Amiamo Dio con Gesù e Maria

La sua vita, Da 1. a 25.

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view post Posted on 14/4/2012, 14:59
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Domenico-89

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Margherita Maria Alacoque: Vita scritta da lei stessa

VIVA GESÙ

Comincio questo scritto per obbedienza


È quindi per amore di Voi solo, o mio Dio, che mi sottometto a scrivere, al fine di obbedirvi, domandandovi perdono se ho opposto resistenza ai vostri voleri. Ma poiché solo Voi conoscete la grande ripugnanza che m'ispira, Voi solo potete darmi la forza di superarla, avendo io accolto questa obbedienza come un vostro cenno, come una punizione per l'eccesso di gioia e di zelo che mi ha guidata nel seguire la grande inclinazione da sempre avuta di seppellirmi in un eterno oblio delle creature viventi. D'improvviso, dopo avere ottenuto promesse da chi pensavo avrebbe potuto aiutarmi, e dopo avere distrutto quanto avevo scritto per obbedienza - o, meglio, la parte che me n'era stata lasciata -, ho ricevuto quest'ordine. O mio supremo bene, fate che io non scriva nulla se non per la vostra maggiore gloria e per la mia maggiore vergogna.


2. Orrore del peccato e voto di castità

Oh, mio unico amore, quanto vi sono grata per avermi protetta sin dalla prima gioventù, divenendo signore e padrone del mio cuore, pur sapendo che questo vi avrebbe opposto una strenua resistenza! Non appena ho appreso a conoscermi, Voi avete mostrato alla mia anima la bruttezza del peccato, così imprimendo un tale orrore nel mio cuore, che ogni minima macchia mi causava un tormento insopportabile; e per acquietare la vivacità della mia infanzia bastava che mi dicessero che offendeva Dio. Ciò mi fermava subito e mi faceva desistere da quanto avevo voglia di fare. E senza sapere cosa volessero esattamente dire, mi Sentivo di continuo forzata a pronunciare queste parole: «O mio Dio, vi consacro la mia purezza e vi faccio voto di perpetua castità». E una volta le pronunciai tra le due elevazioni della Santa Messa, che, come al solito, ascoltavo a ginocchia nude nonostante il freddo che poteva fare. Non capivo cos avevo fatto nè cosa voleva dire la parola «voto», tantomeno voto di castità; la mia vera inclinazione era nascondermi in un bosco e me lo impediva solo il timore di potervi incontrare degli uomini.



3. Protezione della Santa Vergine

La Santissima Vergine si è sempre presa gran cura di me, che ricorrevo a lei per ogni mio bisogno, e mi ha salvata dai più gravi pericoli. Non osavo rivolgermi al suo divino figliolo, ma sempre a lei, cui offrivo la mia piccola corona del rosario, inginocchiata per terra o prosternandomi fino a baciare la terra a ogni Ave Maria.



4. Morte del padre

Persi mio padre che ero molto giovane e, poiché ero la sua unica figlia e mia madre, assorbita dalla cura dei suoi figli, che erano cinque, era spesso assente, sono stata educata sino a circa Otto anni e mezzo da domestiche e contadini.



5. A pensione presso le Clarisse di Charolles. Prima Comunione

Mi misero a pensione in una casa religiosa, dove mi fecero comunicare che avevo circa nove anni, e questa comunione colmò di tanta amarezza tutti i piaceri e i divertimenti, che non potevo gustarne alcuno, sebbene mi premurassi di ricercarli. Ma proprio quando mi accingevo a goderne con le mie compagne, sentivo sempre qualcosa che me ne allontanava e mi richiamava in un angolo nascosto, senza darmi tregua finché così non avessi fatto; e poi mi mettevo in preghiera, ma quasi sempre prosternata o con le ginocchia nude o genuflessa, ma sempre senza che mi si vedesse, ed era per me un tormento straordinario che mi trovassero in tale posizione. Avevo molta voglia di fare tutto quanto vedevo fare dalle religiose, le guardavo tutte come delle sante, pensando che, se fossi diventata monaca, sarei divenuta come loro; e da ciò mi nacque un desiderio talmente forte che vivevo solo per quello, sebbene non le trovassi così lontane dalle cose terrene come avrei voluto esserlo io. Non conoscendo altre religiose, pensai che dovevo restare con loro.


