Amiamo Dio con Gesù e Maria

3° Libro, Capitoli 31 a 40

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view post Posted on 14/8/2010, 16:11
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Domenico-89

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CAPITOLO XXXI

PROCESSIONE CON L'IMMAGINE DELLA CROCE

Al ritorno di una processione, che era stata fatta per ottenere la serenità del tempo, mentre le Monache varcavano la soglia della Chiesa precedute dal Crocifisso, Geltrude sentì che il Figlio di Dio, dall'alto del suo patibolo, diceva al Padre: « Eccomi, o Padre, rivestito dell'umana natura, che ho assunto per la salvezza del mondo; io vengo con una falange di anime fedeli ad offrirti le mie suppliche ». Ella comprese che l'Eterno Padre era stato placato con quelle semplici parole, più che se gli avessero offerto una soddisfazione che superasse cento volte i peccati degli uomini.

Le sembrò che il Padre, innalzando la Croce, dicesse: « Hoc erit signum foederis inter me et terram - Ecco il segno dell'alleanza fra me e la terra » (Gen. IX, 13).

In altra occasione il popolo era assai preoccupato per il maltempo. Geltrude ed altre anime avevano implorato la misericordia di Dio, senza nulla ottenere; allora la Santa disse fiduciosamente a Gesù: « O vero Amico degli uomini, come puoi resistere a tante preghiere? Io sono l'ultima delle tue creature, pure è tale la mia confidenza in Te, che potrei io sola impetrare favori molto più grandi; perchè tardi ad esaudire la voce di tutto un popolo? ». « Pensi tu - rispose il benignissimo Salvatore - che un padre si stancherebbe di ascoltare suo figlio domandargli uno scudo, se a ciascuna delle sue domande potesse mettergli in serbo cento monete d'oro? Non ti sorprenda dunque se Io vi lascio supplicare inutilmente, come a voi sembra; ogni qualvolta m'invocate per ottenere un cielo più sereno, anche allora che m'indirizzate a questo scopo solo una parola, o un languido desiderio, aggiungo ai vostri eterni tesori più assai di cento monete d'oro ».




CAPITOLO XXXII

BUONI DESIDERI E SOGNI ANGOSCIOSI

Udiva un giorno. Geltrude cantare nella Messa da morto, quel versetto del salmo: « Sicut cervus », e a quelle parole « Sitivit anima mea », per rianimare il suo fervore, esclamò: « Tu sei, mio Dio, l'unico vero bene e i miei desideri di possederti sono così poco accesi! Quanto è raro il caso che possa dire con verità: « L'anima mia ha sete di Te! ».

« Guardati tuttavia » rispose Gesù « di dirlo di rado; ripetilo anzi di frequente, perchè è tale la tenerezza del mio amore per gli uomini, che allorchè alcuno dei miei eletti desidera un bene qualunque, io gli sono grato del suo desiderio come se Io stesso ne fossi l'oggetto, perché il bene che desidera è in me, ed è da me che ogni bene deriva. Così quando alcuno dei miei amici desidera la salute, la tranquillità, il benessere, la scienza, o altri simili beni, io mi considero come l'oggetto stesso del suo desiderio, affine di avere un motivo, un pretesto d'aumentare i suoi meriti, la sua ricompensa, a meno che non guasti tale desiderio con un'intenzione colpevole, quale sarebbe volere la salute per fare il male, la scienza per vanità.

« Di qui viene - proseguì Gesù - che mando frequentemente al miei diletti infermità corporali, desolazioni di spirito, afflizioni di ogni genere. Essi desiderano allora di sottrarsi a questi mali, di ricevere beni contrari e il mio Cuore, ardente d'amore, geloso di aumentare le loro ricchezze eterne, trova in questi desideri l'occasione di sodisfare la sua liberalità secondo le leggi della giustizia.

