Amiamo Dio con Gesù e Maria

4° Libro, Capitoli 21 a 30

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view post Posted on 14/8/2010, 15:40
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Domenico-89

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CAPITOLO XXI

IL BANCHETTO DEL SIGNORE

III. Domenica di Quaresima (Laetare ).

Geltrude nella domenica Laetare, chiese al Signore ciò che avrebbe potuto offrirgli durante quella settimana. Egli rispose: « Conducimi tutti quelli che, nella precedente settimana, haì rivestito de' miei meriti, perchè voglio invitarli a mensa ». Chiese la Santa: « Come potrò io a Te condurli?

Oh, se potessi presentarti tutte quelle anime nelle quali prendi le tue delizie, percorrerei volentieri, da questo momento fino al giorno del giudizio, a piedi nudi, il mondo intero e prendendo nelle braccia tutti coloro che non ti conoscono, te li porterei, o dolcezza dell'anima mia, perchè ti rallegrino; obbligati, per così dire, ad amarti essi sodisferebbero in parte si desideri della tua tenerezza infinita. Vorrei ancora, se fosse possibile, suddividere il mio cuore in tante parti quanti uomini esistono, per dare a ciascuno di essi la buona volontà di servirti, secondo il supremo desiderio del tuo divin Cuore ». Rispose Gesù: « La buona volontà che manifesti mi è gradita e supplisce a tutto ». Ella comprese che l'intera Chiesa era condotta verso Dio, nello splendore dei più ricchi ornamenti. Le disse il Signore: « Tu stessa oggi servirai questa moltitudine ».

Ispirata dal divin Paracleto, ella si prostrò davanti a Gesù e baciò la Piaga del suo piede sinistro, per espiare i peccati commessi in tutta la Chiesa con pensieri, desideri e volontà perverse; supplicò poi il Signore di rendere efficace tale sodisfazione, unendola alla preziosa offerta dei suoi meriti, coi quali cancellò tutti i peccati del mondo. Geltrude ricevette l'effetto di tale preghiera, sotto la forma di un pane che presentò immediatamente al Signore, in segno di riconoscenza. Gesù lo ricevette con bontà e, levando gli occhi, ringraziò Dio Padre, lo benedisse, poi lo restituì alla Santa, perché lo distribuisse a tutta la Chiesa. In seguito Geltrude baciò la Piaga del piede destro per supplire a quanto nella Chiesa si era omesso in fatto di santi pensieri di ardenti desideri, di buona volontà, e pregò il Salvatore di offrire Lui stesso quel degno compenso, che aveva saldato il debito del genere umano. Indi Geltrude baciò la Piaga della mano sinistra, per riparare i peccati commessi nel mondo, in parole ed opere, supplicando ancora il Redentore di offrire le sante espiazioni con le quali aveva cancellato ogni nostra colpa. Baciò poi la Piaga della mano destra per supplire alle negligenze che i figli della Chiesa avevano contratto con l'omissione di parole e di opere buone, pregando Gesù di controbilanciare tali imperfezioni coi dono della sua perfezione infinita. Per tale omaggio reso a ciascuna delle SS. Piaghe, ella riceveva un pane che poi, come sopra dicemmo, offriva al Signore, il Quale benedettolo, glielo restituiva perchè lo distribuisse alla S. Chiesa.

Da ultimo ella si avvicinò all'amorosa Piaga del Costato di Cristo e, baciandola con tutta la tenerezza dei cuore, chiese al Signore di dare alla Chiesa, oltre la degna riparazione dei peccati e la completa riparazione delle negligenze, i meriti della sua santa vita, meriti che lo fanno risplendere di una meravigliosa gloria a destra del Padre, e che devono assicurare a questa Sposa carissima, il colmo dell'eterno gaudio.

La divina bontà si degnò di esaudirla ancora, ed ella poté distribuire tale beneficio sotto la forma di un quinto pane: pareva imitare i grandi dei mondo, i quali, dopo di aver saziato i loro ospiti in un grande banchetto, loro servivano dolci, frutta ed altre leccornie per ricreare il gusto e stuzzicare l'appetito.

Geltrude disse poi a Nostro Signore: « Cosa mi darai oggi da distribuire alla Chiesa, per i pesci di cui si parla nel S. Vangelo? », Rispose Gesù: « Ti dono il santissimo esercizio delle mie membra immacolate, per comunicarlo a coloro che hanno trascurato di servirmi con tutte le loro forze ed i loro sensi. Ti dono anche l'esercizio della mia nobilissima anima per tutti coloro che non mi hanno lodato, amato, ringraziato con tutto il vigore e l'energia dell'anima »,

Abbiamo notato più sopra che il Signore, accettando il pane, ringraziava il Padre. Geltrude ricevette la spiegazione di quest'atto, e seppe che, se alcuno compie, per la gloria del Padre, un'opera buona, fosse pure anche solo un Pater, un'Ave, o un salmo recitati per sè o per altri, il Figlio di Dio accetta quell'offerta come un frutto della sua perfetta Umanità, ringrazia Dio Padre, benedice tale frutto, lo moltiplica e lo distribuisce a tutta la Chiesa, per l'eterna salute degli uomini.

Si può dunque, durante questa settimana, recitare cinque Pater, In onore delle dolci Piaghe del Salvatore e, dopo di averle devotamente baciate, pregare, come più sopra si disse, per espiare le colpe dei membri della S. Chiesa e supplire alle negligenze universali. Dopo d'avere compiuto un tale atto, si potrà sperare di ottenere una grazia analoga dalla misericordia di Dio.




CAPITOLO XXII

UTILITA' DEL RICORDO DELLA PASSIONE DI GESU'

Domenica di Passione (Judica ).

Nella domenica Judica, quando si comincia a onorare più particolarmente la Passione di Gesù, mentre Geltrude si offriva a Dio per soffrire nell'anima e nel corpo tutto quanto piacesse alla divina volontà, vide il Signore accettare la sua offerta con ineffabile riconoscenza. Bentosto, dietro l'influsso divino, salutò dal più intimo del cuore, ciascuna di quelle santissime membra che tanto avevano sofferto per la nostra salvezza, durante la Passione..

Quando salutava un membro di Gesù, sfuggiva dal medesimo un divino splendore che illuminava la sua anima; e in tale luce ella riceveva la comunicazione dell'innocenza che il Cristo aveva acquistato alla Chiesa con le sofferenze di quel membro. Quando tutte quelle membra l'ebbero penetrata della loro luce, e adornata con la loro innocenza, ella disse: « O mio Signore, insegnami ora a glorificarti, celebrando la tua santa Passione, con l'innocenza di cui la tua gratuita bontà mi ha arricchita ». Gesù le rispose: « Considera spesso in te stessa, con riconoscenza e compassione, l'angoscia che mi gettò in una suprema agonia, quando io, tuo creatore e tuo Maestro prolungai la mia preghiera (Luc. XXII, 43). Ricordati di quel sudore di sangue di cui inzuppai la terra, per, la veemenza dei miei desideri e del mio amore; infine confidami tutte le tue azioni e tutto quanto ti riguarda, in unione con quella sommissione che mi fece dire: « Pater, non mea, sed tua voluntas fiat - Padre, non la mia, ma la tua volontà si faccia » (Luc. XXII, 42). Accetta, o Sposa mia, la prosperità e l'avversità, perchè è il mio divino amore che dispone l'una e l'altra per la tua salvezza eterna. Ricevi con riconoscenza la prosperità, che l'amore mio accondiscendente offre alla tua debolezza, perchè ti ricordi dell'eterna felicità e afflnchè tu sia animata alla speranza. Ricevi anche la prova, unendoti a quell'amore paterno che mi consiglia d'inviartela, affinchè tu possa acquistare meriti per l'eternità ».

