Amiamo Dio con Gesù e Maria

1° Libro, Capitoli 11 a 17

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view post Posted on 14/8/2010, 16:26
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Domenico-89

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CAPITOLO XI

DELLA VIRTU' DELL'UMILTA' E DI ALTRE VIRTU' CHE BRILLARONO IN GELTRUDE COME STELLE

Il Signore per stabilire la sua dimora nell'anima di Geltrude, l'aveva adornata di virtù fulgide come stelle. Fra tutte primeggiava l'umiltà, sorgente vera di ogni grazia e custode di tutte le virtù. Geltrude infatti si stimava così indegna dei doni di Dio, da non poter rassegnarsi a usufruirne ella sola; le pareva anzi di essere un canale destinato, nei misteriosi disegni della Provvidenza, a trasmettere agli eletti i divini favori. Non soltanto si dichiarava indegna di tali grazie, ma affermava che non avrebbero affatto fruttificato, se non partecipandole al prossimo con parole e con scritti.

La cara Santa ardeva di tale amore di Dio, e di un si grande disprezzo di se stessa che soleva ripetere: « Quand'anche dopo la mia morte dovessi subire i tormenti dell'inferno, come merito, mi resterà una consolazione, cioè il pensiero che altri, leggendo i miei scritti, loderanno il mio Dio; « che le sue grazie sterili in me, produrranno frutti di benedizione in altri ». La sua umiltà era così convinta da sembrare che le divine grazie, affidate alla più miserabile delle umane creature, dessero maggior rendimento che nella povera anima sua; perciò accoglieva, di momento in momento, tali favori per parteciparli al caro prossimo, come se li ricevesse proprio solo per quell'unico motivo. Giudicandosi con la severità dei Santi ella si considerava come l'ultima di coloro di cui il Profeta ha detto: « Omnes gentes quasi non sint, sic sunt coram eo: Tutte le nazioni sono davanti a lui come se non esistessero » (Isaia XL, 17). E più avanti: « Quasi pulvis esxiguus: Come un granello di polvere ». Come un po' di polvere nascosta sotto una piuma o qualsiasi altro oggetto, è preservata da quella leggera ombra dai raggi solari, così Geltrude si celava per sfuggire l'onore che poteva esserle prodigato, per le grazie sublimi di cui era favorita. Persuasa della sua indegnità ed ingratitudine ella, accogliendo i divini favori, ne rinviava tutta la gloria a Colui la cui ispirazione previene coloro che chiama, ed il cui soccorso accompagna coloro che giustìfica. Pure, come già dicemmo, l'ardente brama dell'onore di Dio, la spingeva a rivelare le bontà del Signore a suo riguardo, e bene spesso precisava la sua intenzione con queste parole: « E' giusto che Dia raccolga nel prossimo il frutto dei benefici che ha accordato a me, che ne sono tanto indegna ».

Un giorno, durante una passeggiata, ella si confidò col suo Dio, sentendo un profondo disprezzo per se stessa: « Ah, mio Dio, il più grande de' tuoi miracoli è che la terra sostenga una peccatrice come sono io ! ». Ma Gesù, ch'esalta coloro che si umiliano, rispose tosto con bontà: « E' ben giusto che la terra ti sorregga, poichè perfino il cielo, nella sua magnificenza, aspetta con ansia gioiosa l'ora felice in cui avrà l'onore di possederti! ». Oh, ammirabile dolcezza della divina bontà, che si compiace di glorificare un'anima in proporzione della sua umiltà!

Una delle sue particolari industrie era quella di non lottare direttamente contro le tentazioni di orgoglio. Quando, durante la preghiera, o mentre compiva qualche opera buona, era assalita da pensieri d'amor proprio, continuava l'atto iniziato, dicendo fra sè: « Purtroppo a tutte le mie miserie s'aggiunge anche la superbia: mi rimane però una consolazione: forse, vedendomi operare il bene, qualche anima si sentirà spinta ad imitarmi e il buon Dio ne sarà glorificato ».

Nel suo ingenuo modo di pensare ella si considerava nella Chiesa di Dio, come uno di quegli spauracchi che si mettono sugli alberi al tempo del raccolto, per allontanare gli uccelli e salvaguardare i frutti.

Ne' suoi scritti Ella ci ha lasciato valide prove della sua dolce, fervente divozione: Dio stesso, che scruta le « reni e cuori » (Ps. VII, 10) si degnò di confermarne la realtà. Un uomo piissimo, animato un giorno da grande fervore, intese queste parole dal Signore: « La consolazione che t'allieta in quest'istante, riempie spesso l'anima di Geltrude nella quale ho posto la mia dimora ».

Il sommo disgusto ch'ella provava dei piaceri effimeri del mondo attesta meravigliosamente la dolcezza e la gioia che ella godeva nel suo Dio, perchè, come afferma S. Gregorio: « Ciò che è carnale non ha nessuna attrattiva per coloro che gustano le cose dello spirito ». E S. Bernardo aggiunge: « Chi ama Dio prova noia in tutto, tranne che nel godimento dell'unico oggetto delle sue brame ».

Un giorno, in cui Geltrude si sentiva come oppressa da tale disgusto riguardo alle gioie umane, esclamò: « Non c'è nulla sulla terra che ormai mi piaccia, se non Tu, o mio dolcissimo Signore! ». E Gesù di rimando: « Anch'io non trovo nè in cielo, nè sulla terra delizia alcuna senza di te, perché, nell'immenso mio amore, ti ho associata a tutte le mie gioie, in tal modo che non goda alcuna dolcezza se non con te: quanto maggiore poi è la mia gioia, tanto più grande è il frutto che tu ne ricavi ». E' lo stesso pensiero di San Bernardo: « L'amore del Re esige la giustizia, ma l'amore dello Sposo vuole la tenerezza e la fedeltà » (Predica LXXXIII, 5 sul Cantico dei cantici).

