Amiamo Dio con Gesù e Maria

3° Libro, Capitoli 61 a 70

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view post Posted on 14/8/2010, 15:59
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Domenico-89

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CAPITOLO LXI

MERITO DI UN'ACCONDISCENDENZA CARITATEVOLE

Geltrude malgrado le sue sofferenze, erasi alzata per recitare il Mattutino e già ne aveva terminato un notturno, quando una sorella ammalata giunse anch'essa presso di lei. L'amabile Santa si offerse di ricominciare il Mattutino e lo fece con maggior divozione.

Durante la S. Messa, che venne in seguito celebrata, mentre era intenta a lodare il Signore, vide l'anima sua adorna di splendidi diamanti che avevano fulgori meravigliosi. Era stato Gesù a ricompensarla della carità verso la Consorella inferma; la tunica aveva tante gemme quante parole contava il Notturno, da essa ripetuto per compiacenza.

La vista di quel magnifico ornamento, ravvivò in Geltrude il sentimento della sua indegnità. Ella si ricordò di varie mancanze che non aveva potuto scoprire al confessore, (allora lungi dal Monastero), affliggendosi di non poterle accusare prima di comunicarsi. Le confidò allora a Nostro Signore, il quale le rispose : « Perchè ti occupi di queste negligenze, mentre ti vedi avvolta nel ricco paludamento della carità? Non sai tu che questa virtù cancella la moltitudine dei peccati? (I Pietro IV, 8). Riprese ella: « Come posso essere confortata pensando che la carità dissimula le mie colpe, poichè so che di esse la mia anima è tuttora offuscata? ». Ma il Signore affermò: « Sappi, o figlia, che la carità non solo copre i peccati, ma li distrugge e li annienta; come il sole penetra il cristallo, così essa fa risplendere l'anima e l'arricchisce di nuovi tesori ».




CAPITOLO LXII

ZELO PER L'OSSERVANZA DELLA REGOLA.

Geltrude si accorse un giorno che una Consorella trascurava alcune osservanze della Regola; ne ebbe pena e temette di offendere Dio se non avesse corretto la compagna di quelle colpe, di cui era stata testimonio. D'altra parte, per un senso di umana fragilità, temeva il giudizio di Consorelle meno severe, che l'avrebbero giudicata troppo esigente, trattandosi di osservanze minime.

Ella allora offerse, come faceva di solito, alla maggior gloria di Dio, la pena che avrebbe provato a causa di quella probabile contraddizione. Gesù ne fu lieto e le disse: « Ogni volta che tu, per mio amore, incorrerai in rimproveri e dispiaceri, io ti fortificherò, ti sosterrò, ti circonderò da ogni parte, così come una città validamente difesa da mura e fossati, affinchè nessuna occupazione possa mai distoglierti, o allontanarti da me. Aggiungerò poi a' tuoi meriti quelli che la tua Consorella avrebbe acquistati se si fosse sottomessa umilmente e per mia gloria alle tue correzioni».




CAPITOLO LXIII

FEDELTA' DEL SIGNORE VERSO LE ANIME

E' un fatto innegabile che generalmente siamo più sensibili alle ingiurie di un amico, che a quelle di un nemico, secondo il detto dei salmi: « Se un nemico mi maledicesse, lo avrei sopportato, ecc. Quoniam si inimicus mens maledixisset mihi, sustinuissem utique, etc. » (Sal. LIV, 13). Geltrude si era turbata vedendo che una persona, per la salvezza della quale si era spesa con tanto zelo, non corrispondeva alle sue sollecitudini, anzi pareva che si studiasse di mostrarle astio e disprezzo.