Geltrude propose di salutare le membra del Cristo, durante quella settimana, con l'orazione: « Salvete, delicata membra etc. » e intuì che quel suo proposito era piaciuto assai al Signore. Non esitiamo perciò a imitarla se vogliamo gustarne lo stesso gaudio.

Durante la S. Messa, mentre si leggeva quel passo del S. Vangelo: « Doemonium habes - Tu sei posseduto dal demonio », ella fu profondamente commossa per l'ingiuria fatta al suo Sposo, e non potendo sopportare che il Diletto dell'anima sua fosse così oltraggiato, si sforzò di contrapporre all'ingiuria espressioni di squisita tenerezza: « Salve, perla vivificante della nobiltà divina, - disse ella - salve fiore immortale della dignità umana, amabilissimo Gesù, mia suprema ed unica salvezza! ». Il Signore, pieno di bontà, volle secondo il suo solito, ricompensarla e, chinandosi verso di lei, l'accarezzò, mormorando all'orecchio della sua anima queste parole: « Io sono il tuo Creatore, il tuo Redentore, Colui che ti ama: ti ho acquistata nelle angosce della morte, a prezzo di tutta la mia beatitudine ».

In quel momento tutti i Santi manifestarono grande ammirazione per l'ineffabile accondiscendenza del Signore verso quell'anima e ne benedissero Dio con gaudio immenso.

Il Signore disse poi: « All'ora della morte e del giudizio rigoroso, quando l'anima si troverà di fronte alle accuse dei demoni, io le mostrerò una tenerezza pari a quella che a te ho dimostrato, se avrà contrapposto agli oltraggi di cui sono colmato dai cattivi, il dolce saluto che il tuo amore ti ha ispirato. Io la consolerò con le stesse parole che ho rivolto a te, Io tuo Creatore, tuo Redentore, ecc. Se tale espressione ispira tanto giubilo ai Santi del cielo, come saranno terrorizzati e messi in fuga i nemici dell'anima che avrà meritato dalla mia divina bontà tale consolazione nel giorno estremo! ».

Sforziamoci noi pure dunque, con tutto l'affetto del cuore, d'offrire al Signore questo omaggio, quando sentiamo che ha ricevuto qualche ingiuria; se non sappiamo farlo con l'ardore di Geltrude, offriamo almeno, la volontà e il desiderio di possedere un amore perfetto, il desiderio e l'amore di tutte le creature. Poi confidiamo, confidiamo incondizionatamente, perchè la generosa bontà di Dio non disprezza gli umili doni dei suoi poverelli, ma li accetta e li centuplica, secondo le ricchezze della sua misericordia, della sua dolcezza, della sua infinita carità.




CAPITOLO XXIII

COME SI PREPARA L'ARRIVO DEL SIGNORE E COME GLI SI DA' OSPITALITA' IN NOI

DOMENICA DELLE PALME

La domenica delle Palme, mentre Geltrude era immersa nella dolcezza dei divino godimento, disse al Signore: « Insegnami, mio Diletto, come potrei glorificarti, venendoti incontro nelle vie di Gerusalemme, oggi in cui Tu vieni per soffrire la Passione a mia eterna salvezza». Gesù le rispose: «Dammi una cavalcatura, una folla che venga gioiosamente davanti a me, una folla che mi segua cantando le mie lodi, una folla che m'accompagni e mi serva. La contrizione del tuo cuore sarà la mia cavalcatura, se tu confesserai che hai sovente trascurato di seguire la mia voce, e che proprio come un animale non hai saputo capire tutto quello che io ho fatto per la tua salvezza. Tale negligenza ha turbato la mia calma e serenità: mentre non avrei dovuto gustare in te che gioie spirituali, mi vedo costretto, per giustizia, a purificartí con pene corporali ed interne; in tal modo soffro, per così dire, in te, perchè l'amore della divina bontà mi obbliga a compatire i tuoi dolori. Quando mi avrai fornito tale cavalcatura, potrò comodamente riposarmi.

« Mi darai poi una folla gioconda che mi preceda quando mi riceverai con l'amore di tutte le creature, in unione alla tenerezza che provai, andando a Gerusalemme, per la salute di tutti; supplirai in tal modo, alle lodi, ai ringraziamenti, all'amore, agli omaggi che il mondo ha omesso di tributarmi per questo grande beneficio.

« Dammi anche una folla che mi segua cantando le mie lodi; per fare ciò devi confessare che non ti sei sforzata di seguire gli esempi della mia santissima vita. Offrimi una volontà così generosa che, se tu potessi impegnare tutti gli uomini a imitare nel modo più perfetto la mia vita e le mie sofferenze, tu c'impiegheresti volontieri, per la mia gloria, tutte le forze. Domanda nello stesso tempo, la grazia che ti sia data, per quanto è possibile ad umana creatura, d'imitare con zelo ardente, specialmente la vera mia umiltà, pazienza e carità, virtù che ho praticato al sommo durante la Passione.

« Dammi infine una folla che m'accompagni e m'assista, confessando che non mi hai servito con la fedeltà dovuta quando si trattava di difendere la verità e la giustizia. Sforzati di far trionfare queste due grandi cause, per quanto ti è possibile con parole ed atti: chiedimi di possedere sempre tale buona volontà per la mia gloria ».

Il Signore aggiunse: « Se alcuno in nome di tutto l'universo, si dà a me nei quattro suddetti modi, verrò a lui con tanta bontà, da raccoglierne il prezioso frutto dell'eterna salvezza ».

Nel tempo della S. Comunione, mentre Geltrude offriva il cuore al Signore, esso parve dilatarsi nella carità, come se Gerusalemme si fosse aperta all'arrivo del suo Dio. Gesù vi entrò, sotto l'aspetto di un uomo nello splendore della giovinezza, ma parve preparare una sferza con tre corde: rappresentava l'opera di Redenzione. La prima corda si componeva delle opere del suo innocentissimo Corpo; la seconda del generoso amore della sua santissima Anima; la terza, della sublime perfezione della sua altissima Divinità. Tre qualità che si riscontrano in ogni opera del Salvatore. Egli toccò leggermente con quello staffile il più intimo dell'anima di Geltrude per scuotere la polvere dell'umana fragilità e negligenza che poteva trovarvisi; poi lo depose in mezzo al suo cuore.

Ed ecco che quelle tre corde si disposero in modo da formare a Gesù un comodissimo trono. Quando Egli vi si assise, da ogni corda sbocciò un flore pieno di vita; il primo era la sublime perfezione della Divinità che, innalzandosi dietro al Signore si curvava bellamente sul suo Capo, quasi per procurargli un'ombra di gradita frescura; due altri fiori s'innalzavano a destra e a sinistra, esalando squisite fragranze.

