Amiamo Dio con Gesù e Maria

3° Libro, Capitoli 1 a 10

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view post Posted on 14/8/2010, 16:19
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Domenico-89

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L'ARALDO DEL DIVINO AMORE - RIVELAZIONI DI S. GELTRUDE
LIBRO TERZO

PREFAZIONE DI LANSPERGIO
La vergine Geltrude, per umiltà, non scrisse nè questo terzo libro, nè i seguenti, però li ha dettati, - dietro ordine del Signore, - ad una consorella colta perchè li scrivesse. Geltrude si credeva indegna di raccontare grazie così eminenti, pensando di sciuparle col tocco della sua penna, e preferì che un'altra le mettesse in luce, affinchè Dio ricevesse degno omaggio di lode e di ringraziamento dalle anime che ne verrebbero a conoscenza.

Ella pensava di togliere da un pantano una perla preziosa e d'incastonarla in oro finissimo, rivelando ad altri i doni della bontà divina, perchè il Signore avrebbe così ricevuto quelle lodi e quei ringraziamenti ch'ella disperava di poterGli rendere. A tale ragione si aggiunse poi l'ordine tassativo dei Superiori, che obbligarono l'una a far conoscere le sue rivelazioni, l'altra a scriverle.

Questo terzo libro è ripieno d'istruzioni e di consolazioni; contiene pure pii esercizi nei quali ciascuno, secondo lo stato particolare, può imparare il modo di servire Dio e di piacerGli; come convenga offrire al Padre celeste i meriti e il frutto della Passione del Figlio suo, per espiare i propri peccati ed applicarsi i frutti della Redenzione; come bisogna amare Dio con tutto il cuore, con quale divozione ricevere i Sacramenti ed infine, come sia necessario conformarsi in ogni cosa al divino beneplacito. Tutte queste cose, e molte altre ancora contenute in questi libri, sono l'espressione pratica dell'amore di Dio verso i suoi eletti. Tale amore rende, in questi ultimi tempi, il Signore così compassionevole verso l'umana fragilità, da prodigarci con abbondanza pari alla misericordia, i suoi doni, i suoi santi e se stesso senza riserva alcuna, purchè la nostra buona volontà sia disposta a tutto ricevere. Continua dunque, caro lettore; non ti pentirai d'aver letto queste pagine.




PROLOGO
La grande umiltà di Geltrude, e soprattutto un forte impulso della divina volontà, l'obbligarono a far conoscere a una persona quanto segue. Sentendosi troppo indegna per rispondere alla grandezza dei divini favori con riconoscenza adeguata, dopo d'averli manifestati ad una consorella se ne rallegrava per la gloria di Dio, parendole d'aver tolto una gemma dal fango per incastonarla in oro fulgente. Fu dunque per ordine dei superiori che la sua consorella scrisse le pagine seguenti.




CAPITOLO I

SPECIALE PROTEZIONE DELLA VERGINE MARIA.

Geltrude aveva saputo, per via di rivelazione, che avrebbe dovuto sopportare avversità per crescere in merito. Era alquanto perplessa, temendo la sua fragilità; ma il Signore n'ebbe compassione e le diede sua Madre, l'Augusta dispensatrice della grazia necessaria per ben sopportare quella tribolazione. Egli voleva che, se la sofferenza le avesse stretto l'anima al di sopra delle sue forze, subito si rivolgesse alla Madre della misericordia che immediatamente le avrebbe accordato soccorso.

Poco tempo dopo ella si trovò immersa nella desolazione più tormentosa, perchè una persona consacrata a Dio, voleva costringerla a rivelare i favori particolari ricevuti nella festa precedente. Per vari motivi ella non giudicava opportuno aderire a quel desiderio, d'altra parte temeva di resistere alla divina volontà. In tale dubbio ricorse alla Consolatrice degli afflitti e n'ebbe questa risposta: «Dà generosamente tutto quello che hai, perchè il mio Figliuolo è abbastanza ricco per restituirti con sovrabbondanza quello che avrai speso per la sua gloria». Tuttavia ella teneva nascosto il suo segreto con tante precauzioni da riuscirle assai penoso e difficile svelarlo ad altri.