6. Una lunga malattia. Guarita dalla Santa Vergine

Ma caddi così terribilmente malata, che rimasi quattro anni senza poter camminare. Le ossa mi bucavano la pelle da ogni parte; per questo motivo restai solo due anni nel convento, senza che si riuscisse a trovare un rimedio ai miei mali, tranne quello di votarmi al-la santa Vergine, promettendole che, se mi avesse guarita, sarei un giorno divenuta una delle sue figlie. Non appena ebbi pronunciato quel voto, ottenni la guarigione insieme alla protezione della Vergine santissima, la quale divenne talmente padrona del mio cuore, che, considerandomi sua, mi governava come se le fossi dedicata, rimproverandomi delle mie colpe e insegnandomi a fare la volontà del mio Dio. Una volta mi accadde che, essendomi seduta a dire il nostro rosario, Lei mi apparve e mi fece un rimprovero che non si è più cancellato dalla mia mente, sebbene all'epoca fossi ancora molto giovane: «Mi meraviglio, figlia mia, che tu mi serva con tale negligenza!». Queste parole lasciarono un'impressione così forte nella mia anima, che mi sono servite per tutta la vita.


7. La dissipazione

Avendo ritrovato la salute, pensai solo ad approfittare del piacere della mia libertà, senza darmi troppa cura di mantenere la promessa. Ma, mio Dio, non pensavo allora a quanto Voi mi avete fatto conoscere e sperimentare in seguito e cioè il vostro sacro Cuore, che mi ha partorita tanto dolorosamente sul Calvario; e la vita che mi avevate dato poteva solo nutrirsi del cibo della Croce, mio delizioso nutrimento. Ed ecco come: non appena cominciai ad assaporare la salute, mi avvicinai alla vanità e all'affetto delle persone, cullandomi all'idea che la tenerezza che mia madre e i miei fratelli avevano per me mi consentiva di godere delle mie piccole gioie e di dedicarmi ai divertimenti ogni volta che lo desideravo. Ma Voi, mio Dio, mi mostraste che mi ero allontanata dal mio interesse, assecondando la mia inclinazione che per natura tendeva al piacere, ma in realtà allontanandomi dai vostri disegni, che si rivelarono molto lontani dai miei.


8. Persecuzione domestica

Intanto mia madre s'era spogliata della sua autorità domestica per cederla ad altri, i quali se ne appropriarono in maniera tale, che lei e io ci ritrovammo nella peggiore servitù;3 non che voglia biasimare queste persone, né credere che fecero male a farmi soffrire. Il mio Dio non mi permetteva simili pensieri, lasciando-mi solo considerare ogni cosa come uno strumento affinché si compisse la sua volontà. Entrambe non avevamo alcun potere in casa e non osavamo fare nulla senza permesso. Era una guerra continua, tutto era sotto chiave, al punto che molte volte non avevo di che vestirmi per andare alla santa Messa e dovevo farmi prestare cuffia e abiti. Così comincIai a sentirmi prigioniera e arrivai al punto di non poter fare nulla né uscire senza il consenso di tre persone. Da quel momento mi volsi a cercare ogni piacere e ogni consolazione nel santissimo Sacramento dell'altare. Ma trovandomi a vivere in un villaggio lontano dalla chiesa, potevo recarmici solo col consenso di quelle persone; e accadeva che, quando una consentiva, l'altra non era d'accordo; e spesso, allorché manifestavo il mio dolore con le lacrime, mi rimproveravano che forse avevo dato appuntamento a qualche ragazzo e che soffrivo di non potermici recare per essere accarezzata e baciata, con la scusa della messa o della benedizione del santo Sacramento. Proprio a me che provavo orrore di tutto ciò, che mi sarei fatta fare a pezzi piuttosto che nutrire simili pensieri! Era in quei momenti che non sapevo dove rifugiarmi, a parte qualche recesso del giardino o della stalla o altri luoghi segreti, dove mi era possibile inginocchiarmi per aprire con le lacrime il mio cuore a Dio, grazie all'intercessione della santissima Vergine, mia madre putativa, cui mi affidavo totalmente; restavo così per giornate intere, senza bere nè mangiare. Questo era normale e spesso la gente del villaggio, mossa a compassione, mi regalava verso sera un po' di latte o qualche frutto. Quando dovevo rientrare, ero così timorosa e impaurita, che mi pareva d'essere una povera criminale che avesse appena ricevuto la condanna; sarei stata più felice se fossi andata a mendicare il cibo, piuttosto che vivere in quel modo, anche perché non osavo sedermi a tavola. Infatti, sin dal momento in cui entravo in casa, ricominciava più forte la tiritera perché non mi ero occupata dei servizi domestici né di accudire i bambini di quelle benefattrici della mia anima; e senza che potessi dire una sola parola, mi mettevo al lavoro con i servi. Dopodiché trascorrevo le notti, così come le giornate, a versare lacrime, ai piedi del mio crocifisso, il quale mi mostrò, senza che io comprendessi nulla, che voleva divenire padrone del mio cuore e assimilarmi completamente alla sua vita di sofferenza. Per questo motivo voleva divenire il mio padrone, rendendosi presente alla mia anima per farmi agire come Lui aveva agito fra quei crudeli dolori, che mi mostrava di aver patito per amor mio.