All'inno di Terza, mentre si cantavano quelle parole « O Crux, ave spes unica » Geltrude offerse al Signore la divozione di tutti coloro che lo saluterebbero con quel versetto, durante le sette ore canoniche. Allora il Signore, prendendo il fiore del fervido amore della sua santissima Anima, lo presentò a tutte le persone di cui Geltrude aveva offerto la devozione; al contatto di quel fiore, ognuno riceveva luce e gioia spirituale. Geltrude chiese: « Mio Signore, se queste persone ritraggono sì grande frutto da questa divozione, cosa darete loro dopo la processione, durante la quale vi serviranno con amore ancora più grande e vi saluteranno con desideri più ferventi? ». Il Signore rispose: « Io darò loro la grazia e il fascino di questi tre fiori, poichè devono presentarmi le loro divozioni in tre modi differenti: coloro che sono prive del dono della divozione e che bramano ottenerlo, mi presenteranno i loro valori, le loro fatiche esteriori e io li solleverò, dando loro il fiore germogliato per il laborioso esercizio del mio santissimo Corpo. Altri, che gustano con abbondanza la dolcezza della divozione, mi presenteranno l'affezione dei loro desideri e io li rallegrerò col flore che spunta, dall'ardente amore dell'anima mia. Altri infine, la cui volontà è unita alla mia e che perciò formano un solo spirito con me nel completo abbandono al mio piacere, saranno imbalsamati nel flore della mia altissima Divinità ».

Dopo la processione, la Comunità s'inchinò al canto del Gloria laus, prostrandosi alle parole Fulgentibus palmis. Il Signore le presentò allora il fiore dei laboriosi esercizi del suo santo Corpo. Il suo scopo era di rallegrare le Monache, di fortificarle e di conservarle al suo servizio; voleva pure far capire che i lavori manuali sono nobilitati dai santi lavori che lui stesso ha compiuto.

Una persona aveva invitato Geltrude a ristorarsi con un po' di cibo, essendo ella afflitta da una debolezza estrema; ma la Santa respinse con energia tale invito, non volendo rompere il digiuno prima di avere ascoltato la recita della Passione. Volle però chiedere consiglio a Nostro Signore, il quale le rispose: « Prendi questa refezione, mia diletta, in unione all'amore col quale io, tuo Amante, sospeso alla Croce, ho rifiutato di bere, dopo d'averlo assaggiato, il vino mescolato con mirra e fiele, che mi presentarono ».

A queste parole Geltrude sottomise docilmente la sua volontà, e ringraziò il Signore che, presentandole il Cuore, le disse: « Ecco la coppa ove si conserva il ricordo di quelle parole « cum gustasset, noluit bibere - poichè l'ebbe gustato, non volle berne (Matt. XXVII, 34). In questa coppa ti presento il desiderio che mi impedì di bere quella pozione per riservarla a te. Tu puoi gustarla con sicurezza, perchè, da medico esperimentato, l'ho assaggiata, trasformandola per te in bevanda salutare. Questa miscela aveva per iscopo da accelerare la mia morte, ma avendo io il desiderio di soffrire a lungo per gli uomini, non volli pigliarla. Tu invece, animata da uno stesso amore, prendi tutto quello che ti è necessario e vantaggioso, per vivere a lungo nel mio servizio: « In questa coppa che mi fu offerta, considera tre cose. Essa conteneva vino: compi tutti i tuoi atti con gioia e per la mia maggior gloria. Vi era pure mescolata della mirra: ricevi ogni ristoro con l'intenzione di poter soffrire più a lungo per mio onore; questo è il simbolo recondito della mirra, che preserva dalla corruzione. Infine il fiele vi era pure aggiunto, per insegnarti a dimorare volentieri sulla terra, senza le gioie della mia presenza, per tutto il tempo che mi piacerà. Quando i ristori sono presi con quest'intenzione mi recano lo stesso omaggio d'un amico il quale, ritenendo per sè il fiele presentato al suo amico, gli dà in cambio nettare squisito ».

Geltrude, ad ogni boccone di cibo, ripeteva in cuore questo versetto: « La virtù del tuo divino amore m'incorpori interamente a Te, o amabilissimo Gesù ». Bevendo diceva: « Diffondi e conserva in me, amabilissimo Gesù, l'effetto di quella carità che dominava in Te così perfettamente da farti rifiutare la bevanda che doveva affrettare la tua morte, per maggiormente soffrire per noi; penetri essa tutta la mia sostanza e s'insinui vigorosamente nelle potenze, nei sentimenti, nei movimenti della mia anima e del mio corpo, per la tua gloria eterna ». Ella chiese al Signore come accetterebbe questa pratica se fosse fatta da altra persona. Il Signore rispose: « A ogni boccone che mangerà, riterrò d'averlo io pure preso con lei, per nutrirmi e saziarmi; quando berrà, berrò con essa una bevanda d'amore, che infiammerà la nostra reciproca tenerezza; quando poi l'ora opportuna sarà giunta, le farò sentire la forza dell'amor mio, secondo la mia onnipotenza »,

In seguito, leggendosi nella Passione: «emisit spiritum - rese lo spirito » (Mat. XXVII, 50) ella, prostrandosi a terra, in atto di grande amore disse: « Eccomi, Signore, prostrata. col corpo; io ti domando per quell'amore che ha condotto alla morte Te, che sei la vita di tutte le creature, di far morire nella mia anima tutto quanto possa dispiacerti». Il Signore rispose: « Esala in questo momento con un soffio, tutti i vizi e le negligenze di cui vuoi essere mondata, e aspira coi mio soffio divino, tutto quanto brami possedere delle mie virtù e perfezioni. Quello che avrai esalato ti sarà rimesso, e inoltre otterrai i benefici effetti dell'aspirazione del mio soffio. Quando ti sforzerai di vincere i difetti che hai allontanato da te, o di ottenere la virtù che ho posto in germe nell'anima tua, raccoglierai il doppio frutto della Passione che Io ho sofferto e della vittoria che tu hai riportato ».

Dopo pranzo ella si era stesa sul letto per riposare le membra affrante, meno però per dormire che per evitare la noia di numerose visite; disse quindi al Signore: « Ecco, o mio Diletto, che in memoria della salutare predicazione che tu hai fatto al tempio in questo giorno, mi allontano da tutte le creature, per essere occupata solo di Te, affinchè tu possa liberamente parlare al mio cuore ». E Gesù di rimando: « Come la Divinità si è riposata nella mia Umanità, così essa trova le sue delizie a riposarsi nella tua stanchezza ». Siccome poi Geltrude si accorse che non venivano a disturbarla perchè la credevano addormentata, domandò al Signore se era cosa più perfetta far capire che era sveglia, per dare loro, maggiore libertà. Rispose il Signore: « No, lascia loro questa occasione di meritare per la loro carità, che sarò poi felice di ricompensare », e aggiunse: « Ecco due punti che bramo presentare alla tua meditazione: esercitandoti in essi, sarai eccitata a cercare cose ancora più grandi. Ricorda che utilissimo all'uomo è l'affaticarsi in lavori che possono procurare alla mia Divinità le delizie del riposo; inoltre mi è assai caro vedere le anime prodigarsi per i fratelli in opere di carità ».

Verso sera ella si ricordò dell'accondiscendenza di Gesù che, alla fine di quel giorno, si era recato a Betania, presso Marta e Maria; ella medesima si sentì ardere dal desiderio di dare ospitalità al suo divino Sposo.