Si prostrò allora ai piedi di Gesù, supplicandolo di manifestare, ancora più chiaramente, la sua divina volontà, e di darle la forza di compirla. Il benigno Salvatore si degnò di illuminarla con queste parole: « Deposita le mie ricchezze alla banca, perchè al mio ritorno, ne abbia gli interessi ».

Lo Spirito Santo illuminò allora la sua intelligenza. Ella comprese d'avere celato i divini favori per motivi di amore proprio; così, in seguito, rivelò con facilità i doni di Dio, secondo la profonda parola dei Proverbi: « Gloria regum est celare verbum: gloria autem Dei est investigare sermonem: La gloria del Re è di tenere nascosta la parola, ma quella, di Dio consiste nel premurosamente rivelarla ».




CAPITOLO II

ANELLI DI SPIRITUALE ALLEANZA

Geltrude offerse un giorno al Signore, mediante una breve preghiera, le sofferenze dell'anima e del corpo, intendendo di aggiungere anche le delizie spirituali ed il riposo fisico di cui non poteva usufruire. Le apparve allora Gesù, portando quella duplice offerta sotto il simbolo di anelli ricchi di brillanti, posti, quali splendidi ornamenti, alle sue dita divine. Dopo d'aver ricevuto quella luce, rinnovò assai spesso la sua offerta. Un giorno, mentre la ripeteva con fervore, sentì Gesù toccarle l'occhio sinistro con l'anello della mano sinistra, simbolo della sofferenza fisica. Immediatamente sentì un acutissimo dolore a quell'occhio sul quale il Signore aveva posto la mano, tanto che esso non riacquistò mai più l'antico vigore.

L'atto del Signore le fece comprendere che l'anello è simbolo delle nozze; e che le sofferenze fisiche, o morali sono il segno infallibile delle divine predilezioni delle nozze dell'anima con Dio. In verità colui che soffre può dire fiduciosamente: « Anulo suo subarrhavtt me » (Pontif. Rom. De Consacratione Virginum). « Mi ha dato il suo anello come pegno ». Se poi l'anima afflitta sa lodare e ringraziare il suo Dio nell'angoscia, può con gioia celeste aggiungere: « Et tamquam sponsam decoravit me corona » (Ibid), perchè la riconoscenza a Dio fra le pene, procura gloriosa corona più preziosa dell'oro e del topazio.




CAPITOLO III

MERITO DELLA SOFFERENZA

Un giorno venne rivelato a Geltrude che la naturale ripugnanza che noi proviamo di fronte ai dolore, può darci un aumento di gloria. Verso la Pentecoste provò un dolore così forte al fianco, che le persone presenti avrebbero temuto vederla morire in quello stesso giorno, se non avessero fatto esperienza che altre volte aveva superate felicemente simili crisi. Il divino Consolatore ed Amante delle anime volle allora istruirla nel modo seguente: disse che quando si sarebbe trovata sola per la negligenza di coloro che avrebbero dovuto curarla, Egli avrebbe supplito alla loro mancanza con la sua dolce presenza, pegno d'ineffabili conforti. Ma se le attenzioni e le premure si fossero moltiplicate intorno a lei, Egli si sarebbe nascosto con aumento delle sue sofferenze.

Comprese allora Geltrude che più siamo abbandonati dagli uomini, più Dio ci accarezza nella sua misericordia. Verso sera, essendo tormentata dalla violenza del male, chiese un attimo di ristoro; il Signore, alzando le braccia, le mostrò che portava sul suo petto, quasi magnifico ornamento, tutte le sofferenze che aveva sopportato in quella giornata. Tale monile le parve completo e senza difetto, e mentalmente concluse che il male stava per finire. Ma Gesù, leggendole nel pensiero, le disse: « Quello che soffrirai ancora, aumenterà lo splendore dei mio gioiello ». Infatti il divino serto era ricco di pietre preziose, ma tali pietre non avevano alcuno splendore. Fu allora colpita da una specie di peste di forma benigna, durante la quale sofferse di più per l'assenza di ogni consolazione che per la stessa malattia.




