Amiamo Dio con Gesù e Maria

3° Libro, Capitoli 11 a 20

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view post Posted on 14/8/2010, 16:18
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Domenico-89

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CAPITOLO XI

DI UN'INDULGENZA E DELL'AMORE AL DIVIN BENEPLACITO

Geltrude seppe che si predicava un'indulgenza di parecchi anni, secondo l'uso di quei tempi per incoraggiare offerte: ella disse al Signore: « O mio Dio, se possedessi grandi ricchezze vorrei consacrare argento e oro per la gloria di Dio, l'onore del tuo Nome, in espiazione delle mie colpe e per ottenere l'ampiezza delle sante indulgenze».

Rispose Gesù con bontà: « Con l'autorità e la potenza della mia Divinità, ricevi la completa remissione delle tue colpe e fragilità». La sua anima le riapparve subito purificata e smagliante di celeste candore.

Qualche giorno dopo, rivide l'anima sua scintillante di purezza ed ebbe timore d'essersi illusa, perchè aveva commesso alcune negligenze che avrebbero dovuto appannare quel magnifico splendore.

Il Signore con dolce benignità volle consolarla e le disse: « Credi tu forse che io abbia un potere inferiore a quello che pur ho accordato alle mie creature? Se ho comunicato al sole la virtù di fare sparire le macchie col calore dei suoi raggi infuocati, e di rendere la parte macchiata nitida, e linda, a più forte ragione Io, che sono il Creatore dei sole, potrò diffondere la ricchezza della mia misericordia sull'anima che desidero purificare ed abbellire con la forza indomabile del mio eterno amore».

In altra occasione Geltrude alla vista della sua indegnità, si era così scoraggiata da non poter più cantare le divine lodi, nè aspirare alle dolcezze della contemplazione. In seguito però riuscì a rinvigorirsi per la misericordia di Dio, ed i meriti della santissima vita di Nostro Signore Gesù Cristo; così le fu possibile avanzarsi, secondo il suo desiderio, verso la Maestà del Re dei re, rivestita di quella bellezza che brillava nella regina Ester, in presenza d'Assuero.

Il Signore le chiese benevolmente: «Che cosa comandi, o mia regina e sovrana? ». Ella rispose: « Chiedo e desidero ardentemente, che si compia in me sempre la tua amabilissima volontà! ». Allora il Salvatore, nominandole l'una dopo l'altra le persone che si erano raccomandate alle sue preghiere, le chiese: « Che vuoi per quell'anima, e per quell'altra, e per quest'altra che più particolarmente si raccomandano alle tue orazioni? ».

« Oh, mio Dio, - rispose Geltrude - la mia delizia è tutta qui: domando unicamente che si compia in esse, a perfezione, la tua divina Volontà ». Insistette Gesù: « E per te non hai qualche desiderio particolare? ». Geltrude affermò: « Desidero sopra tutte le cose vedere la tua amabile pacifica Volontà realizzarsi in me in tutte le creature: per raggiungere questo scopo sarei pronta ad esporre a qualsiasi supplizio ciascun membro del mio corpo ».

L'infinita bontà di Dio, che le aveva ispirato brame così perfette, volle degnamente compensarla con questa promessa: « Tu hai commosso il mio Cuore col tuo assoluto abbandono alla mia Volontà, perciò mi compiaccio di ricompensare il tuo ardente zelo con un dono specialissimo. Ti amerò in avvenire, e Tu sarai gradita al mio divino sguardo come se sempre la tua vita fosse stata la copia perfetta della mia Volontà, e non l'avessi mai trasgredita nella minima cosa ».




CAPITOLO XII

MISTICA TRASFIGURAZIONE COMPIUTA DALLA GRAZIA

Mentre si cantava l'antifona: In lectulo meo etc. (Cantic. III) ove si trovano ripetute quattro volte queste parole: « Quem diligit anima mea - Colui che la mia anima predilige » ella comprese che l'anima fedele può cercare Dio in quattro modi diversi: Con le parole: « In lectulo meo per noctem quaesiiri quem diligit anima mea - Nel mio giaciglio, durante la notte, ho cercato Colui che amo» (Cant. III) ella comprese la prima via con cui si cerca Dio, che consiste nell'offrirgli continue lodi nel sacro riposo della contemplazione. L'antifona continua: « Quaesivi illum et non inveni - L'ho cercato e non l’ho trovato». Perché l'anima prigioniera nella carne mortale, non riesce a lodare Dio perfettamente.

La seconda maniera di cercare Dio le fu svelata in questo versetto: « Surgam et circuibo civitatem, per vicos et plateas, quaerens quem diligit anima mea » « Mi leverò, girerò intorno alla città, cercherò nelle vie e nelle piazze pubbliche colui che l'anima mia ama». Perchè l'anima percorre le vie e le piazze, cioè che studia con ringraziamenti di compensare i benefici divini prodigati alle sue creature; ma, non riuscendo a livellare i benefici con la gratitudine, aggiunge con ragione: « Quaesivi illum et non inveni ».

Nel terzo versetto: « Invenerunt me vigiles qui custodiunt civttatem - Coloro che vegliano per custodire la città, mi hanno incontrato», le diede modo di comprendere che gli avvisi della giustizia e della tenerezza di Dio, portano l'anima a concentrarsi in se stessa.

La sposa dei cantici dopo d'aver paragonato la bontà di Dio con la sua indegnità, incomincia a gemere, a fare penitenza de' suoi peccati e a sospirare la divina misericordia, dicendo: « Num quem diligit anima mea vidistis? » « Non avete visto colui che la mia anima ama? ». Non avendo nessuna fiducia ne' suoi meriti, si rivolge a Dio in atto di piena confidenza e trova il Diletto dell'anima sua, sia per fervente supplica, come per la luce della grazia.

Dopo il canto di quest'antifona, durante la quale aveva gustato consolazioni ineffabili, ella senti il cuore e tutte le sue membra così scosse dalla virtù divina, che le parve di venir meno: « O mio diletto Gesù, - disse Geltrude - ora posso proprio affermare che le profondità del mio essere, e tutte le mie membra hanno trasalito alla tua dolce venuta ». Rispose il Signore: « Conosco l'unzione divina che scorre da me e che in me ritorna, ma mentre vivi in carne mortale, non puoi capire la tenerezza di Dio che in te si è riversata. Desidero che tu sappia che, in forza di tale grazia, hai ricevuto una gloria che potrebbe paragonarsi a quella che rifulse nel mio Corpo al Monte Tabor. Nella dolcezza del mio amore posso quindi dire di te: « Hic est filius meus dilectus in quo miht bene complacui » (Matt. XVII, 5). « Costui è il mio figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto »; perché la caratteristica di questa grazia è d'investire il corpo e l'anima del mio stesso meraviglioso splendore ».




CAPITOLO XIII

SPIRITO DI RIPARAZIONE

Un giorno, mentre si ripiegavano i sacri lini, cadde a terra un'Ostia ch'era stata posta sull'altare e che si dubitava fosse stata consacrata.

Geltrude ricorse subito a Gesù e, sentendo che quell'Ostia non era consacrata ne giubilò in segreto, perché tale irriverenza era stata risparmiata al suo Diletto. Pure ardente di zelo com'era per la gloria di Dio, disse:! « Quantum. quella tua infinita bontà abbia impedito oltraggio così grave verso il SS. Sacramento, pure poichè sono tante le offese che ti si fanno, non solo dai tuoi nemici, ma ancora da coloro che dovrebbero esserti amici e talvolta, cosa degna di lagrime infinite, dai tuoi stessi sacerdoti e religiosi, non dirò nulla alle mie consorelle per non privarti delle riparazioni che ti offriranno e dell'omaggio delle loro consolazioni ». E aggiunse: « Fammi conoscere, mia Gesù, quale sodisfazione ti sarebbe cara per riparare le offese che si commettono contro di Te, perchè mi sarà dolce consumare tutte le mie forze per la gloria e l'onore del tuo Nome ». Il Signore le manifestò che, gradirebbe assai la recita di duecentoventicinque Pater noster per onorare le sue sacratissime membra, in unione di quell'amore col quale Egli si è fatto uomo per amor nostro. Desiderò inoltre si facesse lo stesso numero di atti di carità al prossimo, come se si facessero a Lui stesso, memori della parola evangelica: « Quod uni ex minimis mei fecistis, mthi fecistis - Quello che avete fatto al più piccolo de' miei, l'avete fatto a me stesso » (Matt. XXV, 40), Infine chiese che lo stesso numero di volte si rinunciasse ai piaceri inutili della terra per dare gloria a Dio.

