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Il Purgatorio

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view post Posted on 30/11/2014, 05:47
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Domenico-89

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Esiste il Purgatorio? Naturalmente! Le ragioni di tanta certezza non risiedono solamente nella fede, ma anche nell'approfondito studio della Scrittura e dei testi dei Santi Padri che la tradizione della nostra Chiesa Cattolica ci ha donato. Attraverso alcuni dei più significativi brani della Parola e ripercorrendo le più importanti tappe storiche desideriamo portarvi alla nostra medesima certezza. Il Purgatorio esiste e ve lo dimostriamo!

In molti si sono cimentati nel cercare di dare una spiegazione definitiva all’interrogativo circa l’esistenza del Purgatorio che, per noi cattolici, è una profonda e ben salda verità di Fede. Molti però non accettano l'idea di una purficazione dopo la morte, credendola una tradizione puramente umana e creata di recente. Persino alcuni storici di prestigio ritengono che la dottrina del Purgatorio sia stata inventata dalla Chiesa medievale. Secondo tali personaggi quindi nessuno avrebbe mai parlato prima di questa realtà ultraterrena. Dimostreremo che non è così. Anche qualche giornalista è di questo parere. Su un articolo del Corriere della Sera del 1 agosto 1999 si legge che il Purgatorio è nato con il MedioEvo. Dall'assurdità e dalla completa infondatezza di queste affermazioni nasce l’esigenza di difendere la verità sul Purgatorio. Innanzitutto che cos'è il Purgatorio per noi Cristiani? Acoltiamo ciò che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica. Chiunque fosse interessato ad approfondire ulterioremente questo tema, potrà farlo consultando l'approfondimento sul Purgatorio presente nella sezione teologica del sito.


Che cos’è il Purgatorio?

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (1030-1032) dice


1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.

1031 La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze (621) e di Trento. (622) La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, (623) parla di un fuoco purificatore:
« Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,32). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro ». (624)

1032 Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: « Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato » (2 Mac 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, (625) affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti:
« Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, (626) perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? [...] Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere ». (627)


Abbiamo deciso di iniziare la nostra spiegazione apologetica riguardante il Purgatorio a partire dall’analisi di alcuni brani dell’Antico e del Nuovo Testamento proprio perché la dottrina sul Purgatorio nasce, come vedremo, all’interno della Sacra Scrittura e sebbene in molti si rifiutino di accettare questa verità essa è ben illustrata nella Parola di Dio!

Antico Testamento

Vi proponiamo la bellissima spiegazione data dal noto apologeta e direttore della rivista “Il Timone” Giampaolo Barra, nel corso di una delle sue seguitissime trasmissioni di Apologetica su Radio Maria.

Nell’Antico Testamento è di fondamentale importanza il capitolo 12 del secondo libro dei Maccabei, specialmente i versetti 43-46. Qui si narra di un episodio veramente significativo. Giuda Maccabeo, dopo avere vinto una decisiva battaglia per la nobile causa dell’indipendenza degli Ebrei, si reca sul campo di combattimento per seppellire i caduti. Si accorge che sotto la tunica di ciascun caduto vi erano oggetti idolatrici, oggetti dedicati agli idoli pagani e Giuda Maccabeo capisce, in quel momento, il perché questi soldati erano morti.
Dio li aveva puniti per questo grave peccato.

Cosa ci racconta la Bibbia?

Ci racconta che Giuda Maccabeo prega e fa pregare il popolo di Israele perché Dio perdoni il peccato commesso da questi soldati. Erano morti combattendo per una nobile causa, erano morti con “sentimenti di pietà” (lo dice il racconto biblico) e Giuda Maccabeo fa innalzare preghiere a Dio per i defunti. Questa è la prova che si credeva nella possibilità che i peccati dei defunti fossero perdonati, rimessi.
Si legge ancora nel racconto biblico Giuda Maccabeo fece una colletta e la “inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio” e la Bibbia dice che agì “in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della Risurrezione. Perché se non avesse avuta ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentavano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2 Mac 12,43-45).

Dunque, ricaviamo subito un primo insegnamento. Quanto noi cattolici preghiamo per le anime dei nostri defunti siamo in perfetta sintonia, in perfetto accordo con quanto è insegnato nella Parola di Dio, fin dall’Antico Testamento. Facciamo un’opera “buona e nobile”, facciamo un’opera “santa e devota” quando preghiamo per i nostri defunti, proprio come ha fatto Giuda Maccabeo.

Nuovo Testamento

Il Nuovo Testamento presenta ben tre brani significativi. Vi proponiamo (come abbiamo già fatto per l'Antico Testamento) la bellissima spiegazione data dal noto apologeta e direttore della rivista “Il Timone” Giampaolo Barra, nel corso di una delle sue seguitissime trasmissioni di Apologetica su Radio Maria.

Ricordiamo brevemente tre passi del Nuovo Testamento che alludono abbastanza chiaramente al Purgatorio.

Il primo lo troviamo nel Vangelo di san Matteo. Ascoltiamolo:

“Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo” (5,25-26)

Questo brano del vangelo di san Matteo è interessantissimo. Lasciamo agli esegeti il compito di approfondire il significato di questo passo, ma facciamo solo una considerazione. Delle due l’una: o Gesù, quando parla di questa prigione, intende una prigione terrena, come quelle che ci sono sulla terra (e allora, spiace dirlo, si è sbagliato: pensate a quanti esempi, soprattutto nella nostra Italia, si possono fare di persone che escono di prigione senza aver scontato tutta la pena), oppure Gesù parlava di una “prigione” non terrestre, prigione dove si sconta – quindi si purga – fino all’ultimo spicciolo, infallibilmente. E questa prigione dove, chi lo merita, sconta fino all’ultimo spicciolo è il Purgatorio.

Il secondo passo lo troviamo sempre nel Vangelo di san Matteo:

“Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo spirito non sarà perdonata né in questo secolo né in quello futuro” (12, 31-32)

Sant’Agostino, san Gregorio Magno e san Bernardo hanno visto in questo passo evangelico la chiara allusione alla possibilità che alcuni peccati, meno gravi della bestemmia contro lo Spirito, siano perdonati nella vita futura, quindi dopo una purificazione.

Ma il brano più importante viene da san Paolo. Ascoltiamo attentamente quanto l’Apostolo delle genti scrive nella sua prima Lettera ai Corinti:

“Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito; tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1 Cor 3,10-17)

Anche per questo brano di san Paolo lasciamo il compito agli esegeti di spiegarci bene ogni particolare. Ma a noi resta un dato di fatto: san Paolo insegna che l’opera di quelli che hanno costruito la loro vita sul fondamento Gesù Cristo verrà provata, verrà giudicata. Se, nonostante abbiamo costruito meritoriamente su Gesù Cristo , l’opera verrà trovata imperfetta, costoro verranno puniti, ma non per sempre: si salveranno, però dopo essere passati per il fuoco purificatore.