CAPITOLO IV

DISPREZZO DELLE CONSOLAZIONI TEMPORALI

Nei giorni che seguirono la festa di S. Bartolomeo, Geltrude fu oppressa da una profonda melanconia che le fece perdere la pazienza. A causa di tale fragilità l'anima sua fu immersa in tenebre così profonde, da sembrarle d'aver perduto per sempre la divina presenza. Ma il sabato seguente, mentre si cantava l'antifona « Stella Maris, Maria» riebbe la gioia spirituale per intercessione della gran Madre di Dio. La domenica successiva, felice di gustare le ineffabili dolcezze del suo Dio, si risovvenne della passata impazienza e di altre sue colpe, concependo di se stessa il più sincero disprezzo.

Allora domandò al Signore la grazia di correggersi, ma lo fece con tale abbattimento, per la vista delle sue numerose miserie, che concluse con accento quasi disperato: « O Padre delle misericordie, poni termine a questi mali, giacché io non so mettervi nè limiti, nè misura « Libera me Doratine et pone me juxta te, et cujusvis manus sit contra me. Liberami, Signore, mettimi vicino a Te e che nessuna mano possa elevarsi contro di te » (Giob. XVII, 2). Il Signore, che desiderava consolarla ed istruirla, le mostrò un giardinetta ricco di vari fiori, cinto d'una siepe di spine ed inaffíato da un ruscello di miele.

« Consentiresti - chiese il Signore alla sua Sposa - d'abbandonarmi per godere la vista di questi fiori, e per gustare il sapore di questo miele? » « No, certo mio Signore! » rispose vivacemente Geltrude.

Gesù mostrò poscia a' suoi sguardi un altro giardinetto dal suolo paludoso, dove cresceva a stento una magra verzura, e spuntavano alcuni fiori senza profumo, nè vaghezza. « E quest'altro giardino - chiese Gesù - lo preferiresti al tuo Dio? » « Ah, esclamò Geltrude con indignazione, coprendosi inorridita il volto: - Come potrei fissare la mia scelta su ciò che è vile e perituro, mentre posseggo in Te, mio Dio, il solo tesoro vero, durevole ed eterno?

« Aggiunse il Signore: « I doni di cui ho arricchito l'anima tua sono la prova sicura che possiedi la carità: perché dunque ti lasci opprimere dal turbamento e dalla disperazione alla vista dei tuoi peccati? Non è forse scritto "Charitas operit multitudinem peccatorum" "La carità copre la moltitudine dei peccati?". Col giardino paludoso ed arido che tu hai disprezzato, ho voluto simboleggiare la vita carnale: con quello fiorito, la vita dolce, piacevole, esente d'avversità, quella vita che tu avresti potuto godere comodamente, usufruendo del favore degli uomini e di una riputazione di santità, se non avessi preferito la mia divina volontà

« Oh, mio amatissimo Gesù - rispose Geltrude - fosse vero che io avessi rinunciato alla mia propria volontà, disprezzando il giardino fiorito! Ma temo d'averlo abbandonato a causa de' suoi angusti confini » « Infatti - riprese il Signore - quando vedo le anime dei miei eletti immerse nelle gioie della vita, la delicatezza della mia infinita bontà mi suggerisce di eccitare in esse il rimorso di coscienza, affinchè quella spina interiore loro manifesti il poco valore dei beni terreni, ed essi li disprezzino più facilmente». Geltrude, con atto generoso e spontaneo, rinunciò allora a tutte le gioie terrene e persino alle celesti consolazioni, abbandonandosi ciecamente alla volontà del suo Dio. Cinta dalle braccia del suo divin Sposo, fiduciosamente appoggiata al suo sacro petto, le sembrava che gli sforzi di tutte le creature riunite insieme non sarebbero più riuscite a strapparla da quel domicilio di pace, dove attingeva dalla Piaga del divino Costato un liquore vivificante più squisito del balsamo.