« Altra volta ancora, Io, la cui delizia è di stare coi figli degli uomini, non trovando nulla in un'anima che possa piacermi, le mando tribolazioni, dolori di corpo e di spirito; tali pene mi forniscono motivo legittimo di abitare presso di lei, perchè, secondo la parola della Scrittura, l'inclinazione della mia bontà mi conduce e mi trattiene presso coloro che sono afflitti di cuore « Il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore afflitto » (Salmo XXVII, 19). Sarò con lui nella tribolazione (Salm. XC, 15). La considerazione di tali eccessi d'amore colma di riconoscenza il cuore della creatura, che è forzata a esclamare con l'Apostolo: « O profondità delle ricchezze, della sapienza e della scienza di Dio, come sono incomprensibili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie! » (Rom. XI, 33).

Una notte Geltrude assaporava nel sogno le delizie di un banchetto celeste. Quando fu desta disse al Signore in atto di ringraziarlo: « Perché, o Gesù, consolarmi così con tanta dolcezza, mentre io non merito alcuno dei tuoi doni, e tanti altri sono tormentati da sogni spaventosi? ». Le rispose il Signore: « E' la mia paterna Provvidenza, che permette durante il sonno tali turbamenti. Quando alcuno dei miei amici non contraria in nulla durante il giorno la cupidigia naturale dei sensi, privandosi così da se stesso dei beni celesti, io gli mando la notte incubi, terrori, spaventi, affinchè quei patimenti gli facciano acquistare qualche merito ». « Ma Signore - insistette Geltrude - di qual merito possono essere ai tuoi occhi, i patimenti che nessuna retta intenzione riferisce al tuo servizio, e al quali la volontà è ripugnante? ». Gesù rispose: « La mia benignità saprà volgerli a qualche profitto anch'essi. Benché un ornamento d'oro e di diamanti sia da preferirsi, tuttavia certa gente si stima felice di portare, in mancanza d'altro, anche gioielli di cristallo e di rame. Così avviene appunto di tali persone ».

Un giorno Geltrude aveva recitato le ore canoniche un po' distrattamente; ad un tratto le apparve il nemico dell'umano genere che, con aria beffarda, si sforzava d'imitarla per deriderla e andava terminando il salmo: « Mirabilia testimonia tua », (Ps. CXVIII, 12) precipitando e sopprimendo sillabe e parole. Terminato il versetto egli le disse sardonicamente: « Veramente il tuo Creatore, il tuo Salvatore, l'Amico del tuo cuore ha bene trafficato i suoi doni, dandoti una così grande facilità d'eloquio! Tu hai il talento di pronunciare discorsi stupendi, ma quando ti rivolgi a Dio, sei così precipitata nel tuo dire che, in un solo salmo, hai omesso tante sillabe, tante lettere e tante parole». Geltrude comprese allora che quello scaltro nemico aveva contato esattamente e con precisa minutezza le sillabe omesse nella salmodia, e pensò quale terribile accusa avrebbe portato al momento della morte contro coloro che recitano abitualmente l'Ufficio con negligenza e con precipitazione.

Un'altra volta mentre filava, lasciò sfuggire qualche tenuissimo fiocchetto di lana, pur tenendo la mente fissa in Dio, al quale aveva offerto il lavoro. Vide ben tosto il demonio raccogliere quei fili, per accusarla di negligenza. Ma il Signore, invocato con fede dalia Santa, cacciò il demonio, rimproverandolo d'aver osato intervenire in un'azione che gli era stata precedentemente offerta, con tanto amore.