Prostrandosi allora amorosamente ai piedi del Crocifisso, baciò con tenerezza la Piaga del Costato, con l'intenzione di attrarre tutti i desideri del Cuore amantissimo del Figlio di Dio; indi lo supplicò, per l'ardore delle preghiere sgorgate dal suo dolcissimo Cuore, di scendere nel misero domicilio del suo cuore. Il Signore, pieno di bontà, sempre pronto ad accogliere le nostre preghiere, la favorì della sua dolce presenza, e le disse teneramente: « Eccomi, sono qua, cosa mi dai? ». E Geltrude: « Oh, sii il benvenuto, Tu che sei l'unica mia salute, il mio tutto, il mio solo vero tesoro! ». E aggiunse: « Ohimè! Indegna come sono, non ho preparato nulla che possa convenire alla tua maestà; ma ti offro tutto ciò che sono, pregandoti e scongiurandoti di volere preparare Tu stesso in me! ciò che può maggiormente piacere alla tua divina bontà ». Gesù le rispose: « Se tu mi accordi tanta libertà, dammi la chiave che mi permetta di prendere e di rimettere tutto quanto converrà al mio benessere ed alla mia refezione. « Signore - chiese Geltrude - cos'è questa chiave? ». « E' la tua propria volontà », concluse il Signore.

Questa parola le fece comprendere che, se un'anima desidera offrire ospitalità a Gesù, deve rimettergli la chiave della propria volontà, abbandonarsi interamente a Lui e credere fermamente che la divina bontà opererà la sua salute, con tutti i mezzi; quando l'anima è così disposta, il Signore entra e vi compie operazioni d'amore. Guidata poi dall'ispirazione divina Geltrude recitò, da parte di ciascuno de' suoi membri, trecento sessantacinque volte, la parola del Vangelo: « Non mea sed tua voluntas fiat - Si faccia la tua, non la mia volontà (Luc. XXII, 42) amabilissimo Gesù! » e comprese che questa preghiera era graditissima al Signore.

Volle poi chiedergli in che modo riceverebbe la divozione di un'anima che celebri la festa di quel giorno, con pratiche identiche alle sue basandosi sul libro di Ester, e su quelle parole della Cantica: « Egredimini, flliae Jerusalem - Uscite, figlie di Gerusalemme » (Cant. III, 11). Il Signore rispose: « Il mio divin Cuore accetta con grande sodisfazione questo modo di celebrare la festa, tanto che, nell'eterna vita, colui che l'avrà praticato riceverà grande ricompensa. Gli preparerò nella mia regale munificenza, un banchetto nuziale dove otterrà maggior onore, gioie, delizie di tutti gli altri invitati, appunto come la sposa, alla mensa nuziale, gode maggiormente di quanto le è offerto, benchè il re, per suo riguardo, prodighi anche agli altri invitati i regali della sua gefierosità ».




CAPITOLO XXIV

GENUFLESSIONI A DIO GRADITE

FERIA IV DELLA SETTIMANA SANTA

Il mercoledì della Settimana santa, mentre durante la S. Messa s'intonava: In nomine Domini etc., Geltrude, con tutto l'affetto del cuore, piegò le ginocchia in onore di quel sacratissimo Nome, per supplire alla negligenza ch'ella aveva avuto riguardo al servizio di Dio. Comprese che quell'omaggio riusciva graditissimo al Signore e piegò il ginocchio una seconda volta alla parola Celestíum, per riparare le negligenze con le quali i Santi che regnano in cielo, celebrarono quaggiù le divine lodi. Tosto i Santi si levarono con grande riconoscenza, lodando il Signore per la grazia accordata a Geltrude e supplicandolo a favore della Santa. In seguito alla parola terrestrium, piegò le ginocchia per supplire alla imperfezione dell'intera Chiesa nelle divine lodi; il Figlio di Dio, per ricompensarla, le accordò il frutto delle preghiere che Gli offre la Chiesa. Alle parole et infernorum Geltrude piegò di nuovo le ginocchia per supplire a tutte le mancanze delle anime che si trovavano in quel momento sepolte per sempre nell'inferno. Allora Gesù si alzò e ponendosi davanti al Padre, Gli disse: « Quest'offerta mi appartiene personalmente, o Padre, perchè Tu hai affidato a me il giudizio, e io ho condannato queste anime ai tormenti eterni, per giusta sentenza della mia equa verità. Sono perciò assai onorato dall'espiazione che quest'anima mi ha or ora offerto; mente umana non può capire la ricompensa dovuta a questo atto; io lo custodisco per poter accordarla a quest'anima quando sarà in grado di poterla ricevere, nella beatitudine eterna ».

Durante la lettura della Passione, quando si giunse a quelle parole: « Pater, ignosce illis - Padre perdona loro », Geltrude chiese al Signore, dall'intimo del cuore, per quell'amore che l'aveva spinta a pregare per i suoi crocifissori, di perdonare a tutti coloro che l'avevano offeso. I Santi si alzarono con grande ammirazione e pregarono il Signore di rimetterle tutte le negligenze che aveva potuto commettere, celebrando le loro feste e trascurando di rendere loro onore.

A sua volta il Figlio di Dio si prostrò davanti al Padre ed offerse per Geltrude tutti i meriti della sua santissima vita, per cancellare le colpe di pensieri, di parole, di opera, commessi contro la divina Maestà.

A quelle parole: «Oggi sarai meco in Paradiso », ella comprese che un'anima che si converte all'ultimo momento, ha ottenuto tale grazia con qualche atto buono praticato durante la vita, mediante il divino aiuto. Il ladrone che, riabilitato da una salutare penitenza, all'ultimo momento, meritò in quello stesso giorno il Paradiso, aveva ottenuto misericordia perchè, pure essendo ladro e scellerato, si ritraeva davanti a una ingiustizia palese e la biasimava con coraggio. Ed è appunto quello che fece in croce, riprendendo il compagno per gli insulti che rivolgeva alla maestà di Dio, affermandosi colpevole e castigato giustamente; tale umile confessione gli valse la divina misericordia.




CAPITOLO XXV

L'UFFICIO DELLA CENA DEL SIGNORE

Il Giovedì santo festa della Cena del Signore, mentre si cantavano a Mattutino le Lamentazioni, Geltrude, ponendosi davanti al Padre, deplorò nell'amarezza del cuore, tutti i peccati dell'universo commessi per fragilità, contro l'Onnipotenza divina. Alla seconda Lamentazione si presentò davanti al Figlio di Dio, manifestando il suo dolore per tutti i peccati d'ignoranza, che avevano oltraggiato la sua imperscrutabile Sapienza. Alla terza Lamentazione ella, davanti allo Spirito Santo, si afflisse per tutti i peccati commessi dall'umana malizia contro la sua bontà. In seguito, mentre al versetto di a Gesù Cristo ecc. le giovinette cantavano Kyrte eleison, Geltrude si avvicinò al dolcissimo Cuore di Gesù, lo baciò con amore in nome di tutta la Chiesa ed ottenne il perdono di tutti i peccati di pensiero, di desiderio, di affetto e di cattiva volontà. Al Christe eleison ella impresse un bacio sulle labbra benedette del Salvatore e Gli domandò la remissione di tutti i peccati di lingua.

Alla ripetizione del Kyrie eleison, baciò le venerabili Mani del Salvatore, e ottenne la remissione di tutti gli atti colpevoli, commessi in generale dai cristiani. In seguito, mentre il popolo cantava cinque volta Kyrie eleison, all'inno Rex Christe, baciò ad ogni strofa, le cinque Piaghe vermiglie del Signore per ottenere la remissione di tutti i peccati commessi dai cinque sensi.