Oh, come sono grandi e ineffabili le misericordie del nostro caritatevole Salvatore che si degna gradire soddisfazioni così piccole e ricompensarle generosamente, quantunque non meriteremmo che giusti castighi, rifiutandogli tanto spesso il dovuto omaggio del puro amore.




CAPITOLO XIV

L'ANIMA VIENE PURIFICATA IN DUE MODI L'AMAREZZA DELLA PENITENZA E LA SOAVITA' DELL'AMORE

Il Signore per aumentare i meriti delle anime che gli sono care e assicurare meglio la loro salvezza, permette talvolta che trovino difficoltà notevoli nel compimento dei doveri facilissimi. Ciò appunto capitò a Geltrude. La confessione delle sue colpe le parve un giorno così penosa, che credette di non poter superarsi con le sole sue forze. Pregò allora il Signore, con tutto lo slancio della sua fede e l'ardore della sua carità. Le chiese Gesù: « Vorresti affidarmi, con un atto di assoluta confidenza, la cura di questa confessione e non pensarci più nell'avvenire?». Rispose Geltrude: « Sì, mio amorosissimo Salvatore, io ho piena e sovrabbondante fiducia nella tua onnipotente bontà: ma dopo d'averti offeso, sento il bisogno di ripensare con amarezza alle mie colpe, per offrirti così una prova efficace di pentimento ».

Avendo il Signore gradito la sua buona volontà, ella s'immerse nella considerazione della sua miseria, e ben tosto vide la sua pelle qua e là strappata come se si fosse avvoltolata in un roveto spinoso. Ella mostrò le sue piaghe al Padre delle misericordie perchè, medico abile e fedelissimo, avesse la bontà di guarirla.

Il Signore, chinandosi benignamente verso di lei, le disse: « Col mio soffio divino ti preparo il bagno salutare della confessione. Quando poi sarai purificata secondo i miei desideri, apparirai splendente al mio divino sguardo ». Ella volle ben tosto svestirsi per essere immersa in quel mistico bagno e disse: « O mio Dio, tengo in cuore un desiderio così ardente della tua gloria, che mi sento forzata a spogliarmi d'ogni desiderio di umano onore, anzi se fosse necessario sarei pronta a dichiarare i miei peccati davanti al monto intero ».

Il Signore la ricoperse allora dei suoi propri indumenti e la fece dolcemente riposare sulla sue braccia fino a che il bagno fu pronto, cioè fino al momento della confessione.

Ma quando giunse quell'istante ella fu di nuovo stretta da un vivo turbamento: « Signore - disse - Tu non ignori come questa confessione mi sia penosa; perché mai permetti che io sia angosciata fino a questo punto? », Rispose il buon Maestro: « Le persone che fanno i bagni devono poi sottoporsi a energiche frizioni per fortificare il corpo; così l'anima tua diverrà più generosa in mezzo alle difficoltà ».

Ella vide allora alla sinistra del Signore preparato un bagno, dal quale s'alzavano tiepidi vapori: nello stesso tempo il Signore le mostrò alla sua destra un giardino delizioso adorno di olezzanti fiori, fra i quali si distinguevano magnifiche rose, senza spine, che affascinavano lo sguardo coi loro vaghi colori. Il Signore invitò Geltrude a entrare in quell'amenissimo giardino, tanto più che il bagno le riusciva insopportabile.

« No, mio Gesù - rispose generosamente la Santa - entrerò piuttosto senza esitare nel bagno, che Tu hai riscaldato col tuo soffio divino », E il Signore « Cosi sia per la tua eterna salvezza ».

Ella comprese poi che quel bel giardino simboleggiava la soavità interna della divina grazia. Infatti la grazia, abitante per mezzo del soffio dolce e leggero dell'amore, spande sull'anima fedele la profumata rugiada delle lagrime che la rendono candida come la neve e le danno una perfetta sicurezza, non solo riguardo alla remissione de' peccati, ma anche riguardo all'abbondanza dei meriti. Da ciò ella concluse che il Signore era stato contento di vedere che, per amor suo, lasciava la via facile e dolce delle celesti consolazioni e sceglieva un cammino aspro e penoso.

Dopo la confessione si ritirò piamente nell'oratorio e sentì la presenza dell'amabìle Redentore che le aveva reso quell'atto così difficile e doloroso. Ella infatti aveva provato difficoltà enorme a dichiarare difetti leggerissimi che altri, senza nessun turbamento, avrebbero accusato, anche in pubblico.

Giova sapere che l'anima resta purificata da tutti i suoi peccati, in due diversi modi; con l'amarezza della penitenza e i sentimenti da essa ispirati. La prima purificazione è simboleggiata nel bagno: l'anima si giustifica anche nel crogiolo dell'amore e dei sentimenti da esso derivanti: ciò che vien simboleggiato dal delizioso giardino.

Geltrude si riposò in seguito. nella sacra ferita della Mano sinistra di Gesù, come per gustarvi, dopo il bagno, quella quiete che accompagna la traspirazione, e colà attese l'ora di poter compiere la penitenza imposta dal Confessore. Siccome tale penitenza doveva farla in un certo tempo determinato dal sacerdote, ella s'affliggeva di non poter forse, prima d'averla compiuta, godere liberamente e familiarmente la presenza del suo amatissimo Signore.

Durante la S. Messa quando il celebrante innalzò l'Ostia Santa, che cancella il peccato e riconcilia l'uomo con Dio, Ella si unì al divin Sacrificio, presentando quell'offerta divina al Padre in spirito di riparazione per ottenere il perdono di ogni colpa, e in ispirito di ringraziamento per il bagno salutare della confessione. L'offerta venne accolta eri ella fu ammessa nel seno del Padre, oceano di bontà infinita. Là ella comprese per esperienza che l'Oriente che brilla in alto Oriens ex alto, l'aveva veramente visitata con le viscere della sua misericordia e della sua bontà.




CAPITOLO XV

L'ALBERO DELL'AMORE

All'indomani durante la S. Messa al momento dell'Elevazione, si sentì assonnata e poco attenta alla preghiera. Ma il suono del campanello la risvegliò di scatto ed ella vide il. Signore Gesù che teneva fra in mani un albero, il cui tronco era stato spezzato a livello del suolo; i suoi frutti erano magnifici e ciascuna foglia brillava come stella, irradiando luminoso splendore.

Il Signore scosse l'albero in mezzo alla corte celeste e i Santi, con grande giubilo, ne gustarono i frutti saporiti. Poco dopo Egli piantò l'albero nel cuore di Geltrude come in fertile giardino, perché producesse frutti di vita, dando alla sua Sposa ombra rinfrescante e nutrimento squisito. Appena piantato l'albero ella s'impegnò di farlo fruttificare, e pregò per una persona che le aveva recata pena. Geltrude chiese anzi di sopportare nuovamente quell'affronto per ottenere grazie più abbondanti a colei che glielo procurava. In quello stesso momento vide in cima all'albero un fiore stupendo che si sarebbe mutato in frutto, appena ella avesse tradotto in atto il suo santo progetto. Quell'albero simboleggiava dunque la carità che, non solo produce frutti di buone opere, ma anche fiori di santi desideri e foglie luminose di nobili pensieri; perciò tutti gli abitanti del cielo giubilano, quando vedono un mortale generoso che si prende cura dei suoi sofferenti fratelli.

In quello stesso momento dell'Elevazione le venne regalato un magnifico monile d'oro, che dava risalto allo splendido abito rosa che aveva ricevuto alla vigilia, quando riposava sul sacro petto del Signore.

