Amiamo Dio con Gesù e Maria

4° Libro, Capitoli 11 a 20

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view post Posted on 14/8/2010, 15:42
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Domenico-89

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CAPITOLO XI

SAN BENEDETTO, PADRE DELLA COMUNITA', LETIZIA DI COLORO CHE OSSERVANO LA VITA REGOLARE

Nella gloriosa festa di S. Benedetto, mentre Geltrude si applicava alla recita di Mattutino per onorare il grande Santo, vide in ispirito il Beato Fondatore in attitudine piena di maestà, in piedi, davanti alla raggiante, sempre tranquilla Triade sacrosanta. Ad ogni movimento delle sue membra si vedeva fiorire, come per incanto, vaghissime rose di deliziosa fragranza; si può dire cha ciascun membro produceva un magnifico rosaio, perchè dal centro di ogni rosa, fioriva un'altra rosa e da questa un'altra ancora; così da una sola rosa ne fiorivano parecchie, e l'ultima era sempre più bella delle precedenti, sia per leggiadria, freschezza vigore, sia per la soavità del profumo. Così fiorito e pieno di grazia, il beatissimo Padre, veramente Benedetto per la virtù del suo nome, era soggetto di delizie incomparabili alla SS. Trinità ed a tutta la Corte celeste, che lo felicitava per la gloria immensa di cui godeva.

Le rose che sbocciavano sulle sue membra indicavano le penitenze con le quali aveva domato la carne per sottometterla allo spirito, e tutti gli atti virtuosi della santa sua vita. Esse simboleggiavano ancora le opere dei suoi discepoli che, stimolati dal suo esempio e dalla sua dottrina, rinunciarono al secolo per seguirlo nella via regale dell'osservanza




CAPITOLO XII

L'ANNUNCIAZIONE

Nella vigilia dell'Annunciazione, mentre si sonava la campana del Capitolo, Geltrude, inalzando l'anima a Dio, vide in spirito Gesù e Maria nella sala capitolare. Il Salvatore occupava il seggio abbaziale, aspettando tranquillamente l'arrivo delle Monache che accoglieva con un sorriso d'ineffabile bontà.

Quando, secondo la prescrizione del calendario, venne proclamata la festa dell'Annunciazione, il Signore Gesù si volse verso la Madre sua e la salutò con un affettuoso cenno del capo, che rinnovò nella Vergine le ineffabili gioie provate quando l'incomprensibile Divinità, incarnandosi nel suo seno, si degnò di unirsi all'umana natura.

La Comunità si mise in preghiera e recitò il salmo: « Miserere mei, Deus etc. ». Il Signore raccolse a una a una quelle parole, deponendole poi, quasi perle smaglianti, nelle mani della Vergine Maria: Ella pareva stringere al cuore flaconcini esalanti profumo soavissimo, che adornava con quelle perle, cioè con le preghiere recitate dalla Comunità, e offerte a Lei dal suo divin Figlio. Geltrude comprese poi che quei flaconi di profumo, simboleggiavano una prova che aveva colpito il giorno prima il Monastero, in modo inaspettato, senza che nessuno vi desse causa; Quella pena era stata confidata alla Madre di misericordia. Siccome Geltrude si stupiva di quel simbolo, Gesù la illuminò dicendole: « Le signore eleganti portano flaconi profumati più volentieri di altri ornamenti, perché quelle fragranze sono assai gradevoli. Così io trovo le mie delizie nei cuori di coloro che confidano con umiltà, pazienza e gratitudine le miserie della loro vita alla mia bontà paterna, la quale trasforma in bene, per coloro che mi amano, tanto le prosperità come le avversità del mondo ».

Geltrude domandò a Nostro Signore perchè mai andava istruendola con immagini così materiali. Egli le fece capire che, appunto nell'inno di quella festa, si alludeva alla porta chiusa che Ezechiele aveva visto in spirito e concluse: « Come i profeti hanno previsto l'ordino e il modo dell'Incarnazione, della Passione e della Risurrezione sotto simboli mistici, così le cose invisibili e spirituali non possono essere comprese dall'umano intelletto, se non sotto forma d'immagini: perciò nonchè trascurare questi simboli materiali, devi gustarne le ascose delizie ».

A Mattutino durante il canto dell'Invitatorio: « Ave Maria », Geltrude vide tre ruscelli. meravigliosi zampillare, come da divina sorgente, dal Padre; dal Figlio, dallo Spirito Santo, poi scorrere nel Cuore della Vergine Madre, e indi risalire rapidi fino alla sorgente donde erano partiti. La Regina del cielo, ricca di sapienza e di bontà, riceveva dalla SS. Trinità un luminoso riverbero che la rendeva onnipotente pressa il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. La Santa comprese ancora che quando si recita divotamente l'Ave Maria, tre ruscelli circondano la Vergine, attraversano il suo Cuore immacolato, producendovi mirabili effetti e ritornano là donde sono partiti. Questo flusso e riflusso si trasforma in getto di letizia che investe gli Angeli, i Santi e reca si fedeli militanti, che ripetono la salutazione angelica, il bene loro derivato dal mistero dell'Incarnazione.

Quando nella liturgia si ripeteva un testo concernente la purezza della Vergine Santa come a esempio: « Haec est quae nescivit thorum etc. Domus pudici etc. Clausa parentis viscera etc. », i Santi si alzavano ad offrire i loro omaggi alla Vergine sovrana, ringraziando il Signore per i doni a Lei concessi per la salvezza del mondo. S. Gabriele arcangelo era investito da un raggio di divina luce, tutte le volte che si recitavano le parole ch'Egli aveva pronunciato il giorno dell'Annunciazione. Quando parimenti si nominano San Giuseppe, Sposo dì Maria SS., tutti i Santi s'inchinavano con rispetto verso di Lui e gli dimostravano l'immensa letizia che provavano per la sua dignità.

Durante la S. Messa nella quale doveva comunicarsi, Geltrude vide la Madre celeste adorna dello splendore di tutte le virtù; prostrandosi umilmente ai suoi piedi, la supplicò di aiutarla a ricevere degnamente il Corpo ed il Sangue del Figlio suo. La Vergine pose sul cuore della Santa uno splendido gioiello, ornato di sette perle preziose, le quali simboleggiavano le virtù per cui Maria SS. piacque al Signore: l'immacolata purezza, l'umiltà feconda, gli ardenti desideri, 1a scienza luminosa, la fiamma inestinguibile dell'amore, il gaudio del riposo in Dio, la confidente tranquillità. L'anima adorna di quel magnifico gioiello, piacque tanto al Signore, ch'Egli a sè l'attrasse, ricolmandola di dolci carezze.