Mentre praticava questa divozione, cinque ruscelli scaturirono dalle sante Piaghe, diffondendo su tutta la Chiesa una grazia così salutare da purificarla da ogni peccato; era l'esaudimento pieno e intero di quanto aveva chiesto nelle Lamentazioni e durante i Kyrie, eleison. In queste tre notti tutti possono praticare tali esercizi, sperando di ottenere gli stessi benefìci, purché lo facciano con vera divozione.

Alle Laudi durante il canto dell'antifona « Oblatus est quia ipse volutt », il Signore le disse: « Se tu credi che mi sono offerto sulla Croce al Padre perchè l'ho voluto, devi pure credere fermamente che desidero offrirmi ogni giorno per i peccatori, con lo stesso amore che ebbi quando m'immolai per il mondo intero. Perciò qualsiasi peccatore, quantunque oppresso dal peso di peccati enormi, deve sperare il perdono dall'offerta della mia Passione e morte. Egli è sicuro di ottenere il perdono, perchè non vi è rimedio più efficace contro il peccato, del ricordo amoroso della mia Passione, accompagnato da penitenza e da sincera fede ».

Durante la lettura del Vangelo, Ante diem Jestum, quando si arrivò a quelle parole: « coepit lavare pedes discipulorurn », Geltrude disse al Signore: « Ohimè, mio Gesù, poichè sono indegna di essere lavata da Te, posso almeno sperare che uno de' tuoi apostoli, a cui hai lavato i piedi, mi mondi da ogni macchia di peccato, perchè mi sia dato degnamente ricevere oggi il mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue? ». Rispose Il Salvatore: « Ho veramente lavato e deterso oggi le tue macchie e quelle delle persone che, per seguire i tuoi consigli, mi hanno pregato di purificarle, ordinando le sette affezioni della loro anima ». Ella riprese: « Ahimè, Gesù, quantunque abbia insegnato questa pratica al prossimo e mi sia proposta di seguirla anch'io, pure l'ho trascurata pensando ad altro ». E il Signore: « Ho accettato, figlia mia, la tua buona volontà, perchè è proprio della mia indulgenza tener conto dei buoni desideri di un'anima e di ricompensarla largamente anche quando, avendo proposto con sincerità di compiere un'opera virtuosa, trascura poi di eseguirla per umana fragilità, o per altro impedimento ».

Mentre stava per comunicarsi, Geltrude disse a Gesù « Ti offro, o mio Dio, i desideri di tutte le persone che si sono raccomandate alle mie indegne preghiere ». Egli rispose: « Tu hai acceso nel mio Cuore tante fiamme d'amore, quante sono le persone che mi hai presentate ». « Insegnami allora, o, mio Gesù - aggiunse la Santa - come potrei degnamente pregare per tutte le anime della Chiesa universale, per infiammare sempre di più il tuo sacratissimo Cuore ». E il Maestro divino: « Puoi compiere questo tuo desiderio in quattro modi

« 1) Lodami di avere creato gli esseri a mia immagine e somiglianza.

« 2) Ringraziami per i benefici che loro ho accordati e per quelli che prodigherò ancora.

« 3) Gemi con dolore per gli ostacoli che hanno opposto alle mie grazie.

« 4) Prega per tutte le anime che, secondo i disegni della mia provvidenza, si perfezionano nel bene per procurare la mia lode e la mia gloria ».

Un'altra volta, nella stessa festa della Cena del Signore, essendosi ella raccolta per pensare solamente a Dio, vide Gesù com'era sulla terra in quel giorno così prossimo al suo estremo sacrificio.

Ella lo mirò tutto quel giorno, in abbattimento ed angoscia di morte, perchè, essendo l'eterna sapienza di Dio Padre, ben conosceva in anticipo, quanto doveva capitargli le angosce future erano presenti. Avendo ricevuto dalla purissima Vergine sua Madre una natura infinitamente delicata venne oppresso da timori e da spaventi inenarrabili in ogni ora di quella lunga, angosciosa giornata; il pallore del viso, il tremito delle membra manifestavano le agonie di morte di cui sentiva l'amarezza. Geltrude raccoglieva nell'anima il contraccolpo di tale dolore e fu presa da una compassione così grande che, se avesse posseduto mille cuori, non sarebbero stati sufficienti per compatire alle pene del suo Diletto. Ella sentiva che i battiti violenti del suo cuore, provocati dal desiderio, dall'amore, dall'angoscia rifluivano nel Cuore di Gesù, dolce e colmo di beatitudine. Era tanto dominata dall'impetuosità di quei palpiti che stava per cadere in deliquio. Il Signore le disse allora: « Ora che non posso più morire, non sono raggiunto dalla sofferenza; ma l'amore che mi animava durante la vita mortale quando sopportavo le angosce, sofferenze, amarezze della Passione e morte, l'ho provato oggi nel tuo cuore, che tante volte è stato penetrato da compassione al ricordo dei dolori da me sofferti per il riscatto degli eletti. Così voglio ricompensare la compassione che mi hai prodigata. In aumento della tua eterna beatitudine ti dò tutto il frutto della Passione e della mia preziosa morte; vi aggiungo un altro dono: in tutti i luoghi dove oggi si adora il legno della S. Croce, strumento del mio supplizio, tu riceverai, in ricompensa della compassione che mi hai così teneramente prodigata, il frutto del tuo amore per me. Voglio di più che tutte le cause che mi raccomanderai abbiano felice successo. Quando vorrai pregarmi per qualche anima, presentami il mio Cuore, che così spesso ti ho dato come pegno della nostra reciproca tenerezza, e offrimilo in unione di quell'amore che mi ha fatto prendere questo Cuore umano per la salvezza del mondo. In tal modo t'accorderò tutto quello che mi domanderai: sarà come la cassaforte di un ricco che gli si porta dinanzi, perchè ne tragga preziosi regali per i suoi amici ».

Ella chiese poi a Gesù: « Con qual nome, o mio dolce Salvatore, chiamavi il Padre tuo quando Lo invocavi nell'agonia? ». Egli rispose: « Lo chiamavo spesso con questo nome: "O integritas substantiae meae! - O integrità della mia sostanza" ».

Durante la S. Messa, prima della Comunione delle Monache, Geltrude vide Gesù giacere a terra in stato di estremo languore, per la brama veemente di unirsi a quelle anime predilette. La Santa ne fu commossa tanto che credette venir meno. In ammirabile visione scorse poi il Sacerdote sollevare il Corpo del Salvatore che pure era di statura superiore alla sua e portare Colui che, non solo lo portava, ma che porta ogni cosa con la sua parola potente (Ebr. I, 3). Comprese allora, con sensi di tenera affezione, che quella estrema debolezza del Piglio di Dio, era l'espressione della forza vittoriosa del suo dolcissimo amore. Infatti il nostro « Beniamino, amabile adolescente si trovava in una specie di estasi » (sal. LXVII) tanto erano grandi le delizie che provava, unendosi nella S. Comunione a quelle anime dilette. L'eccesso del suo amore lo faceva languire; così non potendo usare delle sue forze, si lasciava maneggiare e portare dal Sacerdote.

In altra occasione Geltrude ricevette questa luce: ogni volta che l'uomo guarda con amore e desiderio la santa Ostia che cela Sacramentalmente il Corpo di Cristo, aumenta i suoi meriti per il cielo e nella visione di Dio, gusterà tante delizie speciali quante volte in vita avrà contemplato, o almeno desiderato di vedere il Corpo di Cristo.