Geltrude era molto assidua alle veglie e alle ore regolari di preghiera, a meno che ne fosse impedita dalla malattia, o da opere d'apostolato, a vantaggio del prossimo.

Siccome poi il Signore l'inebbriava di sua dolce presenza, Ella bene spesso prolungava i suoi trattenimenti spirituali per ore ed ore, con un ardore che superava le sue forze naturali. Osservava diligentemente le costumanze dell'Ordine che riguardavano la salmodia in coro, i digiuni, il lavoro in comune, e si dispensava con grande dolore da tali osservanze, che formavano la sua delizia. Ben a ragione S. Bernardo dice: « Chi una sola volta ha gustato le dolcezze della carità, si assume con gioia qualsiasi peso e fatica».

Il distacco del suo spirito da tutto il creato era così grande che non poteva sopportare, neppure per un attimo, cosa alcuna che fosse contraria alla rettitudine della sua coscienza. Un amico della nostra Santa chiese un giorno a Gesù, durante la preghiera quale disposizione Gli piacesse di più nell'anima della sua eletta Sposa. E Gesù rispose: « La libertà del cuore ». Ne fu deluso l'interlocutore, sembrandogli quella qualità di valore assai ridotto. « Credevo - aggiunse - che Geltrude fosse giunta ad un'altissima intelligenza dei vostri misteri e che possedesse un amore immenso ». « Ed è proprio così - affermò il Salvatore - perchè tali doni sono il risultata della libertà del cuore. Questa disposizione conduce alla più alta santità. Geltrude ad ogni istante è disposta a ricevere i miei doni, perchè non sopporta nell'anima sua nessuna cosa che possa frapporre ostacolo alla mia azione».

Conseguenza di questa libertà di spirito era la scioltezza e il distacco da ogni bene creato; la fedele sposa di Gesù non voleva cosa nella sua cella che non le fosse indispensabile. Quando riceveva qualche dono, subito chiedeva il permesso di distribuirlo al prossimo, avendo gran cura di favorire i poveri e di preferire i nemici agli amici.

Se doveva fare, o dire qualche cosa, si disimpegnava tosto per tema che la minima preoccupazione potesse turbarla nel divino servizio e menomare la sua assiduità alla contemplazione.

Il Signore stesso degnò rivelare il suo divino compiacimento per tale condotta, a S. Matilde. Le apparve seduta su d'un trono magnifico. Ai piedi di questo trono Geltrude andava in varie direzioni, ma il suo sguardo non si toglieva mai dal Volto di Gesù, attentissima com'era a raccogliere le minime indicazioni del suo sacratissimo Cuore. E. a S. Matilde, ammirata da questo spettacolo, il Salvatore disse: « Ecco qual'è la vita di Geltrude. Ella cammina dinanzi a me, senza perdermi di vista un solo Istante, nell'unica preoccupazione di compiere la volontà del mio Cuore. Appena le è dato conoscerla su di un punto, l'eseguisce all'istante con meravigliosa premura, e spinge lo sguardo più oltre per intuire gli altri miei desideri, e soddisfarli immediatamente. Così l'intera sua vita è consacrata alla mia lode e gloria ». « Ma se è così - obbiettò Matilde - donde viene ch'ella giudica con tanta severità i difetti e le negligenze delle consorelle? ». Il Signore rispose con bontà: « Siccome Geltrude non può sopportare la minima macchia sull'anima propria, così non può tollerare, con indifferenza, i difetti del prossimo ».

L'unica preoccupazione di Geltrude era di piacere a Gesù; riguardo agli abiti ed agli oggetti adibiti a suo uso, ella si accontentava dello stretto necessario, senza mai permettersi alcuna ricerca, o delicatezza. Se preferiva i libri della sua cella, la tavoletta sulla quale scriveva, o i libri che facevano maggior bene alle consorelle era perchè le servivano più di altri a far conoscere e amare Gesù.

Dimenticando affatto se stessa per non vedere che il suo amato Signore riferiva a Lui l'uso delle cose create, rallegrandosi perchè le sembrava, con quell'atto, di presentare un'offerta sull'altare di Dio, di distribuirla in carità. Quindi ella usava con gioia del nutrimento, del riposo, o di qualsiasi altro ristoro, perchè pensava di dare quel sollievo a Gesù, che scorgeva presente nel suo cuore, come pure mirava se stessa presente in Lui, secondo il detto evangelico: « Quod uni ex minimis meis fecistis, mihi fecistis: Quello che avrete fatto al minimo de' miei, l'avrete fatto a me stesso » (Matt. XXV, 40). Con logica stringente ella, considerandosi l'ultima e la più vile delle creature, intendeva accordare a Gesù quello che prendeva ella stessa. Il divin Salvatore si degnò manifestarle quanto quest'intenzione gli fosse cara. Un giorno, afflitta da un forte male di capo, aveva cercato sollievo mettendo in bocca alcune erbe odorose. Il Signore parve inchinarsi con bontà verso la sua Sposa e prendere lui stesso ristoro in quei profumi; dopo d'averne aspirato soavemente la fragranza, si rizzò e, raggiante di soddisfazione per la gloria ricevuta in quell'atto, proclamò davanti all'assemblea de' Santi: « Oggi ho ricevuto dalla mia Sposa un dono stupendo ». Geltrude tuttavia era ancora più felice, quando poteva tributare al prossimo le sue carità; allora brillava in volto la gioia dell'avaro che, invece di una moneta sola, riceve cento marchi.