Bene: questo è il Purgatorio. Vedete bene che la credenza nella esistenza del Purgatorio è fondata biblicamente. La credenze nella possibilità di scontare i propri peccati in Purgatorio è credenza fondata biblicamente. Credere che è necessario pregare per le anime del Purgatorio ha fondamento biblico.

Noi cattolici possiamo dunque stare tranquilli. La nostra fede è pienamente conforme all’insegnamento biblico.


Cosa dice la tradizione cristiana dei primi secoli?

Come abbiamo già detto nella prefazione, non è difficile incontrare storici, giornalisti, o semplicemente gente sprovveduta credere che l’idea di Purgatorio sia stata inventata a tavolino nel Medioevo.
Badate bene però, se così fosse la tradizione storica tramandata dai primi cristiani non dovrebbe menzionare né fare alcun tipo di riferimento al Purgatorio, ma così non è…
Veniamo dunque alle più importanti testimonianze storiche dei primi cristiani partendo dalla più antica.

Epitaffio di Abercio

Nel secondo secolo (ci troviamo dunque intorno al 100 d.C.), la storia ha collocato un’importante testimonianza riguardante la credenza nella necessità di pregare per le anime dei defunti e quindi, ovviamente, del Purgatorio, anche se non lo si chiamava con questo nome. Tale documento prende il nome di “Epitaffio di Abercio”. In questo epitaffio leggiamo:

“Queste cose dettai direttamente io, Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio.” Abercio era un cristiano, probabilmente vescovo di Ierapoli, in Asia Minore il quale, prima di morire, compose di propria mano il suo epitaffio, vale a dire l’iscrizione per la sua tomba. Riflettiamo: Abercio invita quelli che visiteranno la sua tomba a pregare per lui. Invita a pregare per lui defunto, quindi per la sua anima. Si può facilmente comprendere come la Chiesa primitiva, la Chiesa dei primi secoli, credeva al Purgatorio e alla necessità di pregare per le anime dei defunti.

Il diario di Perpetua

Nell’anno 203,all’inizio del terzo secolo dopo Cristo ci perviene la più importante testimonianza. A farcela, attraverso il suo diario è la martire cristiana Perpetua morta il 7 marzo del 203 insieme ad altri cinque cristiani: Felicita, Revocato, Saturnino, Secundolo e il loro catechista Saturo.

Il diario ci narra un episodio importane. Perpetua, mentre è in prigione, ha una duplice visione.
Nella prima visione vede suo fratello Dinocrate, “morto a sette anni per un cancro che gli aveva devastato la faccia” al punto che, scrive Perpetua “la sua morte aveva fatto inorridire tutti”. Nella prima visione, Perpetua vede suo fratellino uscire “da un luogo tenebroso dove vi era molta altra gente; era accaldato e assetato, sudicio e pallido. Il volto era sfigurato dalla piaga che l’aveva ucciso”. E ancora, in questa prima visione, Perpetua vede suo fratello che tenta senza riuscirci di abbeverarsi ad una piscina e capisce che Dinocrate sta soffrendo. Non riesce ad abbeverarsi e questo era per lui motivo di grande sofferenza.

Perpetua prega per l’anima di suo fratello defunto. Il Signore ascolta le sue preghiere e in una seconda visione, Perpetua vede Dinocrate perfettamente guarito, in grado di abbeverarsi, capace di giocare come fanno tutti i bambini. Interpretando questa seconda visione, Perpetua scrive nel suo diario: “Mi svegliai e compresi che la pena (del Purgatorio) gli era stata rimessa”.

Le opere di Tertulliano

Un’altra preziosa testimonianza ci giunge da Tertulliano (ca 155 – ca 222) un pagano, convertito al Cristianesimo; divenne uno strenuo apologeta del cattolicesimo prima di cadere, purtroppo nell’eresia montanista.

Nel suo De Corona, Tertulliano scrive: “Nel giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti”.

Nel suo De monogamia, scrive: “La moglie sopravvissuta al marito offre preghiere per la gioia di suo marito nei giorni anniversari della sua morte”, dove si intende bene che la moglie prega perché l’anima del defunto giunga presto alla gioia del Paradiso.

La testimonianza di Sant'Agostino

Sant’Agostino attesta la fermissima fede della Chiesa dei primi secoli nella esistenza del Purgatorio. Scrive: “Non si può negare che le anime dei defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore (qui sant’Agostino sta parlando del sacrificio della Santa Messa), oppure mediante elemosine” (De fide, spe, et caritate).

La testimonianza di Sant'Efrem di Siro

Scrive sant’Efrem di Siro, vissuto nel IV secolo (306-373) nel suo testamento: “Nel trigesimo della mia morte ricordatevi di me, fratelli, nella preghiera. I morti infatti ricevono aiuto dalla preghiera fatta dai vivi” (Testamentum). San Girolamo (ca 347 – 419 o 420) attesta che gli scritti di sant’Efrem erano letti pubblicamente in Chiesa, dopo la Sacra Bibbia.

Alla luce di questi bellissimi testi della tradizione cristiana appare fin troppo evidente come nella tradizione della Chiesa già a partire dal secondo secolo dopo Cristo i cristiani credevano fermamente nell’esistenza del Purgatorio, altro che Medioevo!

Concilio di Lione (1274)

Afferma che "le anime sono purificate dopo la morte con pene che lavano".


Concilio di Basilea-Ferrara-Firenze-Roma (SESSIONE VI 6 luglio 1439) [Firenze]

[...]Inoltre definiamo che le anime di chi, veramente pentito, muore nell'amore di Dio, prima di aver soddisfatto per i peccati e le omissioni con degni frutti di penitenza, vengono purificate dopo la morte con le pene del purgatorio; che, perché siano sollevate da queste pene, sono loro utili i suffragi dei fedeli viventi, cioè il sacrificio della messa, le preghiere, le elemosine, ed altre pratiche di pietà, che i fedeli usano offrire per gli altri fedeli, secondo le consuetudini della chiesa. [...]