CAPITOLO XXXIII

COME NOSTRO SIGNORE E' FEDELE NELL'ESAUDIRCI

Un giorno Geltrude, in un ardente impeto d'amore, disse a Gesù: « O mio Signore, potessi io pregarti, affidandoti tutte le mie brame! ». E il Signore: « Sì, mia regina, e mia signora, comandami ed io mi affretterò a obbedirti, come un suddito obbedisce alla sua sovrana». Ma la Santa obbiettò: « Non voglio, mio Gesù, muovere dubbi intorno alla tua misericordiosa parola, però, nonostante il rispetto che provo per la tua accondiscendente bontà, permettimi di domandarti perchè mai ora ti mostri così disposto a esaudire la tua povera ancella, mentre poi tante volte le mie preghiere risultano senza effetto?». Gesù le rispose con questo paragone: « Se una regina occupata nel lavoro, dicesse ai suo servitore: « Dammi il filo che pende dalla mia spalla sinistra » s'affretterebbe il servo ad obbedirla, ma, accorgendosi che il filo sta appeso alla destra, lo toglierebbe delicatamente, persuaso che è meglio agire in tal modo, piuttosto che strappare violentemente un filo dalla parte sinistra. Così, quando io che sono la Sapienza incarnata, sembro non esaudirti secondo i tuoi desideri, dispongo però le cose in modo a te vantaggioso, e ti accordo grazie ben più preziose di quelle che tu domandi ».




CAPITOLO XXXIV

PROFITTO CHE GLI UOMINI POSSONO RITRARRE DALL'OFFERTA FATTA DAL SIGNORE E DAI SANTI

Geltrude doveva comunicarsi una mattina, ma non si sentiva convenientemente preparata e ne gemeva dal profondo del cuore. Allora pregò la Vergine e tutti i Santi di offrire a Gesù le ferventi disposizioni che avevano quando in terra s'accostavano alla Mensa Eucaristica. Anzi, salendo ancor più in alto con la sua ineffabile confidenza, Geltrude pregò Gesù stesso d'offrire quella perfezione di cui era adornno nel giorno dell'Ascensione, quando si presentò al Padre per essere glorificato. Più tardi, riflettendo alla preghiera fatta, Ella andava domandandosi quali frutti ne avrebbe ricavato. Le affermò Gesù: « Allo sguardo della Corte celeste apparisti rivestita dei magnifici paludamenti che hai desiderato ». E aggiunse: « Perchè manchi di confidenza? Stenteresti forse a credere che Io, che sono il Dio di bontà e di potenza, abbia la facoltà di compiere quello che può fare l'ultimo venuto? Infatti quando una persona in terra vuol onorare un amico indigente, gli presta la sua veste perchè possa fare bella comparsa; non farò io altrettanto con le anime che di me si fidano? ». Geltrude si ricordò allora che in quel giorno, aveva promesso ad alcune persone di comunicarsi per loro, e pregò Dio di accordare alle medesime il frutto del Sacramento. Gesù le disse: «Accordo loro la grazia bramata, però saranno libere di servirsene a loro talento ».

Siccome Geltrude volle sapere in qual modo desiderava che quelle anime ne approfittassero, il benigno Salvatore aggiunse: « Esse ne trarranno grande vantaggio se spesso, con cuore puro e volontà docile, a me si rivolgeranno per implorare grazia e misericordia; allora rifulgeranno di quegli stessi ornamenti che tu loro hai ottenuto con la tua fiduciosa preghiera ».




CAPITOLO XXXV

EFFETTI DELLA S. COMUNIONE

Geltrude pregò una volta il Signore di concederle la grazia che all'ora della morte, il suo ultimo cibo fosse il vivifico Sacramento dell'Eucaristia: ma un'illuminazione soprannaturale le fece comprendere che non aveva chiesto la cosa migliore. L'effetto di questo Sacramento non è per nulla diminuito dalle cure che per necessità si prestano al corpo, e tanto meno da quel po' di cibo che le misere condizioni di un ammalato possono esigere e che egli prende anche contro sua voglia, per sostenere la vita a gloria di Dio. Anzi, se in virtù dell'unione che per l'azione sacramentale si stabilisce fra l'anima e Dio tutto ciò che è buono acquista un valore più grande, tanto più diventerà meritorio nell'ora della morte tutto ciò che si farà con intenzione pura, dopo d'aver ricevuto il SS. Sacramento. La pazienza nel dolore, il cibo e la bevanda, tutto diventerà occasione di meriti in virtù dell'unione sacramentale col Corpo di Cristo.