Con semplicità deliziosa Ella voleva che tutto le venisse come in dono da Gesù; quando doveva scegliere questa, o quella cosa, sia vesti, sia cibo, chiudeva gli occhi e tendeva la mano, ricevendo il primo oggetto che le capitava, persuasa che le fosse presentato dal suo Dio; l'accettava poi con tale gratitudine, come se proprio il Signore glielo avesse offerto personalmente, punto badando se quella cosa fosse più o meno di suo gusto.

Il suo nobile cuore provava tanta gioia in questo caro esercizio, che bene spesso esprimeva il suo rammarico, pensando che i pagani e gli ebrei non avevano la consolazione di entrare in continuo, dolce commercio con Dio.

Geltrude aveva pure in sommo grado la virtù della discrezione: quantunque assai colta nella S. Scrittura, tanto che moltissimi le chiedevano consigli, ritornandosene poi rapiti per la sua rara prudenza, pure, quando si trattava della sua personale direzione, cercava consigli perfino a' suoi inferiori, li ascoltava con umile deferenza e, quasi sempre, abbandonava le proprie idee per seguire quelle degli altri.

Ci sembra ormai superfluo dimostrare come ciascuna virtù particolare brillasse in Geltrude di vivo splendore: l'obbedienza, la mortificazione, la povertà, la prudenza, la fortezza, la temperanza, la misericordia, la carità, fraterna, la costanza, la gratitudine, la gioia del bene altrui, il disprezzo del mondo e molte altre ancora, giacchè abbiamo visto che essa possedeva in alto grado la discrezione, chiamata la madre di tutte le virtù (Regola di S. Benedetto, cap. LXIV).

Aveva pure quell'ammirabile confidenza, base della vita cristiana, a cui Dio nulla rifiuta, tanto più quando si tratta di beni spirituali; anche la nobile umiltà aveva gettato nell'anima sua, come abbiamo visto, profonde radici. Parlando della sua carità verso Dio e verso il prossimo, abbiamo provato che tale virtù, regina delle regine, aveva stabilito in essa il suo trono, irradiando, anche esteriormente, riflessi di misericordiosa bontà. Ometteremo quindi di descrivere dettagliatamente com'ella praticasse tale virtù, quantunque avremmo modo di citare un numero grande di fatti che sorpassano quelli già esposti, e che sono di tale natura da deliziare il devoto lettore. Il fin qui detto però basta per provare che Geltrude fu uno dei cieli nei quali il Re dei re si degnò abitare, come su d'un trono tempestato di stelle.




CAPITOLO XII

TESTIMONIANZE CHE DIMOSTRANO COME GELTRUDE FOSSE VERAMENTE UN CIELO SPIRITUALE

La Chiesa, per celebrare la gloria degli Apostoli, li chiama cieli spirituali ed afferma: « O Cristo, essi sono i cieli che Tu abiti: con la loro parola sei tuono che scuoti, coi loro miracoli, lampo che illumina, e, per loro mezzo, sei rugiada benefica di grazie »« (dagli antichi messali tedeschi nella festa degli Apostoli).

Gli stessi privilegi ebbe Geltrude. Aveva parola efficace e feconda, tanto che non si poteva ascoltarla senza sentirsi conquisi; ben a ragione le convenivano i detti dell'Ecclesiastico «Le parole del saggio sono strali come chiodi solidamente infissi » (Eccl. XII, 11).

La debolezza umana talvolta rifiuta la verità, che sgorga da un cuore acceso di fervore. Un giorno Geltrude aveva corretto una suora con parole alquanto aspre: la poveretta, spinta da un sentimento di tenerezza, pregò il Signore di moderare lo zelo troppo fervido di Geltrude; ma ricevette da Lui quest'istruzione: « Quando vivevo in terra, provavo ancor io sentimenti ed affetti ardentissimi: la vista dell'iniquità accendeva in me il fuoco di un simile zelo; la mia diletta in ciò mi assomiglia ». « Ma dolce Signore », riprese la suora « Tu non dirigesti parole così dure che ad uomini ostinati nel male. Geltrude talvolta è severa, anche con coloro che sono da tutti stimati e giudicati buoni ». Ed il Signore: « Coloro fra i giudei che più si sollevarono contro di me, passavano agli occhi di tutti per santi ».

I discorsi di Geltrude erano, per le anime, rugiada di Dio. Parecchi affermarono che una sola sua parola, aveva avuto maggior efficacia dei lunghi discorsi di rinomati predicatori. Spesso venivano a lei anime ribelli, ostinate, invincibili: dopo d'aver raccolto qualche parola dalle sue labbra versavano lagrime sincere e, penetrate di compunzione, si dicevano pronte a compiere ogni dovere.

Non solo però il consiglio, ma anche le preghiere di Geltrude producevano effetti stupendi. Molte persone, dopo essersi a lei raccomandate, si trovarono improvvisamente libere da gravi, diuturne pene, tanto che, trasportate d'ammirazione, pregarono spesso gli amici di quell'anima eletta di ringraziarne Dio e la sua fedele Sposa. Nè dobbiamo tacere che alcuni furono avvisati in sogno di rivolgersi a Geltrude per confidarle le loro pene; e quando l'ebbero fatto, si sentirono esauditi.

Tali meraviglie non differiscono molto dallo splendore dei miracoli perché il sollevare le anime, non è da meno di guarire i corpi. Pure racconteremo anche qualche fatto prodigioso, per dimostrare come in Geltrude abitasse la virtù di Dio.