Concilio di Trento SESSIONE XXV (3-4 dicembre 1563)

Decreto sul purgatorio

Poiché la chiesa cattolica, istruita dallo Spirito santo, conforme alle sacre scritture e all’antica tradizione, ha insegnato nei sacri concili, e recentissimamente in questo concilio ecumenico (403), che il purgatorio esiste e che le anime lì tenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e in modo particolarissimo col santo sacrificio dell’altare, il santo sinodo comanda ai vescovi che con diligenza facciano in modo che la sana dottrina sul purgatorio, quale è stata trasmessa dai santi padri e dai sacri concili (404), sia creduta, ritenuta, insegnata e predicata dappertutto.[..]I vescovi, inoltre, abbiano cura che i suffragi dei fedeli viventi e cioè i sacrifici delle messe, le preghiere, le elemosine ed altre opere pie, che si sogliono fare dai fedeli per altri fedeli defunti, siano fatti con pietà e devozione secondo l’uso della chiesa e che quei suffragi che secondo le fondazioni dei testatori o per altro motivo devono essere fatti per essi, vengano soddisfatti dai sacerdoti, dai ministri della chiesa e dagli altri che ne avessero l’obbligo, non sommariamente e distrattamente, ma diligentemente e con accuratezza.

Concilio Vaticano II (Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium Cap IV - La Chiesa celeste e la Chiesa peregrinante )

49. Fino a che dunque il Signore non verrà nella sua gloria, accompagnato da tutti i suoi angeli (cfr. Mt 25,31) e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose (cfr. 1 Cor 15,26-27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si purificano ancora, altri infine godono della gloria contemplando " chiaramente Dio uno e trino, qual è ".

PIO IX AMATISSIMI REDEMPTORIS

[...]Il Signore stesso, per mezzo di Malachia, divinamente ispirato, predisse che questo sacrificio sarebbe stato grande fra le genti e avrebbe dovuto essere offerto puro in ogni parte del mondo, dal sorgere al tramontare del sole (Ml 1,11). È un sacrificio talmente ricolmo di frutti da abbracciare la vita presente e quella futura.
Dio, riconciliato da questo sacrificio, elargendo la sua grazia e il dono del perdono, cancella anche le colpe più gravi e, pur gravemente offeso dai nostri peccati, trascorre dall’ira alla misericordia e dalla severità della giusta punizione alla clemenza. Tramite questo dono vengono annullati il reato e la soddisfazione delle pene temporali; per mezzo suo può essere portato sollievo alle anime dei morti in Cristo non pienamente purificate, e possono essere conseguiti anche beni temporali purché non in contrasto con quelli spirituali. Sempre per suo tramite vengono debitamente esaltati l’onore e il culto resi ai Santi e, in primo luogo, alla santissima Madre di Dio, la Vergine Maria.
Secondo la tradizione ricevuta dagli Apostoli, offriamo il divino sacrificio della Messa "per la pace di tutte le Chiese, per la doverosa armonia del mondo; per i regnanti, per i soldati, per gli alleati, per gli ammalati, per gli afflitti, per tutti coloro che versano nell’indigenza, per i defunti ancora trattenuti in purgatorio, sorretti dalla ferma speranza che potrà tornare di grande giovamento la preghiera elevata in loro favore mentre è presente la Vittima santa e tremenda".[...]


LEONE PP. XIII QUOD ANNIVERSARIUS

[...]Noi desideriamo che gli effetti della Nostra Apostolica carità, mercé la pienezza dell’infinito tesoro spirituale, si estendano anche, quanto più largamente si possa, a quei diletti figli della Chiesa, i quali con la morte dei giusti, segnati dalla fede ed innestati nella mistica vite, si dipartirono dalle battaglie di questa vita terrena; in modo tuttavia che siano impediti ad entrare nella vita eterna fino a che non abbiano reso l’indispensabile soddisfazione alla divina vendicatrice giustizia per i debiti contratti. A ciò siamo mossi dai pietosi desideri dei cattolici, ai quali sappiamo che tornerà graditissima questa Nostra intenzione; nonché dalla lacrimevole atrocità delle pene onde vengono afflitte le anime dei trapassati: ma ancora più Ce ne dà speciale impulso la consuetudine della Chiesa, la quale, persino nel corso delle più liete solennità dell’anno, fa salutare e santa memoria dei defunti, affinché vengano prosciolti dai peccati.
Quindi, essendo certo per la dottrina cattolica che "le anime rinchiuse nel Purgatorio ricevono aiuto dai suffragi dei fedeli, e principalmente dall’accettabile sacrificio dell’Altare", stimiamo di non potere offrire ad esse un pegno più utile o più desiderato, che il moltiplicare per la loro liberazione, in tutte le contrade, l’oblazione immacolata del sacrosanto sacrificio del nostro divino Mediatore.
Perciò, con tutte le necessarie dispense e deroghe, vogliamo che l’ultima domenica del mese di settembre prossimo venturo sia giorno di amplissima espiazione nel quale da Noi, e allo stesso modo da tutti i Nostri Fratelli Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi ed altri Prelati aventi Diocesi, nelle Chiese Patriarcali, Metropolitane e Cattedrali di ciascuno, si celebri una Messa particolare per i trapassati, con la maggiore solennità possibile e con quel rito che nel messale è indicato "per la Commemorazione di tutti i fedeli defunti". Approviamo che ciò si compia anche nelle Chiese Parrocchiali e Collegiate, tanto dei secolari quanto dei regolari, e da tutti i sacerdoti, purché non si tralasci la Messa corrispondente all’ufficio del giorno, ovunque ne corra l’obbligo. Esortiamo poi calorosamente gli altri fedeli che, premessa la sacramentale confessione, si accostino devotamente alla mensa eucaristica a suffragio delle anime purganti. A costoro, con la Nostra autorità Apostolica concediamo indulgenza plenaria a pro dei defunti: ai singoli celebranti, come detto sopra, il privilegio dell’Altare.
In tal modo, senza dubbio, le pie anime, che fra terribili e grandi tormenti stanno espiando i rimanenti peccati, avranno opportunissimo e singolare sollievo dall’Ostia salutare che tutta la Chiesa, congiunta al suo Capo visibile ed infiammata dallo stesso spirito di carità, offrirà a Dio, affinché voglia concedere ad essi il soggiorno del refrigerio, della luce e della pace sempiterna.
Frattanto, come pegno dei doni celesti, con tanto affetto nel Signore, impartiamo a voi, Venerabili Fratelli, e a tutto il Clero e al popolo affidato alle vostre cure, l’Apostolica Benedizione. [...]