Il Signore, al quale ella aveva confidato il suo cruccio, la consolò dicendole: « Non rattristarti, figlia mia, io ho permesso questa cosa per la tua santificazione. Trovo grandi delizie a conversare teco, e così ho voluto godere più a lungo di questa gioia. La madre di un fanciulletto teneramente amato, lo vuole sempre a sè vicino, e quando lo vede allontanarsi per andare a divertirsi co' suoi compagni, pone nelle vicinanze qualche spauracchio per incutergli timore. E questi impaurito, corre tosto a rifugiarsi nel suo grembo. Io, che sempre ti desidero a me vicino, permetto che le creature ti rechino pena; constatando la loro infedeltà corri allora con maggior ardore verso di me, sicura di trovare nel mio Cuore fedeltà perfetta».

Il Signore la raccolse allora, come una pargoletta, nelle sue braccia e divinamente accarezzandola, le sussurrò all'orecchio queste parole: « Una tenera madre sa bene addoicire co' suoi baci, ì crucci del suo bambino; così io voglio calmare le tue pene ed i tuoi dolori con soavi parole d'amore ». Dopo d'averle fatto gustare sul suo Costato le infinite dolcezze delle divine consolazioni, Gesù le presentò il suo Cuore, dicendole: « Considera, o mia diletta figlia, le profondità del mio Cuore; guarda con quanta diligenza vi ho deposto tutte le azioni che hai compiuto per piacermi, e considera a quale punto le ho arricchite, per il maggior profitto dell'anima tua. Dimmi se puoi rimproverarmi di averti mancato di fedeltà, anche con una sola parola ». Dopo ciò ella vide il Signore intesserle una corona di fiori dorati, di splendore ineffabile, premio della pena testé sofferta.

Geltrude, ricordandosi allora di alcune persone, oppresse da gravi dolori, disse a Gesù: « O Padre misericordioso, chissà quale premio e quale magnifico ornamento preparerai a quelle anime che soffrono immensamente più di me, senza essere ristorate da quelle consolazioni che Tu prodighi all'indegnissimo cuor mio! Eppure neanche con tale soccorso, so soffrire pazientemente le varie contrarietà che m'accadono in giornata! ». Le rispose l'amabile Maestro: « In questa, come in ogni altra circostanza, ti mostro la tenerezza della mia predilezione. Una madre, nell'immenso amor suo, vorrebbe pure rivestire il suo bambino di stoffe d'oro e d'argento; ma, considerando che non potrebbe sopportarne il peso, gli prepara una guarnizione di vaghi fiori che danno risalto alla sua infantile leggiadria, senza opprimerlo soverchiamente. Così io, addolcendo le tue pene perchè non abbia a soccombere, non ti privo del merito della pazienza ».

Queste parole mostrarono a Geltrude la grandezza della divina bontà. Ella ne fu profondamente commossa e cercò di mostrare la sua riconoscenza con fervide lodi. Man mano che ringraziava Gesù delle sofferenze che le aveva inviate, si accorse che i vaghi fiori della sua corona si trasformavano in oro massiccio. Il Signore infatti le fece capire che il ringraziamento per le pene, anche leggere, che l'amore suo ci manda, supplisce a quello che manca in peso a tali sofferenze, dando loro un valore tutto speciale, così come un vaso di puro oro sorpassa in valore un vaso d'argento, semplicemente dorato all'esterno.




CAPITOLO LXIV

FRUTTO DELLA BUONA VOLONTA'

Gli ambasciatori di un grande signore erano venuti domandare qualche Religiosa della Comunità, per fondare un nuovo Monastero. Geltrude, di nulla più desiderosa che di compiere il beneplacito divino, quantunque si sentisse mancare le forze, andò a prostarsi davanti al Crocifisso, offrendosi pronta per quella fondazione, con l'ardente desiderio di sacrificarsi per la sua gloria. Il Signore, commosso a quell'atto grande, staccò la Mano dalla Croce per abbracciare teneramente la sua Sposa. Egli provò la gioia vivissima di un malato che, sul punto di soccombere, si vedesse offrire un rimedio sicuro per riacquistare la salute.