CAPITOLO V

COME IL SIGNORE SI CHINO' SU GELTRUDE CHE SI UMILIAVA PROFONDAMENTE AL SUO COSPETTO

Nella festa dell'apostolo S. Matteo il Signore la colmò della dolcezza delle sue benedizioni. Geltrude, imitando il sacerdote che, durante la S. Messa, innalza il calice del prezioso Sangue, volle presentare ella stessa tale offerta al suo Dio, in omaggio di ringraziamento. Ma poi prese a riflettere che quell'oblazione santa, le servirebbe ben poco, se non si unisse in pari tempo al Cristo disposto a soffrire per suo amore, ogni sorta di tribolazioni. Allora staccandosi con generoso sforzo dal petto beatificante del Signore ove si riposava con tanta delizia, si distese a terra come un vile cadavere, dicendo: «Eccomi o mio Dio, pronta a sopportare qualsiasi genere di dolore che possa aumentare la tua gloria». Gesù, pieno di bontà, si levò e, ponendosi accanto alla sua sposa, l'attirò teneramente a sè con queste parole: «Hoc est meum ». «Ecco qualcosa che veramente è mio».

Fortificata dalla divina virtù, ella si rialzò e rispose: « Sì, mio Signore, io sono l'opera delle tue mani ». Riprese l'amabile Salvatore. « Ed io aggiungerò che non posso essere felice senza di te! » Piena di ammirazione per quelle adorabili parole, ricche d'infinita accondiscendenza, ella aggiunse: « Come mai, o mio Dio, parli così, mentre dopo d'aver provato le tue delizie nella creazione, possiedi in Cielo e sulla terra falangi d'innumerevoli amici coi quali puoi vivere felice, anche se io non fossi stata creata? ». Le rispose Gesù: « Chi è sempre stato privo d'un membro non ne soffre la menomazione, come colui a cui sia stato tolto in giovinezza. Così avendo io stabilito e fissato il mio amore nell'anima tua, non potrò mai sopportare che tu sia separata da me ».




CAPITOLO VI

COLLABORAZIONE DELL'ANIMA CON DIO

Nel giorno della festa di S. Maurizio, durante la S. Messa, al momento della Consacrazione, Geltrude disse al Signore: « Oh, mio Dio quanto è grande ed inestimabile l'opera della tua potenza. e del tuo amore! La mia piccolezza non osa neppure fissarvi lo sguardo. Io discendo e mi sprofondo nell'abisso della mia bassezza, e ivi aspetterò la parte che mi sarà assegnata in questo tesoro, comune a tutti gli eletti ».

Le rispose Gesù: « Non hai tu mai osservato come una madre, intesa ad assettare un bell'intreccio di perle e di fili di seta, si faccia, nel delicato lavoro, aiutare dal suo figliuolo minore? Essa lo pone su d'una seggiola più elevata, e poi gli porge ora un filo di seta, ora una perla. In tal, modo io ti ho posta ben in alto, per assistere a questa S, Messa; se tu consenti, anche a prezzo di gravi sacrifici, ad offrirmi generosamente il tuo buon volere ed a disporti a tutto fare ed a tutto soffrire affinché l'oblazione del mio Corpo e del mio Sangue abbia a produrre il suo pieno effetto per la salute dei vivi e per la liberazione dei defunti, allora, nonostante la debolezza del tuo potere, mi avrai aiutato efficacemente, nel compimento della mia grande opera redentrice ».