PAOLO VI INDULGENTIARUM DOCTRINA

3. È necessario, allora, per la piena remissione e riparazione dei peccati non solo che l’amicizia di Dio venga ristabilita con una sincera conversione della mente e che sia riparata l’offesa arrecata alla sua sapienza e bontà, ma anche che tutti i beni sia personali che sociali o dello stesso ordine universale, diminuiti o distrutti dal peccato, siano pienamente reintegrati o con la volontaria riparazione che non sarà senza pena o con l’accettazione delle pene stabilite dalla giusta e santissima sapienza di Dio, attraverso le quali risplendano in tutto il mondo la santità e lo splendore della sua gloria. Inoltre l’esistenza e la gravità delle pene fanno comprendere l’insipienza e la malizia del peccato e le sue cattive conseguenze. Che possano restare e che di fatto frequentemente rimangano pene da scontare o resti di peccati da purificare anche dopo la remissione della colpa, lo dimostra molto chiaramente la dottrina sul purgatorio: in esso, infatti, le anime dei defunti che "siano passate all’altra vita nella carità di Dio veramente pentite, prima che avessero soddisfatto con degni frutti di penitenza per le colpe commesse e per le omissioni", vengono purificate dopo morte con pene purificatrici. La stessa cosa è messa in buona evidenza dalle preghiere liturgiche, con le quali la comunità cristiana ammessa alla santa comunione si rivolge a Dio fin da tempi antichissimi: "perché noi, che giustamente siamo sottoposti ad afflizioni a causa dei nostri peccati misericordiosamente possiamo esserne liberati per la gloria del tuo nome". Inoltre tutti gli uomini peregrinanti sulla terra commettono ogni giorno almeno qualche leggero peccato; per cui tutti hanno bisogno della misericordia di Dio per essere liberati dalle pene conseguenti il peccato.

Credo del popolo di Dio

Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.

GIOVANNI PAOLO II - Catechesi Mercoledì 4 agosto 99


1. Come abbiamo visto nelle due precedenti catechesi, in base all'opzione definitiva per Dio o contro Dio, l'uomo si trova dinanzi a una delle alternative: o vive con il Signore nella beatitudine eterna, oppure resta lontano dalla sua presenza. Per quanti si trovano in condizione di apertura a Dio, ma in un modo imperfetto, il cammino verso la piena beatitudine richiede una purificazione, che la fede della Chiesa illustra attraverso la dottrina del "Purgatorio" (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1030-1032).

2. Nella Sacra Scrittura si possono cogliere alcuni elementi che aiutano a comprendere il senso di questa dottrina, pur non enunciata in modo formale. Essi esprimono il convincimento che non si possa accedere a Dio senza passare attraverso una qualche purificazione. Secondo la legislazione religiosa dell'Antico Testamento, ciò che è destinato a Dio deve essere perfetto. In conseguenza, l'integrità anche fisica è particolarmente richiesta per le realtà che vengono a contatto con Dio sul piano sacrificale, come per esempio gli animali da immolare (cfr Lv 22,22) o su quello istituzionale, come nel caso dei sacerdoti, ministri del culto (cfr Lv 21,17-23). A questa integrità fisica deve corrispondere una dedizione totale, dei singoli e della collettività (cfr 1 Re 8,61), al Dio dell'alleanza nella linea dei grandi insegnamenti del Deuteronomio (cfr 6,5). Si tratta di amare Dio con tutto il proprio essere, con purezza di cuore e con testimonianza di opere (cfr ivi, 10,12s).
L'esigenza d'integrità s'impone evidentemente dopo la morte, per l'ingresso nella comunione perfetta e definitiva con Dio. Chi non ha questa integrità deve passare per la purificazione. Un testo di san Paolo lo suggerisce. L'Apostolo parla del valore dell'opera di ciascuno, che sarà rivelata nel giorno del giudizio, e dice: "Se l'opera che uno ha costruito sul fondamento [che è Cristo] resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco" (1 Cor 3,14-15).

3. Per raggiungere uno stato di perfetta integrità è necessaria talvolta l'intercessione o la mediazione di una persona. Ad esempio, Mosè ottiene il perdono del popolo con una preghiera, nella quale evoca l'opera salvifica compiuta da Dio in passato e invoca la sua fedeltà al giuramento fatto ai padri (cfr Es 32,30 e vv. 11-13). La figura del Servo del Signore, delineata dal Libro di Isaia, si caratterizza anche per la funzione di intercedere e di espiare a favore di molti; al termine delle sue sofferenze egli "vedrà la luce" e "giustificherà molti", addossandosi le loro iniquità (cfr Is 52,13-53,12, spec. 53,11).
Il Salmo 51 può essere considerato, secondo la visuale dell'Antico Testamento, una sintesi del processo di reintegrazione: il peccatore confessa e riconosce la propria colpa (v. 6), chiede insistentemente di venire purificato o "lavato" (vv. 4.9.12.16) per poter proclamare la lode divina (v. 17).

4. Nel Nuovo Testamento Cristo è presentato come l'intercessore, che assume in sé le funzioni del sommo sacerdote nel giorno dell'espiazione (cfr Eb 5,7; 7,25). Ma in lui il sacerdozio presenta una configurazione nuova e definitiva. Egli entra una sola volta nel santuario celeste allo scopo d'intercedere al cospetto di Dio in nostro favore (cfr Eb 9,23-26, spec. 24). Egli è Sacerdote e insieme "vittima di espiazione" per i peccati di tutto il mondo (cfr 1 Gv 2,2). Gesù, come il grande intercessore che espia per noi, si rivelerà pienamente alla fine della nostra vita, quando si esprimerà con l'offerta di misericordia ma anche con l'inevitabile giudizio per chi rifiuta l'amore e il perdono del Padre. L'offerta della misericordia non esclude il dovere di presentarci puri ed integri al cospetto di Dio, ricchi di quella carità, che Paolo chiama "vincolo di perfezione" (Col 3,14).

5. Durante la nostra vita terrena seguendo l'esortazione evangelica ad essere perfetti come il Padre celeste (cfr Mt 5,48), siamo chiamati a crescere nell'amore per trovarci saldi e irreprensibili davanti a Dio Padre, "al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi" (1 Ts 3,12s.). D'altra parte, siamo invitati a "purificarci da ogni macchia della carne e dello spirito" (2 Cor 7,1; cfr 1 Gv 3,3), perché l'incontro con Dio richiede una purezza assoluta.
Ogni traccia di attaccamento al male deve essere eliminata; ogni deformità dell'anima corretta. La purificazione deve essere completa, e questo è appunto ciò che è inteso dalla dottrina della Chiesa sul purgatorio. Questo termine non indica un luogo, ma una condizione di vita. Coloro che dopo la morte vivono in uno stato di purificazione sono già nell'amore di Cristo, il quale li solleva dai residui dell'imperfezione (cfr Conc. Ecum. di Firenze, Decretum pro Graecis: DS 1304; Conc. Ecum. di Trento, Decretum de iustificatione: DS 1580; Decretum de purgatorio: DS 1820). Occorre precisare che lo stato di purificazione non è un prolungamento della situazione terrena, quasi fosse data dopo la morte un'ulteriore possibilità di cambiare il proprio destino. L'insegnamento della Chiesa in proposito è inequivocabile ed è stato ribadito dal Concilio Vaticano II, che così insegna: "Siccome poi non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena (cfr Eb 9,27), meritiamo con Lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori, dove 'ci sarà il pianto e lo stridore dei denti' (Mt 22,13 e 25,30)" (Lumen gentium, 48).