Mentre si cantava all'ora di Terza; l'antifona Arte mira - Con arte meravigliosa, lo Spirito Santo parve uscire dal Cuore di Dio, quasi leggera auretta che sfiorava e, per così dire, accarezzava le sette perle preziose, incastonate nel gioiello della Santa; quel soffio divino, toccheggiando le sette gemme traeva, per la divina gloria, un'armonia ineffabile, come da uno strumento musicale.

Mentre al Vangelo si leggevano le parole: Ecce Ancilla Domini, Geltrude salutò divotamente la gran Madre di Dio, le ricordò la gioia ineffabile provata, quando pronunciò quelle parole abbandonando con piena confidenza alla divina Volontà la sua persona, e tutto quanto in essa doveva operarsi. La Vergine le rispose con dolce bontà: « A colui che m'invocherà in nome di questa ineffabile gioia, mi mostrerò quale si domanda nell'inno di questo giorno: "Monstra Te esse Matrem", cioè sarò per lui vera Madre del Re e del supremo Pontefice; del Re per potenza; del Pontefice per l'eccesso della tenerezza e della misericordia di cui lo circonderò ».

Durante i vespri all'antifona: « Haec est dies quam fecit Dominus. Hodie Dominus afflictionem populi sui respexit et redemptionem misit. Hodie, mortem quam femina intulit, femina fugavit (geneflectio). Hodte, Deus homo factus id quod fuit permansit, et quod non erat assumpsit. Ergo esordium redemptionis devote recolamus, et exultemus dicentes: Gloria tibi, Domine - Oggi è it giorno che il Signore ha fatto. Oggi il Signore ha guardato l'afflizione del suo popolo e gli ha mandato la sua redenzione. Oggi una donna ha messo in fuga la morte che un'altra donna aveva procurato. (In ginocchio). Oggi Dio fatto uomo, restando quello che sempre fu, si rivestì di quello che non fu giammai. Ricordiamoci, con amore dell'inizio di nostra Redenzione e diciamo, tra-salendo di gioia: Gloria a Te, o Signore. La Comunità si prostrò per venerare il grande mistero dell'Incarnazione del Signore. Il figlio di Dio, Re supremo, commosso da quelle parole che gli ricordavano l'amore che lo portò a farsi per noi uomo, si levò dal suo regale seggio e disse al Padre suo « Fratres met venerunt ad me - I miei fratelli vennero a me » (Gen.XLVI, 30). Oh, quale dolcezza dovette provare il Padre, sentendo quelle parole dal diletto Figlio, nel quale aveva posto tutte le sue compiacenze! Con quale trasporto dovette partecipare i suoi tesori ai fratelli del suo unico Figlio, mostrandosi infinitamente più generoso del Faraone d'Egitto che, secondo la Genesi, felicitò Giuseppe, e colmò di benefici tutti i suoi fratelli!

Geltrude conobbe in seguito quale preghiera tornerebbe più gradita, in quella festa, alla gran Madre di Dio. La Vergine stessa le confidò che se ciascun giorno dell'ottava si recitassero devotamente quarantacinque Ave Maria, in memoria dei giorni che Gesù trascorse nel suo seno verginale, ella accetterebbe tale omaggio come se l'avessero amorosamente servita e assistita, dal momento della concezione di Gesù, fino all'ora beata della sua nascita. E come non avrebbe potuto nulla negare a chi l'avesse circondata di simili premure, così le sarebbe impossibile non esaudire chi le avesse reso tale omaggio.

Geltrude capì meglio poi, mediante una divina ispirazione, come bisognava recitare l'Ave Maria. Alla parola Ave doveva chiedere conforto per le persone afflitte; alla seguente Maria, che vuol dire mare di amarezza, pregare per la perseveranza dei penitenti; alle altre: gratia plena, chiedere il sapore della grazia per quelli che più non la gustano; al Dominus tecum, implorare il perdono per i peccatori; al benedicta tu in mulieribus, il perfezionamento dei giusti; alla parola Jesus, che è splendor paternae claritatis, chiedere la vera scienza; alle parole Christus et figura substantiae ejus, l'amore divino per coloro che non amano. A ogni Ave Maria bisogna aggiungere queste parole: Jesu, splendor paternae charitatis et figura substantiae ejus - Gesù, splendore della gloria del Padre e figura della sua sostanza.




CAPITOLO XIII

INTENZIONI CHE BISOGNA AVERE PER LA CHIESA

DOMENICA DI SETTUAGESIMA

Geltrude la domenica di Settuagesima, quantunque si sentisse estremamente debole, desiderava di ricevere la Santa Comunione e andava preparandosi il meglio possibile. La Superiora però le fece amorosamente notare, che non poteva comunicarsi senza mancare di discrezione; docilissima al parere altrui ella si astenne dalla Sacra mensa, e offrì al Signore quella privazione per sua eterna lode.

Allora Gesù si chinò con bontà verso di Lei e la ricevette nel seno della sua paterna tenerezza. Dopo d'averla accarezzata come una mamma accarezza il suo bambino, le disse: « Siccome ti sei astenuta dalla SS. Comunione unitamente per piacermi, voglio riscaldarti sul mio Cuore, afflnchè tu non ti affatichi a ricercarmi con un lavoro esterno».

Geltrude, gustando ineffabili delizie in quel domicilio d'amore, disse a Gesù, « O dolcissimo Amico, in questo tempo durante il quale il mondo è sotto l'impero di satana, totus in maligno positus est (I Giov. V, 19) e molti ti oltraggiano con l'ubriachezza e la crapula, desidero con tutto il cuore espiare questi delitti e promuovere la tua gloria nella nostra Comunità; perciò se voi quantunque io ne sia indegna ricevermi ai tuoi ordini e fare di me il tuo araldo, parteciperò ad altre anime quanto mi avrai comunicato e tutte insieme potremo placare la tua collera ». Rispose Gesù: « A colui che sarà il mio araldo, cederò in ricompensa, tutti i beni che avrà acquistati per me». Ella comprese allora che se una persona scrive o insegna con l'intenzione di procurare la gloria di Dio e la salvezza del prossimo, avrà, per la retta intenzione posta all'inizio, un aumento di gloria e di merito attraverso i secoli, cioè ogni volta che i suoi lavori faranno del bene alle anime nel corso del tempo.