Da quanto precede si comprende che, tanto nei giorni di festa come nelle ferie, la Santa si applicava a Dio con ferventissimo amore. Però bisogna convenire che la Passione di Nostro Signore era profondamente impressa nell'anima sua, tanto che la contemplava con fervore specialissimo, quasi con una specie di esagerazione: vedendola sempre immersa in tale meditazione, pareva che quel ricordo fosse miele al suo palato, melodia all'orecchio, delizia al cuore.

La Vigilia del Venerdì Santo dopo Compieta, quando sentiva il suono del crotalo, il suo cuore si commoveva profondamente come se le avessero annunciato l'agonia dell'Amico più fedele, più caro, più intimo, presso al quale volava per assisterlo nel crudele trapasso. Si sforzava di mantenersi poi al tutto raccolta per meditare la Passione del Signore e compatire con tenerezza agli spasimi del Diletto, onde pagare il debito dell'amore a Colui che aveva sofferto per lei. Tutto quel giorno e anche durante la santa giornata del Sabato, l'anima sua aderiva a quella dello Sposo divino, al punto che a stento riusciva ad applicarsi a cose esteriori: però se si trattava di opere di carità, con santa agilità, le compiva a perfezione, prova evidente che l'Ospite, ch'ella teneva abbracciato nel santuario dell'anima sua, era Colui di cui S. Giovanni aveva detto: « Deus charitas est. Si diligimus invicem, Deus in nobis manet, et charitas in nobis perfetta est » - « Dio è carità: se ci amiamo gli uni gli altri, Dio, dimora in noi e la sua carità in noi è perfetta » (1 Giov. IV, 8-12). Cosi Geltrude trascorreva il venerdì e il sabato santo rapita fuori dei sensi, in modo tale che nulla potrebbe far capire all'umano intelletto l'intima e forte unione di questa Sposa col suo diletto Signore. Gli era così dolcemente e inseparabilmente unita da formare di due un solo spirito, per l'amorosa compassione de' suoi atroci spasimi. Il non poter poi tradurre a parole tale altissima contemplazione non è difetto, ma grande perfezione. S. Bernardo dilucida questo punto nel suo commento al Cantico,: quando dice « Murenulas aureas faciemus tibi - Noi ti faremo catene d'oro adorne d'argento » (Cant. 1, 10). Quando si fa nell'anima rapita in estasi una luce subitanea, che brilla divinamente con il bagliore del lampo, allora si presentano, non so da dove, per temperarne lo splendore e per farne risaltare gl'insegnamenti, delle immagini prose da oggetti inferiori e divinamente adatte alla portata dei nostri sensi. Con l'aiuto di tali immagini, quel puro, splendido raggio di verità, si vela in qualche modo, e può essere sopportato dagli occhi dell'anima. Credo che siano i santi Angeli che formano in noi quelle immagini, perchè è missione propria del loro ministero. Attribuiamo dunque a Dio quello che ci giunge assolutamente puro e sciolto da qualsiasi fantasma d'immagini sensibili e attribuiamo al ministero angelico quelle immagini nobili ed eleganti, che ne formano come il rivestimento » (S. Bernardo S. Sermone XLI sul Cantico dei cantici).

Non bisogna stimare poco il favore che Dio degni di trattare direttamente con l'anima, custodendola pura da ogni immagine corporale, tenendo sotto il sigillo di una segreta intimità ciò che passa fra l'anima e Lui solo. Appunto per questa ragione molte cose, capaci di fornire un racconto luminoso, non hanno potuto essere scritte in questo libro.

Ma perchè il lettore in questa festa solenne trovi mezzi adatti per riaccendersi nel fervore, raccoglieremo qualche scintilla sfuggita a questo focolare, che bruciava con tanto ardore al ricordo della Passione di Gesù Cristo.




CAPITOLO XXVI

NEL SANTO GIORNO DI PARASCEVE O VENERDI' SANTO

Un Venerdì santo, all'ora di Prima, mentre Geltrude ringraziava il Signore per essersi abbassato fino a comparire davanti al tribunale di un pagano, vide il Figlio di Dio raggiante di serenità e gioia. Era seduto su di un trono regale, a destra del Padre, che gli dimostrava un'ineffabile tenerezza affine di compensarlo degli oltraggi e delle bestemmie che aveva sopportato per salvarci. Tutti i Santi, inginocchiati rispettosamente davanti a Lui, lo ringraziavano di averli preservati dall'eterna dannazione con la sua morte atroce.

Alle parole della Passione « Sitio - Ho sete » Gesù presentò a Geltrude un calice d'oro destinato a ricevere le sue lagrime d'amore. Ella sentì allora il cuore preso da tale commozione, che pareva liquefarsi e sciogliersi in pianto. Tuttavia frenò le lagrime, per discrezione e per non svelare il segreto della sua tenerezza; chiese poi a Gesù se il suo modo di fare Gli fosse gradito. Allora un getto limpidissimo parve scaturire dal cuore di Geltrude e penetrare nella bocca di Gesù che le disse: « Così, figlia mia, io attiro le lagrime di divozione che si frenano per motivi tanto nobili e puri ».

A Terza ella si sentì infiammata d'amore, ricordandosi che Gesù, in quell'ora, era stato trafitto di spine, crudelmente flagellato e caricato dalla pesante Croce. Ella GIi disse: « O mio Diletto, per corrispondere all'amore che mi hai dimostrato sopportando l'iniqua Passione, ti offro tutto il mio cuore e desidero, da questo momento fino alla morte, di sopportare l'amarezza, il dolore, lo spasimo dello stesso tuo dolcissimo Cuore e del tuo Corpo immacolato; se per umana fragilità, dimenticassi un istante i tuoi dolori, accordami una sofferenza sensibile che corrisponda degnamente all'angoscia della tua Passione ». Rispose Gesù « Il tuo buon volere e la fedeltà dell'amore tuo mi hanno pienamente sodisfatto; ma perchè possa gustare tutte le mie delizie nel tuo cuore, dammi, la libertà di operare e di custodire in esso tutto quello che voglio, senza che ti dica, se vi verserò gioie o amarezze ».

Nella Passione si lesse che Giuseppe raccolse il Corpo del Signore. Geltrude chiese: « Il tuo santissimo Corpo, o Gesù, venne dato al fortunatissimo Giuseppe; a me, quantunque indegna, cosa darai? ». Tosto il Salvatore le porse il suo dolcissimo Cuore, sotto l'aspetto di un incensiere d'argento, da cui salivano verso il Padre, tante onde olezzanti d'incenso quanti furono i popoli riscattati dalla Passione; in seguito secondo il rito liturgico, si lessero le orazioni per tutti gli ordini della Chiesa con le relative genuflessioni. Mentre il sacerdote cantava: « Oremus dilectissimi etc. » ella vedeva quelle preghiere fondersi con l'incenso ch'esalava dal divin Cuore ed elevarsi, con esso, unica oblazione al Padre.

Tale unione con Cristo dava alle preghiere della Chiesa un magnifico splendore ed un profumo delizioso. Cerchiamo quindi. di pregare più divotamente in questo giorno per la S. Chiesa, poichè la Passione di Cristo è quella che dà maggior valore alle nostre suppliche, rendendole gradite al Padre.