CAPITOLO XXXVI

VANTAGGI DELLA S. COMUNIONE FREQUENTE

Un giorno, prima di accostarsi alla S. Comunione, Geltrude chiese a Gesù: « Signore, che cosa mi darai? », Egli le rispose: « Mi darò a te, come mi sono dato alla mia SS. Madre ». Insistette la Santa: « Ieri le mie consorelle ti ricevettero con me, oggi esse si astengono dalla S. Comunione; cosa avrò più di loro poichè Tu ti dai sempre tutto intero? ». E Gesù: « Nel mondo il governatore che è stato incaricato delle sue alte funzioni due volte, ha la precedenza di fronte a colui che vi è stata eletto una volta sola; come non sarà più glorioso in cielo colui che più di frequente mi avrà ricevuto in terra? ». « Oh, quanto grande adunque - esclamò Geltrude - sarà la gloria dei Sacerdoti che si comunicano ogni giorno! ». « Certo - disse Gesù - che la loro gloria sarà meravigliosa, purchè si comunichino degnamente. Non bisogna però confondere l'amore di un'anima che a me si unisce sacramentalmente, con la gloria di cui è rivestito colui che celebra i sacri misteri; così le ricompense sono diverse; diverse per il cuore ardente d'amore e di desiderio; diverse per chi mi riceve con timore e riverenza; diverse ancora per coloro che si preparano a ricevermi con una lunga e fervorosa preghiera; ma nessuna ricompensa verrà accordata a chi celebra i divini misteri con freddezza e per abitudine ».




CAPITOLO XXXVII

COME IL SIGNORE CORREGGE I DIFETTI DELL'ANIMA AMANTE

In una solennità della Vergine Maria, Geltrude, avendo ricevuto favori eccelsi, considerava amaramente la sua ingratitudine e negligenza. Le sembrava di non aver mai reso degni omaggi alla Madre di Dio ed agli altri Santi. Eppure avendo ricevuto grazie stupende, sentiva il bisogno di offrire lodi superne.

Il Signore, volendola consolare, si rivolse alla Vergine ed ai Santi: « Non ho forse io riparato sovrabbondantemente le negligenze della mia Sposa a vostro riguardo, quando mi sono comunicato ad essa, davanti a voi, nelle delizie della mia Divinità? ». « In verità - risposero - la sodisfazione ricevuta è stata incommensurabile ».

Allora Gesù si rivolse con tenerezza verso la sua Sposa dicendole: « Questa riparazione non ti basta? ». « O benignissimo Signore, - rispose - certo che mi basta, ma non posso essere pienamente felice, perchè un pensiero turba la mia gioia: conosco la mia debolezza e penso che, dopo aver ricevuto la remissione delle mie passate negligenze, potrei commetterne altre ancora », Ma il Signore aggiunse: « Mi darò a te in un modo così completo, da riparare non solo le colpe passate, ma anche quelle che in avvenire potranno contaminare l'anima tua. Sforzati però, dopo d'avermi ricevuto nel SS. Sacramento, di mantenerti in una perfetta purezza ». E Geltrude: « Ohimè! Signore, temo assai di non essere capace di praticare tale condizione, perciò ti prego, o amabilissimo Maestro, d'insegnarmi a cancellare immediatamente ogni macchia di peccato », « Non permettere - rispose il Signore - che la colpa rimanga neppure un momento sull'anima tua, ma appena t'accorgerai di qualche imperfezione, invocami con quel versetto « Miserere mei Deus » oppure con questa preghiera: « O Cristo Gesù, unica mia salvezza, per i meriti della tua morte salutare, dammi il perdono di tutti i miei peccati».