Nostro Signore si compiacque poi di dirle: « Chi per soddisfare alle esigenze della natura, mangia, beve, dorme, abbia cura di santificare tali azioni materiali, dicendomi o con le labbra o col cuore: "Signore, prendo questo cibo, o questo ristoro, in unione dell'amore col quale da tutta l'eternità l'hai preparato per mio bene e con quello stesso amore con cui l'hai santificato quando la tua santa Umanità si degnò di sottomettersi e di sentire questa stessa necessità per la gloria di Dio e la salvezza del genere umano. Possa questo mio atto unito al tuo divino amore servire ad accrescere la gloria degli eletti ed a procurare il bene dei membri della Chiesa militante e purgante". Ogni volta che una persona gusterà qualsiasi ristoro con questa retta intenzione, ne avrò piacere come se stendesse davanti a me un forte scudo per proteggermi contro gli attentati dei mondani ».

Durante la S. Messa, mentre le monache si comunicavano, il Signore fece riposare Geltrude, con incredibile tenerezza, nella Piaga amorosissima del suo Costato, dicendo: « Giacchè oggi ti privi, per motivo di discrezione, della S. Comunione sacramentale, vieni ad abbeverarti nella mistica sorgente del mio sacratissimo Cuore, che diffonde l'abbondanza efficace della soavità divina ». Saziata a quel torrente di voluttà ineffabile, la Santa ringraziò Dio, poi vide davanti al suo trono tutti coloro che, in quel giorno, dovevano comunicarsi. Il Signore consegnava a ciascuno una splendida veste che era adorna col preparamento alla Santa Comunione fatto da Geltrude; la divina bontà con quell'abito meraviglioso voleva aiutare quelle care anime a ricevere degnamente il Corpo del Signore. Adorne coi meriti stessi di Geltrude, esse si accostarono alla Sacra Mensa, e offrirono, a loro volta, quanto avevano ricevuto per la gloria di Dio, e aumento di grazia all'anima di Geltrude. La Santa comprese che quando, dopo di essersi preparata alla S. Comunione con preghiere e divozioni speciali, non ci si accosta al divino Sacramento per un motivo di discrezione, d'umiltà, o d'ubbidienza, pure l'anima si disseta al torrente della divina grazia; le persone poi che ricevono il Corpo di Gesà fruiscono della preparazione fatta da chi non si comunica, e sono rese meno indegne di sì grande mistero. Quindi il bene che ne ritraggono deve attribuirsi all'anima, che non avendo potuto accogliere Gesù, si era però disposta a riceverlo con fervore e buona volontà.

Geltrude obbiettò: « O dolcissimo Signore, se colui che si astiene dalla S. Comunione riceve tanti tesori, non varrebbe meglio astenersene sempre?». E Gesù di rimando: « Niente affatto, figlia mia! Sappi che chi per amor della mia gloria, mi riceve nutrendosi del divino Sacramento, si rinvigorisce spiritualmente col mio sacro Corpo e col nettare olezzante della Divinità, si che resta come investito e trasfigurato dall'incomparabile splendore delle mie divine virtù ». Geltrude aggiunse: « Quale sorte toccherà a quelle anime che si astengono dalla S. Comunione per essere più libere di seguire le loro leggerezze, non volendo lasciare, neppure per un giorno, le loro abituali infedeltà?». Gesù rispose con accento severo: « Chi trascura e omette la Santa Comunione per seguire più liberamente la sua volontà, diventa sempre più indegno di ricevermi e si priva perfino dei frutti che il Sacramento comunica ogni giorno a tutta la Chiesa ».

La Santa replicò: « Come mai, dolcisimo Gesù, certe anime che, quantunque si stimino indegne, si preparano ben poco a riceverti, provano per altro un'attrattiva potente per la SS. Comunione, tanto che giammai se ne astengono e provano vero tormento nei giorni in cui non possono riceverti? ». Nostro Signore rispose: « Ciò avviene perchè esse, arricchite da una grazia speciale, sono guidate dalla dolcezza del mio Spirito, come un re, abituato agli onori di corte, preferisce lo sfarzo dela reggia e non si sente di vagare per le strade come un umile figlio del popolo».




CAPITOLO XIV

COSTRUZIONE DELL'ARCA

DOMENICA DI SESSAGESIMA

Geltrude si trovava a letto sofferente, quando la domenica Exurge, sentì cantare a Mattutino il responsorio « Benedicens ergo»: memore delle delizie gustate tante volte al suddetto canto, disse al Signore: «Si, mio adorabile Maestro, ho cantato questo e altri simili responsori con tale fervore da sentirmi sollevare fino al trono della tua gloria là, servendomi del tuo sacratissimo Cuore come di uno strumento armonioso, arpeggiavo ciascuna parola e ciascuna nota. Ora, ahimè! spossata dalla malattia, trascuro queste meravigliose industrie d'amore ». Il Signore rispose: « Sì, mia diletta, tu hai cantato spesso, servendoti del mio Cuore: ora voglio ricompensarti modulando Io stesso una dolce melodia ». E aggiunse: « Come ho giurato al mio servo Noè di non mandare più il diluvio sulla terra, così giuro, sulla mia Divinità, che neppure uno di coloro che avranno ascoltato e praticato le tue parole con umiltà, potrà errare, ma avanzandosi in linea dritta e sicura, giungerà fino a Me, che sono via, verità e vita! Ego sum via, veritas et vita (Giov. XIV, 6). Confermo questo giuramento col sigillo della mia santissima Umanità che, a quel tempo, non possedevo, non essendomi ancora fatto uomo ». La Santa riprese: « O Sapienza eterna, che prevedevi tutte le cose future come se fossero passate, o presenti e che conoscevi le colpe che il mondo avrebbe commesse, perchè hai aggiunto il giuramento alle promesse di non più seppellire il mondo nelle acque del diluvio? » Rispose il Maestro: « Volli dare agli uomini un esempio nobilissimo, che loro insegnasse ad approfittare del tempo di pace per regolare saggiamente la loro condotta e compire il bene: così nell'ora dell'avversità saranno obbligati, almeno per questione d'onore, a mantenere la volontà sulla retta via ». Geltrude continuò: « Mio diletto Gesù, ho un grande desiderio d'imparare da Te, durante questa settimana, a servire degnamente la tua Maestà, costruendo un'arca ». Il Signore rispose: « Godrò assai l'arca che vorrei edificare nello stesso tuo cuore. Ricorda che l'arca di Noè aveva tre piani: gli uccelli occupavano quello superiore, gli uomini il mediano, gli animali l'inferiore. Dividi così le tue giornate: dai mattino fino a Nona, mi offrirai, dall'intimo del cuore, lodi e ringraziamenti; in nome di tutta la Chiesa, per i benefici di cui ho colmato gli uomini dal principio del mondo fino al presente e specialmente per l'immensa misericordia con cui, dal mattino a Nona, m'immolo sull'altare per la salute del mondo. Eppure gli uomini ingrati, noncuranti di tanti tesori, s'abbandonano alle prave soddisfazioni dei sensi. Riunirai gli uccelli nella parte superiore dell'arca, supplendo alla ingratitudine degli uomini coi sentimenti di devota riconoscenza, offerti in loro nome.