CAPITOLO VII

COMPASSIONE DI GESU' A NOSTRO RIGUARDO

Era il giorno dei Santi Innocenti: Geltrude bramava di presentarsi fervorosamente a ricevere la SS. Comunione, ma provava una grande difficoltà per le numerose distrazioni che l'assalivano. Avendo chiesto il divino aiuto, ebbe da Gesù questa misericordiosa risposta: «Sappi, figlia mia, che se un'anima, provata dalle tentazioni, si rifugia in me, è quella colomba. scelta fra mille, della quale parlo nella scrittura "Una est colomba mea, tamquam electa ex millibus, qui in uno oculorum suorum transvulnerat Cor rneum divinum" ; Ella è questa sposa più amata di cui un solo sguardo ferisce il mio cuore, e se fossi impotente a soccorrerla, l'anima mia ne proverebbe un dolore così profondo, che tutte le gioie del Cielo non basterebbero ad addolcirlo. Nella mia Umanità congiunta alla Divinità, i miei diletti trovano un avvocato compassionevole per le loro rinascenti miserie » « Ma Signor mio » - riprese Geltrude - « come mai il tuo Corpo immacolato, che non conobbe nessun disordine, potrà inclinarti ad aver compassione delle nostre svariatissime miserie? ». Rispose Gesù: « Potrai convincertene per poco che tu rifletta alla parola dell'Apostolo: « Debuit per omnia fratribus assimilari, ut misericors fleret (Eb. II, 17). Dovette assomigliare ai suoi fratelli per diventare misericordioso». Poi aggiunse: «Te lo ripeto: lo sguardo unico con cui la mia diletta mi rapisce il cuore, è quella confidenza tranquilla e sicura che la porta a riconoscere che posso e voglio aiutarla fedelmente in ogni cosa. Tale fiducia incondizionata fa violenza alla mia tenerezza ed io divento impotente a resisterle » « Io vedo bene » - rispose Geltrude - che l'abbandono confidente ti rapisce il cuore, ma come fare a ottenere un dono così perfetto? E che sarà mai di coloro che non l'hanno? ». - Rispose il Signore: - « La mia grazia non viene meno a nessuno; tutti possono vincere la pusillanimità, meditando dei passi della S. Scrittura che ispirano confidenza. Qual'è l'uomo che non possa, se pur vuole, richiamare, almeno sulle labbra, le parole di confidenza e di abbandono di cui sono infiorati i libri santi, come per esempio, quest'espressione di Giobbe: « Etsi in profundum inferni demersus fuero, inde me liberabis » e quest'altra « Ettamsi occideris me, in te sperabo » « Quand'anche fossi inghiottito in fondo degli abissi, Tu me ne ritrarresti, o Signore! Quand'anche Tu mi uccidessi, io in Te spererei? » (Giob. XIII, 15).




CAPITOLO VIII

LE CINQUE PARTI DELLA S. MESSA

Un giorno Geltrude, obbligata a letto per malattia, non poteva assistere alla S. Messa, durante la quale avrebbe dovuto comunicarsi. Con cuore angosciato disse al suo Dio: « Ecco, amabilissimo Gesù, che, per disposizione della tua divina Provvidenza, non posso recarmi al S. Sacrificio; come potrò ricevere degnamente il tuo Corpo sacratissimo ed il tuo prezioso Sangue, poichè la mia migliore preparazione consiste nell'unirmi con l'intenzione al celebrante, seguendo le varie parti del S. Sacrificio?».

Il Signore rispose: « Giacchè mi chiami in causa e sembri quasi rivolgermi un rimprovero, voglio, mia amatissima Sposa, cantarti un epitalamio pieno di dolcezza e d'amore. Ricorda che ti ho riscattata col mio Sangue e sappi che i trentatré anni, nei quali ho lavorato sulla terra, sono stati consacrati a preparare le mie nozze con te. Questo pensiero ti serva per la prima parte della S. Messa.

Ascolta; sono Io che te lo dico: - sappi che sei stata arricchita dal mio Spirito, e, come il mio Corpo ha lavorato trentatré anni in preparazione alle nozze con te, l'anima mia esultava in giocondi trasporti, pensando ai mistici sponsali che doveva contrarre con l'anima tua. Questo pensiero ti terrà luogo della seconda parte della S. Messa. -

Impara ancora da me: la mia Divinità si è diffusa in te; è lei che, con la potente virtù, mescola dolcezze inebrianti e delizie soprannaturali alle tue diuturne sofferenze fisiche. Questo ti serva come terza parte della S. Messa. Ascolta ancora una volta: fu il mio amore che ti ha santificata! Riconosci dunque che nessuno dei beni che possiedi è tuo, ma ricorda che hai ricevuto da me tutta quello che può renderti gradita a' miei occhi; ciò ti servirà di meditazione per la quarta parte della S. Messa.