CAPITOLO XIII

MIRACOLI DI GELTRUDE

Era il mese di marzo ed il freddo imperversava con tale rigore, da far temere per la vita degli uomini e degli animali. Di più si temeva la perdita totale del raccolto perchè, a quanto si diceva, il freddo, per il ciclo lunare, doveva continuare ancora a lungo.

Un giorno, durante la S. Messa alla quale Geltrude assisteva nell'intento di comunicarsi, pregò devotamente il Signore secondo l'intenzione sopra accennata e domandò anche altre grazie. Le rispose Gesù: « Sta sicura: tutte le tue richieste sono esaudite ». Riprese ella: « O Signore, se veramente mi hai ascoltata è giusto che ti ringrazi subito; abbi la bontà di darmene una prova, facendo cessare tosto questo freddo così rigido». Dette queste parole non ci pensò più. Ma quale non fu la sua meraviglia quando, uscendo di coro dopo la S. Messa, trovò la strada inondata per l'improvvisa fusione della neve e dei ghiacci! Tutte rimasero stupite a tale prodigio, contrario alle leggi di natura e, ignorando la supplica di Geltrude, andavano ripetendo che sfortunatamente la cosa non poteva durare, perchè contraria all'ordine regolare del tempo. Invece il clima mite si mantenne a lungo, per tutto il corso dell'entrante primavera.

In altra occasione, all'epoca delle messi, l'acqua cadeva a dirotto, pregiudicando il raccolto. Geltrude unì le sue preghiere a quelle del popolo ed ottenne formale promessa d'un tempo favorevole. In quello stesso giorno infatti, benchè in cielo vagassero ancora le nubi, il sole avvolse nel suo manto d'oro la natura inondandola de' suoi benefici raggi.

Una sera, dopo cena, la comunità si era recata in cortile per un lavoro. Il sole brillava ancora; ma grosse nubi, gravide di pioggia, erano sospose nell'aria. Io stessa sentii Geltrude dire al suo Signore: « O Dio dell'universo, io non voglio che tu abbia a compire, come per forza, la mia volontà; se la tua benignità tiene sospesa la pioggia per me, contrariamente alle esigenze della tua gloria e al rigore della tua giustizia, ti prego, fa che si squarcino le nubi e che il tuo volere si compia». Oh, meraviglia! appena dette queste parole, il tuono rumoreggiò e la pioggia si mise a scrosciare. Geltrude, stupefatta, disse al Signore con la solita ingenua confidenza: « Clementissimo Gesù, abbi la bontà di ritenere la pioggia un momentino, afflnchè ci sia dato terminare questo lavoro, comandatoci dall'obbedienza»! E il Signore accondiscese amabilmente, sospendendo la pioggia fino al compimento della fatica comune. Ma appena le monache ebbero varcata la soglia, una pioggia torrenziale con fulmini e tuoni imperversò violentemente, e due o tre suore, che si erano attardate, rientrarono tutte inzuppate.

In altre occasioni Geltrude ricevette miracolosamente la divina assistenza senza formulare preghiera alcuna, con un solo sguardo d'amorosa intesa. Se, per esempio, seduta su d'un mucchio di fieno, lasciava in fallo sfuggire l'ago, diceva graziosamente al suo Maestro: « O Gesù, avrei io un bel cercarlo, sarebbe tempo sprecato; dammi la grazia di trovarlo subito ». Poi, volgendo gli occhi da un'altra parte, tuffava la mano nel fieno e prendeva l'ago con tanta sicurezza, come se fosse stato deposto su d'un tavolo, davanti a lei. In tutte le vicende ella chiamava in causa il Diletto che regnava sovrano nella sua anima, e sempre trovava in Lui un aiuto fedelissimo, un'ineffabile bontà.

Un giorno pregava il Signore di placare la violenza dei venti che inaridivano la campagna. Le disse Gesù: « E', inutile che ne' miei rapporti con te, mi serva dei motivi che talora mi obbligano a esaudire le preghiere degli altri: la mia grazia ha talmente unito la tua volontà alla mia, che tu non puoi volere che quello che voglio io. Sappi dunque che questo violentissimo uragano, indurrà a pregare alcuni cuori finora chiusi e ribelli al mio amore. Perciò non esaudirò la tua supplica, ma riceverai in cambio un altro dono spirituale». Geltrude gradì assai la proposta e, anche per l'avvenire, fu sempre felicissima di essere esaudita soltanto nella misura dei divin beneplacito.

S. Gregorio afferma che la santità dei giusti non consiste nel fare miracoli, ma nell'amare il prossimo come se stessi; il cuore di Geltrude era animato da questa carità, come abbiamo avuto occasione di dimostrarlo. Il racconto poi dei prodigi suesposti ci assicura che la sua anima era dimora di Dio. Tacciamo quindi coloro che insultano la bontà gratuita del Signore, e cresca la confidenza degli umili che, al racconto di tali meraviglie, hanno ragione di sperare qualche partecipazione si benefici accordati alle anime elette.




CAPITOLO XIV

PRIVILEGI PARTICOLARI DA DIO ACCORDATI A GELTRUDE

Narreremo ora altri episodi dello stesso genere, che con grande fatica, siamo riusciti a strappare dall'umiltà di Geltrude, come se fossero stati sigillati sotto una pesante pietra. Molte anime pie la interpellavano sulla loro frequenza alla S. Comunione e le esprimevano i loro dubbi in proposito. Dopo d'aver dilucidato le difficoltà proposte, ella consigliava e persino sforzava, per così dire, le anime ad accostarsi al celeste convito, fiduciose nella grazia e nella misericordia di Dio.