« Da Nona a sera esercitati in ogni sorta di opere buone, in unione con gli atti santissimi della mia Umanità; agisci con l'intenzione di supplire alla negligenza del mondo intero, dimentico de' miei benefici. In questo modo, riunirai per me tutti gli uomini nella parte mediana dell'arca.

« Alla sera pai ricorda, nell'amarezza del cuore, l'empietà del genere umano il quale, non soltanto mi rifiuta l'omaggio della riconoscenza, ma provoca la mia collera con ogni sorta di peccati. In espiazione di questi delitti offrimi le tue pene con le amarezze della mia Passione e morte; così chiuderai gli animali nella parte inferiore dell'arca».

Ella disse al Signore: « O mio Gesù, essendo quest'istruzione frutto del mio impulso personale, non oserei affermare con sicurezza che l'ho ricevuta da Te, o mio sapientissimo Maestro ». « E perché mai - rispose il Salvatore - i miei favori dovrebbero stimarsi meno quando faccio cooperare per ottenerli, ciò che Io stesso ho creato in te per il mio servizio, avendo Io pur detto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine ecc.?" (Gen. I, 26). Per le altre creature sai bene che mi sono accontentato di dire: "Sia fatta la luce. Sia fatto il firmamento" (Ibid. I, 36) ».

Geltrude obbiettò: « Se io palesassi questa cosa, alcuni potrebbero seguire il loro senso personale, senza l'intervento della grazia, ed introdurre così nella Chiesa novità pericolose ». Gesù rispose: « Voglio darti una regola per giudicare rettamente in proposito: un'anima che è unita alla mia Volontà, e giammai si distoglie dalla medesima nè per buona, o per cattiva sorte, un'anima, dico, che di più, in ogni azione cerca la mia gloria al punto di non più pensare ai suoi interessi, essa può affermare e rivelare senza timore quanto le sue facoltà le faranno conoscere e gustare nel segreto del cuore, purchè siano cose conformi alla verità della Sacra Scrittura ed utili al prossimo».

Il Signore si presentò di nuovo alla Santa con grandi dimostrazioni di tenerezza e le disse: « Mia signora e mia regina, prodigami le tue carezze come io ti ho prodigato le mie». E dicendo queste parole il Dio onnipotente, amante appassionato dell'anima fedele, s'inchinava su di lei, come per riceverne il celeste amplesso. Ma l'anima, sorpresa di così inaudito favore, ed annientata nella più profonda umiltà rispose queste parole che scaturivano dal più intimo del suo essere: « Ma, non sei Tu il mio Dio, il mio Creatore? E non sono io la tua piccola creatura? ». A tali accenti la divina virtù attrasse la sua anima per farla godere in Dio. Ella allora gli disse: « O misericordiosissimo Padre, permetti alla tua serva di dormire qualche momento, dopo d'aver preso qualche aroma che mi darà vigore per poter ricevere il S. Sacramento ». Il Signore le rispose: « L'unione dell'anima tua con la mia, rinvigorirà le tue forze, molto più del sonno corporale ».

Durante la S. Messa, nella quale doveva comunicarsi, le sembrò di essere davanti al Signore e gli espresse i suoi lamenti per non poter assistere degnamente al S. Sacrificio a causa dei suoi malanni. Gesù le disse: « Recita il Confiteor ». Terminato che l'ebbe, il Signore aggiunse: « La mia Divinità abbia compassione di te e ti condoni ogni colpa ». Indi la benedisse, stendendo la mano destra. Geltrude, essendosi inchinata per ricevere la benedizione, fu raccolta da Gesù che, stringendola al suo Cuore cantò: « Ad imaginem quippe Dei factus est homo - L'uomo è stato fatto a immagine di Dio » (Gen. I, 27). Poi, per rinnovare in essa la dignità dell'immagine e somiglianza divina, la segnò sugli occhi, sulla bocca, sul cuore, sui piedi, sulle mani, cantando con dolcezza la stessa espressione.

Nel giovedì di carnevale, giorno in cui i mondani si abbandonano ai volgari piaceri della mensa, Geltrude sentì suonare il campanello, dopo le Laudi, per avvisare i servitori di casa che la colazione era pronta. Ella disse, gemendo al Signore: « Ahimè, mio Gesù amorosissimo, come gli uomini cominciano di buon'ora ad offenderti coi loro banchetti! ». Sorrise il Salvatore a quelle parole e disse: « Non affliggerti, mia diletta! I vostri uomini di casa non sono nel numero di coloro che mi offendono con eccessi di gola: questa colazione rinnoverà in loro energie per il lavoro, così mi fa piacere vederli rifocillarsi, proprio come un uomo che desse fresca avena al cavallo che deve portarlo per un lungo viaggio ».




CAPITOLO XV

CONFORTO DELLE PENE

DOMENICA DI QUINQUAGESIMA

Alla vigilia della domenica Esto mihi, Geltrude, essendosi allontanata dalle cose esteriori per raccogliersi profondamente nell'intimo dell'anima sua, venne trasportata nel seno della divina bontà, dove gustò tali delizie da sembrarle di governare, con il suo Dio, tutti i regni del cielo e della terra.

Ma dopo d'aver passata tutta la giornata nel gaudio spirituale, venne assalita verso sera, da un turbamento che la gettò in grande angoscia. Ella si sforzò di superarsi, riflettendo che quella pena era una minuzia trascurabile, ma non potè vincersi e dovette rassegnarsi a restare priva della calma serena che le era abituale.