Nel medesimo giorno, all'ora di Nona, Gesù le apparve nell'aspetto di un giovane pieno di grazia e di bellezza. Egli la pregò di cogliere alcune noci dall'albero suddetto per offrirgliele e, sollevandola da terra, la pose a sedere su di un ramo: « O amabilissimo giovinetto, come mai mi chiedi questa cosa? Per la virtù e per il sesso sono assai debole, tanto che mi pare più conveniente ricevere che dare ». « No - rispose Egli - la sposa che si trova in casa dei suoi genitori, agisce con grande libertà e disinvoltura, mentre il suo fidanzato, quando viene a visitarla, non può comportarsi nello stesso modo. Ma in queste occasioni la fidanzata si mostra verso di lui piena di riguardi e di delicatezze: Egli a sua volta la riceverà nella sua casa con tenerezza, e benevolenza ».

Il Signore volle farle capire come sono da riprendersi quelli che dicono: « Se Dio volesse quello che voglio io e mi desse l'abbondanza della sua grazia, farei questo e quello ». Come se non fosse giusto che l'uomo spezzi in tutto la volontà propria per compiere quella di Dio, assicurandosi così una meravigliosa ricompensa !

Geltrude stava per offrire le noci al giovinetto, quando egli salì sull'albero, sedette al suo fianco e l'invitò a togliere il gheriglio dal guscio per cibarsene. Voleva con tale simbolo insegnarle che non basta vincere i propri risentimenti per far del bene ai nemici, ma che bisogna altresì farlo il più delicatamente possibile.

Sotto il velo di quelle noci, il Signore voleva raccomandarle la beneficenza verso coloro che la perseguitavano; quei frutti dall'involucro duro e amaro erano posti sull'albero dell'amore assieme a mele e frutti gustosissimi, per far capire che la carità verso i nemici deve praticarsi fra le dolcezze dell'amore di Dio, amore che rende l'uomo pronto a soffrire persino la morte per il nome di Gesù Cristo.




CAPITOLO XVI

VANTAGGI DELLA PERSECUZIONE E COMUNIONE SPIRITUALE

L'ultimo giorno nel quale il Convento celebrava l'ufficio divino che l'interdetto ecclesiastico doveva poi sospendere, si cantò la Messa Salve Sancta Parens, in onore della Madre di Dio.

Geltrude chiese al Signore: « O Dio, infinitamente buono, come ci consolerete nell'attuale desolazione? ».

« Io attingerò in voi - rispose Gesù - delizie abbondanti. Come lo sposo gusta la compagnia della sua sposa nell'intimità della camera nuziale, più volentieri che nei tumulto di una folla, così io troverò gioie squisite nell'accogliere i sospiri ardenti e i gemiti dei vostri cuori. L'amor mio divamperà in voi con nuovi accrescimenti come fa il fuoco che, compresso, raddoppia di vigore. Le compiacenze che troverò nelle anime vostre e lo slancio del vostro amore per me, saliranno come acqua che s'innalza con tanta maggior forza quanto più fortemente è stretta fra le dighe ».

Geltrude chiese: « Quanto tempo durerà quest'interdetto? » « Ti assicuro che per tutta il tempo che esso si prolungherà, io sarò largo delle mie grazie più elette ».

Aggiunse la Santa: «I grandi della terra considerano una vergogna trattare con persone di bassa condizione; è quindi giustissimo che il Re dei re tenga segreti i disegni, della Provvidenza e non li riveli a una creatura vile quale sono io. E' questo il motivo per cui Tu, o Gesù mio, mi lasci nell'incertezza, benchè conosca il principio e la fine di ogni vicenda?». « Non è così, figlia mia, - rispose il Salvatore - ma devi sapere che io agisco solo in vista del tuo maggior bene. A volte nella contemplazione ti svelo i miei segreti, altre volte credo opportuno tenerteli nascosti per mantenerti nell'umiltà. Quando te li confido tu comprendi cosa diventi per la mia grazia, quando te li celo tu vedi cosa sei da sola ».

All'Offertorio della S. Messa: « Recordare Vírgo Mater Ricordati, o Vergine Madre» quando si giunse a quelle parole: ut loquaris pro nobis borea - di parlare in nostro favore », mentre supplicava la Madre delle grazie di essere generosa, il Signore le disse: « In questo momento non è necessario che nessuno perori le vostre cause, perché io vi sono completamente favorevole ». Ma Geltrude, memore delle sue fragilità e di quelle delle consorelle, non poteva comprendere come il Signore fosse pienamente placato.

Fu appunto allora che Gesù le disse con tenerezza immensa: « La mia naturale benignità m'inclina a considerare di preferenza quanto v'ha di migliore in un'anima; la mia Divinità investe e abbraccia questa parte migliore, dando risalto al più perfetto e dissimulando quello che è meno degno ».

« O Gesù, Tu che sei così magnifico nei tuoi doni - aggiunse la Santa - come mai accordi le dolcezze delle tue consolazioni ad un'anima così indegna come la mia, e così poco preparata a riceverle? » « Ne sono come forzato dal mio amore ». « Ma dove sono, dunque, caro Gesù, le macchie che ho contratte qualche giorno fa con quell'impazienza che m'ha sconvolto il cuore e che ho perfino manifestata con parole un poco alterate? ». « Sappi che il fuoco della mia Divinità, le ha consumate e che in tal modo faccio scomparire le deformità delle anime che mi sono tanto care » « O clementissimo Gesù, poichè la tua bontà è così tenera con la mia debolezza, vorresti dirmi se l'anima da te purificata dovrà, dopo la morte risarcire quelle colpe col fuoco del Purgatorio?» E siccome il Signore fingeva di non aver sentito, ella insistette: « In verità, o mio Dio, se la tua giustizia l'esigesse, io mi sprofonderei volentieri in quell'abisso di fiamme, per darti degna soddisfazione; però se la tua bontà e misericordia ricavassero maggior gloria nel consumare tali colpe col fuoco dell'amor tuo, io ti pregherei di distruggere tutti i miei peccati nelle fiamme della tua divina carità, quantunque mi senta indegna di questa somma grazia ».

E. la bontà divina, inesauribile nella sua tenerezza, accordò a Geltrude quanto aveva chiesto.

Il giorno seguente mentre si celebrava la S. Messa nella chiesa parrocchiale, al momento della S. Comunione, Ella disse al Signore: « O clementissimo Padre, come mai non ti commuovi vedendoci private del cibo preziosissimo del tuo Corpo e dei tuo Sangue, a motivo di quei miseri beni temporali che servono solo per il nostro materiale sostentamento? ».

Rispose Gesù: « Come potrei compiangere l'amatissima mia sposa, giacchè, avendo divisato d'introdurla nella sala luminosa e fiorita del banchetto di nozze, e scoprendo nei suoi ornamenti un piccolo difetto, mi faccio premura di tirarla in disparte per rimediarvi e poter poi presentarla ai convitati, in tutto lo splendore della sua magnificenza? ».

E Geltrude, sempre bramosa di nuova luce: « Come mai, Signore, la tua grazia può abitare nell'anima di coloro che ci fanno tanto soffrire con questo interdetto?».

Le rispose il Salvatore: « Non occuparti di loro: Io stesso mi riservo di giudicarli».

Al momento dell'Elevazione, mentre Ella offriva a Dio l'Ostia Santa, come tributo di lode eterna per la salvezza del Monastero, il Signore ricevette quella stessa Ostia, e con un'aspirazione del più intimo del Suo essere, ritrasse una soavità vivificante, dicendo: «In quest'aspirazione sazio le mie Spose con un cibo divino ». E Geltrude « O buon Gesù, stai forse per comunicare tutte le monache? ». « No » rispose, « ma solo quelle che lo desiderano, o che bramano avere tale desiderio. Riguardo poi alle altre, siccome appartengono a questo convento, avranno il privilegio di sentire nelle loro anime un misterioso anelito che le porterà verso di Me, così come farebbe colui che, non avendo appetito, pure si lasciasse attrarre dal buon odore delle vivande a gustarle con piacere ».