Stringendola amorosamente al suo Cuore le disse: « Sii la benvenuta, mia cara Sposa! Benvenuta te che sei il balsamo consolatore delle mie Piaghe e il dolce conforto di tutti i miei dolori! ». Geltrude, come rapita in cielo, comprese che quando si offre tutta la propria volontà al santo beneplacito divino, pure prevedendo probabili e dure avversità, tale offerta Gesù la gradisce come se nei giorni della sua Passione, si fosse versato un balsamo di refrigerio sulle sue ferite atroci.

In seguito, pur facendo orazione, ella andava meditando il modo di promuovere e di mantenere l'osservanza regolare, qualora avesse potuto prendere parte a quella fondazione. Ben presto però, rientrando in se stessa, si rimproverò di sciupare inutilmente il tempo, giacchè la sua debole salute era così scossa da mostrarle ben vicina la tomba, piuttosto che.incoraggíarla a speranze di apostolato. In ogni caso se per grazia speciale, avesse potuto unirsi al gruppo partente; non le sarebbe mancato il tempo, in seguito, di fare i preparativi del caso.

Il Signore Gesù le apparve allora in mezzo alla sua anima, raggiante di gloria e adorno di rosee di gigli: « Guarda - le disse - come sono glorificato dalle disposizioni della tua buona volontà. Essa mi pone in mezza a fulgide stelle, a candelabri d'oro, com'è scritto nell'Apocalisse, quando S. Giovanni vide l'immagine dei Figliuolo dell'uomo circondata da aurei candelabri, e tenendo in mano sette stelle. Gli altri pensieri che ti sono venuti in seguito, mi procurano piacere e gaudi simili a quelli che proverei in mezzo a rose ed a freschissimi gigli ».

Geltrude aggiunse: « O Dio del mio amore, perchè mai mi riempi lo spirito di volontà così diverse che rimarranno sempre senza effetto? Qualche giorno fa mi hai fatto desiderare l'Estrema Unzione e la morte. ma mentre mi stavo preparando, mi hai ricolmata di gioia e di consolazione. Adesso, invece, dirigi le mie brame verso una nuova fondazione, benchè non abbia neppure le forze sufficienti per compire qui i miei doveri ».

Il Signore le rispose: « Già te lo dissi al principio di questo libro: Ti ho prescelta per servire di luce nelle nazioni, cioè per illuminare un grande numero di anime: tutti devono trovare in questo libro quanto è necessario per la loro istruzione e per il loro conforto. A volte gli amici godono di trattare fra loro di alcune possibilità, che però non hanno nulla di concreto. Spesso una persona cara propone ad anime dilette cose alquanto ardue, per provare la loro fedeltà e gioisce alla testimonianza del loro buon volere. Così io pure mi compiaccio di proporre a' miei eletti alcune gravi difficoltà, che però non accadranno mai, per mettere alla prova la loro generosità e il loro amore. Li ricompenso allora con meriti innumerevoli che diversamente non avrebbero potuto acquistare ».

Gesù proseguì: « Qualche tempo fa ti misi in cuore il presentimento della morte vicina; la tua volontà si dispose ad accettarla. Tu volesti che si affrettassero a darti l'Estrema Unzione e ti preparasti con diligenza a ricevere quel Sacramento. Ma tu non dovevi morire; sappi che tutto ciò ché allora facesti, io lo tenga in serbo nell'intima del mio Cuore, come un tesoro che ti appartiene e che servirà per l'eterna tua beatitudine. Così si dice nei libri santi: « Justus si morte prcaeoccupatus fuerit, in refrigerio erit - Il giusto, quando anche fosse colpito da morte improvvisa, troverà riposo » (Sap. IV, 7).

Se la morte un giorno dovesse sorprenderti senza lasciarti tempo, come spesso avviene alle anime più sante, di ricevere gli ultimi Sacramenti, la tua anima non perderà nulla e le tue antecedenti preparazioni ti varranno la grazia di un transito sereno. Nulla nel mio Cuore appassisce: esso è un suolo dove la zolla sempre verdeggia, dove fiori e frutti si mantengono ognora freschi, nell'inalterabile primavera della mia eternità ».