Dopo d'aver passato l'intera notte insonne, supplicò il Signore di sciogliere quell'ostacolo e di accordarle, per la sua gloria, la gioia delle passate delizie. Il Signore le rispose: « Se tu vuoi alleggerire il mio fardello devi portare il tuo e metterti alla mia sinistra, affinchè io possa riposare sui tuo seno. Infatti quando mi adagio sul lato sinistro, riposo sul cuore, ciò che mi è di grande ristoro nella fatica. Di più in tale positura, posso guardare direttamente nel cuor tuo, e raccogliere le vibrazioni melodiose dei tuoi desideri che mi rapiscono. L'amabile varietà dei suoi sentimenti mi affascina, vi respiro, assoluta confidenza che ti fa tendere verso di me con tanto slancio, e sono dolcemente commosso dall'ardente carità che ti fa bramare la salvezza eterna di tutti gli uomini. Il ricco tesoro dei tuo cuore rimane aperto davanti a me, così che posso distribuirne le ricchezze al mondo intero, in modo che tutti i bisognosi abbiano da risentirne beneficio. Se tu invece ti ponessi alla mia destra, cioè se l'anima tua non conoscesse che la consolazione, rimarrei privo di tutte queste dolcezze, perchè la mia testa riposerebbe sul tua cuore e tu ben sai che gli oggetti che stanno sotto il capo non possono essere nè visti dagli occhi, nè percepiti con l'odorato, nè toccati con le mani senza difficoltà ».

Geltrude, nei tre ultimi giorni di carnevale durante i quali i mondani commettono tante colpe con crescente insolenza, bramava offrire al Signore un omaggio gradito. Gesù le disse: « La cosa che maggiormente bramo è che tu soffra con pazienza, in unione alla mia Passione, le pene interne ed esterne che potranno capitarti e faccia quello che maggiormente ripugna alla natura, mediante la vigilanza ed il dominio dei sensi; tutto si può sperare dalla mia divina bontà, se si compiono questi sacrifici in memoria della mia Passione ». Ella disse ancora: « Vorrei, o amatissimo Gesù, che m'insegnassi le preghiere più efficaci per placare la tua collera in questi giorni, nei quali il mondo ti offende con maggiore insolenza ». Rispose il Signore: « Mi sarebbe gradito che si dicesse tre volte il Pater noster, oppure il Laudate Dominum omnes gentes, offrendo al Padre tutte le affezioni del mio santissimo Cuore nelle quali mi esercitai, con tanta fatica, stilla terra per la salute del genere umano, le miei lodi, i miei ringraziamenti, i miei gemiti, le mie opere; i miei desideri ed il mio amore, per espiare tutti i delitti terrestri e carnali, tutte le perverse volontà con le quali il cuore umano si è lasciato sedurre.

« Col secondo Laudate bramo che si offrano al Padre tutti i movimenti della mia santissima bocca, la mia astinenza e temperanza, sia nel vitto, sia nelle conversazioni, sia nelle predicazioni, le mie continue preghiere e tutti gli esercizi nei quali mi consumai per la salvezza dei mondo. Tutto va offerto in espiazione dei peccati commessi nella Chiesa universale con l'intemperanza nel mangiare, nel bere, nelle conversazioni inutili.

« In terzo luogo desidero che si offrano a Dio Padre tutti i movimenti del mio santissimo Corpo e di ciascuno dei miei membri, la serie delle mie opere perfette, tutta l'amarezza della mia Passione atroce e della morte che tollerai per la salvezza delle anime: tale immenso tesoro sia offerto in espiazione di tutti i peccati commessi in questo tempo, con atti e procedimenti contrari alla salute ed alla virtù ».

Verso l'ora di Terza, Gesù apparve a Geltrude, com'era quando venne legato alla colonna per la flagellazione: due carnefici erano al suoi fianchi, uno lo colpiva con acute spine, l'altro con un flagello nodoso. Entrambi flagellavano il Volto di Gesù, riducendo quel santo Viso in uno stato compassionevole, tanto che Geltrude ne fu straziata nell'intimo del cuore. Commossa e piangente andava riandando, durante il giorno, quello spettacolo angoscioso; ella era persuasa che nessuna persona al mondo ebbe mai a subire uno scempio così atroce. Infatti la parte del viso colpita, dalle spine, le parve talmente contusa che perfino la pupilla degli occhi non venne risparmiata; l'altra parte, colpita dal flagello nodoso, era orribilmente gonfia e livida. Nell'eccesso dello spasimo il Signore cercava di parare i colpi, ma se si piegava da una parte, il carnefice lo colpiva crudelmente dall'altra. Volgendosi allora come ombra sanguinante a Geltrude, le disse: « Ricordi le parole che di me furono scritte! Vidimus eum tamquam leprosum - Noi l'abbiamo visto come un lebbroso? » (Isaia LIII, 2, 4). « Ah, mio Gesù - rispose la Santa - come potremo calmare gli orrendi strazi del tuo dolcissimo Volto? ». Rispose il Signore: « Se qualche anima, commossa e amante, mediterà la mia Passione, pregando per i peccatori, mi offrirà un farmaco prodigioso che placherà ogni mia sofferenza ».

Nei due carnefici Geltrude vide rappresentati i laici che peccano pubblicamente, colpendo così il Signore con fasci di spine, ed i Religiosi che lo flagellano, mancando alla Regola; gli uni e gli altri martoriano il santo Volto, perchè non arrossiscono di disonorare lo sguardo di Dio, che regna nei cieli. Ella inoltre comprese che la Passione del Signore è descritta nel Vangelo, perché gli eletti la meditino con amore, per la gloria di Dio e per il vantaggio della Chiesa. La penosissima flagellazione del Signore, come la vide in quel giorno, è descritta due volte nei sacro testo.

Nell'epistola di quella domenica la carità è particolarmente raccomandata, affinchè c'impegnamo ad amare Dio ed il prossimo. Dio, deplorando gli oltraggi che a Lui si recano, il prossimo pensando con compassione al tremendo giudizio che si prepara coi suoi disordini. Il miglior mezzo per riparare l'onore di Dio e per soccorrere i fratelli, è il ricordo della Passione del Signore; lo ringrazieremo di quanto per noi ha sofferto, supplicandolo di risparmiare coloro per i quali si è sacrificato.

Alla S. Messa, mentre Geltrude rivolgeva a Dio le parole dell'Introito, attribuendole a se stessa in quel tempo di carnevale, sentì la divina voce dirle: « Sii la mia protettrice, o Sposa diletta, difendimi, per quanto puoi, dagli insulti dei quali sono vittima, specialmente in questo periodo. Respinto da tutti e bisognoso di riposo, vengo a rifugiarmi nel tuo cuore ». Geltrude lo accolse teneramente, cercando d'introdurlo nel più intimo del suo essere.

