin da questo momento le lodi che vorresti presentarmi a mezzogiorno, perchè venendo in te questa mattina, col Sacramento dell'Altare, gusterò di nuovo tutte le gioie della mia Ascensione».

« Insegnami, o dolce Maestro - riprese Geltrude - come potrei organizzare una processione che ti sia gradita, in memoria di quella passeggiata così celebre che hai fatto coi tuoi discepoli da Gerusalemme a Betania, prima di salire al Padre ». Rispose il Signore: « Il nome Betania significa casa d'obbedienza. Chi vuole organizzare una processione degna di me deve, con l'offerta completa della sua volontà, introdurmi nel fondo più segreto dell'anima sua; e poi pentirsi di avere tante volte preferito la sua volontà alla mia, proponendo di cercare, di desiderare e di compiere il mio divino beneplacito».

Mentre stava per ricevere la S. Comunione, Gesù le disse: « Ecco che Io vengo a te, mia Sposa, meno per dirti addio, che per condurti con me a presentarti al Padre». Ella allora comprese che il Signore, dandosi ad un'anima col Sacramento del suo Corpo e dei Suo Sangue, attira e imprime nel suo essere divino il desiderio e la buona volontà di quella creatura. Come la cera offre allo sguardo il sigillo con cui fu marcata, così il Figlio di Dio presenta al Padre quella sua creatura di cui ha impresso l'immagine in se stesso, e ottiene per la medesima grazie grandi.

Geltrude offerse poi al Signore un certo numero di brevi invocazioni ch'ella, in unione con altri, avevano rivolte a Gesù, nel desiderio d'infiorare le sue Piaghe e le sue sacratissime membra nella trionfante Ascensione. Apparve allora subito il Signore Gesù davanti al Padre, risplendente di ricchi gioielli. Il Padre celeste, nella potenza infinita della sua Divinità, pareva attrarre ed assorbire quello splendore di cui le anime fervorose avevano adornato il suo Figlio unico. Egli ne rifletteva la meravigliosa luce sui troni riservati in cielo alle anime che avevano recitate quelle brevi invocazioni, e preparava loro una gloria speciale dopo il terreno esilio.

All'ora di Nona la Santa concentrò tutta l'attenzione nel suo Sposo divino, come se realmente dovesse in quel momento salire al cielo. Egli le apparve più bello di tutti i figlioli degli uomini (Ps. XIAV, 3). Era rivestito di una tunica verde e di un mantello rosa. La, tunica simboleggiava la linfa e la freschezza di tutte le virtù, la cui suprema perfezione era sbocciata nella santissima sua Umanità. Il manto rappresentava l'incomprensibile amore che ha condotto il Salvatore a soffrire per noi trattamenti indegni, come se non avesse potuto acquistare meriti, che a prezzo degli strazi della Passione. Il Re di gloria, in quel magnifico paludamento, accompagnato da una moltitudine di Angeli, s'avanzò in mezzo al coro. Cinse teneramente col braccio destro ciascuna Religiosa che si era comunicata al mattino e depose sulle loro labbra un bacio divino, dicendo: « Ecce ego vobiscum sum, usque ad consummationem saecult - Ecco che sono con voi fino alla consumazione dei secoli» (Mat. XXVIII, 20). A qualcuna offerse anche un anello d'oro, adorno di una gemma stupenda, dicendo: « Non relinquam vos orphanos, veniam ad vos iterum - Non vi lascerà orfani: ritornerò a voi » (Giov, XIV, 18). Geltrude, piena chi ammirazione, disse: « O Gesù, ricco in bontà e misericordia, queste Monache hanno forse meritato qualche cosa più ¢elle altre, giacché tu ti sei degnato mettere loro in dito un anello, come pegno di speciale amore? » Egli rispose: «Durante il pranzo esse hanno pensato con devozione alla accondiscendenza ch'ebbi nel cibarmi coi miei discepoli, prima di salire al cielo: Ad ogni boccone preso, meditando quel versetto: «Virtus tui divina amoris... ecc. - La forza del tuo divino amore m'incorpori a Te tutt'intiera» la gemma del loro anello acquistava una virtù affatto speciale».