Ma un giorno n'ebbe scrupolo, pensando di avere oltrepassato i limiti delle sue competenze, e d'avere mancato di discrezione, con affermazioni troppo presuntuose. Ricorse perciò alla bontà del suo Dio e, dopo d'avergli confidato il suo turbamento, n'ebbe questa risposta: «Non temere, figlia mia, sta sicura e tranquilla, poichè io sono il Dio che ti ama, che con predilezione gratuita ti ha creata e scelta per abitare in te, onde prendervi le sue delizie: per assicurarti, in avvenire, io ti prometto che tutti coloro che, con divozione ed umiltà, ricorreranno a te per essere illuminati, otterranno risposte, per così dire, infallibili, nè mai permetterò che anime indegne di ricevermi vengano a consultarti, riguardo alla S. Comunione. Perciò quando indirizzerò a te cuori stanchi ed afflitti per averne sollievo, dì loro di ricevermi con fiducia. Par amor tuo aprirò loro il mio paterno seno e li stringerò nelle braccia della mia tenerezza per dar loro un dolce bacio di pace ».

Le prove dell'amore di Gesù erano continue. Un giorno, mentre pregava per un'anima, fu presa da una grande angustia, temendo che quell'anima ottenesse meno di quanto aveva sperato. Ma Gesù la calmò con divina accondiscendenza: « Sta tranquilla, figlia mia: darò a coloro che in te avranno posto la loro fiducia tutto quello che spereranno ottenere dal tuo aiuto: di più accorderò volentieri ciò che tu avrai loro promesso da parte mia: se talora la fragilità umana porrà impedimento a tali effetti, t'assicuro, per altro, che in quelle anime avrò operato l'avanzamento nella virtù da te promesso ».

Geltrude, pensando qualche giorno dopo a queste magnifiche promesse, e sentendo l'enorme peso della sua indegnità, domandò al Signore come mai potevano compirsi tali meraviglie, per mezzo di una creatura così vile ed abbietta. Il Signore rispose: « La Chiesa non gode forse collettivamente lo stesso privilegio che accordai soltanto a Pietro con quelle parole: « Quello che legherete in terra, sarà legato anche in cielo? » (Matt. XVI, 19). Essa crede che tale potere risieda in ciascun sacerdote: perchè dunque non crederai tu che posso e voglio adempire le promesse, che il mio amore si degna di farti?». Toccandole poi la lingua disse: « Ecco che ho messo le mie parole nella tua bocca » (Ger. 1, 9) e confermo nella verità tutto quello che tu dirai al prossimo, dietro l'ispirazione del divin Paracleto. Se tu prometterai qualche cosa sulla terra in nome mio, io ratificherò in cielo tale promessa ». Geltrude obbiettò: « Non posso rallegrarmi di questo privilegio perchè, se dietro l'impulso dello Spirito Santo, mi capiterà d'affermare che quella, o quell'altra colpa non rimarrà impunita, sarò causa di pena e di danno al mio prossimo ».

Rispose Gesù: « Quando lo zelo per la giustizia, o l'amore per le anime ti consiglierà tali parole, io infonderò alla persona a cui le indirizzerai la dolcezza della mia bontà, e desterò nel suo cuore una compunzione così vera, da non meritare più le mie vendette».

Aggiunse poi Geltrude: « O Signore, se tu parli davvero per mio mezzo, come ti sei degnato di assicurarmi, perchè i miei consigli producono effetti così meschini quantunque mi senta ispirata a darli, solo per la gloria di Dio e la salvezza delle anime? ». Il Signore si degnò di risponderle: « Non stupirti, figlia mia, se le tue parole sono talora infeconde, poichè Io stesso, quando vivevo in terra, predicavo con tutto l'ardore del divino Spirito senza produrre alcun bene: ogni cosa è regolata dalla Provvidenza, la quale ha le sue ore fisse ».

Un giorno, dopo d'aver ripreso una persona per le sue colpe, corse a rifugiarsi presso Gesù, supplicandolo d'illuminare la sua intelligenza, affinchè parlasse a ciascuno secondo la volontà di Dio. « Non temere, figlia mia - dissele Gesù - ma abbi grande confidenza, perchè ti ho accordato un sommo privilegio; quando anime umili e sincere verranno a consultarti, tu giudicherai e deciderai nella luce della verità, come giudico Io stesso, secondo la natura delle cose e la condizione delle persone; se la materia è grave, darai, da parte mia, risposta severa; se è leggera, la tua parola sarà più mite ». Geltrude, penetrata dalla sua indegnità, esclamò « O Padrone del cielo e della terra, ritira e limita l'eccessiva tua bontà a mio riguardo, perchè, cenere e polvere quale io sono, mi sento indegna di un dono così stupendo » ! Ma il Salvatore insistette con tenerezza: « Ti par gran cosa lasciar giudicare le cause della mia inimicizia da te, che esperimenti così spesso i segreti della mia amicizia? ». E confermò: « I tribolati che verranno umilmente e con semplicità a cercare da te parole di consolazione, non rimarranno giammai delusi, perché Io, il Dio che risiede nell'anima tua, voglio, nella mia amorosa tenerezza diffondere, per tuo mezzo, i miei benefici, inondando la tua anima dell'ineffabile gioia che sgorga dal mio divin Cuore ».

Ella pregava un giorno per alcune persone che le erano state raccomandate. Gesù rispose: « Nei tempi antichi, quando alcuno poteva accostarsi all'altare, si rallegrava di essersi assicurata la pace. Ora, avendoti scelta per dimora, ti prometto che colui che implorerà con fiducia il soccorso delle tue preghiere, riceverà grazie di salvezza ». Questo fatto è confermato da S. Matilde, nostra cantora, di dolce memoria.