Nel giorno dell'Assunta, all'Elevazione dell'Ostia, Ella intese queste parole del Signore:, « Mi offro a Dio Padre, e m'immolo per le mie membra ». Allora ella chiese: « Permetteresti forse, o mio Dio, che noi, tue membra, abbiamo da essere da Te separate per l'anatema di cui ci minacciano coloro che vogliono impossessarsi dei nostri beni? ». «E puoi tu supporre - rispose il Salvatore - che qualcuno riesca a strappare dalla profondità della mia anima l'amore che a voi mi unisce? Come un coltello di legno non può spezzare un corpo solido, ma solo vi lascia una lieve traccia, così l'anatema non vi colpisce, ma appena vi sfiora ».

« O mio Dio che sei l'ineffabile verità, - chiese ella - Tu mi avevi promesso che, in questi giorni di sofferenza, noi avremmo sentito crescere il nostro amore per Te, e che Tu stesso avresti goduto le più abbondanti delizie nei cuori delle tue Spose; come va che parecchie si lamentano di essersi raffreddate nella carità a tuo riguardo?». Il Signore affermò: « Io chiudo nel mio seno la sorgente di tutti i beni e vado distribuendoli a ciascuno secondo la loro necessità, nel tempo più conveniente ».




CAPITOLO XVII

L'ACCONDISCENDENZA DEL SIGNORE E LA DISTRIBUZIONE DELLA SUA GRAZIA

Nella seconda domenica d'agosto durante la quale si festeggiava S. Lorenzo e la dedicazione della chiesa, Geltrude pregava fervorosamente per parecchie persone che avevano sollecitato la sua intercessione, quando scorse un vigoroso ceppo di vite, scendere dal trono di Dio fino a terra, le cui foglie servivano poi come di scala per risalire in alto. Questa scala simboleggiava la fede, mediante la quale gli eletti s'inalzavano verso le regioni celesti.

Ella riconobbe in alto, a sinistra del trono, molti membri del Monastero e lo stesso Figlio di Dio che si teneva ritto, con grande riverenza davanti al Padre celeste. L'ora si avvicinava nella quale, se le Monache non avessero avuto l'interdetto, avrebbero ricevuto la SS. Comunione. Geltrude desiderò ardentemente che, per un particolare effetto della divina clemenza, a cui nessun potere umano è in grado di resistere, tutte, lei e le altre consorelle, venissero spiritualmente cibate del SS. Sacramento.

Vide allora il Signore Gesù immergere nel seno del Pardre l'Ostia che teneva in mano e toglierla poi rosseggiante di sangue. Mentre, sorpresa di questo fatto, andava chiedendosi come mai il rosso simbolo della Passione, potesse essere attribuito al divin Padre, ella non potè vedere se il desiderio, che poco prima aveva manifestato, si fosse compito.

Soltanto un po' più tardi ella riconobbe che il Signore aveva stabilito la sua dimora nelle anime che si trovavano alla sinistra del divino trono. Ma come si fosse compiuto il fatto non potè scoprirlo.

In quel frattempo si ricordò di una persona che, prima della S. Messa, s'era raccomandata alle sue preghiere con divozione e umiltà; rivoltasi a Gesù lo supplicò d'accordare a quell'anima i favori richiesti. Ma Egli le rispose che nessuno poteva salire la mistica scala della fede, se non era sorretto dalle ali della confidenza e che quella persona ne aveva ben poca. Riprese Geltrude: « Ma Signore, ho notato che, se manca di fiducia, ciò avviene perchè si sprofonda continuamente nell'abisso dell'umiltà; ricorda, o caro Gesù, che hai promesso di colmare gli umili dei tuoi più grandi favori ». Ed il Signore, accondiscendendo benevolmente, affermò: « Discenderò e comunicherò le mie grazie a quest'anima, e anche a tutte quelle che vedrò sprofondate nella valle della loro miseria ».

Vide allora il Signore discendere come da una scala imporporata. Poi le apparve in mezzo all'altare rivestito di abiti pontificali, tenendo in mano una specie di pisside. Durante la S. Messa fino al Prefazio se ne stette assiso rivolto verso il sacerdote. Era circondato e servito da una moltitudine grande di angeli: tutta la parte della Chiesa che si trovava alla sua destra, cioè a settentrione, ne era gremita. Quei felicissimi spiriti lasciavano trasparire una grande letizia nel percorrere quei luoghi benedetti, ove i loro concittadini avevano offerto tante preghiere a Dio. Con tale parola « concittadini » era designata la comunità, facendosi allusione al IV responsorio della festa dell'Assunta: « Gaudent chori angelorum consortes et concives nostri ».

Alla sinistra del Signore, verso mezzogiorno, stava un solo coro di angeli, seguito da quello degli Apostoli. Veniva, in seguito, il coro dei Martiri, il coro dei Confessori e infine il coro delle Vergini. Mentre Geltrude ammirava tali meraviglie, si ricordò che secondo la S. Scrittura c la purezza si avvicina a Dio » (Sap. VI, 20) e potè contemplare una luce speciale, candida come neve, che risplendeva fra Gesù e il coro delle Vergini: essa pareva unire queste privilegiate creature al loro Sposo celeste con un vincolo di dolcissima tenerezza, e il gioioso incanto di una familiarità tutta divina.

In seguito le fu dato vedere che raggi luminosi si dirigevano verso alcuni membri della Comunità, investendoli completamente, come se fra essi e il Signore non vi fosse ostacolo alcuno, quantunque parecchie muraglie le separassero dalla Chiesa ove aveva luogo questa visione.

Mentre Geltrude si deliziava della scena più sopra descritta, la sua sollecitudine le fece pensare al resto della Comunità. Disse quindi al Signore: « Poiché la tua infinita bontà, o mio Dio, ha diffuso nella mia anima l'abbondanza delle tue grazie, cosa darai alle monache che in questo momento stanno occupate ai lavori manuali, e non godono certo le delizie che mi colmano il cuore? ». « Io diffondo il mio balsamo nelle loro anime - rispose Gesù - quantunque sembrino in uno stato incosciente di sonnolenza ».

Geltrude ricercò qual'era la virtù del balsamo e fu meravigliata che una stessa ricompensa fosse offerta alle persone che praticano gli esercizi spirituali, e a quelle che non li compiono, perchè il balsamo rende il corpo incorruttibile e produce tale effetto, sia che venga applicato durante la veglia, o durante il riposo.

Venne poi illuminata con un esempio ancor più pratico. Quando una persona mangia, tutte le membra si rinvigoriscono, quantunque sia la sola bocca che gusta il cibo. Così. quando una grazia speciale è concessa ai fedeli, essa produce tosto un aumento di merito in coloro che loro sono uniti, soprattutto poi fra i membri di uno stesso Monastero, eccettuati però coloro che covano in cuore odii inveterati, o cattiva volontà assecondata.

Durante l'intonazione del Gloria in excelsis Deo, il Signore Gesù, Pontefice supremo, esalò un soffio divino verso il Padre, simile a fiamma ardente. Alle parole « et in terra pax hominibus bonae voluntatis », diresse il medesimo soffio sotto forma di candida luce, verso le persone presenti.

Al « Sursum corda » il Figlio di Dio si alzò, parve aspirare con forza possente i desideri di tutti i presenti poi, volgendosi a oriente, circondato da innumerevoli Angeli che lo servivano, tenne le mani innalzate ed offerse al Padre, con le parole del Prefazio, i voti di tutti i fedeli.

All' « Agnus Dei » il Signore si rizzò in mezzo all'altare con tutta la potenza della sua Maestà; al secondo « Agnus Dei » diffuse l'onda della sua Sapienza sulle persone presenti; al terzo « Agnus Dei » parve raccogliersi in se stesso ed offerse al Padre i voti ed i desideri di tutti. Allora lasciò traboccare l'esuberanza dell'amor suo e diede, con la sua sacratissima bocca, il bacio di pace a tutti i Santi presenti. Volle in seguito glorificare il coro delle Vergini con un privilegio tutto speciale e, dopo averle onorate col bacio di pace, si degnò di deporre sul loro petto, con le sue benedette labbra, anche il dolce bacio dell'amore. Diffondendo poi. sull'assemblea delle Suore i raggi vivificanti della sua tenerezza, disse loro: « Io sono tutto vostro; ciascuna di voi può godere di me secondo il suo desiderio »,

Dopo questa comunione ella disse: « Quantunque la mia anima sia colma d'ineffabile dolcezza, pure trovo che, stando Tu sull'altare, sei ancora troppo lontano da me; ti prego pertanto di farmi sentire durante la benedizione della S. Messa, la grazia di esserti intimamente unita ». Il Signore si degnò manifestarle tale benefica unione, stringendola al suo sacratissimo Cuore, con un amplesso di forza e di dolcezza incomparabile.