CAPITOLO LXV

COME POSSONO SERVIRE LE PREGHIERE FATTE PER IL PROSSIMO

Geltrude offerse un giorno a Dio, per una persona che l'aveva pregata, tutto ciò che la divina bontà aveva operato gratuitamente nella sua anima, perchè le servisse di vantaggio e di spirituale aiuto.

Ben tosto quella persona apparve in piedi davantt al Signore, assiso sopra un trono di gloria: Egli teneva in mano un abito di meravigliosa ricchezza e lo spiegava davanti a quell'anima, senza tuttavia rivestirla di quel magnifico paludamento.

Geltrude, alquanto sorpresa, chiese al Signore: « Qualche giorno fa, quando ti feci una preghiera consimile per una creatura bisognosa, ti sei degnato d'inalzarla alle gioie più sublimi del Paradiso. Perchè mai ora, o Dio di bontà, per i meriti delle grazie che mi hai accordate, non rivesti quella persona con l'abito sontuoso che le vai mostrando, e ch'ella desidera tanto ardentemente?».

Rispose il Signore: « Quando mi si fanno in spirito di carità offerte per le anime purganti, io le applico in soddisfazione delle loro colpe, per il refrigerio delle loro pene e per l'aumento della loro beatitudine, secondo lo stato e il merito di ciascuna. Ho compassione della povertà di tali anime e, sapendo che non possono aiutarsi da sole, la mia bontà mi inchina sempre verso la misericordia, la pietà, il perdono. Quando invece mi si fanno simili offerte per i vivi, le custodisco per la loro salvezza eterna, ma siccome possono loro stessi aumentare, con opere buone, i loro meriti, pretendo che li guadagnino con sforzi personali e che non si cullino nel desiderio di tutto ottenere per merito altrui. Perciò se la persona per la quale tu preghi desidera adornarsi dei benefici che ti ho conferito, deve applicarsi spiritualmente a tre cose: 1) con sentimento d'umiltà e di riconoscenza, deve inchinarsi per ricevere questo abito ricchissimo, cioè confessare d'aver bisogno dei meriti altrui e ringraziarmi col cuore colmo di tenerezza, d'aver supplito alla sua indigenza con l'altrui abbondanza. 2) Deve indossare questo abito con la sicura speranza di ricevere, con questo mezzo, grandi vantaggi per il bene dell'anima sua. 3) Infine deve rivestirsene, esercitandosi nella pratica della carità e delle altre virtù. Chi vuol partecipare ai beni del prossimo deve seguir queste norme per ritrarne grande profitto ».




CAPITOLO LXVI

PREGHIERA COMPOSTA DA GELTRUDE E APPROVATA DA NOSTRO SIGNORE

In un certo periodo, avanti la Quaresima, Geltrude si era abituata a ripetere queste parole, rivolte a Nostro Signore: « O eccellentissimo Re dei re, illustrissimo Principe» ed altre simili. Una mattina, mentre si trovava raccolta nell'oratorio, ella chiese al Signore: « O mio amatissimo Gesù, che ne farai di queste espressioni che mi ritornano così spesso alle mente e sulle labbra?». Egli le mostrò una collana d'oro composta di quattro parti. Mentre stava riflettendo cosa significassero, comprese per ispirazione divina, che la prima indicava la Divinità di Gesù Cristo; la seconda, la Sua Santissima Anima; la terza, l'anima fedele riscattata col suo preziosissimo Sangue; infine la quarta, rappresentava il Corpo immacolato del Salvatore. Geltrude notò che l'anima fedele si trovava fra l'Anima e il Corpo di Cristo, per significare il vincolo d'amore indissolubile, col quale il Signore a sè avrebbe unito la sua diletta Sposa. Ad un tratto la Santa fu rapita in estasii e nel momento in cui la grazia inondava con dolce violenza il suo cuore, disse questa ispirata preghiera: « O Vita dell'anima mia! Che gli affetti del cuor mio, assorbiti dal fuoco del tuo amore, mi uniscano intimamente a Te! Che il mio cuore rimanga privo di vita, qualora amasse alcuna cosa senza di Te!