Ma, rapita fuori dei sensi e immersa in Dio, non poté uniformarsi alle cerimonie del coro, nel levarsi e nel sedersi. Avvertita benevolmente da una Consorella e accortasi dello sbaglio, supplicò il Signore di aiutarla nella direzione dei movimenti, per evitare incresciose singolarità. Gesù buono le rispose: « Confidami, o figlia, quella qualità affettiva che si chiama amore, perchè tenga il tuo posto presso di me, mentre tu sorveglierai i movimenti del tuo corpo ». « O amabilissimo Signore - replicò la Santa - se uno dei miei affetti può supplirmi, preferisco abbandonare il corpo alla guida della ragione, per essere poi tutta a tua disposizione». Da quel punto ella ottenne da Dio la grazia di non essere mai attratta interiormente, in modo di mancare ai suoi obblighi esteriori.




CAPITOLO XVI

TUTTE LE NOSTRE BUONE OPERE SONO CONTATE E NOI POSSIAMO NOBILITARLE CON L'UNIONE ALLA PASSIONE DEL SALVATORE

La notte seguente, il Signore Gesù apparve a Geltrude assiso sul trono della sua gloria. S. Giovanni, seduto ai suoi piedi, scriveva. La Santa chiese all'apostolo cosa mai annotasse, ma Gesù, prendendo la parola, rispose: «Egli segna accuratamente gli omaggi che ieri la comunità mi ha offerto e quelli che riceverò nei giorni seguenti. Il Padre mi ha rimesso il giudizio; così voglio ricompensare, dopo la morte, tutto quanto un'anima avrà fatto per me, esercitandosi nelle buone opere. In virtù dei meriti della mia Passione aggiungerò alle azioni di queste anime una misura colma e pigiata, che le impreziosirà meravigliosamente. Le condurrò poi davanti al Padre mio con il patrimonio completo dei loro atti buoni, affinchè nella sua potenza e paterna bontà, vi aggiunga ancora una misura trabocchevole, per gli omaggi di riparazione che mi hanno prodigato in questi giorni nei quali sono tanto offeso dai mondani. Io sono l'Amico più fedele e non posso lasciare senza ricompensa coloro che mi fanno dei bene. Potrei forse essere da meno del Re Davide? Egli aveva sempre premiato i servizi a lui resi, tuttavia, all'avvicinarsi della morte, fece venire il figlio Salomone, nelle mani del quale aveva già deposto il regno e gli disse: « Tu sarai riconoscente verso i figli di Berzellai di Gallad e li terrai alla stessa tua mensa, perchè mi hanno consolato e accolto quando fuggivo davanti al tuo fratello - Assalonne Filits Berzellai Galaaditis reddes gratiam, eruntque comedentes in mensa tua: occurrerunt enim mihi cum fugerem a facie fratrts tuii Absulon » (III, RE. 11, 7).

Un servigio offerto nel tempo dell'avversità è più gradito e ha maggior merito, di quella reso nel tempo prospero; così io sono più commosso dalle prove di fedeltà che mi sono date in questo tempo nel quale il mondo mi perseguita ».

Intanto S. Giovanni continuava a scrivere, intingendo la penna in un corno e vergando lettere di colore nero. Altra volta la intingeva nella Piaga amorosa del Costato di Gesù e. tracciava lettere di colore rosso, che poi adornava di nero e di purissimo oro.

Geltrude vide le opere dei Religiosi che osservano la Regola scritte a caratteri neri, come ad esempio i digiuni che tutti compiono a partire da quella seconda ferie. Le lettere rosse indicavano le opere fatte in memoria della Passione di Cristo, col desiderio di aiutare la S. Chiesa. Queste ultime lettere ornate di nero indicavano gli atti compiuti in memoria della Passione di Cristo per ottenere grazie da Dio, o qualche bene di questo genere, perchè il nero rappresenta ciò che riguarda la salute personale. Gli ornamenti di oro significavano le azioni compiute unicamente per la gloria di Dio e la salvezza del genere umano, con la completa rinuncia ad ogni merito e ricompensa, per offrire a Dio un omaggiq di puro amore. Se le prime ricevono ricompensa grande, queste ultime hanno merito assai maggiore, e schiudono all'uomo tesori più abbondanti di salvezza.

La Santa si accorse poi che, fra i diversi colori, vi era uno spazio vuoto. Domandato a Gesù il motivo, si ebbe questa risposta: « In questo tempo voi avete l'abitudine di oflrirmi desideri e preghiere in memoria della mia Passione; perciò ho fatto notare accuratamente i pensieri e le parole a me consacrate; gli spazi vuoti indicano però che non sempre compite le vostre azioni con questa intenzione che mi è così cara ». Geltrude insistette: « Come, amorosissimo Gesù, dobbiamo agire per farti piacere? ». Egli spiegò: « Dovete unirvi alla Passione per praticare i digiuni, le veglie e tutte le osservanze regolari. Di più, quando mortificate i sensi, dovete pensare all'amore con cui ho regolato i miei sensi nelle ore atroci della Passione. Con un solo sguardo avrei potuto abbattere i miei nemici, con una sola parola i miei accusatori: ma come l'Agnello che si conduce al macello (Isaia LIII, 7) ho chinato la testa ed abbassato gli occhi. Davanti al giudice non ho aperto la bocca (Ibid) per opporre una parola di difesa, alle false accuse che si lanciavano contro di me ». Geltrude riprese: « Insegnami, o incomparabile mio Maestro, una pratica in onore della tua Passione ». Le rispose Gesù: « Prega con le braccia aperte in forma di croce, per presentare a Dio Padre l'immagine della Passione: offri tale preghiera per la Chiesa universale, in unione all'amore che mi animava, quando stesi le braccia per lasciarmi crocifiggere ». Geltrude rispose: « Quando si pregherà in tale atteggiamento sarà bene celarsi in luogo appartato, perchè noi non usiamo pregare così ». E. Gesù: « Il celarsi per pregare in luogo ritirato mi sarà gradito e ciò impreziosirà tale preghiera, come una gemma abbellisce una collana; però, se alcuno pregherà in pubblico con le mani tese in forma di croce, disprezzando qualsiasi contrasto, mi onorerà come il suddito che rende omaggio al re, nel giorno della sua salita al trono ».