9. Ecce homo, Amore per la sofferenza

Da quel momento la mia anima fu da Lui così penetrata, che desiderai che le mie pene non cessassero neppure per un istante. Perché da quel momento Lui era sempre presente, sotto forma di un crocifisso o dell'immagine dell'Ecce Homo che portava la sua croce; questo mi pervadeva di una tale compassione e di un tale amore per le sofferenze, che tutti i miei dolori mi apparivano leggeri in confronto al desiderio che provavo di patirne per conformarmi al mio Gesù sofferente. E mi dolevo se quelle mani, che talora si levavano per colpirmi, s'arrestavano senza aver scaricato su di me tutta la loro severità. Mi sentivo continuamente forzata a rendere ogni sorta di servizi a questi veri amici della mia anima, che si sarebbe di buon cuore sacrificata per loro, e non avevo piacere maggiore che far loro del bene e dire di loro tutto il bene possibile. Ma non ero io a fare tutto ciò che scrivo e che mio malgrado scriverò, perché era il mio sovrano Maestro, che si era impadronito della mia volontà e non mi permetteva alcuna protesta, sospiro o risentimento contro queste persone. Non mi consentiva neanche di soffrire perché non mi veniva usata compassione, dicendo che compassione non era stata usata nei suoi confronti e che Lui voleva che, qualora non fossi riuscita a impedire che me ne parlassero, dessi loro piena ragione e mi facessi carico di tutti i torti, dicendo, la qual cosa è verità, che i miei peccati meritavano ben di peggio.


10. Ripugnanza a scrivere la sua vita. Nostro Signore glielo impone e le spiega il perché

Ho dovuto farmi un'estrema violenza per scrivere questi fatti, che avrei voluto tenere accuratamente nascosti, evitando perfino di conservarne traccia nella mia memoria, così da lasciare ogni cosa in quella del mio buon Maestro, con cui mi sono lamentata per la grande ripugnanza che provo. E Lui si è fatto udire e mi ha detto: «Continua, figlia mia, continua, nonostante tutte le tue ripugnanze. E necessario che la mia volontà si compia». «Ma, Dio Mio, com'è possibile ricordarsi di quanto è avvenuto più di venticinque anni fa ? ». « Non sai forse che io sono l'eterna memoria del mio Padre celeste, che nulla mai dimentica e nella quale il passato e il futuro sono come il presente? Scrivi pure senza timore seguendo ciò che io ti detterò e ti prometto che ti ungerò della mia grazia, affinché io ne sia glorificato. In primo luogo, voglio questo da te per mostrarti come mi compiaccio di rendere inutili tutte le precauzioni che ti ho lasciato prendere per celare la profusione di grazie con cui mi sono compiaciuto ad arricchire una creatura povera e meschina come te. Non dovrai mai dimenticare tali favori per rendermi continuamente azioni di grazia. In secondo luogo, per insegnarti che non devi mai appropriarti dei miei favori, né essere avara nel distribuirli agli altri, perché io mi sono voluto servire del tuo cuore come di un canale per diffonderli secondo i miei disegni tra le anime, molte delle quali, come in seguito ti mostrerò, saranno così sottratte all'abisso della perdizione. In terzo luogo, è per mostrare che io sono la Verità eterna, che non può mentire, fedele alle sue promesse, e che i favori che ti ho concesso possono affrontare ogni sorta di esame o prova». Dopo queste parole mi sono sentita così fortificata, che, nonostante il grande timore che questo scritto sia letto, mi sono risolta a proseguire a qualunque costo per compiere la volontà del mio Signore.