Santa Caterina da Genova

Gesù rivela a Santa Caterina da Genova, il Purgatorio e l’inferno.

Attraverso il Divino fuoco con il quale fu purificata nella vita mortale, lei poté capire lo stato delle anime del Purgatorio. Gesù gli disse: "L'anima è come l'oro, deve essere purificata nel fuoco."

Gli rivelò che come il sole non può penetrare in una superficie coperta, così e allo stesso modo anche la fiamma del suo amore, non può penetrare nelle anime che bloccano o resistono a ricevere il suo Amore Purificatore, perché Lui rispetta la libertà dell’uomo.

L'anima che non desidera essere purificata nella vita terrena e non trova diletto nella purificazione, dovrà patire una purificazione più forte nel Purgatorio. Perché qui nella terra trova compiacenza e consolazione nel Signore.

Le fiamme con le quali l’anima è purificata qui nella terra, sono le fiamme dell'amore divino, nel Purgatorio le fiamme che bruciano e purificano tutti i nostri peccati non sono fiamme dell'amore divino per questo causano dolore, angoscia; non c'è compassione. E sebbene il nostro amore per il Signore cresce, non toglie né diminuisce il tormento che si patisce, anche quando si percepiscono i raggi dell’Amore di Dio.

Alcuni brani essenziali del "Trattato del Purgatorio"

Vedeva con gli occhi dell'anima e comprendeva la condizione dei fedeli nel Purgatorio, erano lì per purificarsi prima di essere presentati al cospetto di Dio, in Paradiso.

La ruggine del peccato è l'impedimento, e il fuoco va consumando la ruggine; e così l'anima sempre più si va discoprendo al divino influsso...

Così la ruggine (cioè il peccato) è la copertura delle anime, e nel Purgatorio si va consumando per il fuoco; e quanto più consuma, tanto più sempre corrisponde al vero sole Iddio. Però tanto cresce la contentezza, quanto manca la ruggine e si discopre l'anima al divin raggio. E così l'un cresce e l'altro manca, sin che sia finito il tempo.

Non manca però la pena, ma solo il tempo di stare in essa pena. E quanto alla volontà, non possono mai dire che quelle pene siano pene, tanto si contentano dell'ordinazione di Dio, con la quale è unita la loro volontà in pura carità.

D’altra parte poi hanno una pena tanto estrema, che non si trova lingua che la possa narrare, né intelletto che possa capirne una minima scintilla, se Dio non gliela mostrasse per grazia speciale.

Nasce in loro un estremo fuoco, simile a quello dell'Inferno, eccetto la colpa, la qual è quella che fa la volontà maligna ai dannati dell'Inferno; ai quali Dio non corrisponde la sua bontà: e perciò restano in quella disperata, maligna volontà contro la volontà di Dio.

Oh quanto è pericoloso il peccato fatto con malizia: perché l'uomo difficilmente se ne pente, e non pentendosi, sempre sta la colpa; la quale tanto persevera, quanto l'uomo sta nella volontà del peccato commesso o di commetterlo!

Di quanta importanza sia il Purgatorio, né lingua lo può esprimere, né mente capire, salvo che lo vedo esser di tanta pena come l'Inferno: e nientedimeno io vedo l'anima la quale in sé sente una minima macchia d'imperfezione, riceverlo per misericordia (come si è detto), non facendo in un certo modo stima, in comparazione di quella macchia impeditiva del suo amore.

Quando l'anima, per interior vista, si vede così da Dio tirar con tanto amoroso fuoco, allora per quel calore dell'affocato amore del suo dolce Signore e Dio, che sente ridondar nella sua mente, tutta si liquefa.

Vedendo poi nel divino lume, siccome Dio non cessa mai di tirarla e amorosamente condurla all'intera sua perfezione, con tanta cura e continua provvisione; e che lo fa solo per puro amore.

Vedo ancora procedere da quel divino amore verso l'anima certi raggi e lampi affocati, tanto penetranti e forti, che pare debbano annichilare non solo il corpo, ma ancora essa anima, se fosse possibile.

Questi raggi fanno due operazioni: per la prima purificano, con la seconda annichilano.

Sappi che quello che l'uomo giudica in sé perfezione, innanzi a Dio è difetto: imperocché tutto quello che opera di cose le quali abbiano apparenza di perfezione, come pur le vede, le sente, le intende, le vuole, ovvero ne ha memoria, senza riconoscerle da Dio, in tutte si contamina e imbratta.

È vero che l'amor di Dio, il quale ridonda nell'anima (secondo ch'io vedo) le dà una contentezza sì grande, che non si può esprimere; ma questa contentezza, alle anime che sono in Purgatorio, non leva scintilla di pena.

Anzi quell'amore il quale si trova ritardato, è quello che fa loro la pena; e tanto fa pena maggiore, quanta è la perfezione dell'amore del quale Iddio le ha fatte capaci.

Viemmi voglia di gridar un sì forte grido, che spaventasse tutti gli uomini che sono sopra la terra, e dir loro: O miseri, perché vi lasciate così accecare da questo mondo, che a una tanta e così importante necessità, come troverete al punto della morte, non date provvisione alcuna?

Tutti state coperti sotto la speranza della misericordia di Dio, la quale dite essere tanto grande; ma non vedete che tanta bontà di Dio vi sarà in giudizio, per avere fatto contro la volontà di un tanto buon Signore?

Non ti confidare dicendo: Io mi confesserò, e poi prenderò l'Indulgenza Plenaria, e sarò in quel punto purgato di tutti i miei peccati, e così sarò salvo.

Pensa che la confessione e contrizione la quale è di bisogno per essa Indulgenza Plenaria, è cosa tanto difficile di avere, che se tu lo sapessi, tremeresti per gran paura, e saresti più certo di non averla, che di poterla avere.