Quando il coro cantò l'antifona Elevatis manibus... ella vide Gesù inalzarsi al cielo per propria virtù, circondato da una moltitudine di Angeli, che lo scortavano rispettosamente. Mentre ascendeva benedisse la Comunità riunita, con ampio segno di croce, dicendo: « Pacem meam do vobis: pacein meam relinquo vobis - Vi dò la pace: vi lascio la mia pace » (Giov. XIV, 27). In quell'istante Geltrude comprese che con quella benedizione, il Signore aveva diffuso la sua divina pace nelle anime che si erano preparate divotamente alla solennità dell'Ascensione. Tale pace era così grande, che nessuna vicissitudine avrebbe mai più potuto perturbarla, perchè resterebbe sempre in fondo a quelle anime, come scintilla sotto la cenere.




CAPITOLO XXXVII

PREPARAZIONE ALLA FESTA DI PENTECOSTE

La festa di Pentecoste era imminente; Geltrude ebbe l'idea, nella domenica precedente, prima di comunicarsi, di pregare il Signore, perchè la preparasse convenientemente a ricevere lo Spirito Santo con le virtù della purezza, dell'umiltà, della pace e della concordia. Chiedendo la purezza, s'accorse che il suo cuore era diventato candido come la neve: domandando l'umiltà, vide il Signore scavare nell'anima sua una specie di valle destinata ad accogliere le sue grazie. Quand'ella chiese la pace, il Signore circondò il suo cuore con un anello d'oro, per difenderlo da qualsiasi attacco nemico. Ella disse allora: «Ahimè, mio Gesù! Temo di rovesciare ben presto questo baluardo di pace, perchè non so trattenermi quando vedo l'offesa tua, alla quale mi oppongo con forza ed energia». Rispose il Salvatore: « Non turbarti, figlia mia, tale commozione non rovescia il balùardo che ti protegge, bensì lo fornisce di feritoie da cui l'inestinguibile ardore dello Spirito Santo si apre un passaggio, per portare alla tua anima la sua brezza celestiale».

Mentre Geltrude domandava la concordia della carità, il Signore la fortificò, coprendo l'anima sua con una specie di velo, destinato a custodire i doni del Santo Spirito. Ella temette in seguito, di perdere quella preziosa custodia, reagendo con fierezza contro le opposizioni sollevate da persone che volevano offendere la Religione. Il Signore la istruì affermando: « Non si perde la concordia, opponendosi all'ingiustizia; anzi, mi metto Io stesso sulle fessure che lo zelo apre nel cuore e conservo in esso l'abitazione e le opere del mio divino Spirito».

Geltrude comprese poi che chiunque domanda al Sìgnore di preparare il suo cuore alla venuta del Paracleto con le quattro virtù di cui abbiamo più sopra parlato, sforzandosi di praticarle, ottiene la grazia desiderata.




CAPITOLO XXXVIII

DELLA DOLCE FESTA DI PENTECOSTE

Nella santa vigilia di Pentecoste Geltrude chiese con fervore, durante l'Ufficio, di essere preparata a ricevere degnamente lo Spirito Santo. Sentì il Signore dirle con infinita tenerezza: « Riceverai la virtù dello Spirito Santo che viene su di te » (Att. 1, 8). Quelle parole le fecero provare dolcezze grandi che, colmandola di gaudio, la portarono però a considerare anche la sua profonda miseria. Ella si accorse che questo sentimento di sincera umiltà scavava in lei una specie di abisso, che si faceva tanto più profondo, a misura che si stimava più vile. Dal Cuore dolcissimo di Gesù scorreva un ruscello, dolce come favo di miele che diffondeva le sue acque in quell'abisso per riempirla completamente. Geltrude comprese che quella sorgente simboleggiava la dolcezza dello Spirito Santo che, per mezzo del Cuore di Cristo, si diffonde sull'anima degli eletti. Il Signore poi con la sua Mano divina, benedisse quel cuore così colmo, come si benedice il fonte battesimale, perchè l'anima potesse ivi immergersi spesso ed uscirne sempre più pura, più gradita al divino sguardo.