11. Malattia della madre

La più dura delle mie croci era non poter addolcire i tormenti di mia madre, che mi erano cento volte più difficili da sopportare dei miei, sebbene non le offrissi mai l'occasione di parlarmene, per paura di offendere Dio prendendo gusto a parlare delle nostre pene. Era durante le sue malattie che la mia sofferenza si faceva maggiore, perché lei, interamente affidata alle mie cure e ai miei servizi, soffriva molto; tanto più che ogni cosa era sotto chiave e mi toccava andar a elemosinare persino le uova e le altre cose necessarie a curare i malati. Questo non era un tormento lieve per il mio carattere timido, specie avendo a che fare con i contadini che mi intrattenevano più di quanto avessi voluto. Mia madre ebbe una mortale risipola alla testa, di grossezza, rossore e durezza spaventosi, e si limitarono a farla salassare da un chirurgo di campagna di passaggio, il quale mi disse che a meno di un miracolo non si sarebbe salvata. Senza che nessuno se ne dolesse, né provasse pena tranne me, che potevo solo ritirarmi nel mio consueto rifugio e rivolgermi alla santa Vergine e al mio sovrano Maestro, gli unici ai quali potevo svelare le angosce che mi attanagliavano, senza doverne ricevere scherno, ingiurie o accuse. Mi recai dunque alla messa il giorno della circoncisione dì Nostro Signore, per chiedergli di divenire lui stesso il medico e la cura per la mia povera madre e di mostrarmi quanto dovevo fare. Lui lo fece con tale misericordia che, non appena rientrata, trovai la guancia di mia madre aperta da una piaga grande come un palmo, che emanava un fetore intollerabile, e nessuno voleva avvicinarsi. Non avevo alcuna nozione su come curare le piaghe e non riuscivo a guardarle né a toccarle, prima di allora, e non disponevo di altro unguento che quello della divina provvidenza. Tagliavo tutti i giorni pezzi di carne marcia, ma provavo tale coraggio e fiducia nella bontà del mio Signore, che sentivo sempre presente, che alla fine, contro ogni previsione umana, mia madre guarì in capo a pochi giorni. Durante tutto il tempo della malattia, non mi coricai né dormii quasi per nulla; mangiavo pochissimo e digiunai per giorni interi. Ma il mio divino Maestro mi consolava e mi faceva sentire in perfetta conformità col suo santissimo volere e solo con Lui mi lasciavo andare, dicendogli: «O mio sovrano Maestro, se non lo voleste, tutto ciò non accadrebbe; ma io vi rendo grazie per averlo permesso alfine di rendermi simile a Voi».



12. Attrazione per la preghiera

E in tutto ciò mi sentivo profondamente attratta dalla preghiera e mi faceva soffrire molto il fatto di non sapere e non poter apprendere come si doveva pregare, non avendo mai avuto contatti con persone spirituali; non conoscevo altro che la parola «orazione», la quale rapiva il mio cuore. E mi rivolsi al mio sovrano Maestro, che mi spiegò come voleva che io pregassi; e ho pregato così per tutta la mia vita. Mi faceva prosternare umilmente davanti a Lui, per chiedergli perdono di tutte le offese che gli avevo fatto e poi, dopo averlo adorato, potevo offrirgli la mia preghiera, anche se non sapevo come proseguire. In seguito Lui stesso mi appariva nel mistero che voleva che io contemplassi, e prendeva fortemente possesso del mio spirito, tenendo la mia anima e tutte le mie forze fisse su di sé, al punto che non riuscivo più a distrarmi, perché il mio cuore si consumava nel desiderio di amarlo e questo m ' infondeva un desiderio insaziabile di comunione santa e di sofferenza. Non sapevo come fare. Avevo tempo solo durante la notte e ne approfittavo al massimo, ma, sebbene questa occupazione mi fosse piacevole oltre ogni dire, non la consideravo una preghiera ed ero sempre desiderosa di applicarmi; gli promisi che, se mi avesse insegnato a pregare, avrei passato il maggior tempo possibile pregando. Tuttavia, la sua bontà non mi faceva andare oltre quanto ho appena descritto ed ero disgustata dalle preghiere solo verbali, che non riuscivo a formulare al cospetto del santo Sacramento, di fronte al quale mi sentivo così presa, che non mi stancavo mai di contemplano.



13. Amore per il santo Sacramento e desiderio della Comunione

Avrei trascorso giorni e notti senza bere né mangiare, senza sapere cosa stessi facendo, a parte consumarmi alla presenza del santo Sacramento come un cero acceso, al fine di ricambiare il suo amore. Non riuscivo a rimanere in fondo alla chiesa e, per quanto imbarazzo provassi dentro me, mi avvicinavo il più possibile al santissimo Sacramento. Ritenevo felici e invidiavo solo quelle persone che potevano comunicarsi spesso e che erano libere di restare davanti al santissimo Sacramento, sebbene io impiegassi male il tempo che trascorrevo li e credo che non facessi altro che disonorarlo. Cercavo di procurarmi il favore delle persone che ho menzionato prima, al fine di ottenere qualche momento da passare davanti al santo Sacramento. Accadeva che, in punizione dei miei peccati, non riuscivo a dormire la notte di Natale e il curato urlava durante la predica che chi non aveva dormito non doveva comunicarsi e io non osavo farlo.4 Così quel giorno di gioia era per me un giorno di lacrime, che erano il mio cibo e ogni mio diletto.