CAPITOLO XVIII

PREPARAZIONE A RICEVERE IL CORPO DI CRISTO ED ALTRE DIVINE MANIFESTAZIONI

I. Devoto esercizio verso il SS. Sacramento.

Un giorno Geltrude si avanzava a ricevere il SS. Sacramento, mentre il coro cantava l'antifona « Gaude et laetare ». Alle parole « Sanctus, Sanctus, Sanctus » il sentimento della sua bassezza la penetrò così profondamente, da gettarla in un abisso d'umiltà; domandò allora al Signore di preparare Lui stesso la sua anima a ricevere degnamente il Cibo celeste per la gloria di Dio e la salvezza delle anime del mondo intero.

Il Figlio di Dio, dolcissimo Amico delle sue creature, si chinò verso di lei e durante il secondo « Sanctus » depose sull'anima sua un soavissimo bacio, dicendo: « Nel momento in cui mi si offre questo Sanctus io ti regalo, col mio bacio divino, tutta la santità della mia Umanità e della mia Divinità, perché ti serva di preparazione e possa venire degnamente a ricevermi ».

Il giorno dopo, ch'era una domenica, mentre ella esprimeva la sua gratitudine per un tale beneficio il Figlio di Dio, il più bello fra tutti gli Angeli, la prese fra le sue braccia e, come trovasse in lei tutta la sua gloria, la presentò al Padre rifulgente nella perfezione di santità di cui l'aveva colmata. Il Padre si compiacque talmente in quell'anima, presentata dal Figlio suo, che, lasciando traboccare il suo amore, le conferì, in unione con lo Spirito Santo, la perfezione che loro era stata tributata col primo e col terzo « Sanctus ». Geltrude ricevette così una benedizione piena e completa, in nome dell'Onnipotenza, della Sapienza e della divina Bontà.




II. Il Signore l'assicura che non si separerà mai da lei.

Un altro giorno, mentre parecchie consorelle erano obbligate ad astenersi, per diverse ragioni, dalla S. Comunione, ella s'avvicinò al Signore e gli disse gioiosamente: « Come ti ringrazio, amatissimo Gesù, d'avermi posta in una situazione tale che, nè parenti, nè altro motivo possono allontanarmi dal tuo divino Banchetto ». Il Signore, con l'abituale sua bontà, rispose: « Tu riconosci che niente può allontanarti da me; sappi anche che nulla vi è, nè in cielo, nè in terra, nulla, neppure i rigori della mia giustizia e dei miei giudizi che pos-

sano porre ostacolo ai benefici di cui voglio colmarti per la gloria suprema del mio Cuore ».

Altra volta ella doveva ricevere ancora la SS. Comunione, e desiderava con ardore di essere degnamente preparata da Gesù stesso; Egli si compiacque di dirle con bontà: « Io voglio rivestirmi di te; protetta dalla difesa di questo velo, la mia mano potrà stendersi al peccatore e fargli del bene, senza riportare ferite dal suo pungiglione. Io voglio inoltre rivestire te di Me stesso, affine di comunicare il medesimo onore e i favori che l'accompagnano a quanti tu, richiamandoli alla tua memoria, avrai avvicinato a Me ».




III. Accoglienza favorevole delle Tre divine Persone.

Un mattino Geltrude doveva partecipare ai divini misteri e andava meditando i grandi benefici ricevuti da Dio, quando si ricordò di un passo del libro dei Re: « Quis ego sum, aut quae domus patris mei? Chi sono io e qual'è la dimora dei miei padri? » (I Re. XVIII, 18). Non indugiò però a meditare quelle parole, come se riguardassero solo le persone che vissero nei tempi andati; piuttosto ella si considerò quale tenera pianticella, posta vicino al divin Cuore, raggiante di tenerezza, pronta a riceverne il dolce influsso. Ma poi, quasi inaridita a cagione delle colpe e negligenze commesse, stava per dissolversi in cenere, sì da sembrare un piccolo carbone giacente al suolo. Invocò ella allora Gesù, Figlio di Dio, Mediatore ricco di bontà. Lo pregò di purificarla e di presentarla al Padre. Il Signore parve attrarla a sè, per mezzo dell'influenza amorosa che irradiava dai suo Cuore squarciato, per lavarla nell'acqua che da esso fluiva, irrorandola col Sangue prezioso e vivificante di quella sacratissima ferita. Tale operazione ravvivò il piccolo carbone spento che si mutò ben presto in un albero verdeggiante i cui rami si dividevano in tre direzioni, come vediamo in un giglio. Il Figlio di Dio e lo Spirito Santo parvero deporre su due altri rami, i frutti della Sapienza e dell'Amore.

Dopo aver ricevuto il Corpo di Gesù, Geltrude vide l'anima sua sotto la forma di un albero che affondava le radici nel Costato del Signore e sentì, in modo misterioso, che l'albero attingeva in quella Piaga benedetta una linfa vivificante che, dalle radici, saliva nei rami, nelle foglie e nei frutti, comunicando loro la virtù della Divinità e dell'Umanità del Salvatore.

Così la vita divina si manifestava in essa con nuovi splendori, come l'oro appare più fulgido attraverso al cristallo. La SS. Trinità e tutti i Santi gustarono, a quella vista, gioie meravigliosamente dolci; i Santi si alzarono rispettosamente, piegarono le ginocchia e presentarono ciascuno i loro meriti sotto la forma di corone che sospesero ai rami, dell'albero. Essi, in quell'omaggio, volevano glorificare e lodare Colui che si degnava risplendere attraverso la sua creatura, procurando loro nuovi godimenti.

Geltrude pregò inoltre per tutti quelli che in cielo, sulla terra e nel Purgatorio avrebbero ricevuto qualche profitto dalle sue buone opere, se non fosse stata così negligente, e domanda che partecipassero ai beni di cui la sua anima, per la divina generosità, era stata arricchita.

Ben presto le sue opere, simboleggiate nei frutti dell'albero, cominciarono a stillare un liquore prezioso di cui una parte si diffuse sugli abitanti del cielo per aumentarne le gioie; un'altra parte scorse giù nel Purgatorio, per addolcire le pene di quelle anime desolate; la terza investì tutta la terra, donando ai giusti maggiore slancio verso la santità e ai peccatori le amarezze salutari del pentimento.




IV. Vantaggi dell'assistenza alla S. Messa.

Un giorno Geltrude, durante la S. Messa, offerse al divin Padre, assieme al sacerdote, l'Ostia santa, in riparazione de' suoi peccati e per supplire alle sue negligenze. Le fu rivelato che l'anima sua era stata accolta dalla divina Maestà con la stessa compiacenza con cui aveva gradito Gesù Cristo, splendore e immagine del Padre, Agnello immacolato, immolantesi su tutti gli altari per la salvezza del mondo.

Dio Padre, mirando l'anima di Geltrude attraverso all'innocentissima Umanità di Cristo, la trovava pura e illibata; considerandola poi negli splendori della Divinità del Salvatore, la trovava adorna e ricca di ogni virtù, cioè delle stesse perfezioni di cui la Divinità aveva arricchito l'Umanità del Verbo incarnato.

Geltrude ringraziò il Signore d'averla colmata dei suoi benefici, e ricevette questa luce: tutte le volte che una persona assiste alla S. Messa, unendosi a Gesù che s'immola per il riscatto del mondo, Dio Padre la contempla con la stessa compiacenza dell'Ostia Santa. Quest'anima diventa allora risplendente come una persona che, uscendo dalle tenebre, si trovasse avvolta nella piena luce del sole.