Santa Veronica Giuliani

Dichiarata Beata nel 1804 e Santa nel 1839, nel 1980 i vescovi dell'Umbria hanno avanzato la richiesta alla Sacra Congregazione per le cause dei Santi di dichiararla Dottore della Chiesa. Nelle diecine di migliaia di pagine autobiografiche manoscritte che ci ha lasciato, la Santa riporta una quantità innumerevole, sconvolgente di visioni mistiche.

Le visioni veronichiane costituiscono una testimonianza scritta di estremo interesse letterario e spirituale: dal racconto della prima visione, che Veronica ebbe all'età di quattro anni, a quelle più complesse e simboliche, lungo un cammino di ricerca interiore volto a superare i limiti propri della personalità individuale per giungere ad « imparadisarsi».

Non c'è forse, nella storia mistica un'altra santa come Veronica Giuliani, che ci abbia lasciato così tante descrizioni di visioni quante ne incontriamo percorrendo gli scritti di Veronica Giuliani. Nel corso della sua vita essa ebbe per molti anni almeno una visione al giorno.

Veronica Giuliani, che è stata definita la "mistica dell'espiazione", costituisce nella storia delle scritture spirituali un caso unico, insolitamente affascinante. In trentacinque anni essa scrisse, su ordine dei vari confessori, ben cinque biografie, qualcosa come 22.000 pagine manoscritte, quarantadue grossi volumi relegati in cartapecora, oltre seimila pagine a stampa.

Le visioni, in genere, sono precedute per Veronica da due momenti: il raccoglimento e il rapimento.

Santa Veronica sperimentò in maniera misteriosa e avvincente la pena della privazione di Dio, che subiscono le anime ritenute in Purgatorio: "E' la pena delle pene, scriverà essa; la privazione di Dio, non fosse che per un istante, sarebbe capace di fulminarci. Sapere per luce interiore che si manca del Bene Supremo. Fuoco, ghiaccio, lame affilate, e tutti i supplizi che si possono immaginare, cos'è tutto questo, in confronto di tale pena?

Gesù rivela a Santa Caterina da Genova, il Purgatorio e l’inferno.

Attraverso il Divino fuoco con il quale fu purificata nella vita mortale, lei poté capire lo stato delle anime del Purgatorio. Gesù gli disse: "L'anima è come l'oro, deve essere purificata nel fuoco."

Gli rivelò che come il sole non può penetrare in una superficie coperta, così e allo stesso modo anche la fiamma del suo amore, non può penetrare nelle anime che bloccano o resistono a ricevere il suo Amore Purificatore, perché Lui rispetta la libertà dell’uomo.

L'anima che non desidera essere purificata nella vita terrena e non trova diletto nella purificazione, dovrà patire una purificazione più forte nel Purgatorio. Perché qui nella terra trova compiacenza e consolazione nel Signore.

Le fiamme con le quali l’anima è purificata qui nella terra, sono le fiamme dell'amore divino, nel Purgatorio le fiamme che bruciano e purificano tutti i nostri peccati non sono fiamme dell'amore divino per questo causano dolore, angoscia; non c'è compassione. E sebbene il nostro amore per il Signore cresce, non toglie né diminuisce il tormento che si patisce, anche quando si percepiscono i raggi dell’Amore di Dio.

Alcuni brani tratti da: Visioni

VISIONE, PER TRE VOLTE, DI UN'ANIMA DEL PURGATORIO

In questa notte, nell' esercizio, vi è stato di particolare questo, che mi pare che Iddio mi abbia fatto vedere un'anima del Purgatorio. L'ho veduta in tre modi.

La prima volta, parvemi che ella fosse in un grande fuoco e che, per mano dei demoni, avesse dei grandi tormenti dei quali l'uno non aspettava l'altro. Ogni vista di quei ministri infernali, le dava pena sopra pena; ma, fra tante pene, la maggiore era quella del danno. Ella non si poteva raccomandare; stava sotto il braccio della giustizia di Dio; e tanto basta. Tutto ciò è stato di grande ammaestramento a quest'anima.

La seconda volta, l'ho veduta con grandi tormenti; in specie, nei sentimenti. Per modo di dire, dirò, che mi pareva che fosse tormentata negli occhi e nelle orecchie con ferri taglienti e pungenti; e che ciò era operato assai celermente ed, ora in uno, ora in quei sentimenti insieme. O Dio! Il sentimento poi della lingua, aveva assai più pena. In un tratto, pareva che le uscisse dalla bocca, ed arrivasse sino a terra; e pareva che fosse inchiodata ivi, non con un chiodo di ferro, ma col chiodo della mano di Dio.

I demoni che sono ministri della divina giustizia, a tutto potere, la tormentavano; ed ella stava immobile nel medesimo sito che fu posta, né poteva muoversi. Era tutta pena, da capo a piedi; non vi è modo di dichiarare queste pene; e non credo che creatura vivente possa mai raccontarle. Parvemi anche di vederla, in un tratto, come distrutta affatto, e consumata da molte pene; ma poi, in un tratto, divenire in essere, con più atroci pene che sembra comincino sempre e sempre continuino con più ardore. In fine, mi pareva vederla, ora tutta lacerare ora pungere con punte infuocate, ed ora stare in un fuoco ardente e divenire tutta un ghiaccio. Sembrava che la detta anima vi fosse gelata dentro; ma, nel tempo medesimo, sentiva fuoco e ghiaccio.

La terza volta, mi fu mostrata pure nella medesima forma; pativa un tormento intollerabile, e pareva che vedesse un non so che; ma io non capivo che cosa fosse. Alla fine, il mio Angelo Custode mi fece conoscere che ella vedeva l'abito che aveva portato della Religione, e la sola vista le rinnovava tutti i tormenti e le pene; perché ella era vissuta con l'abito sì, ma non da Religiosa.

In un tratto, fui trasportata dallo stesso mio Angelo Custode ai piedi di Maria SS.ma; le chiesi soccorso, per questa povera anima; mi esibii per essa a qualsiasi pena e tormento; e Maria SS.ma mi promise la grazia con dimostrarmi quel sigillo; e mi disse che io raccontassi tutto al mio confessore e gli chiedessi l'obbedienza di patire per qualche ora, per soddisfare alla giustizia di Dio per quest'anima che mi fu fatta vedere in quel punto stesso. Parvemi capire che avesse, in quell’'istante, un poco di refrigerio...