14. La sua colpa più grande


Ma avevo anche commesso crimini terribili! Una volta a Carnevale, insieme ad altre compagne, mi mascherai per pura vanità e questo è stato causa di lacrime e dolore per tutta la mia vita, come pure l'altro peccato di abbigliarmi, cedendo alla vanità, per compiacere quelle persone che ho prima menzionato e che Dio ha utilizzato come strumenti della giustizia divina, al fine di vendicarsi delle ingiurie che gli ho fatto con i miei peccati. Quelle persone erano virtuose e non credevano di farci del male con tutto ciò che ci hanno fatto, e anch'io ero convinta che non ce ne facessero, perché era il mio Dio che voleva così e io non portavo loro alcun rancore.


15. Imbarazzo nello scrivere questo racconto

Ma, ahimè, mio Signore, abbiate pietà della mia debolezza! Sento un dolore profondo e una vergogna nello scrivere queste cose, dopo avervi opposto così a lungo resistenza. Sostenetemi, mio Dio, affinché io non soccomba sotto il rigore dei meritati rimproveri. No, mi rifiuto, col soccorso della vostra grazia, di opporvi mai più resistenza, anche se dovesse costarmila vita, attirare su di me tutto il disprezzo degli uomini, scatenare contro di me tutti i furori dell'inferno per vendicare le resistenze che vi ho opposto Ve ne chiedo perdono, così come vi chiedo la forza di portare a termine quanto desiderate da me, nonostante ogni ripugnanza che il mio amor proprio possa manifestare.


16. E chiesta in sposa

A mano a mano che crescevo, le mie croci aumentavano, perché il diavolo sollecitava quelli che il mondo riteneva buoni partiti a cercare di sottrarmi al voto che avevo fatto. E ciò comportava molta gente da vedere, cosa che era per me un piccolo supplizio. Da una parte, i miei parenti facevano pressione su di me, soprattutto mia madre, la quale piangeva continuamente e mi diceva che l'unica speranza di uscire dalla sua miseria era riposta in me, nel conforto di cui avrebbe goduto vivendo con me, non appena mi fossi accasata. Dall'altra parte, Dio perseguitava così vivamente il mio cuore da non lasciarmi un attimo di tregua; avevo sempre il mio voto dinanzi agli occhi e, se vi avessi mancato, sarei stata punita con spaventosi tormenti. Il demonio si serviva della tenerezza e dell'affetto che provavo per mia madre, mostrandomi senza sosta le lacrime che versava e suggerendomi che, se mi fossi fatta monaca, sarei stata la causa della sua morte per afflizione e ne avrei risposto a Dio, dal momento che lei era interamente affidata alle mie cure e ai miei servizi. Questo mi causava un tormento insopportabile, perché l'amavo teneramente e lei amava me e non potevamo vivere senza vederci. Tuttavia, il desiderio di essere monaca mi perseguitava senza tregua e avevo orrore dell'impurità. Tutto ciò mi faceva soffrire un martirio e non avevo tregua; mi scioglievo in lacrime senza nessuno con cui confidarmi e non riuscivo a prendere una decisione. Infine il tenero affetto che provavo per mia madre cominciò a prendere il sopravvento e pensai che sarebbe stato possibile farmi dispensare perché, quando avevo fatto quel voto, non ero che una bambina e non capivo di cosa si trattava. Inoltre, temevo di vincolare la mia libertà, dicendomi che non avrei potuto fare digiuni o elemosine o discipline a mio piacimento, che la vita religiosa richiedeva a chi l'intraprendeva una santità quale mai sarei riuscita a raggiungere, e che mi sarei dannata.


17. Il mondo l'attrae. Conflitto interiore

Così cominciai a frequentare la società e a voler piacere, cercando di divertirmi il più possibile. Solo Voi, mio Dio, siete testimone della forza e della lunghezza di questo terribile conflitto che si combatteva dentro me e durante il quale sarei stata sconfitta mille e mille volte senza l'aiuto straordinario della vostra bontà misericordiosa. Questa aveva disegni ben diversi da quelli che costruivo nel mio cuore, cui Voi faceste comprendere in questa come in mille altre occasioni quanto sarebbe stato difficile opporre resistenza alla potente trafittura del vostro amore, sebbene la mia malizia e la mia infedeltà mi facessero impiegare tutte le forze e le astuzie per resistergli e per spegnere in me ogni suo moto. Ma fu invano. Infatti, nel bel mezzo delle compagnie e dei divertimenti, il vostro amore mi lanciava dardi così ardenti che trafiggevano e consumavano il mio cuore da ogni parte; e la sofferenza che provavo mi lasciava stordita. E ciò non bastava a far desistere un cuore ingrato come il mio, e mi sentivo così legata e avvinta da corde, che ero costretta a seguire colui che mi chiamava in un luogo segreto, dove mi rivolgeva severi rimproveri; era geloso del mio misero cuore, che pativa persecuzioni spaventose. E dopo avergli chiesto perd6no, con la faccia rivolta a terra, mi obbligava a una lunga e rigida disciplina; dopodiché ritornavo come prima alle mie resistenze e alle mie vanità. La sera, quando lasciavo quelle maledette livree di Satana, cioè quei vani paludamenti, strumenti della sua malizia, il mio sovrano Maestro mi appariva, sfigurato come durante la sua flagellazione, e mi rivolgeva straordinari rimproveri: erano le mie vanità che l'avevano ridotto in tale stato e io perdevo un tempo prezioso di cui avrei dovuto rendergli conto nell'ora della mia morte. Mi diceva pure che lo tradivo e lo perseguitavo, dopo che Lui mi aveva dato tali e tante prove del suo amore e del desiderio che aveva di rendermi conforme a sé. Tutto ciò si imprimeva in me con tanta forza e apriva piaghe così dolorose nel mio cuore, che ne piangevo amaramente e mi è molto difficile esprimere tutto quello che soffrivo e che accadeva dentro me.