« Non sei Tu che dài ai colori la leggiadria, ai sapori delizia, agli odori profumo, ai suoni armonia, alle più care affezioni le loro attrattive e dolcezze? Sì, in Te si trovano i più deliziosi godimenti, da Te zampillano le acque abbondanti della vita, verso di Te un incanto irresistibile attrae, per Te l'anima è inondata di santi affetti, poichè Tu sei l'abisso illimitato della Divinità!

« O degnissimo Re dei re, o Sovrano supremo, Principe di gloria, Maestro dolcissimo, Protettore onnipotente, Tu sei la perla vivificante della dignità umana, creatore delle meraviglie, consigliere di sapienza infinita, aiuto generoso, Amico fedelissimo!

« Colui che si unisce a Te, gusta le più caste delizie, riceve le più tenere carezze da Te che sei il più dolce degli Amici, il più tenero dei cuori, il più affettuoso degli sposi, il più casto degli zelatori!

« I fiori di primavera non più sorridono se si paragonano a Te, fiore raggiante dello splendore di Dio: o amabilissimo Fratello, o adolescente pieno di grazia e di forza, o Compagno infinitamente caro, ospite generoso, albergatore munifico che servi i tuoi amici come se fossero tanti re; io rinuncio a tutte le creature per scegliere Te solo!

« Per te respingo ogni piacere, per Te supero ogni contrarietà e dopo d'aver fatto tutto per Te, non voglio essere apprezzata da alcuno, ma solo da Te.

« Riconosco, col cuore e con la bocca che sei l'autore e il conservatore d'ogni bene. Struggendo il mio povero cuore nel fuoco che infiamma il tuo Cuore divino, unisco i miei desideri e la mia divozione alla forza irresistibile delle tue preghiere, affinchè per questa intera, divina unione, io sia condotta alla vetta della più alta perfezione dopo di avere estinto in me tutti i movimenti della natura ribelle ». Geltrude vide che ciascuna di queste aspirazioni brillava come perla incastonata in monile d'oro. La seguente domenica, assistendo alla S. Messa, durante la quale doveva comuiiicarsi, recitava con grande divozione questa preghiera, e le sembrava che Nostro Signore ne provasse gioia immensa. Allora gli disse: « O amantissimo Gesù, poichè questa supplica ti è tanto gradita, voglio diffonderla, così molte persone potranno offrirtela a guisa di un aureo gioiello». Il Salvatore rispose: « Nessuno può darmi ciò che è mio; sappi però che se alcuno recita divotamente questa preghiera, otterrà la grazia di conoscermi meglio e, per l'efficacia delle parole che contiene, attirerà sopra di sè e riceverà nell'anima sua lo splendore della Divinità, come colui che, girando verso il sole una piastra di puro oro, vede riflettere in essa il fulgore dei raggi, di luce».

Geltrude provò subito l'efficacia di tale promessa, perchè, avendo terminata la suddetta preghiera, vide l'anima sua investita dalla divina luce e provò, come non mai, la dolcezza della conoscenza di Dio.




CAPITOLO LXVII

COME IL SIGNORE PER MEZZO DI GELTRUDE DIFFUSE SU TANTE ANIME IL TORRENTE DELLA DIVINA GRAZIA

Nostro Signore apparve un giorno a Geltrude e le chiese il cuore, dicendo: « Figlia mia, dammi il tuo cuore ». Ella glielo diede con gioia e le parve che Gesù l'applicasse al Cuor suo, trasformandolo in un acquedotto che scendeva fino a terra, per spargere abbondantemente sugli uomini i torrenti della bontà divina.

Il Signore aggiunse: « Sarà mia gioia servirmi del tuo cuore; esso sarà il canale che, attingendo tesori alla sorgente riboccante del mio Cuore, diffonderà i divini favori su tutti coloro che si disporranno a riceverli, cioè che ricorreranno a te con fiducia ed umiltà.