In questo punto, mi fu fatta vedere quell'altra anima che avrebbe fatto muovere a compassione qualsiasi cuore benché duro. lo, prostrata avanti la mia Mamma cara, Maria SS.ma, le chiedevo grazia; ed Ella mi disse che stessi posata, perché, nel fine di quelle 24 ore di patimenti, sarebbe andata al santo Paradiso; ed io sarei restata fra le pene. In queste pene, però, Ella. voleva che avessi l'assistenza del mio confessore, perché vi sarebbero stati grandi tormenti per mano dei demoni i quali avevano potestà - così voleva Iddio - di flagellarmi e di combattermi.

In questo punto, sentii una voce spaventevole, ed ebbi un grande urtone che mi gettò per terra. Il demonio mi diceva: «Maledetta! maledetta! Che pensi di fare? lo sono venuto per torti la vita»; ma io mi risi di queste sue braverie. Bugiardo che è! Esso non può torre la vita, né fare niente, senza la volontà di Dio; ed io stavo salda e ferma a volere tutto ciò che era la volontà di Dio. Con atti di umiliazione interni, tutte le percosse accettavo, in penitenza delle mie colpe; ringraziavo Gesù; ringraziavo Maria; davo mille benedizioni a Dio; e lo pregavo che mi tenesse la sua mano in capo, perché mai e poi mai l'offendessi. O Dio! Che grande tentazione e battaglia fu questa! Ma, per amore di Dio, il tutto è poco. Non sto a dire altro. Ho raccontato questo, a dispetto dell'inimico. Laus Deo [III,513-517].

Santa Geltrude di Helfta

Santa Geltrude di Helfta, detta la Grande, nacque ad Eisleben (Turingia) nel 1256. Entrò in monastero a 5 anni presso le monache Cistercensi di Helfta (Sassonia). L’abbadessa Geltrude di Hackeborn accoglie Geltrude nel 1261 all’età di 5 anni nel monastero di Helfta, perché la bimba restò orfana prestissimo. A 25 anni il 27 gennaio del 1281, ha la prima manifestazione divina. Incomincerà a scrivere in latino per un impulso interiore e sentendo la voce di Gesù che vuole far conoscere i suoi scritti. Verso il 1284 riceve le stimmate invisibili. A 45 anni poco prima di morire riceve anche il dono della ferita o freccia d’amore, la trasveberazione del cuore.

Percorse in modo meraviglioso la via della perfezione, dedicandosi alla preghiera e alla contemplazione, impiegando la sua cultura per la stesura di testi di fede, tra cui i celebri Exercitia e quello che è forse il suo libro più famoso: le "Rivelazioni". È ricordata tra le iniziatrici della devozione al Sacro Cuore, la prima a tracciarne una teologia, senza però il tema delle riparazioni che sarà predominante in seguito. Ebbe grande influenza ai suoi tempi perché la fama della sua santità e delle sue visioni attirava molti per chiedere consiglio e conforto.

Esperienze

A Santa Geltrude appare l’ abbadessa Geltrude nella gloria, mentre lei offre la messa e vede che il Signore la riceve nel suo cuore. In queste visioni Geltrude vede la connessione tra il S. Cuore di Gesù, la messa e le anime agonizzanti e delle defunte.

Geltrude assiste anche alla morte di Matilde cantrice del monastero e vede che Gesù avvicina le labbra dell’agonizzante alla ferita del divin cuore.

Geltrude pregava un giorno per il fratello F.morto da poco e vide la sua anima sotto l’aspetto di un rospo ripugnante, bruciato interiormente in modo orribile e tormentato per i suoi peccati da varie pene. Sembrava avesse un gran male sotto il braccio e un peso enorme lo obbligava a stare curvo fino a terra , senza potersi rialzare.

Geltrude comprese che appariva sotto forma di un rospo perché durante la sua vita religiosa aveva trascurato di innalzare la mente alle cose divine, capì anche che il dolore che lo tormentava sotto il braccio era dovuto al fatto che aveva lavorato oltre al permesso del Superiore, per acquistare beni temporali e per aver nascosto il suo guadagno.

Doveva espiare la sua disobbedienza. Geltrude avendo recitato i salmi prescritti per quell’anima, chiese al Signore se ne avesse avuto vantaggio: "Certo – rispose Gesù – le anime purganti vengono sollevate dda tali suffragi ,però preghiere anche brevi ma dette con fervore, sono ancor di maggiore profitto per esse".

Santa Margherita Maria Alacoque

Alcune delle tante esperienze scritte dalla Santa

Una volta mentre ero davanti al Santissimo Sacramento il giorno del Corpus Domini, mi si presentò davanti una persona tutta avvolta dalle fiamme, i cui ardori mi penetrarono così fortemente, che sembrava bruciassi con lei. Lo stato pietoso, in cui mi fece vedere che si trovava in purgatorio, mi fece versare molte lacrime.

Mi disse che era quel religioso benedettino che una volta aveva ascoltata la mia confessione e mi aveva ordinato di ricevere la Santa Comunione; per compensarlo di un consiglio tanto utile, Dio gli aveva permesso di rivolgersi a me, perché gli dessi sollievo nelle sue pene, chiedendomi, per tre mesi tutto ciò che avrei potuto fare e soffrire.

Glielo promisi, dopo averne ottenuto il permesso dalla Superiora. Mi disse che la prima causa delle sue grandi sofferenze era aver preferito il proprio interesse alla gloria di Dio, per troppo attaccamento alla sua reputazione, la seconda, la mancanza di carità verso i confratelli, e la terza l’eccessivo affetto naturale verso le creature, e l’averlo manifestato loro nei colloqui spirituali, cosa che dispiace molto a Dio.

Mi sarebbe difficile raccontare quanto ebbi a soffrire in quei 3 mesi. Non mi lasciava mia, e mi sembrava di avere il fianco presso cui stava, avvolto in una fiamma di fuoco, con dolori così acuti, da gemere e piangere quasi continuamente. La Superiora, presa da compassione, mi dava buone penitenze, soprattutto di disciplina; poiché le pene e le sofferenze esterne che mi si facevano soffrire per carità davano molto sollievo alle altre che la santità d’amore imprimeva in me come un piccolo saggio di ciò che essa fa soffrire a quelle povere anime.

Alla fine dei 3 mesi, lo rividi in maniera ben diversa: al colmo della gioia e circonfuso di gloria, se ne andava a godere la eterna felicità; ringraziandomi, mi disse che mi avrebbe protetta davanti a Dio. Io mi ero ammalata; però, siccome la mia sofferenza scomparve con la sua, guarii subito.