In seguito Geltrude si comunicò e l'anima sua le parve limpida come purissimo cristallo, più bianca della neve. La divinità di Gesù, ch'ella aveva ricevuto, splendeva quasi oro finissimo che rifulge attraverso il cristallo, producendovi operazioni così meravigliose e così dolci, che l'adorabilissima Trinità e tutti i Santi gustarono ineffabili delizie. Geltrude compresa allora che tutto quanto si è perduto spiritualmente, può riacquistarsi per mezzo della SS. Comunione, degnamente ricevuta. Infatti la divinità agiva in essa in modo cosi eccelso, che tutta la Corte celeste proclamava di gustare gioie ineffabili, mirando l'anima sua pervasa di luce divina.

Riguardo poi a quello che più sopra abbiamo affermato, cioè che il Signore le aveva promesso di cancellare perfino le colpe future, bisogna intendere la cosa in questo senso: come attraverso ad un prisma di cristallo si può vedere ugualmente da tutte le faccie ciò che il cristallo racchiude, così l'operazione divina si sarebbe compiuta in Geltrude, tanto se fosse stata attenta e fedele nella pratica delle buone opere, quanto se la fragilità umana avesse momentaneamente distolta la sua attenzione.

Ma perchè tale meravigliosa, salutare opera potesse compirsi, era necessario che l'anima non fosse oscurata da ombra di colpa pienamente avvertita.




CAPITOLO XXXVIII

EFFETTO DEL DIVINO SGUARDO

Geltrude, nella sua fervente pietà, desiderava con infuocato ardore di comunicarsi. Una volta, essendosi sforzata di apparecchiarsi meglio ancora del solito, esaurì così le sue forze che la notte della domenica provò tale debolezza da sembrarle impossibile di poter accostarsi al sacro Banchetto. Si rivolse allora a Gesù per consultarlo e conoscere la sua santa volontà: Egli rispose: « Lo sposo che ha gustato cibi deliziosi, trova maggior piacere a starsene con la sposa nell'intimità della camera nuziale, invece di rimanere ancora assiso a tavola. Così io sarei contento che tu oggi; per spirito di discrezione, omettessi di ricevermi nella S. Eucarestia ». E Geltrude: « Come mai, amantissimo Gesù, puoi dichiarare di essere del tutto sazio? ». Rispose il Signore: « Il raccoglimento dei sensi, la sobrietà delle parole, il. fervore dei desideri e delle preghiere con cui ti sei preparata alla S. Comunione mi hanno nutrito come cibi deliziosissimi ». Nonostante l'estrema debolezza Geltrude assistette alla S. Messa, bramando di comunicarsi almeno spiritualmente. Proprio allora capitò in Monastero un Sacerdote che tornava dalla campagna, ove si era recato a portare il viatico ad un povero infermo. Geltrude, sentendo il suono della campana che la chiamava alla chiesa esclamò con accento infiammato: « O Gesù, gioia dell'anima mia, come sarei felice di riceverti, almeno spiritualmente, se avessi un po' di tempo per prepararmi ». Rispose il Signore: « Il mio sguardo ti purificherà completamente ». In quel mentre si degnò fissare la sua divina pupilla. su Geltrude, dicendo: « Firmabo super te oculos meos - Terrò il mio occhio fisso su di te » (Sal. XXXI, 8). A quelle parole ella comprese il triplice effetto che lo sguardo divino, come raggio, di sole, opera in un'anima, e il triplice modo di prepararsi a riceverlo.

Prima di tutto lo sguardo divino purifica l'anima, toglie ogni macchia e la rende più candida della neve: è l'umile conoscenza dei propri difetti che produce questo risultato.

Secondariamente lo sguardo della divina Bontà ammorbidisce l'anima e la dispone a ricevere i doni spirituali, come la cera che si ammollisce ai raggi dei sole, diventando atta a ricevere le varie impronte: effetto che si ottiene mediante la buona volontà.