CAPITOLO LXVIII

COME SIA NECESSARIO UMILIARSI SOTTO LA MANO DI DIO

Pregava un giorno Geltrude per alcuni miserabili che, dopo d'avere ingiustamente lesi i diritti del Monastero, minacciavano di fare maggior danno alla Comunità.

Il Signore, buono e misericordioso, le apparve con un braccio dolorosamente ripiegato e contorto, di guisa che i nervi sembravano dilacerati. Ora Egli disse alla sua Sposa: « Considera quali sofferenze mi cagionerebbero coloro che venissero adesso a picchiare colpi replicati su questo mio braccio indolenzito; eppure sono stato così trattato da coloro che odo parlare, senza pietà, della gente che vi perseguita. Dimenticano purtroppo, che quei miserabili perdono l'anima e che sono le mie membra. Coloro invece che mossi da compassione, implorano la mia clemenza, perché tolga misericordiosamente tali povere anime dai loro disordini, e le guidi a miglior vita, applicano al mio braccio un unguento dolcissimo. Quanto poi a coloro che, con avvisi, consigli, ammonizioni li conducono caritatevolmente all'emenda e alla conversione, sono altrettanti medici esperti che fasciano il mio braccio malato e con mano delicata, rimettono a poco a poco i muscoli nella loro posizione naturale».

Geltrude sorpresa per questo eccesso di begninità divina, aggiunse: « Dolcissimo Gesù, come puoi chiamare tuo braccio siffatta gente tanto indegna di quest'onore? ». Rispose il Signore: « Li chiamo così perchè sono membra del corpo della Chiesa, della quale mi onoro di essere Capo ». Ella rispose: «Ma non ne sono staccati dalla scomunica lanciata solennemente contro di loro, a causa delle vessazioni esercitate contro il nostro Monastero?». E Gesù: « E' vero che sono scomunicati; ma possono ancora venire dalla Chiesa prosciolti; io li considero a me congiunti con questo legame, e l'amore che nutro per essi mi tiene in una inesprimibile angoscia. Non si può dire a parole l'ardore con cui desidero la conversione di questi infelici ».

Geltrude, avendo in seguito pregato il Signore di difendere il Monastero dai loro assalti e di prenderlo sotto la sua divina protezione, ricevette questa risposta: « Lo farò se voi, nell'umiltà del cuore, riconoscerete dì meritare questo castigo per le vostre negligenze nel mio servizio; ma se per orgoglio, v'irriterete contro questi infelici, allora lascerò giustamente che prevalgano contro di voi e vi molestino ancora ».




CAPITOLO LXIX

COME IL LAVORO PUO' ESSERE SORGENTE DI MERITO

Il Monastero era gravato da un debito ingente e Geltrude pregava insistentemente il Signore affinchè, nella sua divina bontà, desse ai procuratori il modo di pagarlo. Rispose Gesù, con tenerezza: « Cosa mi darete in ricambio di questa grazia?».

E Geltrude pronta: « Se ci fai tale immenso favore noi potremo servirti con minore inquietudine e con maggiore divozione ». Ma il Signore replicò: « A me non interessa che mi serviate così giacchè non ho affatto bisogno dei vostri beni, e mi è indifferente vedervi applicate agli esercizi spirituali, oppure ai lavori esterni; è l'intenzione che dà la misura del merito. Se avessi preferito d'essere servito nella pace della contemplazione, avrei riformato la natura umana, dopo la caduta di Adamo; in modo da non avere essa bisogno nè di cibo, nè di vesti, né d'altra cosa necessaria alla vita; ma dai travagli dei miei amici, ritraggo profitto maggiore. Un potente imperatore non si contenta di avere nel suo palazzo damigelle d'onore avvenenti e ben vestite, ma anche principi, capitani, ufficiali, impiegati adatti ai vari servizi e sempre disposti a seguire i suoi ordini. Così io non trovo soltanto le mie delizie negli esercizi della pietà contemplativa, ma mi compiaccio pure di altre occupazioni utili e variate che hanno per fine l'onor mio, e che mi invitano a dimorare con gioia fra ì figli degli, uomini. Sono appunto questi lavori manuali che danno occasione agli uomini di praticare maggiormente la carità, la pazienza, l'umiltà e le altre virtù ».