Pregando un giorno essa per Geltrude, vide il cuore della medesima, sotto la forma di un solidissimo ponte, rinforzato a destra ed a sinistra da due muraglie assai consistenti: una rappresentava la divinità di Gesù, l'altra la sua santissima Umanità. Il Signore affermò: « Coloro che verranno a me su questo ponte, non potranno cadere, nè deviare dal retto cammino ». Egli intendeva dire che coloro che seguiranno i consigli di Geltrude, non potranno errare giammai,




CAPITOLO XV

COME DIO L'OBBLIGO' A PUBBLICARE QUESTI FAVORI

Dio si degnò manifestare in seguito la sua volontà, che venisse pubblicato il resoconto di tutte queste grazie. Ma Geltrude era alquanto restla; essa si chiedeva, quale utilità avrebbe prodotto tale scritto, giacchè era fermamente decisa di non permettere che fosse reso noto, prima della sua morte. D'altra parte le sembrava che, dopo la sua dipartita da questo mondo, quelle pagine sarebbero state inutili, e fors'anche causa di turbamento ai fedeli. Il Signore, rispondendo a' suoi intimi pensieri, le disse: « Quando S. Caterina era in prigione l'ho visitata e consolata con queste parole: "Sta serena, figlia mia, poichè sono con te". Ho chiamato Giovanni, il mio Apostolo prediletto, con queste parole: "Vieni da me, o mio amatissimo Apostolo". La vita dei santi poi è tutta infiorata da espressioni consimili. Non servono forse ad accendere la divozione, ed a ricordare la mia tenerissima bontà per gli uomini? ». Aggiunse: « Molte anime, sentendo la narrazione dei privilegi a te accordati, potranno desiderarli, e, per esserne degne, si sforzeranno d'emendarsi dei loro difetti ».

Un altro giorno ella si chiedeva stupita come mai il Signore l'ispirava interiormente di manifestare il contenuto di questo libro, pur sapendo che molti spiriti meschini avrebbero disprezzato tali doni, ed avrebbero trovato più motivo di calunnia che di edificazione. Il Signore volle illuminarla con queste parole: « Io ho posto in te tale abbondanza di grazie, da dover esigerne frutti copiosi. Voglio che le anime che hanno ricevuto favori simili a' tuoi e che ne fecero poco conto, si ricordino, leggendo il tuo libro, dei privilegi ricevuti, e si eccitino a tale riconoscenza da meritarne ancora degli altri. Riguardo poi a coloro che hanno un cuore perverso e che disprezzeranno i miei doni, li castigherò facendo ricadere su di essi il loro peccato, senza che tu abbia a soffrirne minimamente. Il profeta non disse di me: « Ponam its offendiculum: Io porrò come pietra di scandalo? » (Mz. III, 20).

Queste parole fecero capire a Geltrude che talora Dio invita i suoi eletti a compire azioni che saranno per altri oggetto di scandalo: gli eletti non devono ometterle nella speranza di aver pace coi cattivi, perchè la vera pace consiste nella vittoria dei buoni sui cattivi.

L'anima fedele vince quando, nulla trascurando di ciò che può tornare a gloria di Dio, si sforza di conquistare le anime perverse con la sua bontà e delicati riguardi; se poi non riuscisse nell'intento, la ricompensa non le mancherebbe sicuramente.

Ugo di S. Vittore ha detto: « I fedeli possono sempre trovare motivi di dubbio; gli infedeli, purché lo vogliano, hanno sempre buone ragioni per credere; così giustamente i fedeli ricevono la ricompensa della loro fede, e gli infedeli punizione della loro incredulità » (De arca morali, IV, 3, Ugo di S. Vittore).




CAPITOLO XVI

RIVELAZIONI RICEVUTE DA PARECCHIE PERSONE DEGNE DI FEDE CHE ATTESTANO L'AUTENTICITA' DI QUELLE DI GELTRUDE

Geltrude, considerando la sua viltà e miseria, si giudicava indegnissima dei divini benefici. Si confidò con Matilde di felice memoria, assai apprezzata per le rivelazioni ricevute da Dio, e la scongiurò d'interrogare il Signore riguardo alle grazie più sopra descritte. Non ch'ella dubitasse della divina bontà a suo riguardo, o che pretendesse certezza assoluta, ma bramava aver maggior slancio di riconoscenza per doni così generosi, e tenersi ben desta nella fiducia per sostenere gli assalti di sentimenti contrari. Matilde pregò assai per consultare il buon Dio. Vide allora Gesù, lo Sposo ricco di grazia e d'incanto, che attirava a sè l'anima per cui Matilde pregava, in modo che il cuore di Geltrude era posato sulla ferita del Cuore divino ed in pari tempo, vide la diletta Sposa che, col braccio destro teneva stretto il suo amatissimo Salvatore. La venerabile Matilde, estasiata, chiese il significato di quella visione.

Le disse Gesù: « Il colore verde de' miei abiti, ornati d'oro, significa l'opera della mia Divinità, che germina e sboccia nell'amore. Tale operazione fiorisce vigorosamente in quest'anima. Tu vedi il suo cuore fisso all'apertura del mio Costato, perchè me la sono unita così intimamente da poter essa, ad ogni momento, ricevere i benedetti influssi della mia Divinità ».