Alle intenzioni e preghiere notate da S. Giovanni sul libro che teneva fra mano, era aggiunto anche il nome della persona che, con consigli ed esempi aveva animato gli altri a recitare quelle preghiere. Era questa un'evidente prova della bontà infinita di Dio, che si compiace di ricompensare doppiamente il poco che la debolezza umana si sforza di offrirgli con semplicità.

Geltrude chiese in seguito: « Perchè mai, o dolce Gesù, hai scelto S. Giovanni per scrivere queste note e non S. Benedetto, che è il nostro fondatore, oppure qualche altro santo? ». Rispose il Signore: « Ho affidato tale compito al mio Apostolo prediletto, perchè è proprio lui che ha scritto di più sull'amore di Dio e del prossimo. Dovete avere grande fiducia in lui per assecondare i disegni della divina liberalità e procurare i vostri spirituali vantaggi ».

Il mercoledì seguente, essendosi Geltrude presentata al Signore in nome della Chiesa, (cioè con essa e per essa), per offrire l'espiazione quaresimale, Gesù, pieno di bontà, la ricevette nelle sue braccia con tanta affabilità da farle capire per esperienza quale amore Egli, Cristo sposo, prodighi alla sua Sposa, la Santa Chiesa.




CAPITOLO XVII

OFFERTA DEL SIGNORE PER L'ANIMA DI GELTRUDE

LE TRE VITTORIE DI DIO

I. Domenica di Quaresima.

Nella domenica Invocavit, trovandosi Geltrude insufficientemente preparata per ricevere la S. Comunione, pregò divotamente il Signore perchè si degnasse di attribuirle il santissimo suo digiuno ch'Egli aveva sopportato per la nostra salvezza, per supplire al digiuno quaresimale ch'ella non poteva praticare, per le sue infermità. A tale domanda il Figlio di Dio si levò premuroso e raggiante, poi genuflesso riverentemente davanti al Padre, disse: «O Padre, giacchè sono il tuo Figlio unico, coeterno e consustanziale, conosco nella mia inesauribile Sapienza, tutta l'estensione dell'umana debolezza; la conosco meglio ancora di questa stessa anima e di ogni altra, così so compatire in mille modi a tale fragilità. Nel vivissimo desiderio di supplire alla medesima ti offro, o Padre santissimo, l'astinenza della mia sacra bocca per riparare le parole inutili che la mia diletta Sposa ha pronunciato: ti offro, o Padre giustissimo, la mortificazione imposta alle mie sacratissime orecchie, per, riparare le colpe nelle quali il senso dell'udito l'ha fatta cadere. Ti offro ancora la modestia dei miei occhi per cancellare le colpe ch'élla può avere contratto con gli sguardi illeciti; ti offro la mortificazione delle mie mani e dei miei piedi per tutte le imperfezioni delle sue opere e de' suoi passi; infine, o Padre amatissimo, offro alla tua Maestà il mio Cuore deificato per tutte le colpe che ha commesse con.pensieri, desideri e volontà ».

Geltrude apparve allora davanti al Padre con abiti bianchi e rossi, adorna di ricchissimi ornamenti come persona appartenente alla più alta nobiltà. La veste bianca indicava l’nnocenza di cui la sua anima si era arricchita per le privazioni del Cristo; quella rossa era il simbolo delle fatiche della sua astinenza; i vari armamenti rappresentavano il lavoro immenso che costò alle membra del Salvatore la nostra salvezza; Dio Padre pose Geltrude, così nobilmente adorna della stessa bellezza di Cristo, fra Lui e il suo Figlio unico come assisa ad un banchetto delizioso. Da una parte ella era illuminata dallo splendore dell'Onnipotenza divina del Padre che la inalzava in dignità; dall'altra riceveva il riverbero dell'impenetrabile Sapienza del Figlio di Dio, che aveva saputo rivestirla con tanta perfezione, mediante le sue virtù e le sue opere: fra questi due meravigliosi splendori che rischiaravano l'anima a destra e a sinistra, v'era una piccola zona di ombra, che raffigurava l'indegnità di Geltrude. Ella approfondì la realtà della sua miseria; tale sentimento la rese più gradita a Dio ed infiammò d'amore il Cuore del Re.

Il Figlio di Dio le pose davanti, a guisa di triplice vivanda, le tre vittorie di cui, parla il Vangelo di questo giorno, affinchè ella ricevesse un antidoto salutare per combattere le tre tendenze viziose che trascinano l'uomo al peccato: la concupiscenza della carne, cioè la ricerca dei piaceri del senso; la concupiscenza degli occhi, cioè il desiderio delle ricchezze e degli onori; l'orgoglio della vita, cioè l'amore della propria eccellenza.

E primieramente quando il diavolo, per ridestare nel Signore il diletto della gola gli disse: « Comanda che queste pietre diventino pane», Egli lo respinse sapientemente con quelle parole: « Non di solo, pane vive l'uomo »; così Geltrude trovò in quelle, gloriosa vittoria l'espiazione di ogni diletto naturale, e la forza di resistere alle seduzioni della carne. Infatti più si segue la tendenza al male e meno si ha la forza di resistere; perciò ognuno può offrire a Dio Padre questa vittoria di Gesù, per espiare i peccati commessi nel cattivo uso delle creature, e per domandare la forza di resistere in futuro. La seconda vittoria di Nostro Signore diede all'anima il perdono di tutte le colpe commesse per libero consenso e le accordò pure la forza di resistere in avvenire. Tutti possono offrire tale vittoria ai Padre celeste per espiare i peccati di pensiero, di parola, di opera che hanno ferito la coscienza, e anche per accrescere energie di resistenza per non cadere in futuro. La terza vittoria del Salvatore diede all'anima il perdono delle colpe commesse per concupiscenza, lo smodato desiderio di avere ciò che non possedeva, dandole vigore per non cadere mai in tali colpe. Chiunque può applicarsi ad ottenere queste grazie.

Durante la S. Messa ella ascoltò attentamente la lettura dell'epistola per scegliere, fra le varie virtù che si enumerano, quella che potrebbe imitare, o consigliare ad altri con maggiore utilità.

Non ricevendo nessuna luce in proposito, disse al Signore: « Insegnami, o dolcissimo Amico delle anime, con quale virtù potrò piacerti maggiormente, giacchè non mi è dato praticarle tutte ogni giorno ».