Felice d'avere ricevuto quella benedizione, ella disse a Gesù: « Oh, mio Dio! Eccomi indegna peccatrice al tuo cospetto; io confesso, con dolore che, per fragilità umana, ho spesso offeso la tua Onnipotenza divina; per ignoranza ho oltraggiato la tua suprema Sapienza, e per malizia ho reso molte volte inutile la tua ineffabile Bontà. O Padre della misericordie, abbi pietà di me! Fa che io trovi nella tua Onnipotenza la forza di resistere a tutto ciò che non risponde al tuoi desideri. La tua impenetrabile Sapienza mi dia la prudenza necessaria per prevedere tutto ciò che potrebbe ferire la purezza del tuo sguardo; mi accordi la tua inesauribile Bontà di restarti così fedelmente unita che nulla giammai mi allontani dalla tua santa Volontà ». Dicendo questa preghiera le sembrava d'immergersi in una fonte purificatrice e di uscirne candida come la neve. I Santi si alzarono giubilanti e, per supplire alle sue miserie, negligenze, imperfezioni offrirono a Dio tutti i loro meriti, di cui ella si trovò magnificamente adorna. Il Signore allora la pose davanti a sè, in modo che il suo divino soffio aleggiava nell'anima di Geltrude e reciprocamente; Gesù le disse: « Sono queste le delizie che mi compiaccio di gustare tra i figlioli degli uomini ». L'alito dell'anima era la buona volontà, l'alito di Dio, la misericordia accondiscendente che accetta tale buon volere. Riposando così negli amplessi del Signore, ella sembrava essere in una dolce attesa, che doveva prepararla degnamente alla discesa dello Spirito Santo.

Mentre si sforzava di ottenere dal Signore, con suppliche speciali, i sette doni del divino Paraclito e prima di tutti il santo timore che allontana dal male, Gesù parve piantare nell'anima sua un grazioso albero, i cui rami stesi coprivano la dimora del suo cuore. Quell'albero portava spine ricurve, da cui uscivano splendidi fiori che si inalzavano verso il cielo. L'albero simboleggiava il santo timore di Dio, che trapassa l'anima con aculei per ritrarla dal male, i fiori invece rappresentavano la buona volontà, che fa desiderare all'anima di resistere a qualsiasi malsano influsso per non incorrere nel peccato. L'albero del timore di Dio cresce appunto mediante la fuga del male e la ricerca del bene. Quando poi Geltrude chiese al Signore gli altri doni dello Spirito Santo, ciascuno di essi le apparve sotto forma di un bell'albero ricoperto di flori, e dei frutti che gli erano propri.

L'albero della scienza e della pietà pareva stillare dolcissima rugiada, perchè coloro che praticano queste virtù sono immersi in celeste refrigerio che li fa germinare e fiorire. Agli alberi del consiglio e della forza erano sospese piccole corde d'oro, per mostrare che l'anima è attratta alle cose spirituali dal consiglio e dalla forza dello Spirito Santo. Infine dagli alberi della sapienza e dell'intelletto scaturivano piccoli ruscelli di nettare, per indicare che l'anima è penetrata dal sapore delle cose divine, mediante lo spirito di sapienza e d'intelletto.

Durante quella santa notte Geltrude si sentì talmente sfinita, da non poter assistere più a lungo al Mattutino; confusa e mortificata disse a Gesù: « O mio Dio, quale gloria e quale gioia posso io mai procurarti, con una sì breve assistenza alle sante tue vigilie? ». Le rispose il Salvatore: « Voglia farti capire le cose spirituali, con un paragone tolto alle cose esteriori. Rifletti alla felicità di uno Sposo quando la Sposa sua gli prodiga, nella gioia del cuore, le prove della sua tenerezza. Eppure lo Sposo non gusterà mai le delizie che m'inondano quando i miei eletti mi offrono i loro cuori, perchè vi prenda le mie gioie, non fosse che per un solo istante ».

Mentre stava per comunicarsi le parve che dalle membra del Signore esalasse un dolcissimo soffio, il quale, penetrando la sua anima, le faceva provare delizie ineffabili. Comprese che tale favore le era accordato, perchè aveva chiesto con ardore i doni del divino Paracleto. Dopo di essersi comunicata, Geltrude presentò al Padre la santissima vita di Gesù Cristo, per supplire alla negligenza usata, dopo d'avere ricevuto lo Spirito Santo nel Battesimo, offrendo all’Ospite Santo una dimora sconveniente. Tale offerta fu una di provocazione per il dolcissimo Paracleto, il Quale, rapido dell'aquila che si precipita sulla preda, discese ad spiegate, quale mistica colomba, sui Sacramento di vita. Egli vi ricercò il dolcissimo Cuore dì Gesù e, penetrandovi delizia, mostrò quanto Gli era gradita la dimora, in seno a Dio.

A Terza, mentre si cantava l'inno Veni Creator, Gesù apparve e aprì con le sue stesse mani il Cuore suo sacratissimo, colmo di divina dolcezza. Geltrude cadde in ginoccbhio e chinò il capo posandolo sul cuore del suo Dio, il quale racchiuse la testa della sua Sposa, come per unire a sè la sua volontà, che è la testa dell'anima e per santificarla nella mente.