Infine ti rivolgo un'ultima parola: ricorda a quale altezza fosti innalzata, mediante l'unione con Me e riconosci che, essendomi dato ogni potere in cielo e sulla terra, nulla può impedirmi di parteciparti la mia gloria e di volere che colei, che è veramente la sposa del Re, sia chiamata regina e riceva gli onori dovuti alla sua dignità. Deliziati nel meditare tali privilegi e non rammaricarti più di non aver potuto assistere alla S. Messa ».




CAPITOLO IX

GENEROSA DISPĒNSAZIONE DELLA DIVINA GRAZIA

Dio aveva rivelato ad una persona che voleva, per le preghiere delle monache, liberare un grande numero di anime purganti, perciò erano state richieste al Convento preghiere particolari. Geltrude si dispose a recitarle con grande fervore, in unione alle sue consorelle, quando scorse Nostro Signore tutto raggiante di gloria nell'atto di dispensare i suoi benefici. Siccome non poteva chiaramente discernere l'atto del Signore, gli chiese fiduciosamente: « O Dio, ricco di bontà, nell'ultima festa di S. Maria Maddalena ti sei degnato di rivelare, alla tua indegna serva, che avresti accordato grazie speciali di misericordia a coloro che in quel giorno si sarebbero prostrati ai tuoi piedi per imitare la fortunata peccatrice, tua amatissima seguace. Degnati, te ne supplico, rivelarmi anche oggi, l'atto che stai compiendo in questo momento ». Rispose il Signore: « Distribuisco i miei doni ». Comprese ella allora che Egli applicava alle anime dei defunti le preghiere del Convento. Quantunque però questa anime fossero presenti, essa non poteva vederle.

Aggiunse il Signore: « Non vorresti offrirmi i tuoi meriti, perchè io possa aumentare le mie liberalità? ». L'anima di Geltrude fu intenerita per l'unzione di tale dolce invito e, pur non sapendo che la comunità era tutta in preghiera per lo stesso scopo, provò una grande riconoscenza per nostro Signore che si degnava chiederle qualche cose di personale. Rispose quindi gioiosamente: « Sì, mio Dio, io ti offro, non soltanto i miei beni che sono poca cosa, ma anche quelli della comunità di cui posso disporre in virtù di quel dolce vincolo fraterno che la tua divina grazia ha stretto fra noi; quindi con volontà piena, ti presento quest'offerta per onorare le tue divine perfezioni».

Allora il Signore, come distolto dalla sua occupazione per l'immensa gioia che gli procurava tale offerta, stese una bianca nuvola che lo coperse insieme alla sua amatissima Sposa, poi s'inchinò verso di lei ed attirandola dolcemente a sè, le disse: « Occupati di me solo, e gusta le delizie della mia grazia ».

Ma Geltrude riprese: « Perché mai, o Dio, infinitamente buono, hai rivelato a un'altra persona quello che volevi fare per le anime purganti, e mi hai privato di questa luce, mentre, di solito, mi sveli la maggior parte de' tuoi segreti? ». Rispose il Signore: « Ricordati che spesso i miei doni non servono che ad umiliarti, perché te ne giudichi indegna; così li ricevi come un mercenario a cui si paga il salario. Tu pensi che la tua fedeltà dipenda unicamente da questi benefici, e allora esalti le anime che, senza alcun favore speciale, sono fedelissime in tutte le cose. Ebbene stavolta ho voluto farti condividere la loro sorte, perchè il tuo zelo per le anime purganti e le tue assidue preghiere, non essendo ispirate d'alcun favore particolare, fossero per te più meritorie ».

Mentre ascoltava queste ineffabili parole, fu come rapita nella contemplazione di quella bontà divina che, ora diffonde sulle anime nostre il fiume impetuoso delle sue grazie, ora rifiuta anche un minimo favore per custodire più sicuramente tali grazie.