18. Penitenze corporali


Non sapevo cosa fosse la vita spirituale, perché non ne ero stata istruita e non ne avevo sentito parlare; sapevo solo ciò che il mio divino Maestro m'insegnava e mi faceva fare con la sua amorosa violenza. E per punirmi in qualche modo delle ingiurie che gli facevo e per riprendere la somiglianza e la conformità con Lui, alleviando il dolore che mi tormentava, legavo questo miserabile e criminale corpo con corde annodate e le stringevo così forte, che a malapena potevo respirare e mangiare. E tenevo le corde strette così a lungo, che s'immergevano profondamente nella mia carne, che vi ricresceva sopra, e riuscivo a strapparle solo con molta violenza e crudeli dolori; lo stesso facevo con le catenelle che legavo alle braccia e che toglievo portandomi via pezzi di carne. Dormivo sopra un asse o sopra bastoni nodosi, e poi mi battevo con la disciplina, cercando rimedio ai conflitti e ai dolori che sentivo dentro me. Tutto quanto potevo soffrire esteriormente, sebbene le umiliazioni e le contraddizioni di cui ho parlato prima fossero continue e aumentassero invece di diminuire, mi pareva un sollievo in confronto alle pene che soffrivo dentro me e che mi facevo violenza per sopportare in silenzio e tenere nascoste, come il mio buon Maestro m'insegnava. Nulla traspariva all'esterno, a parte il fatto che mi vedevano impallidire e disseccarmi. Il timore che avevo di offendere il mio Dio mi tormentava più di tutto il resto, perché i miei peccati mi apparivano continui e così grandi, che mi meravigliavo che l'inferno non s'aprisse sotto i miei piedi per inghiottire una tale miserabile peccatrice. Avrei voluto confessarmi tutti i giorni, ma potevo farlo solo di rado. Consideravo santi coloro che indugiava-no a lungo in confessione, pensando che non erano come me, che non sapevo accusarmi dei miei peccati. Ciò mi faceva versare molte lacrime.


19. Desiderio della vita religiosa

Dopo aver passato molti anni tra questi dolori, conflitti e molti altri patimenti, senza altra consolazione che il mio Signore Gesù Cristo, il quale era divenuto mio maestro e governatore, il desiderio della vita religiosa si riaccese così ardentemente nel mio cuore, che mi decisi a farmi monaca a ogni costo. Purtroppo ciò fu possibile solo quattro o cinque anni più tardi3 e, durante tutto quel tempo, le mie sofferenze e i miei conflitti raddoppiarono, mentre io cercavo di raddoppiare allo stesso modo le penitenze, quando il mio divino Maestro me lo permetteva. Lui fece cambiare molto il mio comportamento, mostrandomi la bellezza delle virtù e sopratutto dei tre vo-ti di povertà, castità e obbedienza, dicendomi che, quando li si pratica, si diventa santi, e lo diceva perché io, pregando, gli chiedevo di farmi diventare santa. E poiché la mia unica lettura erano le Vite dei Santi, dicevo aprendole: «Devo trovarne una facile da imitare, affinché io possa comportarmi in quel modo e così diventare santa». Ma quanto mi angosciava era vedere che offendevo molto Dio, mentre pensavo che i santi non l'avevano fatto o, se l'avevano fatto, erano stati sempre in penitenza. Così mi veniva voglia di fare penitenza; il mio divino Maestro m'imprimeva un timore così grande di seguire la mia volontà, che ero convinta che avrebbe gradito solo ciò che avessi fatto per amore e obbedienza. Questo suscitò in me un gran desiderio di amarlo e di agire solo per obbedienza, ma non sapevo come realizzare l'uno né l'altra; pensavo che fosse un delitto dire che l'amavo, perché le mie azioni smentivano le mie parole. Gli chiesi di insegnarmelo e di farmi fare ciò che voleva che facessi per fargli piacere e amarlo e Lui lo fece nel modo che ora dirò.