Terza cosa, il divino sguardo feconda l'anima che allora produce fiori di virtù come la terra ci dà frutti vari e saporiti, quando è riscaldata dai raggi vivificanti del sole: si raggiunge tale scopo con un pieno abbandono alla Volontà di Dio ed una ferma confidenza nella divina Bontà che fa servire a nostro bene, tanto le cose prospere come le avverse.

« In seguito, siccome le Monache si comunicavano alternativamente a due SS. Messe, apparve il Signore che con tenerezza ineffabile distribuiva loro il Pane consacrato, mentre il Sacerdote segnava ogni Ostia con la Croce.

Ora, quando Nostro Signore distribuiva ciascuna Ostia, pareva accordare a Geltrude una potente benedizione. Ella ne fu alquanto sorpresa.

« Oh Signore - esclamò - Tu mi colmi di favori meravigliosi. E' possibile che le mie Consorelle che ti ricevono Sacramentalmente, ottengano maggiori ricchezze? ». E il Signore: « Colui che si orna di gioielli preziosi è forse più ricco di chi tiene racchiusi i suoi tesori? ». Queste parole le fecero capire che, se la S. Comunione Sacramentale accorda grazie salutari di cui anima e corpo sentono effetti potenti, pure chi, con retta intenzione di glorificare Dio, si astiene dalla S. Comunione per obbedienza, o per discrezione, pur desiderando ardentemente di ricevere il Cibo divino, merita la stessa ampia benedizione a Geltrude accordata dalla divina carità, cioè frutti di grazia molto copiosi. Tuttavia bisogna sempre ricordare che l'ordine e il segreto di tale azione di Dio rimangono celati all'umano intelletto.




CAPITOLO XXXIX

QUANTO SIA UTILE RICORDARE LA PASSIONE DI GESU' CRISTO

Geltrude, considerando un giorno la sua indegnità, si scoraggiò in tal modo da determinare un arresto sulla via della perfezione. Allora il Signore, nell'immensa sua bontà, si chinò verso di lei, dicendole: « Secondo l'etichetta che regola i doveri degli sposi, conviene al re recarsi dalla regina per visitarla nelle stanze ove riposa».. Tali parole fecero capire a Geltrude che Dio si ritiene obbligato verso l'anima che medita con amore la Sua Passione, come il re che ha dei doveri da compiere riguardo alla regina in virtù del matrimonio che li unisce.

Ella riconobbe allora di avere meritato l'amabilissima visita del Salvatore, perchè si era applicata a meditare, un venerdì, la Passione e comprese che, qualsiasi anima, benchè assai tiepida nella divozione, otterrebbe favori eccelsi se ricordasse con amore i patimenti di Gesù.




CAPITOLO XL

COME IL DIVIN FIGLIO PLACA IL PADRE

Geltrude un giorno domandava a se stessa quale dei lumi soprannaturali che la bontà divina le aveva accordati, sarebbe stato più utile manifestare agli uomini per loro profitto. Il Signore rispose al suo pensiero così: « L'uomo dovrebbe sempre ricordare che Io, Figlio della Vergine, sono continuamente occupato a patrocinare presso mio Padre, la causa del genere umano. Ed ecco come placo la sua giustizia. Quando l'uomo, per fragilità, si macchia di colpa, offro all'Eterno Padre in espiazione, il Cuor mio immacolato. Se pecca con la bocca, Gli presento la mia innocentissima bocca; se il male penetra nelle sue opere, offro al Padre le mie mani trafitte, ed oppongo così in diverse maniere, la mia innocenza ai peccati dei fratelli, afnnchè, se lo vogliono, possano facilmente ottenere perdono e misericordia. Io vorrei che i miei eletti, ogni qualvolta tale remissione viene loro accordata, si ricordassero con opportuni ringraziamenti, che essi devono al mio misericordioso intervento, un perdono così pronto e completo ».

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:51
 
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