La vista dell'ammirabile condotta di Dio che tutto faceva convergere al bene dell'anima sua, eccitò in essa tale riconoscenza che, rapita in estasi e quasi venendo meno sotto l'azione divina, si gettò sul sacro petto di Gesù, dicendo: « O Dio, la mia debolezza non può sopportare la vista di queste meraviglie d'amore ». Il Signore attenuò allora lo splendore di quella luce; ma quando Geltrude si fu un po' rinvigorita, gli disse: « Poichè la tua Provvidenza, o mio Dio, nella sua incomprensibile sapienza, ha creduto bene privarmi di questo dono, non voglio più nemmeno desiderarlo. Però ti pregherei di dirmi soltanto, se mi esaudisci quando io ti prego in favore de' miei amici ». E il Signore affermò con giuramento: « Io ti esaudisco con la mia divina virtù ». « Allora ti prego per quella persona che mi fu sì spesso raccomandata ». Geltrude vide sfuggire dal sacro petto del Redentore un ruscello d'acqua limpida come il cristallo, che penetrò fino nel più intimo dell'anima per la quale pregava. Ella interrogò ancora il Signore: « Se questa persona non sente l'effusione della tua grazia che l'investe, potrà approfittarne? ». E Gesù di rimando: « Quando il medico fa prendere ad un malato una medicina salutare, spesso non è dato a coloro che lo curano constatarne subito i buoni effetti, ed il malato stesso non si sente guarito sul momento. Pure il medico, che conosce la potenza del rimedio, ne prevede il felice risultato ». « Ma perchè, Signore » - insistette Geltrude - « non togli a quest'anima le sue cattive abitudini e gli altri suoi difetti come tante volte te ne ho pregato? ». « Non hai tu meditato - rispose il signore - quello che si dice della mia infanzia: "Profictebat aetate et sapienza coram Deo et hominibus? Avanzava in grazia e in sapienza davanti a Dio e davanti agli uomini?" (Luc. II, 52). Questa persona con lento progresso giornaliero, cambierà a poco a poco i suoi difetti in virtù; io le perdonerò tutto quello che deriva dall'umana fragilità, per potere poi darle in cielo le ricompense che ho destinato all'uomo, volendo io innalzarlo al di sopra degli stessi angeli ».

L'ora della S. Comunione s'avvicinava. Geltrude domandò al Signore di volere benevolmente anticipare il tempo della sua misericordia e di convertire tanti peccatori, quante erano le anime purganti che avrebbe liberato, ascoltando le preghiere della comunità. Ella aveva l'intenzione di pregare per le anime peccatrici che, nella divina prescienza, si sarebbero salvate, non osando includere anche quelle che già correvano la via della dannazione. Ma il Signore le rimproverò quella riserva: « Con la presenza reale del mio Corpo e del mio prezioso Sangue che stai per ricevere - le disse - non potresti ottenere che anche i peccatori che stanno per dannarsi abbiano a convertirsi? ».

L'immensa misericordia racchiusa in tali parole la riempì d'ammirazione: « O mio Dio, - rispose - poichè la tua infinita bontà si degna d'ascoltare la mia preghiera, io, unendomi all'amore di tutte le tue creature, ti domando di convertire tanti peccatori quante anime purganti libererai, e di convertire quegli stessi peccatori che vivono in istato di dannazione: tale immensa grazia sia accordata a tutti coloro a cui vorrai dispensarla, dovunque essi siano e nel tempo fissato dalla tua Provvidenza. Rivolgendoti questa supplica non voglio avere di mira nè i miei amici, nè i miei parenti, nè alcuno della mia famiglia ».

Il Signore accolse benevolmente questa generosa domanda e promise esaudirla; Geltrude aggiunse: « Vorrei sapere, o mio Dio, quello che potrei fare per supplire all'insufficienza delle mie preghiere ». Ma il Signore non rispondeva. E Geltrude: « O mio dolce Gesù, Tu taci perché, conoscendo il fondo de' cuori, non puoi chiedere alla mia debolezza ciò che forse non saprebbe darti ». Il Salvatore rispose con un volto raggiante di dolcezza: « La sola confidenza può facilmente ottenere qualsiasi cosa. Tuttavia se il tuo zelo vuole offrirmi un tributo d'omaggio, recita trecentosessantacinque volte il salmo "Laudate Dominum omnes gentes ecc.": così mi presenterai un gradito supplemento alle lodi che le creature hanno trascurato di rendermi ».