Più tardi ella vide il principale amministratore del Monastero alla presenza di Dio; era curvo dal lato destro e si rialzava a stento, di tempo in tempo, per offrire al Signore, una moneta d'oro, nel cui centro splendeva un magnifico diamante. Il Signore spiegò: « Se addolcissi la pena di colui per il quale tu preghi sarei privato di questa splendida gemma che mi è così cara. L'amministratore stesso poi perderebbe la ricompensa preparatagli, perchè mi offrirebbe una semplice moneta d'oro, senza diamante. Fare la mia volontà nella consolazione è darmi dell'oro; ma compirla nella tribolazione è aggiungere all'oro, lo splendore d'una perla d'alto pregio ». Geltrude però non si dava per vinta ed insisteva, con maggiori suppliche presso il Signore, perchè sollevasse l'amministratore. Gesù le disse: « Perchè mai trovi così duro che si sopporti qualche cosa per amor mio, poichè sono quel vero Amico, la cui fedeltà resiste alle vicende del tempo? Le creature quando vedono una persona cara ridotta alla miseria, provano grande amarezza, trovandosi impotenti a sollevarla. Ma io che sono ìl solo e vero Amico, corro verso l'anima desolata, recandole i fiori freschissimi delle buone opere compiute in pensieri, parole ed azioni. Tali fiori sono seminati sulle mie vesti come rose e gigli di gradito olezzo. Al contatto vivificante della mia presenza divina, rinasce in questa creatura sofferente la speranza della vita eterna, dove riceverà la ricompensa del bene fatto. La gioia ch'ella concepisce a tale vista, la prepara a gustare il gaudio dell'eterna felicità, quando verranno spezzati i legami del corpo. Allora nell'entusiasmo della completa letizia, ella canterà le divine lodi, ripetendo: « L'odore del mio Diletto è come la fragranza di un campo fertile». (Gen. XXVII, 27). Infatti come il corpo è formato da diverse membra unite fra loro, così nell'anima vi sono parecchi sentimenti: il timore, la sofferenza, la gioia, l'amore, la speranza, l'odio e la modesta verecondia. Più l'uomo si sarà servito di queste passioni per la mia gloria, maggiormente troverà in me quegli ineffabili godimenti e delizie di pace che dispongono l'anima a gustare l'eterna beatitudine. Nel giorno della risurrezione, quando il corpo diventerà incorruttibile, ogni membro riceverà una speciale ricompensa per le opere compiute e per i lavori che avrà, eseguiti in nome mio, per mio amore. L'anima poi avrà un premio particolare più sublime, per la compunzione e l'amore che avrà sentito, o anche solo semplicemente per la vita data al corpo ».

Siccome poi Geltrude, piena di compassione per il fedele amministratore del Monastero, ricominciava a pregare con fervore il Signore perchè ricompensasse le sue fatiche e le sue pene, ebbe dal Salvatore questa risposta: « Ricorda, o figlia, che il suo corpo sfinito nel lavoro, è per me un tesoro nel quale depongo ad ogni passo, tante diamme d'argento quanti sono i sacrifici della sua carica. Il suo cuore poi è come un forziere ove depongo con gioia una dramma d'oro ogni volta che, per mia gloria, cerca di provvedere ai bisogni della Comunità ».

Geltrude, ammirata, obbiettò: « Ma Signore quest'uomo non mi pare così perfetto, da poter supporre che compia tutte le sue azioni, solo per la tua gloria; credo che talora sarà spinto da motivi umani, cioè dal desiderio del guadagno e dal benessere che ne sarà il risultato. Come mai allora, mio Dio, Tu che sei la verità senza ombra, puoi dire di trovare in lui le tue delizie?.».