La Santa chiese a Gesù: « Se si cadesse poi in peccato, si spegnerebbe questa luce, come se la persona suddetta passasse dal meriggio a luogo tenebroso? ». « No, figlia mia - rispose Gesù - perché colui che pecca pone, per così dire, l'ombra d'una nube fra lui e la mia misericordia; ma la mia bontà gli conserva, per la vita eterna, un pò di quelle benedizioni, che poi vedrà crescere e moltiplicarsi ogni volta che si accosterà con divozione ai sacri misteri ».




V. Come i peccati di lingua rendono indegni della SS.. Comunione.

Dopo d'aver ricevuto la SS. Comunione riflettè di quanta vigilanza bisogna circondare la lingua per evitare qualsiasi peccato, essendo proprio essa che ha l'insigne onore di ricevere i preziosi misteri di Cristo.

Il Signore volle illuminarla con questo paragone: « Se qualcuno non vigila per evitare parole oziose, vane, bugiarde, immodeste o maldicenti, e, senza averne fatto penitenza,, s'accosta a ricevermi, costui mi accoglie come farebbe una persona che, aprendo la sua casa ad un ospite, gli rovesciasse addosso un mucchio di sassi posto sulla soglia, o gli assestasse un colpo di bastone sul capo ».

O Tu che leggi, medita queste parole e piangi di compassione, considerando, da una parte la durezza del cuore umano, dall'altra la bontà di Dio che non si stanca di salvare gli uomini che lo perseguitano così crudelmente.




VI. Come l'anima deve rivestirsi per ricevere degnamente la SS. Comunione.

Geltrude si trovò un giorno poco preparata per ricevere la SS. Comunione e, siccome il tempo stringeva, ella cercò di rinfrancare se stessa con questa riflessione: « Ecco che lo Sposo ti chiama; come potrai presentarti a Lui senza essere adorna dei meriti necessari a coloro che vogliono. cibarsi degnamente delle sue Carni immacolate? ». La povertà dell'anima sua le appariva così assoluta, da farle perdere ogni speranza nelle sue personali industrie; però mise tutta la sua confidenza in Dio, facendo queste riflessioni: «A che mi serve aspettare? Quand'anche avessi mille anni a mia disposizione, non potrei dispormi bene, perchè nulla in me ha valore per arricchire lamia preparazione.

« Me ne andrò dunque incontro a Gesù con umiltà e fiducia ed Egli, quando mi vedrà da lungi, avrà compassione di me, e il suo onnipotente amore lo indurrà a concedermi i beni necessari per riceverlo degnamente ». Con questi sentimenti si avanzò verso Dio, tenendo sempre lo sguardo fisso alla sua bassezza e povertà.

Aveva appena fatto pochi passi, quando Gesù le apparve; la guardò con tenera compassione, volle rivestirla della sua innocenza con una tunica candidissima, e della umiltà, che gli fa accettare di unirsi a creature così indegne, offrendole una tunica violacea.

La speranza che fa desiderare al Signore gli amplessi dell'anima, era simboleggiata da un ornamento di colore verde l'amore di cui Dio si compiace di circondare le sue creature, la coprirebbe con un prezioso manto d'oro; la gioia che procura a Dio gaudio ineffabile nel discendere nei nostri cuori, formerebbe una corona di perle smaglianti. Ella riceverebbe infine, come calzatura, quella confidenza, con la quale il Signore si appoggia alla nostra fragile sostanza, dichiarando di trovare la sua delizia nei figliuoli degli uomini. Così adorna ella si accostò fervorosamente alla SS. Comunione.




VII. Con quale amore il Signore si dà nel SS. Sacramento.

Dopo d'aver ricevuto la SS. Comunione, Geltrude, tutta raccolta in sè, vide Gesù in figura di un pellicano che, come spesso si suole rappresentare, si apre il cuore col becco. Piena di ammirazione chiese: « O mio dolce Maestro, cosa vuoi farmi comprendere sotto questa figura? ». «Voglio che tu consideri quanto smisurato sia l'amore che mi induce a fare agli uomini un sì eccelso dono. Se l'espressione potesse convenirmi direi che la morte mi parrebbe meno amara del rifiutare questo dono ad un'anima amante. Considera in qual modo mirabile la tua anima riceva da questo divin Sacramento una grazia, che è come un anticipo della vita eterna, cosi come i piccoli del pellicano ricevono la vita dal sangue che cola dal cuore del padre ».




VIII. Eccesso di bontà nel divin Sacramento.

Un predicatore aveva lungamente predicato i rigori della divina giustizia e la sua parola era penetrata così addentro nel cuore di Geltrude, da crearvi rinascenti perplessità.

Il Signore si degnò d'incoraggiarla: « Se non vuoi più guardare con gli occhi dell'anima le bontà infinite con cui ti circondo, guarda almeno con quelli del corpo, come m'imprigiono in un piccolo ciborio e sotto quali umili apparenze mi accosto all'uomo. Capirai allora che nell'Eucarestia la misericordia imprigiona completamente la giustizia, ed è appunto la misericordia che voglio manifestare agli uomini in questo Sacramento ».

Altra volta, per gli stessi motivi, la divina Bontà l'invitò, in questi termini, a gustare tutta la dolcezza dell'Eucaristico Dono: « Guarda la minima proporzione dell'Ostia, sotto cui mi nascondo per, nutrirti della mia Divinità e della mia Umanità; considera che subordino il mio Corpo, così umiliato, al corpo dell'uomo che mi riceve, e tale subordinazione non è che la figura di quella che mi sottomette alla volontà di chi comunica ».

Un giorno, mentre Geltrude si comunicava, il Signore le manifestò l'eccesso della sua bontà: « Hai notato come, per celebrare il S. Sacrificio, il sacerdote si ricopre di un'ampia pianeta per riverenza a sì augusto mistero? Però quando distribuisce il mio Corpo, l'ornamento è rialzato sulle braccia: è con la mano nuda che offro il Pane celeste per far capire che, se accetto con bontà quello che si fa per prepararsi alla S. Comunione, cioè preghiere, digiuni e altre simili opere, tuttavia m'inchino con una compassione molto più tenera verso coloro che, sprovveduti di tali ornamenti, ricorrono fiduciosamente alla mia misericordia, giudicandosi incapaci di onorarmi degnamente. Tale è la mia benignità, ma sono pochi quelli che penetrano questo dolce mistero d'amore ».




IX. L'Umiltà è più gradita a Dio della divozione.

Un giorno, mentre la campana suonava per chiamare le monache alla SS. Comunione e già si era iniziato il canto dell'antifona, Geltrude disse al Signore: « Ecco, o mio Diletto, che a me ti avvicini! Ma perchè non hai supplito alla mia indegnità, accordandomi gli ornamenti della divozione? ». Rispose Gesù: « Uno sposo preferisce talvolta mirare la mano bianca e delicata della sua sposa senza guanto e il suo collo senza monili; così io mi compiaccio più dell'umiltà di chi si comunica che della divozione ».

Un'altra volta, quantunque parecchie Consorelle si fossero astenute dalla SS. Comunione, ella ricevette gioiosamente il Corpo di Cristo e sciolse, dall'intimo del cuore, l'inno del cuore, l'inno del più fervido ringraziamento. « Tu m'hai invitata al tuo sacro Banchetto - diceva ella - e io sono venuta, cantando le tue lodi ». Il Signore le rispose con parole d'ineffabile dolcezza: « Sappi che io ti desideravo con tutto l'amore del Cuore ». « O Signore - riprese la Santa - quale gloria e quale gioia può ridondare alla tua Divinità dal fatto che, con la mia bocca indegna, ho accolto il tuo immacolato Sacramento? ». E il dolce Salvatore: « Sappi, o figlia, che l'amore che si porta a un amico fa trovare un incanto speciale in tutte le sue parole; così la mia tenerezza mi fa gustare nel cuore degli eletti tali gioie che loro stessi non possono neppure supporre, nè provare ».