Chiese Matilde: « Dolcissimo Gesù, hai realmente promesso a Geltrude il chiaro lume della tua stessa conoscenza, affinché possa rispondere, con sicurezza assoluta, alle difficoltà che le verranno proposte, mettendo così le anime sulla strada del Paradiso? Geltrude mi palesò trepidando tale privilegio e, nella sua umiltà, mi pregò di tranquillizzarla su questo punto ». Rispose il Signore con grande benignità: « Sì, le ho accordato rari e grandi privilegi, in modo che chiunque ricorrerà a lei, riceverà, per suo mezzo, qualsiasi grazia. La mia misericordia poi non troverà mai indegna della S. Comunione un'anima ch’Ella avrà ritenuto degna di ricevere tale Sacramento; anzi guarderò con speciale tenerezza coloro che a me verranno per suo consiglio.

S'Ella giudicherà gravi, o leggere le colpe di coloro che la consulteranno, io farò eco alla sua stessa sentenza. Come in cielo « sono tre che rendono testimonianza, cioè il Padre, il Verbo e, lo Spirito Santo » (Giov. I, V, VII), così Ella dovrà appoggiare i suoi giudizi su tre grandi sicurezze:

I. Quando consiglierà il prossimo, badi bene di ascoltare la voce dello Spirito Santo che le parla interiormente.

II. Consideri se l'anima a cui si rivolge è pentita delle sue colpe, o almeno desidera di esserlo.

III. Cerchi di comprendere se ha buona volontà. Quando si avvereranno questi tre segni potrà, con tutta sicurezza, seguire l'interna ispirazione, perché io ratificherò il cielo gli impegni che avrà preso, appoggiandosi alla mia infinita bontà. Se dovrà parlare cerchi d'attrarre nell'anima sua, con un profondo sospiro, il soffio del mio divin Cuore e tutto quanto dirà, porterà il sigillo della certezza più assoluta. Ella non solo non potrà nè ingannarsi, nè ingannare, ma tutti, per suo mezzo, conosceranno i segreti del mio Cuore divino ».

Conclude poi Gesù: « Dille di custodire fedelmente le mie parole; qualora, col tempo, ed in seguito a molteplici occupazioni, Ella si sentirà intiepidire non deve perdersi di coraggio, perchè questi privilegi l'accompagneranno per tutta la vita ».

La venerabile Matilde volle ancora sapere da Gesù, se il modo d'agire di Geltrude non fosse talora un po' imperfetto. Infatti Ella passava con indifferenza da un'occupazione all'altra: per lei era tutt'uno pregare; leggere, scrivere, istruire il prossimo, correggerlo o consolarlo.

Rispose il Signore: « Geltrude aderisce talmente al mio Cuore e io ve la tengo tanto unita, che è diventata con me un unico spirito. La sua volontà armonizza con la mia, proprio come le membra del corpo umano, armonizzano con gli impulsi interiori.

Allorchè l'uomo, mediante la sola sua volontà, dice alla mano: « fa questo » e all'occhio: « guarda! » senza indugio la mano e l'occhio obbediscono. Geltrude è per me una mano e un occhio di cui liberamente dispongo, senza che mai resi sta ad alcuno de' miei desideri. Io l'ho scelta per mia dimora; la sua volontà, e perciò ogni atto del suo volere, è vicino al mio Cuore, come il braccio con cui io opero. La sua intelligenza, cercando sempre ciò che può farmi piacere, è come l'occhio della mia Umanità. L'ardore dell'anima sua, quando dietro l'ispirazione dello Spirito Santo, comunica ciò che voglio, par quasi la mia lingua. I suoi giudizi, sempre prudenti, sembrano il mio fiuto. Inclino le orecchie della mia misericordia verso le creature che le ispirano tenera compassione. La sua intenzione mi serve di piede, perchè non si propone altro scopo di quello al quale tendo Io stesso. E' dunque necessario ch'ella si affretti a passare da un'occupazione all'altra, e che, compiuta un'opera, io la trovi pronta a seguire un'altra mia ispirazione. Se' in ciò commette qualche negligenza, non ne avrà la coscienza macchiata, poichè compie sempre volentieri la mia Volontà »,

Un'altra persona assai versata nella scienza, spirituale, dopo d'aver pregato e ringraziato il Signore delle grazie accordate a Geltrude, ebbe una rivelazione che attesta i doni straordinari, e l'unione sublime della Santa con Dio.

Con tutta sicurezza possiamo perciò conchiudere che Dio stesso agiva in essa, giacchè Egli medesimo si compiaceva d'attestarlo in modo degno di fede, per mezzo di due anime sante. E' da notare che l'una ignorava completamente le rivelazioni fatte all'altra, così come gli abitanti di Roma non sanno quanto accade in quel momento a Gerusalemme. Una di queste due persone ebbe poi a dire che, quantunque Geltrude avesse ricevuto grazie straordinarie, pure esse erano ancor nulla a confronto dei privilegi che avrebbero ricevuto in seguito.

E concluse: « Geltrude giungerà a un grado così alto di unione con Dio, che i suoi occhi non vedranno se non quello che Dio vedrà con essi; le sue labbra non diranno se non ciò che Dio vorrà pronunciare con le stesse, e così di ogni altro senso». Quando e come Dio compirà tali meraviglie? Lui solo lo sa e l'anima da Lui favorita lo conoscerà. Però le persone che la studiarono più da vicino, n'ebbero qualche sentore.