Una volta vidi in sogno una religiosa deceduta da molto tempo, la quale mi disse che soffriva molto in purgatorio e che Dio le faceva soffrire una pena incomparabile, cioè la vista di una sua parente precipitata nell’inferno. L’anima non mi dava tregua, dicendomi di continuo: “Prega Dio per me. Offri le tue sofferenze unite a quelle di Gesù Cristo, per alleviare le mie. Dammi tutto ciò che farai fino al primo venerdì di maggio, giorno in cui riceverai la Comunione per me”, come feci col permesso della Superiora.
Soffrii, atroci sofferenze…

Dopo la Comunione che mi aveva chiesta, mi disse che gli orribili tormenti erano diminuiti, poiché le era stata detta una messa in onore della passione, ma doveva restare ancora per lungo tempo in purgatorio, dove soffriva le pene dovute alle anime tiepide nel servizio di Dio. Mi trovai liberata dalle mie pene: ella mi aveva detto che non sarebbero diminuite affatto finchè non fosse consolata.

Sant' Alfonso Maria de' Liguori

Brani tratti da: "Le Glorie di Maria I"

Maria soccorre i Suoi devoti che si trovano in Purgatorio

I devoti della pietosissima Madre sono molto felici, poiché non solo Lei li aiuta quando sono in vita, ma sono assistiti e consolati dalla Sua protezione anche in Purgatorio. Anzi, in quel luogo le anime non possono aiutarsi da sole e sono più bisognose di sollievo, perché più tormentate, per questo la Madre di Misericordia s'impegna a soccorrerle molto più di quando si trovavano sulla terra.


La Madre Divina disse a Santa Brigida: «lo sono la Madre di tutte le anime che si trovano in Purgatorio ed intervengo continuamente con le Mie preghiere per mitigare le pene che meritano per le colpe commesse durante la loro vita». A volte La pietosa Madre non rifiuta neppure di entrare in quella santa prigione per visitare e consolare le Sue figlie afflitte. Nei Proverbi è scritto: «Ho passeggiato nelle profondità degli abissi». San Bonaventura attribuisce questo pensiero a Maria e spiega: «lo ho penetrato il fondo di quell'abisso, cioè del Purgatorio, per sollevare con la Mia presenza, quelle anime sante». Dice San Vincenzo Ferreri: "La Madonna è tanto cortese e benevola verso coloro che soffrono in Purgatorio, poiché interviene continuamente donando loro conforto e sollievo!".

Un giorno Santa Brigida udì Gesù dire alla Madre: «Tu sei Mia Madre, sei la Madre di Misericordia, sei la consolazione di quanti si trovano in Purgatorio». La Beata Vergine disse a Santa Brigida che come un povero infermo, abbandonato ed afflitto, per qualche parola di conforto si sente rivivere, così le anime si consolano anche soltanto nell'udire il nome della Madonna.

Maria non soltanto consola ed aiuta i suoi devoti del Purgatorio ma con la Sua intercessione ottiene loro anche la libertà. Scrisse Gersone e lo conferma il Novarino dicendo di averlo letto nelle opere di Autori importanti che Maria nel momento della Sua gloriosa Assunzione chiese al Figlio la grazia di poter condurre con Sé tutte le anime che in quel momento si trovavano in Purgatorio. San Bemardino da Siena asserisce con assoluta certezza che la Beata Vergine ha la facoltà, tramite la preghiera ed applicando anche i Suoi meriti, di liberare le anime dal Purgatorio e particolarmente i Suoi devoti.

Riferisce San Pier Damiani che una donna di nome Marzia, morta da qualche tempo, apparve ad una sua amica e le disse che il giorno dell'Assunzione di Maria era stata liberata dal Purgatorio dalla Regina del Cielo insieme a tante altre anime. Lo stesso sostiene San Dionisio Cartusiano per le festività della Nascita e della Risurrezione di Gesù Cristo. Il Santo afferma che in tali giorni Maria scende in Purgatorio accompagnata da schiere di Angeli e libera molte anime da quelle pene. Il Novarino ritiene che questo avvenga in qualunque festa solenne della Santa Vergine.

É nota la promessa di Maria al Papa Giovanni XXII. In una apparizione gli ordinò di far conoscere a tutti che coloro i quali avessero portato il sacro scapolare del Carmine, sarebbero stati liberati dal Purgatorio il sabato dopo la loro morte. Riferisce padre Crasset che il Pontefice lo dichiarò in una sua bolla e fu poi confermato da Alessandro V, da Clemente VII, Pio V, Gregorio XIII e Paolo V.

La Beata Vergine incaricò frate Abondo di portare un messaggio da parte Sua al Beato Godifredo: «Dì a fra Godifredo che progredisca nelle virtù, così apparterrà a Mio Figlio ed a Me. Quando la sua anima lascerà il corpo, non permetterò che vada in Purgatorio, ma la prenderò e la offrirò a Gesù». Se desideriamo aiutare le anime sante del Purgatorio, preghiamo sempre la Santa Vergine per loro ed in particolare con il santo Rosario che apporta loro un grande sollievo.

Santa Faustina Kowalska

Diario di Maria Faustina Kowalska, quaderno I°

Poco tempo dopo mi ammalai. La cara Madre Superiora mi mandò, assieme ad altre due suore, a passare le vacanze a Skolimòv, un po' fuori Varsavia.

In quel tempo domandai al Signore Gesù: "Per chi ancora devo pregare?". Gesù mi rispose che la notte seguente m'avrebbe fatto conoscere per chi dovevo pregare.

Vidi l'Angelo Custode, che mi ordinò di seguirlo. In un momento mi trovai in un luogo nebbioso, invaso dal fuoco e, in esso, una folla enorme di anime sofferenti.

Queste anime pregano con grande fervore, ma senza efficacia per se stesse: soltanto noi le possiamo aiutare. Le fiamme che bruciavano loro, non mi toccavano.

Il mio Angelo Custode non mi abbandonò un solo istante. E chiesi a quelle anime quale fosse il loro maggiore tormento. Ed unanimemente mi risposero che il loro maggior tormento è l'ardente desiderio di Dio.

Scorsi la Madonna che visitava le anime del purgatorio. Le anime chiamano Maria "Stella del Mare". Ella reca loro refrigerio.

Avrei voluto parlare più a lungo con loro, ma il mio Angelo Custode mi fece cenno d'uscire. Ed uscimmo dalla porta di quella prigione di dolore.

Udii nel mio intimo una voce che disse:

"La Mia Misericordia non vuole questo, ma lo esige la giustizia".

Da allora sono in rapporti più stretti con le anime sofferenti del purgatorio.

Fonte: http://apologetica.altervista.org/

Edited by Domenico-89 - 20/6/2016, 16:10
 
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