X. II divin Sacramento si dà all'anima non per essere visto, ma per essere gustato.

Un giorno, mentre il sacerdote distribuiva la S. Comunione, Geltrude voleva contemplare da lungi la sacratissima Ostia, ma non poteva per la folla di persone che assiepavano l'altare. Ella sentì allora Gesù invitarla amabilmente con queste parole: « Coloro che vivono da me lontani, ignorano questo mistero d'amore. Se tu vuoi avere la gioia di conoscerlo, avvicinati a me ed esperimenta, non per mezzo della vista, ma del gusto, la dolcezza di questa manna nascosta».




XI. Non bisogna biasimare coloro che per rispetto si astengono dalla SS. Comunione.

Geltrude vide un giorno una consorella avvicinarsi alla SS. Comunione con sentimenti di timore così esagerato, da sentirsi allontanare da quella suora con una specie d'intimo disgusto.

Il Signore gliene fece amoroso rimprovero: « Non sai, figlia mia, che il rispetto e l'onore mi sono dovuti come la tenerezza e l'amore? Giacchè la fragilità umana è incapace di compiere con un solo sentimento questi due doveri, e voi siete le membra di un solo corpo, è conveniente che la disposizione che manca all'una, sia supplita da un'altra. Così colui che è più commosso da sentimenti d'amore, si occuperà meno della riverenza che pure mi è dovuta. Dev'essere però contento che altri mi prodighi il rispetto e desiderare che anch'esso possa ottenere, a sua volta, le consolazioni della divina dolcezza ».




XII. II Signore vuol essere servito a nostre proprie spese.

Un'altra volta Geltrude vide una monaca turbarsi per lo stesso motivo, e pregò per lei. Il Signore rispose: « Vorrei che i miei eletti non mi considerassero così crudele, ma che fossero persuasi che tengo conto e gran conto di quello che fanno a loro spese. Colui che nell'aridità più assoluta compie le sue opere di pietà, preghiere, genuflessioni e tutto il resto, persuaso che la divina Bontà accetterà le sue offerte, sa veramente servirmi nella pratica immediata del suo amore ».




XIII. Perchè talora, durante la S, Comunione, ci sentiamo privati della grazia della divozione.

Geltrude esponeva un giorno a Gesù i lamenti di una persona che si sentiva meno divota nei giorni di Comunione. Non è effetto del caso, - spiegò il Signore - ma è una disposizione provvidenziale della mia bontà, perchè, se accordo la grazia della divozione per giorni ordinari e in momenti imprevisti, sforzo, per così dire, il cuore dell'uomo ad elevarsi verso di me, mentre, se non avesse ricevuto tale grazia, resterebbe immerso nel torpore.

Sottraendo invece il fervore nei giorni di festa, nell'ora solenne della S. Comunione; i miei eletti concepiscono ardenti desideri, si esercitano nell'umiltà e i loro sforzi li fanno progredire nella via della perfezione, più che se avessero doni di grazia sensibile ».




XIV. Non bisogna omettere la SS. Comunione quando si sono commesse colpe veniali.

Geltrude pregava un giorno per una persona che si era astenuta dalla S. Comunione per timore di scandalizzare il prossimo, essendo caduta in un leggero fallo esterno. Il Signore le rispose con un paragone: « Quando ci si accorge d'avere una macchia sulle mani, ci si affretta a lavarle, e allora esse si purificano completamente: la stessa cosa capita talvolta ai miei eletti. Permetto che cadano in qualche colpa leggera, perchè, compiendo poi atti di pentimento e d'umiltà, diventino più graditi ai miei divini sguardi e l'anima loro rinnovata, sfavilli di particolare splendore. Purtroppo però molti contrastano i miei amorosi disegni, non stimando la riconquistata bellezza interiore, e preoccupandosi soltanto della rettitudine esterna, basata sul giudizio degli uomini, - essi si privano così dell'immensa grazia di ricevermi, nel timore di essere biasimati da coloro che, avendo visto i loro falli, non hanno però visto il pentimento che li ha distrutti ».




XV. Gesù, a nostra richiesta, supplisce abbondantemente per ogni colpa..

La voce del Signore che invitava Geltrude alla mensa degli Angeli, si fece sentire un giorno; al suo cuore con tanta dolcezza, che le Sembrava già - di abitare gli eterni palagi, e di essere assisa in quel glorioso regno al banchetto del Padre celeste: Ma la vista della sua miseria d'indegnità la rendeva ansiosa, tacito che - cércava, di sfuggire, sì granite onore. Il Figlio di Dio le si accostò allora e la tirò in disparte, per disporla Lui stesso al divino incontro. Le lavò le mani per simboleggiare la remissione dei peccati, ottenuta mediante i meriti della sua Passione. Poi, togliendosi gli ornamenti regali, collane, braccialetti, anelli li offerse: alla sua Sposa, invitandola ad avanzarsi con gravità nella bellezza dei suoi gioielli, e raccomandandole di non correre come un'insensata senza dignità, la quale è atta più a ricevere disprezzo che onore.

Geltrude comprese che coloro che camminano come gli insensati, portando gli ornamenti del Signore, sono quelli che dopo d'avere considerato le loro imperfezioni, domandano al Figlio di Dio di soccorrerli; ma, ricevuto tale sommo beneficio, non dilatano il cuore in una confidenza completa nelle soddisfazioni di Cristo, e continuano a mantenersi nelle loro infondate trepidazioni.




XVI. Grazie accordate per la S. Comunione ben fatta.

Un altro giorno Geltrude, dopo di essersi comunicata, offerse a Dio il Corpo del Signore per il sollievo delle anime del Purgatorio, e comprese che quella sua oblazione le aveva considerevolmente confortate nelle loro pene cocenti. Rapita d'ammirazione esclamò: « O mio dolcissimo Signore! devo confessare per la tua maggior gloria che, nonostante la mia indegnità, ti degni d'onorarmi con la tua presenza e perfino fissare la tua dimora nell'anima mia! Perchè mai la S. Comunione non produce sempre quei felici risultati che mi hai permesso oggi di constatare?».

Rispose Gesù. « Un re nel suo palazzo non è accessibile a tutti: ma quando, nel santo trasporto dell'amore, si reca a visitare la regina, discendendo nel suo appartamento privato, allora tutti i cortigiani godono ampiamente delle regali munificenze e ricevono con gioia i benefici del sovrano. Così, quando cedo alla dolce bontà del mio Cuore, e mi abbasso a nutrire del divino Sacramento un'anima, esente da colpa mortale, tutti coloro che sono in cielo, in purgatorio e sulla terra ne ricevono benefici inestimabili ».




XVII. La SS. Comunione solleva le Anime del Purgatorio.

Un giorno, mentre Geltrude stava per comunicarsi, provò un bisogno immenso di sprofondarsi nell'abisso della sua miseria, e di nascondervisi totalmente per onorare l'ineffabile accondiscendenza del Signore che ciba i suoi eletti col suo Corpo e li inebria con il suo Sangue.

Ella comprese allora il sublime annientamento del Figlio di Dio, quando discese nel limbo per liberare le anime che ivi stavano prigioniere. Mentre si sforzava di unirsi a quell'ineffabile umiliazione, si trovò come immersa negli abissi del Purgatorio. Là, rinnovando i suoi sentimenti, comprese le parole che le diceva Gesù: « Con la S. Comunione ti attirerò a me in tal modo che tu trascinerai tutte le anime, a cui giungerà l'incomparabile profumo dei santi desideri che sfuggono così copiosamente da te».

Dopo d'aver accolto tale promessa Ella s'avvicinò alla mensa angelica, pregando il Signore di liberare tante anime del Purgatorio, quante erano le molecole dell'Ostia che aveva in bocca. E il Signore rispose: «Per farti capire che le mie misericordie sorpassano tutte le mie opere e che nessuna creatura può misurare l'abisso della mia bontà, ti assicuro che, per i meriti del Sacramento di vita, sono disposto ad accordarti molto di più di quanto hai chiesto».