20. Carità verso i poveri e gli infermi

Lui suscitò in me un amore così tenero per i poveri, che non avrei voluto parlare d'altro, e impresse in me una così tenera compassione per i miseri che, se fosse stato in mio potere, mi sarei privata di tutto; allorché avevo del denaro lo regalavo ai poveri per attrarli presso di me e così insegnar loro il catechismo e a pregare Dio. Ciò faceva si che mi seguissero e, certe volte, ne avevo così tanti, che non sapevo dove metterli d'inverno, a parte uno stanzone da cui qualche volta venivamo scacciati. Ero molto mortificata perché non volevo che si vedesse quanto facevo; la gente pensava che davo ai poveri tutte le cose di cui riuscivo a impossessarmi, ma non avrei potuto farlo per timore di rubare e donavo solo ciò che era mio e mai senza il rispetto dell'obbedienza. Questo mi costringeva a fare moine a mia madre, affinché mi consentisse di donare ciò che avevo; poiché lei mi amava molto, consentiva facilmente. Se me lo rifiutava, restavo tranquilla e, dopo un po' di tempo, ritornavo alla carica, perché non potevo fare nulla senza consenso, non solo di mia madre, essendo pure soggetta a quelli con cui vivevo, cosa che era un continuo supplizio. Ma pensavo che dovevo sottomettermi a tutti quelli che più mi ripugnavano e obbedire loro per vedere se potevo diventare monaca. Tutti questi permessi da chiedere mi attirarono rifiuti e mi resero così prigioniera, che, per via della grande autorità che veniva esercitata su di me, non poteva esserci una monaca più sottomessa. Ma il desiderio ardente che provavo di amare Dio mi faceva superare tutte le difficoltà e mi rendeva attenta a fare tutto quanto più contrastava con le mie inclinazioni e per cui provavo più ripugnanza. Mi sentivo talmente spinta ad agire in tal modo, che confessavo come un peccato il non averlo fatto. Mi disgustava vedere piaghe e mi misi a curarle e a baciarle, pur non sapendo come fare. Ma il mio divino Maestro sapeva supplire così bene a tutte le mie deficienze, che le piaghe guarivano prestissimo senz'altro unguento che quello della Provvidenza e, sebbene fossero molto pericolose, io avevo più fiducia nella sua bontà che nei rimedi umani.



21. Rimproveri di Nostro Signore che comincia a svelarle i suoi disegni

Ero per natura portata all'amore per i piaceri e il divertimento. Non riuscivo più a gustarne alcuno, ancorché cercassi di fare il possibile per procurarmene; ma la figura dolorosa che allora mi appariva ossia quella del mio Salvatore appena flagellato, m impediva di goderne perché mi rivolgeva questo rimprovero che mi trafiggeva il cuore: 'Vorresti godere di questo piacere? E io che non ho mai goduto di alcun piacere e mi sono dato a ogni sorta di amarezza per tuo amore e per conquistare il tuo cuore! E nonostante ciò tu vorresti ancora contendermelo! ». Tutto questo m'impressionava moltissimo, ma in buona fede devo confessare che non capivo nulla di tutto ciò, avevo uno spirito rozzo e poco spirituale e facevo del bene solo perché Lui mi ci costringeva con tale forza, che non riuscivo a resistere. E questo il motivo per cui sono così confusa dinanzi a quanto scrivo, mentre preferirei rendere noto fino a che punto sono degna del più severo castigo eterno, a causa delle mie continue resistenze a Dio e delle opposizioni alle sue grazie. Vorrei anche far vedere la grandezza della sua misericordia, perché pareva che avesse deciso di perseguitarmi e di contrapporre di continuo la sua bontà alla mia malizia e il suo amore alle mie ingratitudini. Le mie ingratitudini sono state per tutta la mia vita causa del più acuto dolore; non ero capace di riconoscere il mio sovrano liberatore, che ha cominciato a prendersi così amorevolmente cura di me fin dalla culla e ha sempre continuato a farlo. Una volta in cui ero in un abisso di stupore, perché vedevo che i miei tanti difetti e le mie tante infedeltà non riuscivano a respingerlo, Lui così mi rispose: «Voglio fare di te una fusione del mio amore e della mia misericordia». In un'altra occasione mi disse: « Ti ho scelta come sposa e, quando tu hai fatto voto di castità, ci siamo promessi fedeltà. Sono stato io a indurti a farlo, prima ancora che il mondo avesse parte nel tuo cuore, perché lo volevo completamente puro, senza macchia di affetti terreni, e per conservarmelo così, ho tolto ogni malizia dalla tua volontà, di modo che non potesse corromperlo».