Un'altra volta Geltrude chiese ancora a Matilde, d'impetrarle da Dio il dono della mansuetudine e della pazienza, di cui credeva d'avere uno speciale bisogno. La venerabile Matilde, avendo eseguito la commissione, ebbe questa risposta: « La mansuetudine che mi piace in Geltrude, trae origine dalla parola latina manendo, cioè risiedere. Abitando io nell'anima sua, bramo che, come giovane sposa gode della presenza dello sposo, non esca dal suo interno se non per necessità, e prendendo lo sposo per mano, quasi per costringerlo a seguirla. Così, quando la mia Sposa dovrà lasciare il suo dolce ritiro per andarsene ad istruire il prossimo, bramo che ella segni sul cuore la croce di salvezza e che, prima di parlare, invochi il mio nome: allora potrà dire con fiducia tutto quello che la grazia le suggerirà. La pazienza che mi piace in lei deriva dalle parole pax et scientia, pace e scienza. Bramo che si eserciti con premura nella pazienza, per non perdere nelle avversità la pace del cuore, ma voglio che si ricordi perchè soffre, cioè per provarmi il suo amore e la sua fedeltà».

Un'altra persona, che le era affatto sconosciuta, ma che, dietro alla sua domanda, aveva pregato per lei, ebbe dal Salvatore questa risposta: « Io l'ho scelta per mia dimora, e mi compiaccio, vedendo che tutto quello che gli uomini amano in questa mia eletta è opera mia. Perfino coloro che non si intendono di cose spirituali, ammirano in essa i miei doni esterni, come l'intelligenza ed il forbito eloquio. Così l'ho in certo modo esiliata da' suoi parenti perchè nessuno l'amasse per motivi umani, e io solo fossi la cagione di tale affetto ».

Geltrude pregò ancora un'altra persona di chiedere a Gesù come mai, vivendo da tanti anni col sentimento continuo della divina presenza, le capitasse poi d'operare negligentemente, senza tuttavia commettere peccati seri, che potessero irritare il Signore contro di lei. Quella persona ricevette una risposta di questo tono.

« Non mi sdegno mai con Geltrude, perchè essa trova sempre giusto e buono tutto quello che io permetto e non si turba affatto qualunque cosa le capiti. Quando soffre una tribolazione, si tranquillizza, pensando che la mia Provvidenza dispone tutto con amore. S. Bernardo ha detto: « Colui a cui Dio piace, non può spiacere a Dio » (Pred. XXV, 8 sul Cant.). Queste risposte accesero in Geltrude il sentimento fervido della riconoscenza e ringraziò il suo Dio, dicendo fra l'altro: « Come mai, o mio Diletto, Ti degni dissimulare tutto il male che in me si trova, poichè, se è vero che la tua Volontà mi torna ognor gradita, lo devo non alla mia virtù, ma alla divina larghezza delle Tue grazie? ».

Il Signore si compiacque istruirla con questo geniale paragone: « Quando un libro ha la stampa troppo minuta, l'uomo per leggerlo usa gli occhiali; in tal caso il libro non ha subito cambiamento alcuno, ma sono le lenti che hanno prodotto quell'effetto. Così se io trovo in te qualche lacuna, la mia eccessiva bontà mi spinge a colmarla ».




CAPITOLO XVII

INTIMITA' CRESCENTE DE' SUOI RAPPORTI CON DIO

Geltrude talora era privata delle visite del Signore senza sentirne pena: n'ebbe qualche turbamento e volle chiedere la ragione di quella specie d'insensibilità. Il Signore amabilmente rispose: « La troppo grande vicinanza impedisce talora agli amici di mirarsi in volto! Infatti, se si stringono fra le braccia per baciarsi, non possono più gustare la gioia di vedere i loro lineamenti ». Queste parole le fecero comprendere che la momentanea sottrazione della grazia sensibile, aumenta assai il merito, perchè l'anima, durante tale prova, compia i suoi doveri con coraggio, lottando per adempierli con fedeltà.

Ella si domandava poi perchè Nostro Signore la visitasse con manifestazioni assai diverse da quelle ricevute in passato. « Allora - rispose Gesù - t'istruivo con risposte adatte per far conoscere al prossimo i miei desideri. Adesso svelo le mie operazioni soltanto alla tua intelligenza, perchè difficilmente potrebbero tradursi in parole. Io depongo nell'anima tua come in uno scrigno, le ricchezze della mia grazia, affinchè ognuno trovi in te tutto quello che desidera. Tu sarai come una Sposa che conosce tutti i segreti del suo Sposo, e che, dopo aver vissuto con lui, sa intuirne le volontà.

Tuttavia non conviene rivelare i segreti che una reciproca intimità ha permesso di scoprire».

In seguito Geltrude ebbe a constatare la realtà di tali promesse, perchè, quando pregava per qualche intenzione che le era stata insistentemente raccomandata, non riusciva a ottenere dal Signore quelle risposte che prima le erano assai spesso accordate. Le bastava allora sentire il desiderio di pregare per quella causa: era segno infallibile della divina ispirazione, paragonabile alle risposte che aveva ricevuto in altri tempi.

Così, se taluno a lei ricorreva per luce, o per conforto, Ella sentiva tosto che la grazia la investiva; grazia congiunta a tale sicurezza, riguardo alle parole pronunciate, che sarebbe stata pronta a dare la vita per attestarne la verità. Eppure ella nulla conosceva in proposito, e non si era mai interessata di tali cose, nè con parole, nè con iscritti. Ma se non riceveva nessuna rivelazione riguardo all'oggetto della sua preghiera, ella se ne rallegrava di cuore, riflettendo che la Sapienza divina è così impenetrabile e così inseparabilmente unita all'amore, che il miglior partito è quello d'abbandonarle ogni cosa. Quest'abbandono la rapiva con un fascino superiore alla stessa conoscenza profonda dei segreti misteri di Dio.

Edited by Domenico-89 - 24/6/2016, 06:42
 
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