CAPITOLO X

TRE OFFERTE PREZIOSE

Alla festa di S. Mattia, ella aveva stabilito, per diverse ragioni, d'astenersi dalla S. Comunione: durante la prima Messa, teneva lo spirito attento a Dio ed ai bisogni della sua anima.

Il Signore le dimostrò allora con numerosi attestati di tenerezza, l'affezione più verace e profonda, proprio quella che un amico può sentire per il suo amico. Ma ella non era soddisfatta, essendo abituata a ricevere favori più elevati, in una forma superiore. Quello ch'essa avrebbe voluto era di uscire dal suo io per aderire completamente al Diletto, chiamato fuoco consumatore; anzi desiderava liquefarsi, negli ardori della carità per unirsi più intimamente all'oggetto dell'amor suo. Ma siccome il ringraziamento non assecondava in quel giorno le sue aspirazioni infuocate, ella vi rinunciò per la gloria di Dio e riprese le sue pratiche abituali. Tali pratiche consistevano nel lodare l'immensa bontà e accondiscendenza della SS. Trinità, per tutti i benefici sgorgati dagli abissi infiniti delle sue ricchezze per diffonderli su tutti i beati.

Inoltre ella ringraziava l'augusta Triade per tutti i favori accordati alla SS. Madre di Dio, per i doni eccellenti infusi nella SS. Umanità di Gesù Cristo. Infine supplicava tutti i Santi riuniti, e ciascuno di essi in particolare ad offrire, in supplemento delle sue negligenze, alla risplendentissima, tranquilla Trinità, l'amore e la perfezione coi quali, nel giorno del loro trapasso, si presentarono davanti al Dio della gloria, per ricevere la ricompensa delle loro fatiche. A tale scopo recitò tre volte il salmo Laudate Dominum omnes gentes, in onore di tutti i Santi, della Vergine e del Salvatore divino.

Ma le disse Gesù: « Come farai a ringraziare i Santi delle preghiere che stanno per offrirmi secondo le tue intenzioni, poichè vuoi tralasciare la S. Comunione, per mezzo della quale tu sei solita ad offrirmi, da parte loro, i sensi della più perfetta riconoscenza? ». A tale domanda Geltrude non osò rispondere.

Al momento della Consacrazione ella sentì l'ardente desiderio di trovare un'offerta degna d'essere presentata al Padre, come tributo di lode. Il Signore le disse: « Se tu ti preparassi oggi a ricevere il Sacramento vivificante del mio Corpo e dei mio Sangue, ti sarebbe possibile ottenere i tre benefici che tu bramavi, cioè di godere la dolcezza del mio amore, di sentire l'anima tua liquefarsi per l'ardore della mia Divinità, in modo che possa scorrere in me come l'argento fuso si mescola con l'oro nel crogiolo; infine tu possederesti un prezioso tesoro degno d'essere offerto al Padre onnipotente, in omaggio di eterna lode e tutti i Santi ne avrebbero aumento di ricompensa ».

Persuasa da tali divine espressioni, ella s'infiammò di un desiderio così ardente di ricevere il SS. Sacramento che, per farlo, non avrebbe esitato a passare fra spade sguainate. Andò quindi a comunicarsi e, mentre stava ringraziando Dio di tanto dono, il dolce Amico le disse: « Stamane, assecondando un moto di volontà propria, tu ti preparavi a compiere il dovere d'un servo volgare che porta al suo padrone calce, travi e mattoni. Ma io ti ho eletta nel mio amore e ti ho posta fra i felici invitati che si saziano alla mia tavola regale ».

Siccome poi, in quello stesso giorno, una consorella si era astenuta, senza serio motivo, dalla S. Comunione, Geltrude chiese al Signore: « Perchè mai hai permesso, o Dio misericordioso, ch'ella fosse così fieramente tentata? ». Rispose Gesù: « Non devi accusare me, perchè essa ha coperto così bene gli occhi col velo della sua indegnità, da non poter più scorgere l'immensa tenerezza del mio fraterno amore ».

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 05:53
 
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