In altro Venerdì santo, sentendosi Geltrude dolcemente penetrata dal ricordo della Passione di Gesù, desiderava ardentemente darGli un degno ricambio di amore; perciò Gli disse: « Insegnami o unica speranza e salvezza dell'anima mia, come potrei ringraziarti, almeno un po' di tutte le sofferenze che per te furono così crudeli e per me così salutari! ». Il buon Maestro rispose: « Se alcuno rinuncia al suo giudizio proprio per seguire l'altrui, mi risarcisce della prigionia subita, dei legami e delle ingiurie che ho sopportato il mattino dei giorno mio estremo. Chi confessa umilmente i peccati, mi compensa delle false accuse lanciate contro di me e della sentenza di morte. Chi mortifica i sensi, mi compensa della flagellazione subita a Terza. Chi si sottomette a Superiori indegni ed esigenti, toglie le spine dalla mia corona. Chi, offeso, fa i primi passi per ottenere la pace, alleggerisce il fardello della mia Croce. Chi si dà tutto, generosamente alle opere di carità, ripara lo stiramento spasmodico delle mie membra quando, all'ora di Sesta, venni crocifisso. Chi non teme il disprezzo, nè la sofferenza quando si tratta di ritrarre il prossimo dal peccato, mi ripaga degnamente per la morte da me sofferta, all'ora di nona, nel redimere il genere umano. Chi risponde con umiltà agl'insulti, mi stacca dalla Croce. Infine chi preferisce il prossimo a se stesso e lo ritiene degno di onore e di riguardi, mi ricompensa della mia sepoltura».

In altro Venerdì santo, mentre Geltrude pregava il Signore, prima di comunicarsi, perchè la preparasse a quell'atto solenne, sentì queste parole: « Mi sento talmente attratto verso di Te, che nessuna cosa al mondo potrebbe trattenermi. Sappi che ho raccolto tutto quello che oggi si è compiuto nella Chiesa in memoria della mia Passione, con pensieri, parole, opere, ed ora mi preme deporre questo tesoro nel tuo cuore, col Sacramento dell'altare, a vantaggio della tua salvezza eterna ». « Ti ringrazio immensamente, o mio Gesù, - rispose Geltrude - però vorrei che mi permettessi di far parte di questo dono a coloro che io desidero beneficare ». Il Salvatore rispose sorridendo: « Cosa mi darai tu, mia diletta, perchè Io t'accordi questo grande favore? ». « Ahimè - riprese la Santa - non ho nulla che sia degno di Te: ma se avessi tutto quello che Tu possiedi, sento che ti cederei ogni cosa affìnchè tu potessi, a tua volta, farne dono a chi più t'aggrada». E il Signore con bontà: « Se davvero tu mi ami fino a questo punto; puoi star certa che anch'io agirò nello stesso modo a tuo riguardo, ma in prqporzione somma, cioè quanto il mio amore supera il tuo ». Ella aggiunse: « Quali meriti ti offrirò nella tua venuta Eucaristica, mentre Tu a me vieni con tanta generosità? ». Gesù affermò: « Una cosa sola ti domando. Vieni a me completamente vuota e disposta a ricevere, perchè il bene che potrà piacermi in te, sarà dono della mia bontà infinita ». Ella comprese che quel vuoto è l'umiltà, per mezza della quale l'uomo riconosce di non aver nulla da se stesso e di nulla potere senza l'aiuto di Dio, giacchè tutto ciò che può fare, va contato per niente.




CAPITOLO XXVII

RISURREZIONE DI GESU' CRISTO

Nella notte sacra alla gloriosissima Risurrezione del Signore, mentre Geltrude, prima di Mattutino, pregava con grande divozione, Gesù le apparve pieno di splendore e di grazia, nella gloria della sua divina, immortale Maestà. Ella si prostrò ai suoi piedi e, adorandolo con amore, Gli disse: «Sposo diletto, onore e gloria degli Angeli, Tu ti sei degnato di prendermi per tua Sposa, quantunque sia la più indegna delle creature; la mia anima e il cuor mio non hanno sete che di Te, del tuo onore, della tua gloria, e considero come parenti i tuoi più cari amici. Ti domando, amatissimo Gesù, in quest'ora gioiosa della tua Risurrezione, che Tu abbia d'assolvere le anime di tutti coloro che ti sono particolarmente cari. Per ottenere questa grazia, ti offro, in unione alla tua innocentissima passione, tutto quello che il mio cuore e il mio corpo hanno sofferto nelle continue mie infermità ».

Allora Gesù, con ineffabile dolcezza, le mostrò una moltitudine di anime sciolte dalle loro pene e le disse: « Le consegno tutte in dote al tuo amore; in cielo si vedrà eternamente che furono liberate dalle tue preghiere e, davanti a tutti i Santi, godrai per sempre di tale onore ». La Santa chiese: « Quante son queste anime? ». Rispose il Signore « Solo la scienza della mia Divinità ne conosce il numero ». Siccome poi Geltrude s'accorse che esse, quantunque liberate dalle pene, non erano però ancora nel pieno possesso delle eterne gioie, s'abbandonò tutta alla divina bontà, per soffrire nel corpo e nell'anima tutto ciò che il Signore vorrebbe per ottenere ad esse il gaudio completo. Tale offerta intenerì il Signore, il Quale in quello stesso istante, ammise quelle anime alla pienezza dell'eterno gaudio. Poco dopo Geltrude, sentendo un dolore acutissimo al fianco, s'inginocchiò davanti al Crocifisso. Gesù trasmise i meriti di quella sofferenza alle anime di cui abbiamo parlato, in accrescimento della loro gioia, dicendo loro: « Vi presento quest'omaggio di devozione che la mia Sposa mi ha offerto, perchè metta il colmo alla vostra beatitudine; a vostra volta sforzatevi di onorarla, accordandole il dono delle vostre preghiere ».

Geltrude, con un nuovo slancio d'amore, si mise tutta a disposizione di Gesù, dicendo: « Ecco che nella mia estrema indegnità, dolcissimo unico Amico, mi presento con amore davanti a Te, Signore e Re dei dominanti. Ti offro interamente il cuore e l'anima mia affinchè ti servano, per tutta la vita, in onore della tua adorabile Risurrezione». Rispose il Signore: « Quest'offerta della tua buona volontà sarà come lo scettro della mia divina magnificenza; me ne glorierò eternamente davanti alla SS. Trinità ed a tutti i Santi, come di dono prezioso ricevuto dalla mia diletta Sposa ». Geltrude riprese: « Ah, mio Dio! quantunque sappia che questo mio atto di completo abbandono è effetto della tua grazia, pure temo, per la mia incostanza, di dimenticare l'offerta che ti ho presentata». Gesù le rispose: « Non turbarti, poichè la mia Mano non lascerà mai cadere lo scettro che mi fu donato; lo conserverò sempre come pegno e ricordo del tuo amore per me. Ogni volta poi che tu rinnovi quest'intenzione, lo scettro si adornerà di fiori stupendi e di gemme preziose».