Alla seconda strofa Qui Paracletus diceris, il Signore l'invitò a mettere le mani sul suo Cuore, per ottenere che le aue azioni fossero perfettamente gradite a Dio.

Al terzo versetto In septiformis gratia, applicò i piedi (che significano i desideri) al Cuore di Gesù, perchè fossero santificati. Alla quarta strofa, Accende lumen sensibus, ella affidò i sensi al Signore e ricevette da Lui la promessa che sarebbero splendenti per illuminare il prossimo nella scienza divina e renderlo fervente nell'amore. Durante il quinto versetto Hostem repeilas tongim, Gesù s'inchinò con tenerezza su di lei e le diede il suo celeste bacio, perchè le servisse come scudo, contro i dardi del nemico. Durante questa comunicazione soprannaturale, l'anima sua provò tale dolcezza, che bene comprese come si erano in lei realizzate le parole udite alla vigilia: « Riceverete la virtù dello Spirito Santo che viene a voi ».




CAPITOLO XXXIX

COME GELTRUDE RAGGIUNSE LA PIENEZZA DELLA VITA SPIRITUALE

Nella seconda feria, (lunedì di Pentecoste), al momento dell’Eevazione, ella offerse la Santa Ostia per supplire alle negligenze commesse nella vita spirituale, quando le era capitato di resistere, o di soffocare le ispirazioni dello Spirito Santo. Ella vide allora l'Ostia salutare produrre rami stupendi. Il divino Spirito li raccoglieva e formava come una siepe intorno al trono dell'adorabile Trinità. Questi rami germogliati dall'Ostia, mostravano a Geltrude che le negligenze della sua vita erano completamente riparate dalla grandezza del Sacramento. Dal trono una voce si fece udire: « Colei che rallegra lo Sposo con l'incanto di questi fiori, s'avvicini con fiducia alla camera nuziale ». Ella comprese che il Signore, a motivo dell'oblazione del Sacramento Eucaristico, si degnava di riceverla come un'anima perfetta nello stato spirituale.

Al primo Agnus Dei pregò per la Chiesa universale, perché fosse paternamente governata da Dio; al secondo chiese il sollievo per le anime del Purgatorio; al terzo pregò il Signore di voler accrescere i meriti dei Santi e degli eletti che regnano con Lui in cielo.

Alle parole dona nobis pacem, Gesù s'inchinò verso di lei con tenerezza e impresse sulle sue labbra un bacio di tale virtù, che tutti i Santi ne provarono l'efficacia, perchè penetrati da grande dolcezza, ebbero un accrescimento di gioia e di merito.

Mentre Geltrude si mosse per andare a comunicarsi, tutti i Santi si alzarono. I loro meriti, brillanti di divine chiarezze, gettavano raggi meravigliosi, come scudi scintillanti al sole; questo splendore investiva l'anima della Santa. Ella stava per ricevere l'Ostia, senza poter godere ancora la pienezza dell'unione divina; ma quando ricevette il Sacramento di vita, l'anima sua si trovò unita al Diletto, con tale gaudio che non sarebbe possibile immaginarne più grande. I ramoscelli di cui lo Spirito Santo aveva circondato il trono della SS. Trinità, incominciarono a verdeggiare ed a fiorire, come l'erba inaridita riprende freschezza sotto l'influenza d'una benefica pioggia. La sempre tranquilla Trinità ne ricevette delizie ineffabili e diffuse su tutti i Santi gioie ed allegrezze indescrivibili.




CAPITOLO XL

LA GRAZIA DELLO SPIRITO SANTO

Nella terza feria (martedì dopo Pentecoste), Geltrude offerse al Signore l'Ostia Santa, per supplire alla mancanza di gratitudine riguardo alla grazia d'unione e d'intimità che aveva ricevuto a preferenza d'altri. Ella si rammaricava di non avere rinunciato alle cose esteriori, per non cercare e pensare che a Dio solo. La Santa compì quell'atto con tale generosità che giunse al punto di chiedere di portare sempre la pena dovuta alle sue negligenze, per fare il Signore e supplire al detrimento cagionato alla sua gloria.

L'amabile Salvatore, che accetta il buon volere come l'opera, gradì l'offerta dell'Ostia Santa, esaudendo completamente la sua domanda. Infatti lo Spirito Santo raccolse in sè la perfezione del Cristo; discese con essa nell'anima e, per mezzo dell'Eucaristia, si unì inseparabilmente a quell'eletta creatura.

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:44
 
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