Il Signore si degnò di rispondere: « La sua volontà è talmente subordinata alla mia che sono sempre il motivo principale de' suoi atti; perciò egli ritrae inestimabili ricompense da tutti i suoi pensieri, da tutte le sue parole ed opere. Ciò non toglie che, se si applicasse a compiere ogni atto con intenzione esplicita accrescerebbe la sua ricompensa, così come l'oro supera in valore l'argento; se poi s'impegnasse a dirigere verso di me tutti i suoi progetti e le sue sollecitudini con la stessa retta intenzione, tutto riuscirebbe nobilitato, appunto come l'oro puro senza lega è più prezioso di un oro oscurato ».




CAPITOLO LXX

MERITO DELLA PAZIENZA

Una persona conosciuta da Geltrude, si era gravemente ferita e soffriva assai. La santa, commossa, pregò Dio di guarirle quel membro che era stato colpito durante un lavoro legittimo, sul campo del dovere. Le rispose Gesù: «Io le renderò l'uso della parte malata ed ella otterrà un premio grande per il dolore sofferto. Di più tutti gli altri membri che si sforzarono di sollevare la parte ammalata, otterranno pure un premio eterno. Se si tuffa una stoffa in un bagno colorato, tutta prende la medesima tinta; così, te lo ripeto, quando un membro soffre, anche gli altri, che si sforzano di sollevarlo, saranno con esso ricompensati».

E Geltrude: « Ma Signore, come mai le membra che si aiutano reciprocamente potranno ottenere un premio così grande, poichè non agiscono con un fine soprannaturale, ma soltanto per recare un po' di refrigerio al dolore? ». Il Signore le diede questa consolante risposta: « Sappi, o figlia, che la parte di sofferenza che l'uomo, dopo di aver cercato tutti gli alleviamenti, sopporta per mio amore, gli procura una gloria incomparabile, perchè venne santificata dalla parola che ho detto al Padre mio, nel momento supremo dell'agonia: "Pater, si fieri potest, transeat a me calix iste - Padre, se è possibile, passi da me questo calice". (Matt. XXVI, 39). Ripetendo questa parola l'uomo acquista molti meriti, e un'ineffabile ricompensa».

La Santa insistette: « Non preferisci Tu, o mio Dio, che invece di rassegnarsi amorosamente alla parte di dolore che non si può alleggerire, si soffra coscientemente tutto il male, senza accettare ristoro di sorta?». Rispose il Salvatore: « Questo è un segreto della mia divina giustizia. Per esprimermi secondo il vostro modo umano di comprendere la verità, ti dirò che questi due diversi sentimenti sono come due ben distinti colori, ma belli così che sarebbe difficile stabilire quale sia il migliore». Signore, - aggiunse Geltrude - infino a tanto che riferirò alla persona ammalata quanto a suo riguardo mi hai detto, abbi la bontà di darle un vivo sentimento di gioia».

« No, - rispose Gesù, - ma sappi che con segreta disposizione della mia infinita Sapienza, le rifiuto tale dolcezza, perchè la sua anima sia più pronta e si distingua in tre virtù: la pazienza, la fede, l'umiltà. Se la consolassi, la sua pazienza scemerebbe di valore, perchè la gioia gustata le farebbe dimenticare il dolore; la fede pure non avrebbe più merito, perchè questi vivi sentimenti le renderebbero chiari i misteriosi disegni della Provvidenza, avendo S. Gregorio detto: « La fede non ha più merito, quando la ragione umana le porta la sua esperienza » (Omelia XXVI sul Vangelo): da ultimo la sua umiltà ne sarebbe scossa, mentre, continuando nel suo stato di sofferenza, le sarà facile pensare che Dio non la giudica degna di comunicarle direttamente le sue grazie, ma solo per tramite di anime più privilegiate».

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:49
 
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