XVIII. Meravigliosa unione con Gesù per mezzo dell'Ostia Consacrata.

Geltrude, dovendosi un giorno comunicare, si andava umiliando ancora più profondamente del solito, persuasa della sua indegnità. Ella pregò il Signore di ricevere in suo nome, l'Ostia Santa nella stessa sua persona, d'incorporarsela e di permettere in seguito che, per mezzo del suo soffio divino, ella ne aspirasse, di ora in ora, qualche virtù, nella misura ch'Egli crederebbe più conveniente alla sua debolezza. Riposò poi alquanto sul sacro petto del Salvatore, come raccolta nelle sue braccia divine e posta in modo che il suo lato sinistro sembrava applicato al lato destro di Gesù.

Poco dopo, essendosi levata, s'accorse che il suo lato sinistro aveva l'impronta vermiglia di una cicatrice insanguinata, ricevuta nel contatto dell'aperto Costato di Cristo.

Accostandosi poi alla S. Comunione, le parve che il Signore ricevesse con la sua bocca adorabile la Santa Ostia, la quale, attraversando il suo petto affiorò alla Piaga del Costato e ivi rimase. Gesù disse alla sua Sposa: « Questa Ostia ci unirà in modo che una parte coprirà la tua ferita, l'altra parte la mia. Ogni giorno tu toccherai quest'Ostia con grande divozione, meditando l'inno « Jesu nostra Redemptio » (festa dell'Ascensione). In seguito le disse di prolungare tutti i giorni la preghiera per accrescere sempre più il desiderio del divin Sacramento; perciò le ingiunse di recitare quell'inno una volta il primo giorno, due ai secondo e così di seguito fino alla sua prossima Santa Comunione.




CAPITOLO XIX

COME BISOGNA PREGARE E SALUTARE LA MADRE DI DIO

Geltrude, prima d'iniziare la meditazione, pregò Gesù d'indicarle il soggetto più adatto per il bene dell'anima sua, ed Egli le rispose: « Tienti vicino alla Madre mia che è assisa al mio fianco e onorala con lodi ferventi ».

Allora ella salutò la Regina del cielo con quel versetto « Paradisus voluptatis etc. - Paradiso di delizie ecc. » e la felicitò per essere stata gradevolissima abitazione della Sapienza infinita di Dio, la quale, attingendo da tutta l'eternità ineffabili delizie nel seno del Padre, e conoscendo tutte le creature, aveva degnato sceglierla per dimora. Indi pregò la celeste Regina d'accordarle un cuore adorno delle sue stesse virtù, affinchè Dio potesse compiacersi di abitarvi. La beatissima Vergine parve allora amorevolmente inchinarsi per piantare nel cuore di Geltrude la rosa della carità, il giglio della purezza, la viola dell'umiltà, il girasole della obbedienza e molti altri bellissimi fiori; in tal modo Geltrude riconobbe che la Madre di Dio è sempre pronta a esaudire le preghiere di coloro che la invocano con fiducia.

In seguito cantò il versetto: « Gaude morum disciplina - Rallegrati, o regola dei costumi ecc. » per congratularsi con la Vergine di avere ella disciplinato l'insieme dei suoi affetti, desideri e sensi con tanta cura, da offrire all'Ospite divino nel suo cuore verginale un omaggio degno di Lui.

Siccome poi Geltrude espresse il vivo desiderio di condividere il medesimo favore, la Madre celeste parve inviarla i suoi propri affetti sotto la sembianza di giovani vergini che dovevano unire i loro sentimenti a quelli di Geltrude, per ottenere alla Santa la grazia dì servire meglio il Signore, e di riparare ai suoi difetti e inevitabili fragilità. La beata Vergine dimostrò ancora con tale accondiscedenza, come sia pronta a esaudire le nostre suppliche. In seguito ci fu un attimo di silenzio: infine Geltrude disse a Gesù: « O Fratello mio dolcissimo, poichè ti sei incarnato per soccorrere le nostre miserie, degnati d'offrire alla tua beatissima Madre, omaggi che riparino la povertà delle mie lodi ».

A queste parole il Figlio di Dio si levò, piegò le ginocchia davanti alla Madre sua e, chinando il capo, la salutò con tanta tenerezza e grande riverenza, da farle gradire con bontà gli omaggi, dei quali il Figlio suo riparava in modo sì nobile, l'imperfezione.

L'indomani nell'ora della preghiera comune, la Vergine Maria apparve a Geltrude, quasi magnifico giglio splendente di candore; tale giglio era composto di tre petali: uno diritto, s'innalzava in mezzo verso il cielo; gli altri due erano ricurvi ai lati. Ella comprese con quella visione, che la Vergine è chiamata giustamente « il candido, giglio della SS. Trinità» perché più di ogni altra creatura ha partecipato alle virtù divine, e non si è mai macchiata di polvere di peccato. Il petalo diritto rappresentava la onnipotenza del Padre, gli altri due inclinati simboleggiavano la Sapienza del Figlio e la Bontà dello Spirito Santo, virtù che la SS. Vergine possedeva in grado eminente.

La Madre di misericordia afferma che chi l'avesse proclamata « candida giglio della SS. Trinità e rosa splendente di Paradiso » avrebbe esperimentata la podestà che l'Onnipotenza del Padre le aveva comunicato come Madre di Dio; avrebbe ammirato le ingegnose misericordie che la Sapienza del Figlio le aveva ispirato, e contemplato l'ardente carità accesa nel Suo Cuore dallo Spirito Santo.

Aggiunse Maria: « All'ora della sua morte mi mostrerò e quest'anima nello splendore di una sì grande bellezza che la mia vista la consolerà e le comunicherà gioie celesti ». Da quel giorno Geltrude propose di salutare la Vergine Maria, o le immagini che la rappresentavano con queste parole: « Ave, candidum lilium fulgidae semperque tranquillae Trinitatis, rosaque prae fulgida ceelicce amaenitatis de qua nasci, et de cuius latte pasci Rex coelorum voluit, divinis influxionibus animas nostras pasce. - Ti saluto, o giglio più bianco della neve, giglio della raggiante, sempre tranquilla Trinità. Ti saluto, Rosa brillante della celeste umanità, dalla quale il Re del cielo volle nascere e prendere il latte verginale: vieni in soccorso di me, povero peccatore, adesso e nell'ora della mia morte. Così sia ».




CAPITOLO XX

FERVIDO AMORE PER DIO E OMAGGIO ALLA VERGINE MARIA

Geltrude aveva l'abitudine, (comune del resto fra coloro che si amano), d'indirizzare tutto quanto le pareva bello e gradito verso il suo diletto Gesù. Quando sentiva leggere, o cantare in onore della Vergine, o dei Santi, parole di tenerezza che ridestavano i suoi affetti, ella si indirizzava con slancio del cuore al Re dei re, al Sovrano unicamente amato. Ora accadde che, nella solennità dell'Annunciazione, il predicatore si compiacque di esaltare grandemente la Regina del cielo e non parlò dell'Incarnazione del Verbo, causa della nostra salvezza. Geltrude ne provò un'intima pena e, passando dopo la predica davanti all'altare della gran Madre di Dio, non potè salutarla con la solita tenerezza dolce e profonda,. ma il suo amore si rivolse tutto verso Gesù, frutto benedetto del seno verginale.

Poco dopo Geltrude si sentì presa da un certo turbamento e chiese a se stessa se, con tali sentimenti, non avesse mal disposta verso di sè la Celeste Sovrana.

Gesù si degnò d'istruirla, dissipando delicatamente le sue inquietudini. « Non temere, carissima figlia, d'aver offeso la mia dolce Madre, volgendo tutti i moti del tuo cuore verso di me; Ella al contrario ne è assai soddisfatta. Però, per levarti ogni scrupolo in avvenire, quando tu passerai dinanzi all'altare della mia purissima Madre, saluta divotamente la sua immagine e non curare la mia ». « Non sia mai - ribatté vivacemente Geltrude - ch'io trascuri Colui che è tutta la mia gioia e la mia vita, per rivolgere ad altri gli atti della mia riverenza e del mio amore! ». Il Signore insistette con ineffabile tenerezza « Mia cara figlia, obbediscimi e ogni qualvolta, noncurante di me, saluterai la Madre mia, ti compenserò come se avessi compiuto, un atto di alta perfezione, anzi come se di gran cuore tu avessi disprezzato innumerevoli beni per accrescere e centuplicare la mia gloria ».

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:52
 
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