22. Affidata alle cure delle Santa Vergine

« E poi ti ho affidata alle cure della mia santa Madre, affinché ti plasmasse secondo i miei disegni». Lei è sempre stata per me una buona madre e non ha mai rifiutato il suo aiuto per tutte le mie pene e i miei bisogni, e con tale fiducia che mi pareva di non aver nulla da temere sotto la sua materna protezione. Io le avevo fatto voto di digiunare ogni sabato e di dire l'ufficio della sua Immacolata Concezione non appena avessi imparato a leggere, e di fare sette genuflessioni tutti i giorni della mia vita recitando sette Ave Maria, per onorare i suoi sette dolori. Mi ero consacrata a lei per essere sempre sua schiava, chiedendole di non rifiutarmi che così fosse. Le parlavo con semplicità, al pari di un bambino, come alla mia buona Madre, per la quale sin d'allora provavo un amore tenerissimo.



23. Rischia di lasciarsi vincere dall'amore per i suoi e dalle menzogne del demonio

Lei mi rimproverò severamente quando mi vide pronta a soccombere al terribile conflitto che sentivo in me. Perché, non potendo più resistere alle persecuzioni dei miei e alle lacrime di una madre che amavo così teneramente e che mi diceva che una figlia deve sposarsi a vent'anni, cominciavo a cedere. Satana mi ripeteva in continuazione: « Povera miserabile, cosa credi di fare diventando monaca? Farai ridere tutti, perché non sarai capace di perseverare. E che vergogna lasciare l'abito da monaca e il convento! Dove potrai andare a nasconderti ?». Mi scioglievo in lacrime perché avevo un terribile orrore degli uomini e non sapevo che decisione prendere, ma il mio divino Maestro, che aveva sempre presente il mio voto, ebbe infine pietà di me.



24. Nostro Signore le restituisce le pace

Una volta, che se non erro fu dopo la comunione, Lui volle farmi vedere che era il più bello, il più ricco, il più potente, il più perfetto e il più consono di tutti gli amanti, e si stupiva che, essendogli stata promessa da molti anni, volevo rompere con Lui e prendermene un altro: «Oh! Sappi che, se mi fai questo sgarbo, ti abbandonerò per sempre. Ma se mi resti fedele, non ti abbandonerò mai e sarò l'arma vincente contro tutti i tuoi nemici. Scuso la tua ignoranza, perché tu ancora non mi conosci, ma, se mi resti fedele e mi segui, t'insegnerò a conoscermi e mi manifesterò a te». Dicendomi questo, infuse una grande calma dentro me e la mia anima si trovò pervasa da una pace così grande, che mi decisi a morire piuttosto che sostituirlo. Mi pareva allora che i miei legami si fossero spezzati, che non avessi più nulla da temere, pensando che, seppure la vita religiosa fosse stata un purgatorio, mi sarebbe stato dolce purificare così il resto della mia vita, invece che vedermi precipitare verso l'inferno che tante volte avevo meritato per i miei gravi peccati e per le mie resistenze.



25. Sarà monaca nonostante tutto

Essendomi dunque decisa a farmi monaca, quel divino Sposo della mia anima, per paura che gli sfuggissi ancora, mi chiese di permettergli di impadronirsi e rendersi arbitro della mia libertà, visto che io ero debole. Acconsentii senza difficoltà e da allora in poi s'impadronì talmente della mia libertà, che non ne ho più usufruito per il resto della mia vita. S'insinuò in quel momento così a fondo nel mio cuore, che rinnovai il mio voto, cominciando a capirlo. Gli dissi che, mi fosse pure costato mille vite, non sarei mai stata altro che monaca e lo dichiarai a chiare lettere, pregando che fossero congedati i miei partiti, per quanto vantaggiosi me li presentassero. Mia madre, vedendo ciò, non piangeva più in mia presenza, ma lo faceva continuamente con tutti quelli che gliene parlavano. Costoro non mancavano di venirmi a dire che, se l'avessi abbandonata, sarei stata la causa della sua morte e ne avrei risposto di fronte a Dio, perché lei non aveva nessuno che l'assistesse. Mi dicevano pure che potevo farmi monaca dopo la sua morte. Un fratello che mi amava molto fece ogni sforzo per distogliermi dal mio progetto, offrendomi parte dei suoi beni affinché mi potessi collocare meglio nel mondo. Ma il mio cuore era diventato duro come roccia di fronte a queste cose, anche se poi mi toccò restare ancora per tre anni nel mondo, in mezzo a tutti questi conflitti.

 
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