Il Salvatore rispose: « Considera che nell'enumerazione delle virtù, ci sono quelle parole: - In Spiritu Sancto - e siccome lo Spirito Santo è la buona volontà, applicati soprattutto a possedere questa buona volontà, così avrai la bellezza e la perfezione di ogni virtù, perchè la buona volontà è più feconda di tutte. Chi ha la buona volontà di lodarmi, di amarmi sopra tutte le creature, di ringraziarmi, di compatire i miei dolori, di praticare le virtù nel modo più perfetto, sarà infallibilmente ricompensato dalla mia divina liberalità e con maggiore larghezza di un altro, che abbia realmente compiuto un'opera buona ».

In seguito lo Spirito Consolatore, avanzandosi fra il Pardre e il Verbo, si pose davanti all'anima, irradiò i suoi splendori sulla zona di ombra della quale abbiamo più sopra parlato, che rappresentava la profonda indegnità dell'anima. In virtù di quella divina chiarezza, Geltrude, spoglia da ogni miseria, fu felicemente immersa nell'oceano vivente di luce eterna!




CAPITOLO XVIII

OPERE DI MISERICORDIA SPIRITUALE

II. Feria - (Lunedì della 1a settimana di Quaresima).

Il giorno seguente, mentre si leggeva il Vangelo: « Venite benedirti Patris mei, esurivt enim etc. - Venite, benedetti dal mio Padre; avevo fame ecc. », Geltrude disse al Signore: O mio dolce Gesù, non è possibile a noi, che viviamo sotto una Regola monastica e che nulla possediamo, di dare effettivamente da mangiare agli affamati, da bere agli assetati e di compiere opere di misericordia consimili. Insegnami dunque il modo di ottenere noi pure la dolce benedizione promessa nel Vangelo a coloro che compiono tali opere ». Rispose il Salvatore: « Essendo Io realmente la salvezza e la vita delle anime, ho sempre fame e sete del loro bene; così colui che si applicherà ogni giorno a leggere qualche passo edificante della Sacra Scrittura, calmerà la mia fame, con quella soave refezione. Se poi aggiungerà a tale lettura il desiderio di ottenere la grazia della divozione e della compunzione, soddisferà alla mia sete. Colui poi che, ogni giorno, almeno per un'ora si sforzerà di pensare a me con tutta l'attenzione dell'anima, mi offrirà gradita dimora. Sarò convenientemente vestito dall'anima che si eserciterà nelle virtù con perseveranza, e visitato nelle mie infermità da chi respingerà con forza le tentazioni. Infine accoglierò le preghiere che mi saranno offerte per i peccatori e per le anime purganti, come se, relegato Io stesso in oscura prigione, fossi ristorato da caritatevole visita. Colui che per amor mio praticherà ogni giorno tali opere di misericordia, soprattutto durante la Quaresima, sarà ricompensato dalla mia regale liberalità e dalla mia fedele amicizia. La mia Incomprensibile Potenza, la mia inesauribile Sapienza, la mia infinita Bontà gli accorderanno abbondanti, magnifiche ricompense ».




CAPITOLO XIX

OFFERTA FATTA PER LA CHIESA

II. Domenica di Quaresima.

Nella domenica chiamata Reminiscere, Geltrude fu introdotta nella camera nuziale dello Sposo, per godere nel modo più sublime doni elevatissimi. Ella assaporava le delizie della divina tenerezza, senza tuttavia poterle esprimere in linguaggio umano; perciò chiese al Signore d'insegnarle un esercizio utile da praticare nel corso di quella settimana. Il divino Maestro rispose: « Portami due eccellenti capretti, cioè il corpo e l'anima di tutto il genere umano ». Ella allora comprese che Dio, con quelle parole, esigeva da lei una sodisfazione tale, da estendersi a tutta la Chiesa. Sotto l'ispirazione dei divin Paracleto recitò 5 Pater in onore delle cinque Piaghe di Gesù, per espiare tutti i peccati che gli uomini hanno commessi coi sensi; poi tre Pater in riparazione dei peccati commessi con le tre potenze dell'anima, cioè la ragione, l'appetito irascibile e concupiscibile. Offrì tale preghiera in unione alla santissima intenzione con cui Gesù la santificò nel suo dolcissimo Cuore, facendola scaturire dal medesimo per la salvezza degli uomini. Geltrude l'offerse a Dio in riparazione delle colpe e delle negligenze che l'ignoranza, la malizia, o la fragilità umana le avevano fatto commettere verso la Onnipotenza invincibile, l'inscrutabile Sapienza e la Bontà infinita di Dio.

Mentre gli presentava tali offerte, il Signore si mostrava completamente placato e la benedisse con tenerezza, tracciando su di lei un segno di croce che si estendeva dalla testa ai piedi. In seguito, tenendola amorosamente abbracciata, la condusse davanti a Dio Padre che si degnò di guardarla con bontà: Egli la benedisse in modo ineffabile.

Le diede altresì la benedizione del genere umano, cioè così vasta che sarebbe stata sufficiente per tutti gli uomini, se ciascuno di essi fosse disposto a riceverla.

Cerchiamo noi pure in questa seconda settimana di Quaresima di recitare cinque Pater per cancellare le colpe commesse con atti corporali, e tre altri Pater per riparare, quelle commesse con atti spirituali, in tutta la Chiesa. Potessimo noi pure ricevere l'effetto di questa salutare benedizione, per Gesù Cristo, Figlio di Dio, che si degna essere e mostrarsi il Capo e lo Sposo della Chiesa!




CAPITOLO XX

COME SI PUO' COMPERARE I MERITI DAL CRISTO

III. Domenica di Quaresima (Oculi ).

Geltrude, nella domenica Oculi, per porre armonia fra la sua divozione e la liturgia, ricorse al Signore, secondo il solito, e lo pregò d'insegnarle quale esercizio avrebbe potuto praticare specialmente in quella settimana. Rispose il Maestro: « Voi ora leggete, nell'Ufficio della Chiesa, che Giuseppe venne venduto per trenta danari. Questo esempio t'impegni a comperare con trentatrè Pater la santissima vita che ho condotto in terra, per la salvezza degli uomini. Partecipa a tutta la Chiesa questo tesoro per la mia gloria e la salute universale ». Dopo aver messo in pratica questo consiglio, Geltrude vide la Santa Chiesa simile a Sposa meravigliosamente adorna, col frutto della perfettissima vita del suo Sposo divino.

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:46
 
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