Mentre Geltrude, in questo mirabile movimento d'amore consumava le forze ed animava i sensi tanto interni che esterni per prepararsi a cantare il Mattutino della Risurrezione, si cominciò ad intonare l'Inviatorio; ella disse al Signore: « Insegnami, o migliore dei Maestri, come posso lodarti mediante l'Alieluja che oggi tante volte si ripete ». Egli rispose: « Potrai degnamente esaltarmi, unendoti alle lodi che la Corte celeste mi prodiga con questa stessa parola. Nota che, nell'Alleluja vi sono tutte le vocali, tranne l'o che è simbolo del dolore; ma, al suo posto, si ripete l'a. Lodami dunque con la vocale « a » unendoti alla lode magnifica con la quale i Santi, trasalendo di gioia, celebrano il soave diletto che l'influsso della Divinità procura alla mia Umanità deificata. Questa mia Umanità è ora elevata alla gloria dell'immortalità, per le amarezze della Passione e della morte che ho subito per salvare l'uomo da orrenda sorte. Con la vocale « e » loda quelle inesprimibili delizie che procura al mio sguardo la vista dei pascoli fioriti della suprema, indivisibile Trinità. Con la vocale « u » loda quell'armonia ineffabile che accarezza l'orecchio della mia Umanità deificata, ascoltando le meravigliose sinfonie dell'adorabile Trinità e le lodi continue che le prodigano gli angeli, i santi, gli eletti. Con la lettera « i » loda quella brezza profumata dei più squisiti olezzi, soffio soavissimo della SS. Trinità, che appaga l'odorata della mia immortale Umanità. In seguito con la lettera « a », sostituita alla vocale «o», loda l'incomprensibile, inestimabile, magnifica effusione di tutta la Divinità nella mia Umanità deificata, perché questa Umanità, divenuta immortale ed Impassibile, raccoglie dalla Mano di Dio, in cambio della sofferenza corporale, che per essa più non esiste, questo doppio, grazioso beneficio: l'immortalità e l'impassibilità ».

Mentre Geltrude continuava a recitare Mattutino riceveva a ciascun Salmo, responsorio e Lezioni lumi abbondanti, accompagnati da ineffabili delizie che convenivano tanto alla Risurrezione del Signore che al reciproco amore, e alla gioia della intima unione con Dio. Il racconto di tali meraviglie sarebbe forse gradito al divoto lettore, ma noi lo custodiremo sotto silenzio, insieme a molte altre cose, per evitare la prolissità che crea la noia; noi lo confideremo alla divina bontà, da cui procedono tutti i beni così generosamente accordati all'eletta del Signore.




CAPITOLO XXVIII

ESAME DELL'OSSERVANZA REGOLARE

SECONDA FERIA (LUNEDI' DI PASQUA)

Nella seconda feria, mentre Geltrude, prima di comunicarsi, pregava il Signore di supplire, per mezzo dell'Eucaristico Sacramento, a tutte le sue negligenze nell'osservanza della Regola, vide il Figlio di Dio accostarsi a lei, prenderla e presentarla a Dio Padre. Ella era rivestita con l'abito della Religione e la tonaca era formata di tante parti, quanti anni aveva passato nella vita religiosa. La parte inferiore rappresentava il primo anno, quella seguente, il se. condo, e così di seguito fino all'epoca attuale. Quella tonaca si dispiegava in modo da non fare la minima piega. In essa si distinguevano i giorni, gli anni, le ore. Di più tutti i suoi pensieri, parole e opere, tanto buone che cattive si trovavano scritte in ciascun giorno ed ora: non un pensiero, non una parola, non un atto inosservato. Si vedevano le intenzioni che l'avevano determinata ad agire, o per la gloria di Dio, o per la perfezione dell'anima sua, o per lo sguardo degli uomini. Vi si notava anche s'ella aveva cercato il benessere, o se si era mortificata, se aveva agito per obbedienza o per moto naturale, se si era fatta illusione di obbedire, mentre aveva fatto solo approvare i suoi desideri dai Superiori, se aveva saputo carpire una licenza invece di abbandonarsi alla direttiva soprannaturale, ed i suoi atti d'obbedienza erano applicati alla tunica, come perline incastonate nell'argilla, sembrando sempre sul punto di cadere. Ma quando il Figlio di Dio ebbe pregato per lei, offrendo al Padre la sua santissima e perfettissima vita, quella tonaca apparve splendente, ricoperta di lamine d'oro sanissimo. Attraverso alle medesime, che erano trasparenti come il cristallo, si distinguevano i pensieri, le parole, gli atti, le intenzioni, le volontà, le dissimulazioni che potevano essere imputate a Geltrude.

Si capiva s'ella aveva agito seriamente o con negligenza, di buona voglia o per forza, a tempo e momento giusto. In questa luce dell'ineffabile verità, il minimo granello di polvere, il più piccolo atto non poteva sfuggire nè a Dio, nè agli abitanti del cielo. Tale visione le fece capire che nei secoli eterni, Dio e tutti i Santi vedono in questa guisa l'anima di ciascun eletto.

Riguardo poi a quella parola che Dio disse per bocca del profeta: « In quacumque hora conversus fuerit peccator... (Is. XXX, 15) - In qualunque ora il peccatore si convertirà... » bisogna interpretarla in questo senso. Il Signore non giudicherà più i peccati cancellati con una degna penitenza, ma l'impronta delle nostre colpe apparirà sempre in noi, per la lode e la gloria di quella dolcissima misericordia che perdona con tanta bontà al cuori pentiti, prodigandoci immensi benefici, come se giammai l'avessimo offeso. In pari tempo tutte le opere buone da noi compiute per l'amore e la lode di Dio, si vedranno eternamente a gloria di Colui che ci ha dato la grazia e il soccorso di compierle, affine di accrescere la nostra beatitudine. Così noi loderemo gli uni per gli altri e ameremo quel Dio, che vive e regna nella Trinità perfetta, operando tutto in tutti.




CAPITOLO XXIX

RINNOVAZIONE DEL MATRIMONIO SPIRITUALE

TERZA FERIA (MARTEDI' DI PASQUA)

Nella terza feria Geltrude, prima di comunicarsi, desiderò che col Sacramento di vita, il Signore degnasse rinnovare nella sua anima il matrimonio spirituale che più a Lui l'unisse mediante la fede, la religione e la verginale integrità. Gesù le rispose con grande bontà: «Lo farò certamente». E, chinandosi verso di lei, l'attrasse con un dolce amplesso, dandole un soavissimo bacio. Con quel bacio rinnovò in essa l'operazione interiore dello spirito, mentre con l'amplesso parve imprimerle sul petto un gioiello brillante adorno di perle preziose e di magnifici smalti. In tal modo riparò le sue negligenze negli esercizi spirituali.


CAPITOLO XXX

DELLA FECONDITA' SPIRITUALE

QUARTA FERIA (MERCOLEDI' DI PASQUA)

Nella quarta feria Geltrude domandò a Gesù di renderla feconda in ogni sorta di buone opere, mediante l'Eucaristico dono del suo sacratissimo Corpo. Egli rispose: « Ti farò produrre frutti in Me stesso, e per te attrarrò molti al mio amore ».

Geltrude riprese: «Come potrò io così indegna attrarre altri al tuo amore? Ormai non ho più neppure il dono che prima avevo, di poter parlare o istruire». E Gesù di rimando: « Se tu avessi ancora il dono della parola, forse attribuiresti alla tua eloquenza la facilità con la quale attiri le anime a Me. Io te ne privai in parte, appunto per insegnarti che questo potere non viene da te, ma ti viene accordato con grazia speciale ». Indi Egli aperse la sacratissima bocca ed, attirando un soffio, disse: « Come aspiro questo soffio, così attrarrò a me tutti quelli che, per mio amore, verranno a te e li farò avanzare, di giorno, in giorno, nella perfezione ».

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:45
 
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